[ giovedì 19 settembre 2019 ]
Ieri si è svolto a Roma un presidio di protesta contro la visita di Macron e in solidarietà col movimento popolare dei Gilet Gialli. E' stato promosso dalla sezione romana del comitato LIBERIAMO L'ITALIA, il comitato unitario che promuove la manifestazione nazionale del 12 ottobre.
Un presidio che fa onore ai promotori ed a chi ha partecipato. Non si poteva restare indifferenti rispetto alla visita di un Macron che si pone come leader dell'eurocrazia liberista, colui che si è vantato per la durissima repressione della protesta dei Gilet Gialli.
Non c'era tanta gente, ce n'era anzi poca rispetto a quella che ci sarebbe dovuta essere. Va bene, è stato organizzato in un paio di giorni. Va bene che c'era un dispositivo di deterrenza poliziesca esagerato. Roma è una metropoli difficile... Concorrono sempre diverse cause a spiegare un fenomeno, grande o piccolo che sia. Ma sempre va ricercata quella fondamentale. E quella fondamentale è la divisione nel campo del cosiddetto "sovranismo".
Malgrado il Comitato Liberiamo l'Italia che ha promosso il presidio contro Macron sia un organismo plurale, che non fa capo a questo o quel gruppo, non si è vista ieri alcuna delegazione di altri gruppi o associazioni "sovraniste".
Sì, certo, c'è settarismo. Sì, certo, "primadonnismo" di alcuni esponenti. Sì certo, c'è ruggine accumulatasi negli anni tra le diverse micro-correnti. Tutto vero quel che
giustamente denuncia Francesco Amodeo.
Il patriottismo da piccolo gruppo è comprensibile, diventa deleterio se va a discapito della comune causa patriottica, quella di liberare il Paese dalla catene che lo soggiogano, quella della sovranità popolare.
Il settarismo è sempre segno di autoreferenzialità, ovvero del proprio isolamento. E' la corazza dietro la quale ci si illude di proteggersi dalle intemperie. In verità non solo quell'autodifesa è aleatoria, entro quella corazza si finisce per marcire. Per dirla tutta: il settarismo riconcilia sé stessi con la propria impotenza.
Ma il settarismo non lo si sconfigge solo con gli appelli ecumenici, va contrastato sia sul piano teorico che con l'azione (unitaria).
C'è un primo fatto che spiega perché i piccoli gruppi sovranisti vanno accentuando la chiusura autodifensiva in sé stessi. E' lo sfondamento tra le masse della lega di Salvini. Nell'acqua sovranista il pesce grosso va fagocitando tutti quelli piccoli, che invece di fare blocco contro lo squalo bisticciano fra loro.
Ce n'è poi un secondo. Pesano, e come!, le divisioni ideologiche e politiche. In barba alla leggenda metropolitana del "rossobrunismo", non c'è alcuna vera convergenza tra sovranisti di destra e di sinistra. Lo si vede dal mal di pancia di tanti sovranisti che vengono da destra rispetto all'Appello per la manifestazione del 12 ottobre. Essi non digeriscono che tra i cinque punti dell'Appello vi sia la difesa e l'applicazione della Costituzione democratica del 1948. E perché non la digeriscono? Per il fatto che essa è stata scritta dalle forze antifasciste uscite vincenti dalla guerra civile del 1943-45.
E a poco vale che i promotori della manifestazione del 12 ottobre non abbiano niente a che spartire con l'antifascismo di regime. A poco vale ricordare ai sovranisti di destra ricordare che la nostra Costituzione da decenni è sotto attacco da parte dei poteri forti. Non serve nemmeno rammentare il famigerato documento del 2013 della banca d'affari globale J.P. Morgan, che non a caso si scagliò con inusitata durezza anzitutto contro le costituzioni "troppo democratiche e di sinistra" dei paesi del sud Europa, anzitutto quella italiana.
La storia, si sa, scava solchi e ferite profondi. Non si cancellano con un tratto di penna. Ne hanno contezza i promotori della manifestazione del 12 ottobre, che bene fanno a tenere fermo il punto della difesa e dell'applicazione della Costituzione del 1948 ma che allo stesso tempo han ribadito, a conferma dello spirito unitario che li anima, che non saranno ammessi simboli di partito ma solo la bandiera tricolore.
E contro questa modalità si accanisce non solo certa sinistra no-euro — che compie l'equazione errata "bandiera nazionale = nazionalismo" —, ma pare pure questo o quel gruppo sovranista che se gli proponi per una volta di mettere da parte la propria bandiera ti risponde picche. Perché? si vede che per essi prima dell'identità patriottica viene prima quella di gruppo.
Così stanno, purtroppo le cose. A maggior ragione vale la pena impegnarsi al successo della manifestazione del 12 ottobre, che se avrà successo ne guadagnerà la causa patriottica, e si potrà quindi aprire una nuova pagina per tutto il movimento sovranista.
* Si legge nel documento della banca d'affari globale J.P. Morgan:
Ieri si è svolto a Roma un presidio di protesta contro la visita di Macron e in solidarietà col movimento popolare dei Gilet Gialli. E' stato promosso dalla sezione romana del comitato LIBERIAMO L'ITALIA, il comitato unitario che promuove la manifestazione nazionale del 12 ottobre.
Un presidio che fa onore ai promotori ed a chi ha partecipato. Non si poteva restare indifferenti rispetto alla visita di un Macron che si pone come leader dell'eurocrazia liberista, colui che si è vantato per la durissima repressione della protesta dei Gilet Gialli.
Non c'era tanta gente, ce n'era anzi poca rispetto a quella che ci sarebbe dovuta essere. Va bene, è stato organizzato in un paio di giorni. Va bene che c'era un dispositivo di deterrenza poliziesca esagerato. Roma è una metropoli difficile... Concorrono sempre diverse cause a spiegare un fenomeno, grande o piccolo che sia. Ma sempre va ricercata quella fondamentale. E quella fondamentale è la divisione nel campo del cosiddetto "sovranismo".
Malgrado il Comitato Liberiamo l'Italia che ha promosso il presidio contro Macron sia un organismo plurale, che non fa capo a questo o quel gruppo, non si è vista ieri alcuna delegazione di altri gruppi o associazioni "sovraniste".
Sì, certo, c'è settarismo. Sì, certo, "primadonnismo" di alcuni esponenti. Sì certo, c'è ruggine accumulatasi negli anni tra le diverse micro-correnti. Tutto vero quel che
giustamente denuncia Francesco Amodeo.
I polli di Renzo...
Sophie Baconnet dei Gilet Gialli ieri a Roma |
Il patriottismo da piccolo gruppo è comprensibile, diventa deleterio se va a discapito della comune causa patriottica, quella di liberare il Paese dalla catene che lo soggiogano, quella della sovranità popolare.
Il settarismo è sempre segno di autoreferenzialità, ovvero del proprio isolamento. E' la corazza dietro la quale ci si illude di proteggersi dalle intemperie. In verità non solo quell'autodifesa è aleatoria, entro quella corazza si finisce per marcire. Per dirla tutta: il settarismo riconcilia sé stessi con la propria impotenza.
Ma il settarismo non lo si sconfigge solo con gli appelli ecumenici, va contrastato sia sul piano teorico che con l'azione (unitaria).
C'è un primo fatto che spiega perché i piccoli gruppi sovranisti vanno accentuando la chiusura autodifensiva in sé stessi. E' lo sfondamento tra le masse della lega di Salvini. Nell'acqua sovranista il pesce grosso va fagocitando tutti quelli piccoli, che invece di fare blocco contro lo squalo bisticciano fra loro.
Ce n'è poi un secondo. Pesano, e come!, le divisioni ideologiche e politiche. In barba alla leggenda metropolitana del "rossobrunismo", non c'è alcuna vera convergenza tra sovranisti di destra e di sinistra. Lo si vede dal mal di pancia di tanti sovranisti che vengono da destra rispetto all'Appello per la manifestazione del 12 ottobre. Essi non digeriscono che tra i cinque punti dell'Appello vi sia la difesa e l'applicazione della Costituzione democratica del 1948. E perché non la digeriscono? Per il fatto che essa è stata scritta dalle forze antifasciste uscite vincenti dalla guerra civile del 1943-45.
E a poco vale che i promotori della manifestazione del 12 ottobre non abbiano niente a che spartire con l'antifascismo di regime. A poco vale ricordare ai sovranisti di destra ricordare che la nostra Costituzione da decenni è sotto attacco da parte dei poteri forti. Non serve nemmeno rammentare il famigerato documento del 2013 della banca d'affari globale J.P. Morgan, che non a caso si scagliò con inusitata durezza anzitutto contro le costituzioni "troppo democratiche e di sinistra" dei paesi del sud Europa, anzitutto quella italiana.
La storia, si sa, scava solchi e ferite profondi. Non si cancellano con un tratto di penna. Ne hanno contezza i promotori della manifestazione del 12 ottobre, che bene fanno a tenere fermo il punto della difesa e dell'applicazione della Costituzione del 1948 ma che allo stesso tempo han ribadito, a conferma dello spirito unitario che li anima, che non saranno ammessi simboli di partito ma solo la bandiera tricolore.
E contro questa modalità si accanisce non solo certa sinistra no-euro — che compie l'equazione errata "bandiera nazionale = nazionalismo" —, ma pare pure questo o quel gruppo sovranista che se gli proponi per una volta di mettere da parte la propria bandiera ti risponde picche. Perché? si vede che per essi prima dell'identità patriottica viene prima quella di gruppo.
Così stanno, purtroppo le cose. A maggior ragione vale la pena impegnarsi al successo della manifestazione del 12 ottobre, che se avrà successo ne guadagnerà la causa patriottica, e si potrà quindi aprire una nuova pagina per tutto il movimento sovranista.
* Si legge nel documento della banca d'affari globale J.P. Morgan:
«Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica: debito pubblico troppo alto, problemi legati ai mutui e alle banche, tassi di cambio reali non convergenti, e varie rigidità strutturali. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. Quando i politici tedeschi parlano di processi di riforma decennali, probabilmente hanno in mente sia riforme di tipo economico sia di tipo politico.
I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo.
I sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)».
I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo.
I sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)».
6 commenti:
Temo che i gruppi sovranisti replicheranno quanto fatto da sempre all'interno della sinistra: spaccature, divisioni, contrasti e autocondanna all'insignificanza. La verita' e' che coloro che fanno opposizione al sistema hanno paura: paura di un serio tentativo di cambiamento; paura di fallire; paura delle reazioni del sistema stesso. Cosi si preferisce rifugiarsi nella propria torre, dalla cui cima propagandare le proprie idee antagoniste, ma sicuri del fatto che, fin quando esposte non oltre certi limiti, saranno tollerate in nome di una finta democrazia. Si finisce per curare il proprio orto, fin quando ci si rassegna alla lenta scomparsa, conseguente alla mancata incisivita' politica concreta. Io spero che il sovranismo di sinistra abbia resilienza, perche' le prospettive future per il nostro paese hanno tinte molto fosche.
analisi e conclusioni condivisibili.
Aggiungo un fatto, che tanti cosiddetti sovranisti, sono solo dei polemisti da tastiera.
Si accaniscono sui cosiddetti sociale e fanno baccano, ma fuori dei social non esistono.
Tanto fumo e niente arrosto. Zero azione concreta. E così non vanno da nessuna parte.
E questa è una malattia tanto grave, poiché solo nell'azione si può pensare di unirsi e mettere da parte i settarismi.
Premetto che non afferisco a nessun gruppo (neppure a P101).
Le mobilitazioni riescono quando c'è una struttura organizzata in grado di mobilitare tutti i gruppi che afferiscono all'organizzazione stessa.
Quando questa non ci sta cosa resta? La speranza che alla chiamata di uno spontaneamente gli altri si muovano? Chiamata magari frettolosa (due giorni scrivete voi) davanti alla quale gli altri sono messi davanti al fatto compiuto (cosa questa non esente da un certo retrogusto di "primadonnismo"). Della visita di Macron si sapeva già da diverso tempo.
Più che fare un reprimenda contro il settarismo non ci sta forse un eccessiva (ed anche irrazionale) aspettativa sullo spontaneismo?
Anzitutto: NON è VEERO CHE SI SAPEVA GIA' DA DIVERSO TEMPO....
la definitiva conferma della visita di Macron, con quindi la data esatta, c'è stata solo mercoledì pomeriggio, ovvero l'11 settembre.
La decisione di fare il presidio l'ha presa l'assemblea romana di LIBERIAMO L'ITALIA svoltasi venerdì 13 settembre.
Li c'erano anche altri esponenti politici che hanno condiviso l'iniziativa.
Quindi, tenendo conto del fine settimana abbiamo avuto davvero solo due giorni per preparare la protesta.
Primadonnismo?
Che altro potevamo fare?
Non c'erano alternative o si indiceva il presidio o non si faceva un cazzo.
I pretesti per non fare un cazzo sono tutti buoni.
Eros
Sono quello delle 14.24. Quando si ritiene che il tempo è troppo poco è meglio non far nulla piuttosto che avventurarsi in qualcosa di dubbia riuscita e poi fare la morale agli altri gruppi (e pubblicamente pure) per il mancato successo.
Ribadisco di non essere affiliato a nessun gruppo, ma per un costituendo agglomerato si corre il rischio di farlo deflagrare sul nascere. Non trovi?
Gio Tomei scrive dal cellulare. Non lo sapevo e ci sarei andato per solidarietà ideale. Mi riprometto di articolare i perché. In linea di massima, non giustificando, dal lato della ragione, la non affluenza. Ma analizzando i perché dal lato della ragione applicata alla realtà, ingiusta quanto si vuole, ma reale, di un potere, non per nulla oligarchico, combattuto fra sudditi senza alcun realismo, sulla interpretazione condivisa del "possibile". E la realtà è complessa assai, oltre la migliore elencazione dei desideri, assieme al modo di raggiungerli, coi desideri, appunto. A quando, capire che un obiettivo popolare è possibile solo se il popolo assume alla ragione che solo il Governo del Popolo" permetterebbe di realizzare i sogni? La conclusione logica è che resta questione politica del popolo sovrano cambiare lo stato insopportabile delle mancanze subite per diritto dei monarchi di turno. Alla prossima puntata, aspettando che gli umili si uniscano, da irrilevanti, nel cammino comune della rilevanza, al motto ,"contiamoci per contare".
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