[ mercoledì 7 agosto 2019 ]
Oggi andrà in scena l'ennesimo atto della stucchevole sceneggiata che dura ormai da mesi. Non è detto che sia l'ultima.
Il Parlamento vota sul TAV. Piddini e berluscones voteranno a favore, assieme alla Lega. Potrebbero far saltare il governo, se solo lo volessero — ad esempio assentandosi dall'Aula al momento del voto. Non lo faranno, terrorizzati dallo spauracchio di elezioni anticipate che segnerebbero una loro ennesima batosta. Ancor più atterriti dal rischio di tornare alle urne, i 5 stelle, costretti a presentare una mozione contro il TAV. Pagliacciata senza precedenti: prima lasciano che il Consiglio dei ministri (nel quale hanno la maggioranza assoluta) approvi il buco con la Francia, poi, con la faccia come il culo, chiedono al Parlamento che dica l'ultima parola, in realtà sapendo e sperando che la loro mozione venga bocciata.
Questa è l'ultima di una serie di clamorose bestialità compiute dalla cricca di Di Maio per autodistruggere il Movimento. La più grande senza dubbio è stata il voto per la Von Der Leyen, voto col quale la cricca ha compiuto un giuramento solenne di fedeltà all'eurocrazia ed ai poteri forti italiani.
D'altra parte abbiamo il Salvini il quale, nella botte di ferro dei sondaggi che lo vedono in grande spolvero, sbraiata e minaccia sfracelli in caso non si faccia come dice lui.
Ma cos'è che propriamente dice lui? Quali sono davvero i suoi desiderata? Quale il suo disegno politico?
Non si capisce, e se non si capisce non è perché non siamo in grado di decifrarli. Non si capisce perché molto probabilmente non lo sa nemmeno lui. Semplicemente, credendo di essere il dominus della scena, si permette di maramaldeggiare, di fare lo sbruffone, di dire, sulle cose serie, tutto e il suo contrario. Avendo capito che per il momento basta e avanza la sua linea del pugno duro sulla sicurezza e sull'immigrazione. Lì si ferma e porta all'incasso.
Sulle cose serie —come far ripartire l'economia e l'occupazione, come rilanciare una domanda interna asfittica, come risolvere i drammatici problemi sociali del popolo lavoratore (che in buona parte lo voterebbe) — cazzeggia, urlando ai quattro venti "Flat tax! Flat tax!", confermando quindi la sua fede liberista, per cui, parole sue, "non è lo Stato che crea lavoro ma le imprese".
E su questa cosiddetta "Flat tax" promette sfracelli, che non cederà un millimetro con l'Unione europea in merito alla prossima Legge di bilancio. C'è solo un problema in questa narrazione: essa è ingannevole. La Ue potrebbe ben accettare di concedere una riduzione fiscale a favore delle imprese a patto che a ciò corrisponda un taglio di pari proporzioni della spesa sociale, con in più ulteriori privatizzazioni.
Salvini, e ancor più Giorgetti, lo sanno bene. Il rischio è che dunque non solo l'eurista Tria resti al suo posto, ma che la Legge di bilancio la faccia proprio lui di concerto con Bruxelles.
Giorni addietro dicevo che avendo lasciato passare il momento buono per rovesciare il tavolo, non è più Salvini ad avere "il pallino in mano". Ciò sembrerebbe contraddetto dalla sua sparata di ieri per cui "o si fa come dico io o si va alle elezioni!". Bluff o delirio di onnipotenza? Tutte e due le cose.
I governi si fanno cadere per motivi seri, che i cittadini capiscono. Tranne i suoi peones nessuno giustificherebbe una crisi di governo solo per permettergli di ottenere il suo proprio successo elettorale. Il motivo serio Salvini lo avrebbe, ed è appunto il rifiuto di votare una Legge di bilancio austeritaria che aggraverebbe l'attuale recessione.
Ma fare cose serie non è nelle corde di questo governo-zombi, e nemmeno di Salvini medesimo. Tutti sperano che passi la nottata, che a Bruxelles siano clementi, che non sopraggiunga nel frattempo una bolla finanziaria globale con tanto di nuovo collasso dell'economia, come e peggio di quella di dieci anni fa.
Sia come sia questi apprendisti stregoni di M5s e Lega, invece di fare tesoro della potente ondata di protesta scaricatasi nelle urne il 4 marzo dell'anno scorso, la stanno non solo dissipando, gli stanno voltando le spalle.
A maggior ragione occorre scendere in piazza a Roma il prossimo 12 ottobre rispondendo all'Appello LIBERIAMO L'ITALIA.
Oggi andrà in scena l'ennesimo atto della stucchevole sceneggiata che dura ormai da mesi. Non è detto che sia l'ultima.
Il Parlamento vota sul TAV. Piddini e berluscones voteranno a favore, assieme alla Lega. Potrebbero far saltare il governo, se solo lo volessero — ad esempio assentandosi dall'Aula al momento del voto. Non lo faranno, terrorizzati dallo spauracchio di elezioni anticipate che segnerebbero una loro ennesima batosta. Ancor più atterriti dal rischio di tornare alle urne, i 5 stelle, costretti a presentare una mozione contro il TAV. Pagliacciata senza precedenti: prima lasciano che il Consiglio dei ministri (nel quale hanno la maggioranza assoluta) approvi il buco con la Francia, poi, con la faccia come il culo, chiedono al Parlamento che dica l'ultima parola, in realtà sapendo e sperando che la loro mozione venga bocciata.
Questa è l'ultima di una serie di clamorose bestialità compiute dalla cricca di Di Maio per autodistruggere il Movimento. La più grande senza dubbio è stata il voto per la Von Der Leyen, voto col quale la cricca ha compiuto un giuramento solenne di fedeltà all'eurocrazia ed ai poteri forti italiani.
D'altra parte abbiamo il Salvini il quale, nella botte di ferro dei sondaggi che lo vedono in grande spolvero, sbraiata e minaccia sfracelli in caso non si faccia come dice lui.
Ma cos'è che propriamente dice lui? Quali sono davvero i suoi desiderata? Quale il suo disegno politico?
Non si capisce, e se non si capisce non è perché non siamo in grado di decifrarli. Non si capisce perché molto probabilmente non lo sa nemmeno lui. Semplicemente, credendo di essere il dominus della scena, si permette di maramaldeggiare, di fare lo sbruffone, di dire, sulle cose serie, tutto e il suo contrario. Avendo capito che per il momento basta e avanza la sua linea del pugno duro sulla sicurezza e sull'immigrazione. Lì si ferma e porta all'incasso.
Sulle cose serie —come far ripartire l'economia e l'occupazione, come rilanciare una domanda interna asfittica, come risolvere i drammatici problemi sociali del popolo lavoratore (che in buona parte lo voterebbe) — cazzeggia, urlando ai quattro venti "Flat tax! Flat tax!", confermando quindi la sua fede liberista, per cui, parole sue, "non è lo Stato che crea lavoro ma le imprese".
E su questa cosiddetta "Flat tax" promette sfracelli, che non cederà un millimetro con l'Unione europea in merito alla prossima Legge di bilancio. C'è solo un problema in questa narrazione: essa è ingannevole. La Ue potrebbe ben accettare di concedere una riduzione fiscale a favore delle imprese a patto che a ciò corrisponda un taglio di pari proporzioni della spesa sociale, con in più ulteriori privatizzazioni.
Salvini, e ancor più Giorgetti, lo sanno bene. Il rischio è che dunque non solo l'eurista Tria resti al suo posto, ma che la Legge di bilancio la faccia proprio lui di concerto con Bruxelles.
Giorni addietro dicevo che avendo lasciato passare il momento buono per rovesciare il tavolo, non è più Salvini ad avere "il pallino in mano". Ciò sembrerebbe contraddetto dalla sua sparata di ieri per cui "o si fa come dico io o si va alle elezioni!". Bluff o delirio di onnipotenza? Tutte e due le cose.
I governi si fanno cadere per motivi seri, che i cittadini capiscono. Tranne i suoi peones nessuno giustificherebbe una crisi di governo solo per permettergli di ottenere il suo proprio successo elettorale. Il motivo serio Salvini lo avrebbe, ed è appunto il rifiuto di votare una Legge di bilancio austeritaria che aggraverebbe l'attuale recessione.
Ma fare cose serie non è nelle corde di questo governo-zombi, e nemmeno di Salvini medesimo. Tutti sperano che passi la nottata, che a Bruxelles siano clementi, che non sopraggiunga nel frattempo una bolla finanziaria globale con tanto di nuovo collasso dell'economia, come e peggio di quella di dieci anni fa.
Sia come sia questi apprendisti stregoni di M5s e Lega, invece di fare tesoro della potente ondata di protesta scaricatasi nelle urne il 4 marzo dell'anno scorso, la stanno non solo dissipando, gli stanno voltando le spalle.
A maggior ragione occorre scendere in piazza a Roma il prossimo 12 ottobre rispondendo all'Appello LIBERIAMO L'ITALIA.
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3 commenti:
E quindi? Appoggio "tattico" anche alla frutta?
A mio avviso Piemme fa il tipico errore di giudicare Salvini come se il mondo con cui un politico ha a che fare fosse composto da persone come lui e me: colte, intelligenti e intellettualmente oneste.
La realtà politica si divide in due categorie principali: le masse ottuse e le élites assatanate di quattrini e potere. In questo contesto la virtù quintessenziale di un politico, di qualunque rango e natura, è la capacità di manovrare a largo raggio, e per poterlo fare è essenziale non scoprire le proprie carte (leggi intenzioni) prima del tempo.
Al momento Salvini vuole togliersi di dosso i 5 stelle e andare da solo al potere riversando su di loro la responsabilità della rottura. Data la natura dei pentastellati (uno sparsa costellazione che vive di sondaggi e di political correctness) questo può essere solo un bene. Quando Salvini sarà al potere scoprirà le sue intenzioni, non prima.
La mia impressione – forse errata – è che se riterrà di avere dietro di sé la maggioranza degli italiani, e dopo aver avuto il tempo di intramarsi nel deep state italiano fino a nominare il successore di Mattarella, si rivolgerà seriamente contro l’eurodittatura (ovviamente in funzione di un’uscita da destra, forse l’unica praticabile per un Paese industriale privo di risorse naturali).
Chi vivrà (non è scontato che Salvini, specie se decide di fare sul serio, sia tra questi) vedrà.
NON APPOGGIO TATTICO
Si può certo criticare P101, come fa pelosamente il primo anonimo sopra, ma allora è d'obbligo tenersi ben informati e seguire cosa scriviamo e facciamo.
L'anonimo spara a vuoto non sapendo che col voto alla Von Der Leyen P101 ha cessato ogni appoggio tattico.
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