[ sabato 7 settembre 2019]
Ancora a proposito della narrazione leghista sulla crisi
Al di là delle divergenze politiche chi scrive ha sempre avuto grande stima di Alberto Bagnai, ma la sua ricostruzione delle vicende che hanno portato alla fine del governo giallo-verde non fa certo onore alla sua intelligenza.
Capisco la scelta salviniana di intorbidire le acque — la propaganda ha le sue esigenze —, tuttavia da uno come Bagnai ci si aspetterebbe qualcosa di meglio del semplice accodamento ad una narrazione che fa acqua da tutte le parti. Una narrazione che include ovviamente alcune verità, occultandone però altre non meno importanti. Il tutto al solo patetico scopo di salvare la faccia a colui che l'ha persa.
Su tutto ciò ho già avuto modo di scrivere nei giorni scorsi, ma tornarci sopra non è inutile. Ed il testo di Bagnai ci dà l'occasione di andare al succo di diverse questioni, ponendo al senatore della Lega dodici precise domande.
Prima domanda
Già il titolo del suo articolo, "Cronaca di una crisi annunciata", vorrebbe dar l'idea che in fondo tutto era già scritto, che dunque — mossa di Salvini o meno — si sarebbe comunque arrivati in breve ad un governo M5s-Pd. Ecco allora la prima banalissima domanda: se così stavano le cose, perché agevolare quell'operazione aprendo la crisi con motivazioni ridicole (tipo, il "partito del sì" contro quello "del no") che non spiegavano nulla agli italiani?
Seconda domanda
Naturalmente, Bagnai ha tutto il diritto di pensare che invece la crisi sia stata aperta con motivazioni chiare, precise e ben illustrate. Resta il fatto che se alla maggioranza delle persone così non è parso, un motivo ci sarà. Tuttavia la seconda domanda è un'altra: se ormai la situazione tra Lega ed M5s era già prima assolutamente incomponibile, che senso ha avuto la successiva riapertura ad un governo giallo-verde bis?
Terza domanda
Sulle prime due questioni il Nostro non dice nulla, mica si può criticare (neanche di striscio) l'ex ministro dell'Interno! Ma torneremo alla fase immediatamente precedente all'apertura della crisi più avanti. Adesso voglio invece seguire, passo dopo passo, gli argomenti dell'articolo in questione.
Bagnai inizia ricordando il lungo periodo (88 giorni) che portò alla nascita del governo giallo-verde nella primavera 2018. Curiosamente, ma non troppo, egli se la prende con Mattarella per non aver allora incaricato Salvini come leader della coalizione di destra (includente in posizione di spicco quel sovranista convinto che corrisponde al nome di Silvio Berlusconi), mentre glissa invece sul ben più grave veto posto nei confronti di Paolo Savona.
La cosa è rivelatrice assai. Mentre la critica a Mattarella sull'incarico a Salvini è infondata — il presidente della Repubblica è tenuto ad incaricare non il leader della coalizione di maggioranza relativa, ma colui che può ragionevolmente ottenere la maggioranza assoluta in parlamento — la mancata critica al diktat presidenziale del 27 maggio 2018 la dice davvero lunga.
Come se la cava sul punto il presidente della VI Commissione del Senato? Egli ci dice soltanto che venne:
«recepita la raccomandazione del Presidente della Repubblica di avere un Ministro dell'economia che non desse "un messaggio di allarme per gli operatori economici e finanziari"».
Tutto lì? Non è un po' pochino? Non si ricorda Bagnai che a quel diktat (diktat, non raccomandazione), peraltro palesemente concordato con Bruxelles e Berlino, il leader dei Cinque Stelle rispose con la (più che motivata) richiesta di impeachment, mentre Salvini preferiva tacere? Questa è allora la terza domanda: perché la Lega non raccolse la sfida a Mattarella, accettando invece che quest'ultimo infiltrasse il governo con Tria e Moavero?
Quarta domanda
Subito dopo Bagnai ci parla dei problemi posti da quella che definisce "ibridazione tecno-politica", degli strabordanti poteri del Ministero dell'economia, del ruolo che in esso hanno, specie nelle trattative con l'Ue, tecnici sostanzialmente inamovibili. Su tutto ciò non possiamo che essere totalmente d'accordo. Anzi, nel nostro piccolo fummo i primi a parlare, denunciandone il ruolo e la pericolosità, della Quinta Colonna mattarelliana capeggiata da Tria. Tuttavia, in quattordici mesi di governo la Lega e Salvini hanno alzato la voce sui migranti, la sicurezza, la legittima difesa, gli inceneritori, il Tav, il Tap, la famiglia, per avere più soldi al nord, per Israele e contro l'Iran. Come mai — quarta domanda — il problema Tria non è mai stato posto apertamente? Non sarà che ciò sia dipeso dalle contraddizioni interne della Lega?
Quinta domanda
Ad un certo punto della sua ricostruzione il Nostro ci dice che:
«I toni sono degenerati rapidamente con l'inizio della campagna elettorale per le elezioni europee».
Già, sono degenerati, ma a causa di chi? Chiaro che il suo riferimento, come esplicitato nell'articolo, è rivolto unicamente ai Cinque Stelle. Ma è corretta questa ricostruzione? Ora, chi scrive non ha niente a che spartire con M5s, specie dopo la svolta eurista degli ultimi mesi, tanto più dopo l'entrata a pieno titolo nell'attuale governo della restaurazione. Tuttavia la ricostruzione di Bagnai proprio non ce la racconta giusta.
Che forse i toni della Lega nei confronti di M5s erano quelli di un alleato? Quante volte la Lega ha manifestato (con Pd e berluscones, con Confindustria e sindacati) nel mitico "partito del Pil" per imporre il Tav? Quante volte la Lega si è unita alla stampa mainstream nel deridere questo o quel ministro pentastellato? Quante volte, con la sua costitutiva arroganza, Salvini ci ha voluto far sapere che nel governo era lui (e solo lui) che comandava?
Sta di fatto che, mentre Salvini e Di Maio parlavano d'altro, il partito mattarelliano interno al governo riportava l'Italia nell'ovile eurocratico. Questo esito, che non era già scritto fin dall'inizio, è stato anche il frutto di una conflittualità interna alla vecchia maggioranza che Salvini e la Lega hanno costantemente alimentato. Non pretendo che Bagnai concordi con questa mia valutazione, ma è così assurdo pensare — quinta domanda — che sia stata proprio l'iniziativa leghista a gettare i Cinque Stelle nelle braccia del Pd, facendo così un enorme regalo alle élite eurocratiche?
Sesta domanda
Sia chiaro, tutto ciò non assolve minimamente i Cinque Stelle, il loro vuoto strategico, la loro adesione al "politicamente corretto", tantomeno la vergogna del governo col Pd ed il voto alla Von der Leyen.
Su quest'ultima questione così scrive il Nostro:
«Nel frattempo, in coerenza con la linea euroscettica, e in dissenso verso il "cordone sanitario" al Parlamento Europeo la Lega non votava la candidata presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen».
Vero, il voto è stato quello, ma può smentire Bagnai — sesta domanda — ciò che a noi risulta, che quel voto negativo non è stato tanto l'espressione di una chiara volontà politica di opporsi alla nuova Commissione Europea, quanto piuttosto il frutto di una mancata vicepresidenza a Strasburgo, che se invece questa fosse stata concessa anche la Lega avrebbe votato a favore della tedesca?
Settima domanda
A proposito di quelle settimane seguite alle europee di maggio, scrive Bagnai che nonostante l'evidente tradimento di Conte (e qui concordiamo in pieno), definitivamente passato nel partito mattarelliano:
«Salvini decideva tuttavia di mantenere fedeltà all'alleato, nella speranza di ricucire gli strappi, nel frattempo incontrava tutte le parti sociali, trovandole unanimi nel richiedere un importante taglio delle tasse per lavoratori e produttori».
Ecco, qui mi è venuto proprio da mettermi le mani nei pochi capelli rimasti. Ma come, il problema sono Tria e Conte, ed anziché porre la questione della loro incompatibilità con quello che si faceva chiamare "governo del cambiamento", si convocano le parti sociali al Viminale? Per fare cosa, di grazia? Non avverte il Nostro — settima domanda — che evitare di intervenire sul vero problema politico, per ricorrere invece ad un inutile incontro al Viminale, sia stata solo una delle tante buffonate del suo "capitano" in pieno delirio di onnipotenza?
Ottava domanda
Leggiamo ancora la ricostruzione di Bagnai sulle settimane di luglio:
«Nel frattempo Salvini aumentava la pressione sui tecnici del Governo per ottenere una legge espansiva per il 2020 con tanti investimenti e un corposo taglio delle tasse».
Senza dubbio sarà stato così, ma la verità è che sul punto Salvini non è mai stato preciso. Non lo è stato sull'entità della manovra espansiva, tantomeno sulle tasse. Sul progetto di flat tax — sorvolando adesso sulla sua iniquità sociale, maggiore o minore a seconda delle varie ipotesi circolate — mai è stata presentata una proposta precisa. Ed il perché è chiaro: se lo si fosse fatto si sarebbe immediatamente scoperta la sua pochezza, sia dal punto di vista macroeconomico che da quello di chi le tasse le paga.
Se Siri, prima che passasse ad occuparsi dell'eolico, parlava di 50/60 miliardi, si era poi scesi a 30, poi a 20, infine (lo dicevano gli esponenti della Lega) a 10. Ora, 10 miliardi diviso 40 milioni di contribuenti fa 250 euro medi a testa, cioè 20 euro al mese. Non proprio quel «corposo taglio delle tasse» di cui parla il Nostro.
L'ottava domanda è dunque semplice, semplice: se quanto ho appena scritto non corrisponde a verità, vuole il Presidente della VI Commissione del Senato, a maggior ragione oggi che il suo partito non è più al governo, dirci esattamente come avrebbero realizzato la flat tax? Ai cittadini interesserebbe assai.
Nona domanda
Giustamente Bagnai ricorda l'ingloriosa vicenda dei minibot, sulla quale rammenta l'opposizione di Tria. Tutto vero, ma — nona domanda — non risulta al Nostro che, insieme a Conte e Tria, il principale affossatore dei minibot sia stato quel tal Giancarlo Giorgetti da Cazzago Brabbia, autorevole esponente del suo partito a tal punto che Salvini, dopo l'apertura della crisi, lo indicava come futuro Ministro dell'Economia?
Decima domanda
Prudentemente, Bagnai non parla nel suo articolo del "regionalismo differenziato". Capisco la reticenza, che vorrei poter interpretare anche come dissenso rispetto alla linea del suo partito. Tuttavia la questione ha una grande rilevanza, tanto più che non si vede come si possa riconquistare la sovranità nazionale distruggendo nel contempo l'unità del Paese. Mi permetto allora la decima domanda: cosa pensa il senatore della Lega delle pretese dei governatori delle regioni del nord?
Undicesima domanda
Torniamo adesso al momento dell'apertura della crisi. Se il problema centrale — e qui concordiamo pienamente con Bagnai — era quello del ruolo di cane da guardia delle regole europee svolto della componente mattarelliana, quella che noi abbiamo chiamato Quinta Colonna, niente torna nelle modalità di apertura della crisi. E' ben noto infatti come in quel momento Salvini non abbia neppure citato Tria, mentre si è scagliato contro i Cinque Stelle come "partito del no", quasi che in politica si dovessero dire sempre e soltanto dei "sì".
Come mai questa reticenza salviniana? Così scrivevo in un articolo di sei giorni fa:
«Mettiamoci ora nei panni di un Salvini che fosse stato davvero deciso ad affrontare lo scontro con l’Unione Europea. Cosa avrebbe dovuto fare l’ormai ex ministro dell’interno di fronte alle posizioni europeiste all’interno del governo? Semplice, egli avrebbe potuto dire: signori, qui senza una terapia choc (necessariamente da finanziare a debito) non si esce dalla stagnazione, occorre dunque portare il deficit al 3, meglio al 4%. Su questa base – e forte del consenso elettorale – avrebbe potuto chiedere un sì od un no a Conte, Tria e Di Maio. I primi due avrebbero certamente risposto picche, sul terzo non ci giurerei proprio. Se Di Maio avesse accettato la linea dello scontro con l'Ue, la strada sarebbe stata quella di sostituire Tria e Conte, andando però avanti con la stessa maggioranza gialloverde. Se invece anche Di Maio avesse detto di no, ecco che Salvini avrebbe avuto una motivazione nitida per uscire dal governo e chiedere nuove elezioni».
C'è qualcosa che non va in questo schema di ragionamento? Nel caso, avrei piacere che Bagnai ce lo chiarisse. Ma se lo schema è invece giusto, come chiunque può capire, perché — undicesima domanda — Salvini non ha scelto la strada della chiarezza, rifugiandosi invece in un incommentabile pasticcio? Lo ha fatto solo per i suoi evidenti limiti, o anche perché nella Lega comandano altri?
Dodicesima domanda
Alla luce di quanto abbiamo visto finora, non è che nella Lega le posizioni di Bagnai sono state sonoramente battute?
Breve conclusione
Un tempo, ironizzando sull'insopportabile Vendola, Bagnai ci parlava spesso di quanto fosse orribile il "Fogno europeo". Bene, non vorremmo che oggi il Nostro sia invece finito nel credere ad un improbabile Fogno salviniano.
Noi continuiamo a pensare che tutte le forze sinceramente interessate alla riconquista della sovranità nazionale, e con essa della democrazia e dunque della sovranità popolare, dovranno un giorno unirsi per liberare l'Italia.
Molte sono però le cose da fare per avvicinare il momento di quella liberazione. Una, più semplice delle altre, sarebbe intanto quella di smettere di raccontarsi storie. No dunque alla storiella della sinistra sinistrata sulla riformabilità dell'Unione europea che dovrebbe portare all'Europa dei popoli. No alle storielle edificanti e "politically correct", tutte onestà e perbenismo, del mondo Cinque Stelle. No, infine, alla storiella di una Lega capace di guidare un percorso di liberazione nazionale.
La Lega è un'altra cosa. Le vicende di questi ultimi mesi sono lì a dimostrarlo. Proprio per questo, nelle sue ricostruzioni, Alberto Bagnai farebbe bene a non offendere troppo l'intelligenza: la sua e quella di chi lo legge.
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26 commenti:
In effetti, una delle ragioni per cui molti a sinistra avevano dato credito al nuovo corso della lega era stata la presenza di figure rilevanti per intelligenza e non-conformismo come Bagnai e Borghi. Da loro forse ci si aspettava più protagonismo e attenzione per spegare agli elettori le difficoltà in cui la compagine navigava. Aldilà della piega che hanno preso poi gli eventi di questo governo, ci si aspetterebbe, meglio prima o poi, che essi facciano una analisi retropsettiva lucida che ridia conforto e speranza in chi a quel momento di rottura e nel cambiamento aveva creduto.
Saverio
Salvini aspettava una sponda americana che non è arrivata
Il patto M5S-PD era nell'aria sin dalle elezioni, fallito per l'opposizioni di Renzi. Basta guardare le interviste di lorsignori al forum Ambrosetti
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/09/07/governo-ue-moavero-rapporti-cambiati-positivo-monti-m5s-mai-anti-europa-se-renzi-non-avesse-bloccato-dialogo-un-anno-fa/5436413/
Davvero rivelatrici, specialmente le parole di Monti.
Salvini ha capito che poteva sfruttare la cosa per guadagnare consenso e poi svignarsela. Tanto l'autonomia differenziata può portarla avanti anche dal PD che del resto già l'aveva cominciata.
In una delle risposte ai commenti sul suo blog mi pare Bagnai cerchi di rispondere alla seconda:
D: Infine la prova che la sua cronologia non è corretta è che subito dopo aver aperto la crisi, quando vi siete resi conto che la vostra scommessa era persa avete subito cercato di ricucire con il M5S !!
R: Mostrare apertura al 5S aveva senz'altro un valore tattico: mandare in confusione i due partiti fra cui da tempo erano in corso trattative (come stanno ora ammettendo). Lo scopo è stato raggiunto: l'accordo ha chiesto più tempo. Poteva anche avere un valore strategico: ora i 5S sono in una situazione lose-lose.
C'è un altra domanda che mi piacerebbe fosse rivolta a Bagnai, riguarda una sua frase scritta nel suo post del 26/08/2019 QED (fuoriserie):"...sono entrato in politica per obbedire"
Fino a che punto intende obbedire a Salvini?
Correzione: "l'autonomia differenziata può essere portata avanti anche dal PD"
Se la risposta all'ultima domanda è: "Sì, nella Lega le posizioni di Bagnai sono state sonoramente battute" allora la risposta è sbagliata perché Salvini ha seguito i consigli di Borghi e Bagnai
Bello questo articolo.
Da un lato Bagnai dall'altro Mazzei.
Come Mazzei sa io scrissi un articolo (poi altri) in cui mi chiedevo perché Salvini non avesse citato Tria come problema.
In effetti per Mazzei che è senz'altro più esperto di me e profondo conoscitore dei politici italiani (Giorgetti ecc) questo non è stato casuale e tendo a credergli, come su molti rilievi evidenziati.
Basti pensare che "Italia dei sì e dei no" era uno slogan dal sapore berlusconiano anni '90 e che Salvini è corso ad Arcore da Silvio e Tajani poche ore dopo la crisi del Papetee.
In molti articoli ed editoriali inoltre (sempre su Affari Italiani) ho rilevato che seppur in modo più scaltro la Lega demoliva i 5s (si pensi a Libero ma anche al lavoro sul territorio) ridicolizzandone proposte e Ministri. Stesso dicasi sulla vicenda Mattarella in cui Salvini fece il coniglio...domanda "chi INDICA i Ministri?".
Bagnai invece al contrario di Salvini ha detto chiaramente come Tria si sia comportato e non trovo storture nella sua narrazione.
Salvini poi ha lasciato soli i 5s su Franco CFA, su Venezuela, su TAV ed ha temuto anche la questione autonomia perché a seconda di cosa faceva perdeva voti al nord o a sud.
Sul TAV poteva dire "la pensiamo diversamente" ed invece ci andava giù pesantemente su Toninelli. Insomma voleva salvare capra e cavoli, quelli sono arrivati a riva lui no.
Continuo a definirmi un elettore 5s, col cuore, ma non di questo.
Gentile Mazzei,
capisco la sue ansie che sono quelle di molti di noi.
Io credo che il senatore Bagnai in questi anni abbia fatto tutto, ma proprio tutto, quello che andava fatto per mettere in grado decine di migliaia di italiani “normali” di leggere correttamente i fatti economici e politici.
Adesso, sarò banale, è chiamato ad un ruolo diverso, quello di politico.
Politico, sottolineo, nell’unico partito italiano che abbia provato a mettere un mezzo bastone nelle ruote di una classe dominante che sta schiacciando tre quarti del pianeta.
Un certo coraggio a farlo col 17% dei seggi, non le pare?
Dopo questo coraggio, di solito, si passa alla clandestinità.
Un coraggio che io, da elettore comunista dal 1978, credo debba essere fortemente sostenuto.
Far passare una posizione, sostenere un’idea, convincere, portare dalla propria parte, addolcire un tema o irrigidirlo, fanno parte dell’arte della Politica.
Ai posto delle 12 domande (Potevate fare questo e invece come mai non l’avete fatto? Potevate dire quest’altro e invece come mai non l’avete detto? Come mai se potevate farlo giovedì l’avete fatto lunedì?), che qualcosa mi dice NON avranno risposta, mi porrei invece la solita domanda fatidica:
“Come mai, in un paese col 30% di disoccupazione reale, il 34% dei voti ce l’ha la Lega e non, per dire, Rizzo?”.
Anche se non so dire perché, sono convinto che nella Lega ci siano persone che intimamente credono, per dirne una, che l’Autonomia differenziata non sia esattissimamente un tema utile da discutere adesso nel mezzo di un’aggressione economica e politica a tutto il nostro Paese.
Come il tema stia evolvendo e venga discusso lì dentro, non lo so, ma io cerco di esprimere dove e come posso la mia personale opinione anche con amici leghisti del Nord (i famosi lombardo veneti).
Bagnai è riuscito a far penetrare il pensiero di Gramsci in un partito che nasce liberista. Provateci anche voi e saremo tutti più contenti.
Scusate, sono nato nel secolo scorso e avendo assolto gli obblighi di leva nella fanteria ho riso molto ad una battutaccia di Salvini:
Cito a braccio: “Ci sono due modi di non capire: non capire cercando di capire e non capire scassando il cazzo”.
Io ho il sospetto che la Lega sia stata cacciata con la forza, e che tutte queste ricostruzioni, queste narrazioni insensate siano un triste tentativo di salvarsi agli occhi della gente.
Pensavo che ci fossero le risposte!
io critico Salvini non per quello che ha fatto, ma per quello che NON ha fatto: uscire da zona € e uè. Neanche i mini bot gli hanno fatto fare. Già in quel momento doveva porre un aut aut, ma non lo ha fatto. Ha voluto togliere la fiducia per stravincere le elezioni, ma i temi economici non li ha neanche sfiorati. Perché temeva di perdere voti. Ma una lega + fratelli d Italia al 51% solo per chiudere le frontiere e restare in zona euro, anche no, grazie. Purtroppo, come sempre nella storia, aspettiamo che la Francia o la Germania o ....gli USA (sí, gli Usa), ci tolgano fuori dai guai smantellando l eurozona perché abbiamo un atavico complesso di inferiorità che ci impedisce di fare scelte giuste ma molto coraggiose. Se e quando toccherà alla Francia distruggere questo sistema di governo dell'economia (leggi: euro), non ci penserà neanche 5 minuti (come non ci ha pensato neanche 5 minuti a sforare il rapporto deficit PIL, eliminare Gheddafi - con l'avallo usa, o intervenire militarmente nelle sue ex colonie). Ecco, loro non sono (ancora) una colonia, noi lo siamo per vocazione da ancor prima della annessione e dei campi di concentramento piemontesi
Io leggo I fatti accaduti in modo un po' più semplice, stiamo parlando di uomini con sentimenti comuni a tutti. Salvini voleva capitalizzare un presunto consenso nazionale confortato dalle europee e non avendo, giustamente per me, digerito l'esclusione di Siri dal governo per fatti presunti, ha pigiato sull'acceleratore del cambiamento avendo intuito, molto probabilmente, il sottile ma efficace ostruzionismo di Conte che pian piano rivelava il suo orientamento. In conclusione ha azzardato, ma non è andata bene.
"La svolta eurista degli ultimi mesi"
Beata ingenuità... in tutto l'articolo in effetti.
buongiorno e grazie per l'interessante articolo. Ho appena postato un altro mio commento (che dovrebbe essere pubblicato quindi prima del presente) scritto per un gruppo di amici piddini di uozzapp. Tengo a precisare che il prof. Bagnai mi ha insegnato veramente tanto, in questi ultimi 6- 7 anni, e rarissimamente sono stato in disaccordo con le sue analisi (una volta solo ricordo di aver postato un commento in cui lo contraddicevo, se ben ricordo). Fatta questa premessa, vorrei fare un paio di considerazioni banali. Quando
successero i fatti di Grecia, ricordo qual era il soprannome con cui veniva deriso Tsipras: Trippas. Ora, magari Tsipras era davvero quello che diceva il prof, anzi sicuramente, ma la Grecia era un Paese economicamente non comparabile al nostro: eppure noi la voce grossa in Europa, l'abbiamo fatta solo sui migranti (giustamente, secondo me: ma SOLO sui migranti...). Ricordo, inoltre, che quando la Le Pen perse il confronto tv con Macron prima del ballottaggio, avendo in quell'occasione completamente abbandonato l'obiettivo di uscire dall'euro (confermato poi dalla fuoriuscita di Philippot dal partito), fu quasi accusata di averlo voluto perdere, il ballottaggio...Allora, io capisco le vischiosità (ma si sapeva da prima) dell'alta burocrazia e delle supreme magistrature dei palazzi romani; capisco che il governo era una alleanza, capisco tutto quello che si vuole (almeno ci provo), ma ci rendiamo conto che Salvini prima della campagna elettorale delle politiche andava alle conferenze stampa con Il tramonto dell'euro? E soprattutto, capisco la logica da guerra di logoramento (il prof. la paragona alla guerra dei trent'anni...), capisco la avversione ai cosiddetti "tuttosubitisti", "gestoeclatantisti" ecc.Ma, purtroppo, mi rendo conto anche di un dato banale però incontestabile: la vita è breve, e avendo già perso 20 anni di crescita, con questa andatura temo che nnon arriverò a vedere la fine dell'incubo e del tunnel, con tutto ciò che questo fatto comporta in termini di vita grama...perciò, come dicevo nell'altro post, non ci resta che sperare (come sempre nella storia) nella Francia, negli Usa, nella Germania...Purtroppo, in Francia hanno Asselineau come 80 anni fa avevano De Gaulle, mentre noi abbiamo un Salvini come 80 anni fa avevamo un Badoglio... intelligenti pauca
Secondo me al racconto manca la parte riguardante tutti i vecchi leghisti, quelli dell'autonomia, del nord produttivo che aspira (poveri loro) ad esere annessi alla Germania. Non gli interessa una lega nazionale che sfonda anche al sud e non gli interessa neanche che la lega nei sondaggi superi il 30%. A loro sta bene anche ridimensionarsi, perchè il loro obiettivo è sganciarsi dal Paese, quindi hanno fatto di tutto per mettere in difficoltà il loro segretario e spingerlo a cessare il rapporto con i 5S. Non voglio scusare Salvini, anzi! Se vuole cambiare veramente il suo partito questo è un grosso ostacolo che dovrà affrontare.
Quale partito resta che sia apertamente critico dell'Europa?
Solo la Lega purtroppo. Non voglio Salvini al governo ma Borghi e Bagnai sì. Se serve tenersi anche Salvini pazienza tra Lega e Piddume bisogna scegliere il meno peggio e quindi vince la Lega.
Il fatto che Bagnai si cimenti a spiegare (male) le ragioni della caduta del governo è sintomatico del fatto che Salvini non ha mai dato una motivazione concretamente valida sull'accaduto
Cari commentatori,
le 12 domande ad Alberto Bagnai hanno avuto un numero di letture particolarmente elevato: che abbiano colto nel segno?
Lo scopo dell'articolo non era certo quello di mettere in discussione il lavoro divulgativo fatto da Bagnai in questi anni. Un lavoro intelligente e prezioso, che ha aiutato tutti noi nella quotidiana lotta contro il mostro eurista. Ma riconoscere questa verità significa che Bagnai abbia sempre ragione? Evidentemente no.
Purtroppo, come ci ha ricordato l'anonimo delle 17:58 del 7 settembre, Bagnai ha anche scritto di essere "entrato in politica per obbedire". A chi è inutile dirlo. Ed è forse in questa frasetta la spiegazione di una ricostruzione della crisi che proprio non sta in piedi.
Andrea Di Maio ha scritto che "Bagnai è riuscito a far penetrare il pensiero di Gramsci in un partito che nasce liberista". Beh, detta così è davvero un po' troppo, tuttavia capisco il senso di questa affermazione. C'è però un piccolo problema: la Lega è tuttora liberista. E alla grande.
In quattordici mesi di governo ci sono state tre grandi occasioni per ridare allo Stato un ruolo centrale nell'economia. Concessioni autostradali, Ilva, Alitalia: in tutte e tre questi casi la Lega si è fatta paladina delle ragioni dei privati e del "mercato". Non che dall'altra parte, nei Cinque Stelle, le sirene del liberismo fossero mute, ma certamente la posizione della Lega è stata ben più schiacciata sui dogmi neoliberali. In questo allineandosi del tutto con Tria e l'intero partito mattarelliano.
Ma torniamo all'articolo. Diversi commenti riguardano la ricostruzione delle mosse politiche dei vari soggetti in campo, ipotizzando alcune possibili spiegazioni dell'autogol salviniano. Personalmente penso che i fatti siano di per sé piuttosto autoevidenti. Ma nelle 12 domande non si parla solo delle modalità di apertura della crisi, bensì della vicenda Savona e dell'impeachment lasciato cadere, del problema Tria mai posto apertamente, della flat tax, dell'affossamento dei minibot da parte di Giorgetti, del regionalismo differenziato. Possibile che su tutto ciò chi afferma che in fondo "a criticare l'Europa" è rimasta solo la Lega non abbia nulla da dire?
Non sarebbe almeno il caso di riflettere su quanto tutto ciò contrasti con il proclamato "euroscetticismo" (termine orribile e multiuso, ma che adopera anche Bagnai)?
Ecco, quando di tutto questo si potrà discutere, senza il vincolo dell'obbedienza, si sarà fatto un passo avanti. Chi stima veramente Bagnai (ed è il caso di chi scrive) non può che invitarlo a muoversi in questa direzione. Che è esattamente opposta a quella seguita nella sua "Cronaca di una crisi annunciata".
Leonardo Mazzei
Mi permetto di offrire una ipotetica risposta data dal sottoscritto e che non rappresenta il pensiero del sentaore.
Parto da una considerazione: a mio parere Salvini non è uno stratega che ha progettato tutto dall'inizio. Ha improvvisato di volta in volta cercando di prendere la decisione più opportuna, non sempre ci si azzecca, e non è detto che alcune decisioni siano state prese in completa libertà, ma sotto suggerimento di altri.
Il senatore fa parte di un partito, e se anche le sue posizioni fossero in minoranza, uno sputtanamento del suo partito non gioverebbe alle stesse posizioni. Da sempre ha detto di non voler entrare in partitini da zero virgola, sia i partitini sia il partitone per il momento hanno fallito, quindi non possiamo dire quale delle due scelte è la migliore.
Inoltre a mio parere c'era la volontà di far cadere il governo sapendo benissimo che non si sarebbe mai andati al voto. Le motivazioni possono essere varie, io non le conosco e nessuno della Lega lo ammetterà mai.
1. questo può essere stato un errore spinto dalla necessità di agire in un preciso momento e quello era pretesto disponibile in quel momento. Purtroppo le persone informate sono una minoranza e i mezzi di comunicazione fanno la loro. Quindi era necessario offrire una semplificazione forte della situazione. Una mozione del m5s contro il proprio governo era comunuque un elemento che si poteva sfruttare, meglio.
2. tre possibili risposte: 2.1 per permettere all'ala grillina allineata con la lega di prendere il sopravvento, 2.2 creare ulteriore discordia all'interno del m5s, 2.3 permettere a Di Maio di pretendere in sede negoziale di più creando difficoltà nella trattativa col PD, 2.4 rendere evidente la volontà di fare il governo proprio col PD per motivi ideologici e non tecnici tipo IVA o similari.
3. perchè 3.1) si poteva sperare in una collaborazione forte col m5s contro il terzo partito, 3.2) c'erano le regionali e le europee quindi per la Lega era necessario avviare la legislatura per aumentare il proprio consenso. Era comunque una opportunità, fallita ma era una opportunità.
4. può essere, ma si doveva comunque aspettare l'esito delle europee. Inoltre il tema economico non è così conosciuto tra l'elettorato.
5. non cita le fonti e la cronologia. Personalmente ho percepito più attacchi pregiudiziali in una direzione che nell'altra.
6. Cos'è se non una applicazione del cordone sanitario la mancata vicepresidenza?
7. può essere, ma può essere che il capitone volesse non dare l'impressione di voler togliere la spina aspettando un momento diverso.
8. Nulla da dire, mancano le fonti ai numeri forniti
9. Pare che Giorgetti abbia dato risposta ad una domanda che non è mai stata riportata dai media. Poi si può sostenere che, da esperto quale è, abbia dato una risposta così sperando che venisse travisata.
10. Nulla da dire
11. Diverse persone con cui ho parlato, manco conoscevano l'esistenza del terzo partito. Per chi era più informato, il punto era la collaborazione (o svendita) del m5s, non le posizioni di Trai. Inoltre Tria e Conte non sono un partito a cui prendere voti.
12. Può essere. Oppure può essere che, come in inghilterra, serviva un evento per polarizzare ulteriormente l'elettorato tra "sovranisti" e "globalisti", anche nella Lega.
Premesso che i problemi dell'italia sono altri, sono contrario all'autonomia x veneto e lombardia.
Ma anche a quella di sicilia sardegna firuli valledaosta e trentino.
HO IO UNA DOMANDA PER VOI: voi siete contrari solo all'autonomia del nord o anche a quelle delle 5 regioni che ce l'anno attualmente?
Francamente non capisco cosa ce ne frega delle balle o delle mezze verità che Bagnai ha dovuto dire pur di dare una strategia alle improvvisazioni di Salvini. Anche ammesso che l'autore non abbia giocato a sua volta di astuzia, mi sembra una cosa abbastanza veniale, anzi del tutto scontato che il parlamentare di una forza politica cerchi delle giustificazioni più o meno credibili per le scelte fatte dai o dal leader di partito. E con questo cosa si vuol dire o che cosa porta al dibattito politico? Forse si vuole - senza darne l'apparenza - cominciare una dislocazione verso la nuova maggioranza?
Ma pensa un po' che cosa dichiara Giorgetti
https://www.huffingtonpost.it/entry/giorgetti-salvini-voleva-continuare-siamo-stati-noi-a-chiedergli-di-rompere_it_5d7681efe4b075210230c1ae?utm_hp_ref=it-homepage
Definisce addirittura Salvini "Povero Cristo" (almeno stando al virgolettato), un vero insulto. E Salvini voleva metterlo al posto di Tria, che recita penosa. Praticamente nella lega comanda Giorgetti e di conseguenza le posizioni di Borghi e Bagnai sono effettivamente minoritarie come ipotizzato.
Se le posizioni di Bagnai nella lega fossero sonoramente battute allora dovrebbe lasciare il partito ed entrare nel gruppo misto e provare a lavorare alla costruzione di un gruppo sovranista, ma ovviamente non lo farà.
forse sapete già chi è Giorgetti "if berlusconi says red,we say red, if he says black, black for us too". L'altro è Bongiorno difensore di Andreotti che la consigliò a entrare nel partito di Berlusconi e soddisfatto per la difesa le lasciò in eredità il prestigioso studio romano (e magari anche gli scheletri negli armadi).
Il nostro, per quel poco che bazzico di queste frattaglie, è sempre stato legato a Berlusconi... è confuso sull'immigrazione (suo cavallo di battaglia)ma non sul campo in cui stare e cioè il neoliberismo (altro che sovranismo).
La questione delle regioni del Nord io la vedo così: una formale unità d'Italia mentre quelle regioni "produttive" rispetto al "parassitismo" meridionale si legheranno commercialmente con l'area tedesca un pò come slovenia e Croazia di quella che era ex Yugoslavia. Parri, prima di diventare un "esiliato in patria", nel 1945 voleva mettere mano sulla "economia di guerra" del Nord (sotto amministrazione USA)e quello può, pur con qualche forzatura,aiutare a comprendere il progetto... che porteranno avanti i morti che camminano
Beppe
Ci si aspettava più protagonismo anche perché per ragioni in parte comprensibili hanno sostenuto fino al negare l’evidenza l’immagine della Lega monolitica e salvinista. Come sempre la realtà si rivolta contro la propaganda. D’altra parte Salvini rimane purtroppo l’unico politico di un partito rilevante a avere accettato di portare a ruoli di primo piano degli euroscettici sinceri, aldilà degli inevitabili compromessi tecnici. Un circolo vizioso in cui tutti siamo intrappolati perché inutile negare che la visibilità per quanto ridotta data così alla questione UE ha giovato a tutti i critici della stessa.
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