[ venerdì 6 settembre 2019 ]
L’incontro di oggi cade il giorno dopo dell’insediamento del governo Conte2, schierato senza riserve a favore della UE e dell’Euro, con in testa il nuovo ministro dell’economia, membro del Financial Assistance Working Group dell’UE che collaborò all’imposizione delle politiche di austerità al disgraziato popolo greco. Nei prossimi giorni avremo modo di illustrare i motivi del nostro giudizio negativo su di esso. L’accelerazione in favore del governo dei tecnici sembra essere non un’opzione contingente, ma una vera e propria scelta “politica” di fondo e riecheggia quelle sortite dei mesi scorsi sulla inopportunità di far votare tutti, a prescindere dal loro grado di cultura. La opportunità/necessità di sottrarre al popolo sovrano il potere che gli assegna la Costituzione, ponendolo in capo a tecnocrati ”elevati” non sottoposti al suo giudizio elettorale, è stata teorizzata dai liberisti più volte, dal documento della Trilaterale del 1975 “La crisi della democrazia”, al report del 2013 della banca JP Morgan che attaccava l’eccesso di libertà garantito dalle Costituzioni dei paesi del sud. Su questa strada l’UE è già un bel pezzo avanti, come aveva previsto uno dei suoi veri padri, l’economista liberista Von Hayek; poiché il conflitto sociale che si può espletare solo a livello nazionale avrebbe interferito con la libera espressione dei “mercati”, il potere decisionale andava spostato ad un livello sovranazionale. E tutti noi sappiamo come le scelte fondamentali delle politiche economiche nazionali siano oggi condizionate dalle strutture tecnocratiche di Bruxelles, usualmente a suon di spread e politiche di austerità. Contro questa concezione noi rivendichiamo il primato della politica, in quanto mediazione fra i contrapposti interessi delle classi sociali. Ai tecnici spetterà il compito di tradurre in azioni concrete le scelte fatte dai politici. Facciamo un esempio attinente l’incontro di oggi: il cambio fisso dovuto all’euro impedisce la svalutazione della moneta, quindi, per rendere più competitivi i nostri prodotti rispetto a quelli tedeschi è occorso abbattere i salari, mentre, se avessimo avuto una moneta sovrana, avremmo potuto decidere di svalutarla. In questo caso, chi ci avrebbe rimesso? Il FMI (1) ci dice che l’euro per l’economia tedesca è sottovalutato di circa il 15%, mentre per l’Italia è sopravvalutato del 5%. Insomma, i prezzi dei beni tedeschi godono di un 20% di vantaggio rispetto a quelli italiani grazie all’euro (tabella1).
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L'economia spiegata semplice
Oggi, 6 settembre, dalle ore 18:00 alle 20:00, a Foligno in piazza della Repubblica, incontro pubblico con:Nino Galloni, Guido Grossi e Mario Volpi
Euro si, Euro no?
L’incontro di oggi cade il giorno dopo dell’insediamento del governo Conte2, schierato senza riserve a favore della UE e dell’Euro, con in testa il nuovo ministro dell’economia, membro del Financial Assistance Working Group dell’UE che collaborò all’imposizione delle politiche di austerità al disgraziato popolo greco. Nei prossimi giorni avremo modo di illustrare i motivi del nostro giudizio negativo su di esso. L’accelerazione in favore del governo dei tecnici sembra essere non un’opzione contingente, ma una vera e propria scelta “politica” di fondo e riecheggia quelle sortite dei mesi scorsi sulla inopportunità di far votare tutti, a prescindere dal loro grado di cultura. La opportunità/necessità di sottrarre al popolo sovrano il potere che gli assegna la Costituzione, ponendolo in capo a tecnocrati ”elevati” non sottoposti al suo giudizio elettorale, è stata teorizzata dai liberisti più volte, dal documento della Trilaterale del 1975 “La crisi della democrazia”, al report del 2013 della banca JP Morgan che attaccava l’eccesso di libertà garantito dalle Costituzioni dei paesi del sud. Su questa strada l’UE è già un bel pezzo avanti, come aveva previsto uno dei suoi veri padri, l’economista liberista Von Hayek; poiché il conflitto sociale che si può espletare solo a livello nazionale avrebbe interferito con la libera espressione dei “mercati”, il potere decisionale andava spostato ad un livello sovranazionale. E tutti noi sappiamo come le scelte fondamentali delle politiche economiche nazionali siano oggi condizionate dalle strutture tecnocratiche di Bruxelles, usualmente a suon di spread e politiche di austerità. Contro questa concezione noi rivendichiamo il primato della politica, in quanto mediazione fra i contrapposti interessi delle classi sociali. Ai tecnici spetterà il compito di tradurre in azioni concrete le scelte fatte dai politici. Facciamo un esempio attinente l’incontro di oggi: il cambio fisso dovuto all’euro impedisce la svalutazione della moneta, quindi, per rendere più competitivi i nostri prodotti rispetto a quelli tedeschi è occorso abbattere i salari, mentre, se avessimo avuto una moneta sovrana, avremmo potuto decidere di svalutarla. In questo caso, chi ci avrebbe rimesso? Il FMI (1) ci dice che l’euro per l’economia tedesca è sottovalutato di circa il 15%, mentre per l’Italia è sopravvalutato del 5%. Insomma, i prezzi dei beni tedeschi godono di un 20% di vantaggio rispetto a quelli italiani grazie all’euro (tabella1).
Tabella 1 – Lo squilibrio medio dei tassi di
cambio reali (teorici) tra paesi
Germania
|
-15,0%
|
||
Italia
|
+5,0%
|
||
Spagna
|
+7,5%
|
||
Scarto Italia / Germania
|
+20%
|
||
Scarto Spagna / Germania
|
+22,5%
|
FMI, External Sector Report 2016, Washington, DC –
Risultati tratti dalla tabella a pag. 35
Questa tabella ci dice che, nell’ipotesi che
si tornasse alle monete nazionali, la competitività dei nostri prodotti non si
scaricherebbe più sui salari dei lavoratori che potrebbero perciò aumentare.
Per converso, la Germania per comperare prodotti italiani spenderebbe un po’
dei tanti soldi che ha “messo da parte” in questi anni violando la regola UE
del limite del 6% delle esportazioni sul PIL, come confermato dal segretario
del Partito Socialdemocratico di Germania Schulz.
Egli in un intervista allo Spiegel nel 2012(2) così si espresse
nell’ipotesi di un’uscita dall’euro della Germania:
“Il marco tedesco sarebbe una valuta estremamente forte, che renderebbe le esportazioni tedesche molto più costose. L’industria automobilistica tedesca dovrebbe temere non più la Cina, ma la Francia e l’Italia, la Peugeot, la Citroën e la FIAT.”!!!
Futuro
collettivo ritiene fondamentale per contrastare la strisciante deriva elitaria
e autoritaria l’informazione dei cittadini. Con l’iniziativa di oggi, le altre già
fatte e quelle che seguiranno ci opponiamo alla vulgata: “Lasciamo fare la
politica ai tecnici, dobbiamo fidarci delle loro scelte”.
Futuro Collettivo
6 settembre 2019, Foligno
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