[ Mercoledì 21 agosto 2019 ]
Per il bene del Paese …
L’attesa è finita.
Conte — pur non sfiduciato (Salvini ha ritirato la mozione di sfiducia), ma giudicando finita l’esperienza del governo — ha rassegnato le sue dimissioni a Mattarella. I commenti sul suo discorso al senato, fatto “per il bene del paese”, si sprecano (sui media e “in rete”). Per lo piú è stato apprezzato, con ovazioni in aula dei 5S, da coloro che lo condividono e anche da quelli che, senza capirlo, ne recepiscono tono pacato e italiano corretto. Ma il suo discorso è stato semplicemente spregevole, falso nel tono e forma (stile bolso del docente universitario che spadella una lezione), e inaccettabile nei contenuti. Non tanto per le accuse contro Salvini che ha aperto ex abrupto la crisi di governo — comunque sciorinate come se Conte fosse capitato lí da una settimana, e invece da piú di un anno presidente del Consiglio —, quanto per il suo “nodo” centrale, in cui stigmatizza come «sterile» ogni «sovranismo»: bisogna rimettersi all’“alleanza atlantica” (subordinazione agli Usa) e “all’Europa” (subordinazione all’Ue, nonché agli Stati che ne hanno il maggior vantaggio, a spese altrui, la Germania e la Francia).
Con ciò Conte si pone fra i nemici di ogni possibile democrazia nel nostro Paese (senza indipendenza e autonomia non esiste nessuna democrazia) e della ripresa delle condizioni di esistenza (di lavoro, di vita, di prospettive) della gran parte della nostra popolazione; si colloca fra gli “alfieri” del capitalismo globalizzato-globalizzante e dei suoi «organismi», come l’Ue; si situa nella reazione che vuole mantenere questa fase del capitalismo (in crisi al suo stesso interno perché sempre piú ingestibile), con le devastanti ricadute che ha già avuto e continuerà ad avere in Italia (nonché altrove, ma qui si parla “di noi”).
E cosí Conte apre appieno al Pd, la maggiore forza politica della reazione, nemica del nostro popolo e paese. E, con lui, lo fanno coloro che lo esaltano e stanno vedendo di condurre in porto l’accordo con il Pd, sia quello di Renzi o di Zingaretti, ossia gli esponenti (e dirigenti), i governanti, i parlamentari del M5S. A ben poco valgono l’ottusità da claque dei manifestanti 5S anti-Salvini al grido di “tradimento! Onestà!”, e i discorsi della Taverna che ha insistito sulle vacanze agostane (a cui anche i 5S hanno rinunciato … volentieri) oltre che sulle “cose buone” fatte dal governo, di Morra che ha voluto gettare il sospetto di accordi di Salvini con la ’ndrangheta perché ha mostrato i simboli cattolici in Calabria (pur smussando con “forse non lo sapeva”), di Patuanelli che dichiara fieramente (e falsamente) “il M5S non teme il voto” (e come no! Con i sondaggi che lo danno sceso all’8% …). Senza però negare la direzione dell’accordo con il Pd — peraltro sancito dalla riunione nella villa di Grillo a Marina di Bibbona, con Casaleggio, Di Maio, Fico, Di Battista, i capigruppo parlamentari —, ovviamente “per il bene del paese”.
Va ribadito, per evitare equivoci (interessati, di pentastellati e piddini), che non si sta dicendo “Salvini ha fatto bene” e “W Salvini e la Lega”. E va ripetuto che Salvini ha aperto per la Lega la «crisi» dopo recenti “viaggi” negli Usa (già aveva lodato Trump e la sua “via”, ed è stato ricevuto con tutti gli onori) e che la linea leghista, a sua volta “per il bene del paese”, è di gestire lo Stato accentuando il ruolo del governo in un “sovranismo a sovranità limitata” (in ancora piú stretta “alleanza”=subordinazione agli Usa della “linea trumpiana”, con tanto di connessione a Israele), restando “criticamente” ma come “spina nel fianco” nell’Ue (a contrastare Germania e Francia, come vuole la “linea trumpiana”), e aprendo al massimo al capitalismo, interno ed esterno - qui si situa il contrasto al flusso migratorio, ma senza risalire, né operare, sulle sue cause e “strutturazioni”. Non si sostiene affatto che Salvini-Lega siano l’alternativa. Ma ciò non assolve il M5S che apre al Pd.
“In rete” sono circolati e circolano appelli “alla base 5S” a respingere l’accordo e la valutazione per cui “è caduto il laboratorio populista, sovranista, socialistico, giallo-verde”, a vantaggio delle élites globaliste, dei “padroni del vapore”, etc., e c’è chi sposta le responsabilità piú sulla Lega e chi piú sul M5S. E tutti affermano che “sarebbe stato meglio proseguire con l’esperimento”, sempre “per il bene del paese”.
Il che è vero, era certo meglio della prospettiva del governo M5S-Pd, ma anche della prospettiva Lega-centrodestra. E tuttavia c’è un errore di visuale: già l’accordo giallo-verde (con quel «contratto»! Il contratto è una statuizione privata, a livello politico si fanno accordi e programmi) era segnato dal capestro “si sta nell’Ue/euro/Nato”, il che ne segnava i limiti stringenti (come si è visto sul deficit, tenuto, dopo un po’ di latrati, al 2,04%, precisamente come voleva l’Ue) che hanno reso asfittiche e poco efficaci le misure «di cittadinanza» («reddito» e «pensione»), «decreto dignità», «quota 100», e hanno bloccato l’ampio e mirato piano di investimenti in tutti i campi che sarebbe stato necessario.
Il resto è venuto di conseguenza, da un lato con i cedimenti (e tradimenti) dei 5S su una suite di loro impegni solenni, dall’altro con l’azione leghista volta al pieno liberalismo economico («grandi opere», autostrade, banche, etc.), sboccando da un parte nel “sovranismo a sovranità limitata” —“spina nel fianco all’Ue” della Lega, con il voto contrario alla Von der Leyen, dall’altra con l’accostamento dei 5S all’Ue del globalismo e dell’austerity, con il voto (decisivo per la sua elezione alla Commissione Ue) della Von der Leyen — e lo stesso contrasto al flusso migratorio (voluto dal globalismo e dai suoi «organi»e centrali) è divenuto terreno di scontro, data l’apertura dei 5S (con solite ciarle su “umanità”, “inclusione”, etc.).
In buona sostanza: nessuna delle due forze, che avevano concorso a suscitare e avevano intercettato l’oggettivo (non consapevole) fronte sociale emerso con il voto del 4 marzo 2018, aveva una qualche analisi della situazione, un progetto coerente con questa (che non c’era), una strategia e tattica conseguenti. Quindi, il “laboratorio populista, sovranista, socialistico” poteva esserci in potenza, ma non è mai esistito nei fatti.
Né gli appelli “alla base 5S” serviranno: attivisti e stretti iscritti al movimento approveranno … qualsiasi “cosa” (come, per esempio, già fecero con l’adesione nell’europarlamento al raggruppamento iper-liberale dell’Alde), compreso l’accordo con Pd e il codazzo “sinistro”. Altri, molti altri, semplicemente si distaccheranno — nel discredito irrimediabile e declino inarrestabile del M5S.
Che rimane allora? Per il vero bene del Paese, solo un tentativo, certo del tutto arduo, irto di ostacoli e blocchi: almeno sostenere le istanze del movimento (oggettivo) abbozzatosi il 4 marzo, vedere di impedire che cadano nel dissolvimento, spingere per rimetterle in moto — e cercare di aggregarle.
Per il bene del Paese …
L’attesa è finita.
Conte — pur non sfiduciato (Salvini ha ritirato la mozione di sfiducia), ma giudicando finita l’esperienza del governo — ha rassegnato le sue dimissioni a Mattarella. I commenti sul suo discorso al senato, fatto “per il bene del paese”, si sprecano (sui media e “in rete”). Per lo piú è stato apprezzato, con ovazioni in aula dei 5S, da coloro che lo condividono e anche da quelli che, senza capirlo, ne recepiscono tono pacato e italiano corretto. Ma il suo discorso è stato semplicemente spregevole, falso nel tono e forma (stile bolso del docente universitario che spadella una lezione), e inaccettabile nei contenuti. Non tanto per le accuse contro Salvini che ha aperto ex abrupto la crisi di governo — comunque sciorinate come se Conte fosse capitato lí da una settimana, e invece da piú di un anno presidente del Consiglio —, quanto per il suo “nodo” centrale, in cui stigmatizza come «sterile» ogni «sovranismo»: bisogna rimettersi all’“alleanza atlantica” (subordinazione agli Usa) e “all’Europa” (subordinazione all’Ue, nonché agli Stati che ne hanno il maggior vantaggio, a spese altrui, la Germania e la Francia).
Con ciò Conte si pone fra i nemici di ogni possibile democrazia nel nostro Paese (senza indipendenza e autonomia non esiste nessuna democrazia) e della ripresa delle condizioni di esistenza (di lavoro, di vita, di prospettive) della gran parte della nostra popolazione; si colloca fra gli “alfieri” del capitalismo globalizzato-globalizzante e dei suoi «organismi», come l’Ue; si situa nella reazione che vuole mantenere questa fase del capitalismo (in crisi al suo stesso interno perché sempre piú ingestibile), con le devastanti ricadute che ha già avuto e continuerà ad avere in Italia (nonché altrove, ma qui si parla “di noi”).
E cosí Conte apre appieno al Pd, la maggiore forza politica della reazione, nemica del nostro popolo e paese. E, con lui, lo fanno coloro che lo esaltano e stanno vedendo di condurre in porto l’accordo con il Pd, sia quello di Renzi o di Zingaretti, ossia gli esponenti (e dirigenti), i governanti, i parlamentari del M5S. A ben poco valgono l’ottusità da claque dei manifestanti 5S anti-Salvini al grido di “tradimento! Onestà!”, e i discorsi della Taverna che ha insistito sulle vacanze agostane (a cui anche i 5S hanno rinunciato … volentieri) oltre che sulle “cose buone” fatte dal governo, di Morra che ha voluto gettare il sospetto di accordi di Salvini con la ’ndrangheta perché ha mostrato i simboli cattolici in Calabria (pur smussando con “forse non lo sapeva”), di Patuanelli che dichiara fieramente (e falsamente) “il M5S non teme il voto” (e come no! Con i sondaggi che lo danno sceso all’8% …). Senza però negare la direzione dell’accordo con il Pd — peraltro sancito dalla riunione nella villa di Grillo a Marina di Bibbona, con Casaleggio, Di Maio, Fico, Di Battista, i capigruppo parlamentari —, ovviamente “per il bene del paese”.
Va ribadito, per evitare equivoci (interessati, di pentastellati e piddini), che non si sta dicendo “Salvini ha fatto bene” e “W Salvini e la Lega”. E va ripetuto che Salvini ha aperto per la Lega la «crisi» dopo recenti “viaggi” negli Usa (già aveva lodato Trump e la sua “via”, ed è stato ricevuto con tutti gli onori) e che la linea leghista, a sua volta “per il bene del paese”, è di gestire lo Stato accentuando il ruolo del governo in un “sovranismo a sovranità limitata” (in ancora piú stretta “alleanza”=subordinazione agli Usa della “linea trumpiana”, con tanto di connessione a Israele), restando “criticamente” ma come “spina nel fianco” nell’Ue (a contrastare Germania e Francia, come vuole la “linea trumpiana”), e aprendo al massimo al capitalismo, interno ed esterno - qui si situa il contrasto al flusso migratorio, ma senza risalire, né operare, sulle sue cause e “strutturazioni”. Non si sostiene affatto che Salvini-Lega siano l’alternativa. Ma ciò non assolve il M5S che apre al Pd.
“In rete” sono circolati e circolano appelli “alla base 5S” a respingere l’accordo e la valutazione per cui “è caduto il laboratorio populista, sovranista, socialistico, giallo-verde”, a vantaggio delle élites globaliste, dei “padroni del vapore”, etc., e c’è chi sposta le responsabilità piú sulla Lega e chi piú sul M5S. E tutti affermano che “sarebbe stato meglio proseguire con l’esperimento”, sempre “per il bene del paese”.
Il che è vero, era certo meglio della prospettiva del governo M5S-Pd, ma anche della prospettiva Lega-centrodestra. E tuttavia c’è un errore di visuale: già l’accordo giallo-verde (con quel «contratto»! Il contratto è una statuizione privata, a livello politico si fanno accordi e programmi) era segnato dal capestro “si sta nell’Ue/euro/Nato”, il che ne segnava i limiti stringenti (come si è visto sul deficit, tenuto, dopo un po’ di latrati, al 2,04%, precisamente come voleva l’Ue) che hanno reso asfittiche e poco efficaci le misure «di cittadinanza» («reddito» e «pensione»), «decreto dignità», «quota 100», e hanno bloccato l’ampio e mirato piano di investimenti in tutti i campi che sarebbe stato necessario.
Il resto è venuto di conseguenza, da un lato con i cedimenti (e tradimenti) dei 5S su una suite di loro impegni solenni, dall’altro con l’azione leghista volta al pieno liberalismo economico («grandi opere», autostrade, banche, etc.), sboccando da un parte nel “sovranismo a sovranità limitata” —“spina nel fianco all’Ue” della Lega, con il voto contrario alla Von der Leyen, dall’altra con l’accostamento dei 5S all’Ue del globalismo e dell’austerity, con il voto (decisivo per la sua elezione alla Commissione Ue) della Von der Leyen — e lo stesso contrasto al flusso migratorio (voluto dal globalismo e dai suoi «organi»e centrali) è divenuto terreno di scontro, data l’apertura dei 5S (con solite ciarle su “umanità”, “inclusione”, etc.).
In buona sostanza: nessuna delle due forze, che avevano concorso a suscitare e avevano intercettato l’oggettivo (non consapevole) fronte sociale emerso con il voto del 4 marzo 2018, aveva una qualche analisi della situazione, un progetto coerente con questa (che non c’era), una strategia e tattica conseguenti. Quindi, il “laboratorio populista, sovranista, socialistico” poteva esserci in potenza, ma non è mai esistito nei fatti.
Né gli appelli “alla base 5S” serviranno: attivisti e stretti iscritti al movimento approveranno … qualsiasi “cosa” (come, per esempio, già fecero con l’adesione nell’europarlamento al raggruppamento iper-liberale dell’Alde), compreso l’accordo con Pd e il codazzo “sinistro”. Altri, molti altri, semplicemente si distaccheranno — nel discredito irrimediabile e declino inarrestabile del M5S.
Che rimane allora? Per il vero bene del Paese, solo un tentativo, certo del tutto arduo, irto di ostacoli e blocchi: almeno sostenere le istanze del movimento (oggettivo) abbozzatosi il 4 marzo, vedere di impedire che cadano nel dissolvimento, spingere per rimetterle in moto — e cercare di aggregarle.
4 commenti:
Speriamo che il PD dissimuli meglio della Lega, colpendo a tradimento, come uno scorpione, i poteri forti eurocratici, fra la mezzanotte di sabato e le prime ore della domenica quando quelli stanno tutti 'mbriachi a festeggià la chiusura delle borse.francesco
da conte non nasce nulla
da salvini nascono i fiori
da sollevazione nasce una marea di fiori
Nella storia dei partiti e movimenti politici non si era mai vista una propensione di massa al suicidio, come nel caso dei 5s, alias Casaleggio Associati. Dopo aver offerto il fianco a Salvini, facendolo raddoppiare nei consensi, ora si preparano a farlo per il PD, l'ex nemico numero 1 ,sempre additato (giustamente!!!) come il primo responsabile del massacro sociale, il portavoce dell'elite', dell'oligarchia eurocratica. Come si spiega questo Harakiri, questo delirio di suicida onnipotenza che smentisce le piu' elementari leggi della sopravvivenza ? Si spiega semplicemente con l'inconsistenza di un gruppo dirigente meschino, improvvisato, ondivago, traballante nei principi e nel metodo. Si spiega con la malattia endemica delle classi dirigenti italiane, che lo stesso Gramsci aveva indicato nel Trasformismo. Rimane in me, ex elettore dei 5s, un amaro in bocca indigeribile e indeglutibile. E sia chiaro: dinanzi all'orrore, all'oscenita' politica di un futuro governo 5s-PD, il lato che considero peggiore e' quello del traditore (5s) non quello del nemico (PD)!
Mauro Pasquinelli
Faccio parte di quelli cui lei accenna nell'ultima parte del post, che condivido ma che comunque si conclude con un auspicio, come spesso accade. Gli auspici, le esortazioni, possono farci sentire meno soli, ma non smuovono nulla, al massimo confermano (non è poco) ciò che in solitudine avevamo elaborato. Non intendo dire che debba essere lei, che ha capito, a farsi carico dell'aggregazione cui accenna: vorrei solo chiederle se a tale proposito è riuscito ad individuare chi potrebbe, in potenza, farsene carico. Non abbiamo più tempo e l'orizzonte è piatto. Chi è consapevole vive una sofferenza atroce.
Grazie.
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