[ 13 giugno ]
Un contributo al vetriolo di due dirigenti bolognesi di Rifondazione comunista. Ne condividiamo analisi e orizzonti. Le questioni che gettano sul tappeto sono quelle al centro dell'Assemblea seminariale del 2-3 luglio di P101, con Boghetta tra i relatori.
«I risultati della tornata elettorale sono impietosi per la sinistra. Questo accade anche a
Bologna seppur da lontano possa sembrare il contrario.
La finta Coalizione Civica, alias Sinistra Italiana, ha avuto il risultato più basso delle ultime tornate pari al 6.96%. Questo avviene con un PD che va al ballottaggio ed in piena campagna raccolta firme sui referendum sociali e democratici.
Cinque anni fa, infatti, una lista spuria di sinistra in coalizione col PD prese il 10.4%. Oggi, una parte di questa, sempre in alleanza, porta a casa il 3%. Pari e patta. Alle politiche Ingroia più Sel sommarono 9.77% (- 2. 83%). Alle europee la lista Tsipras totalizzò 8.89 (-2.95%). Un anno fa alle regionali l'Altra Emilia Romagna ebbe 6.65 (7.14 la candidata a presidente) mentre la lista di Sel in alleanza con il PD ottenne il 5.60% (totale - 5.25%).
A questo va aggiunto che le punte di maggior consenso sono in centro e minime nelle periferie. Inoltre, secondo l'Istituto Cattaneo, il dissenso del PD va verso il M5S. Tutto ciò dimostra che la finta coalizione civica non sfonda, è autoreferenziale e affatto popolare. Inoltre, ciò che va sfatato è l'idea sbagliata che il voto di chi si sente soggettivamente di sinistra vada alle liste formalmente di sinistra. In realtà questo voto si disperde fra lista di sinistra, M5S e un voto di “bandiera” alla lista con falce e martello. In un certo senso, forse, il popolo di sinistra in quanto tale non esiste nemmeno più.
Purtroppo a Bologna, a differenza di altre grandi città, il voto di cambiamento non si concentra nemmeno sul M5S. Partito che evidentemente qui paga la scarsa iniziativa è la forma autoritaria di gestione interna.
Per quanto riguarda la falsa Coalizione Civica, in vista del ballottaggio, invoca segnali dal PD. La lobby gay (ovviamente trasversale e che comprende anche la prima degli eletti) ha già dato indicazioni di voto per Merola/PD. La situazione è confusa e queste trattative, come si sa, avvengono sovente: “umma umma”. Il candidato a sindaco Martelloni, poi, già parla dei voti: “del mio partito”.
Oltre Bologna…
Se allarghiamo il campo. Il voto dell'ex sinistra radicale non va bene nemmeno nelle altre grandi città. Roma, Milano, Torino con i rispettivi 4.5, 3.5, 3.7 sono assolutamente negativi. E dimostrano che la sinistra non sa e non vuole uscire dal suo recinto. L'unico risultato contro tendenza è il populismo di sinistra di De Magistris; ma anche qui la lista di sinistra non va oltre la sommatoria del bacino di PRC e Sel.
Nell'ultimo CPN il segretario giustamente sentenziava che Sinistra Italiana non sarebbe andata da nessuna parte perché residuale. Il fatto è che questi dati dimostrano che residuale è tutta la cosiddetta sinistra radicale: PRC compresa. A queste considerazioni si deve aggiungere che non emerge, nessun ruolo politico dei comunisti. E non emerge
perchè non c'è. Del resto non siamo uguali agli altri al 90%!?
Va anche detto che le variegate liste comuniste ottengono al solito numeri minimi. Continuare a presentarsi alle elezioni pensando di utilizzarle per farsi propaganda è demenziale. Si ottiene il risultato opposto: mettere in ridicolo la falce e martello.
Ma le negatività non finiscono qui. Anche per i ballottaggi la situazione è confusa. A Torino la lista non da indicazione di voto per il M5S! A Milano non ha il coraggio di dire di non votare né Sala né Parisi: sarebbe stato semplice: non hanno detto tutti che sono uguali!? ARoma Fassina dice di votare scheda bianca. Sel starnazza per il PD. E il PRC tace o rimanda imbarazzato.
Eppure, essere alternativi al PD non si dovrebbe avere tentennamenti quando ci sono soluzioni a portata di mano. Del resto come non ricordare tutte le riflessioni sui sistemi elettorali maggioritari/bipartici che portano, prima al “voto utile”, poi al “male minore”!? E, come non ragionare sul fatto che questo contribuisce a creare il crescente astensionismo. E che se non abbiamo comportamenti coerenti e radicali non siamo compresi daigiovani!?
A questo punto, con il ripetersi da ben otto anni di risultati analoghi, dovrebbe essere di buon senso e a tutti evidente che é necessario un ripensamento strategico: teorico, analitico, di cultura politica, di progetto. Dobbiamo ripensare profondamente il nostro profilo, in primo luogo verso l'elaborazione di una proposta di un nuovo e diverso socialismo: unica alternativa al capitalismo reale.
Che ci si chiami Tsipras, Iglesias, De Magistris questo nodo e questo snodo è sempre più concreto, attuale, ineludibile per non andare ancora a sbattere. E non vendere altre illusioni.
In secondo luogo sarebbe necessario progettare un “populismo di sinistra”. Vale a dire una modalità di unificare politicamente, programmaticamente, simbolicamente un popolo, un blocco sociale oggi atomizzato contro un nemico concreto (non genericamente contro il liberismo). Ciò anche attraverso un punto che possa rappresentare uno snodo per l'inizio di soluzione dei variegati interessi della complicata e complessa formazione sociale e di classe attuale. Questo percorso può prendere varie sembianze: Fronte per l'attuazione della Costituzione, Fronte di Liberazione Nazionale dall'Unione, o altro ancora. Le esperienze su cui riflettere, seppur da approcciare criticamente, non mancano.
In terzo luogo dovremmo porci il problema di una tattica nei confronti del M5S. Questo è necessario perché il M5S anche in queste amministrative è stato investito da tanti cittadini non beceri (o non tutti beceri) del compito di far saltare il banco, cacciare la classe dirigente, aprire una nuova fase.
Questo è necessario perché il M5S coagula il blocco sociale che dovremmo egemonizzare noi. Questo è possibile perché hanno tantissime contraddizioni. La gestione interna è quella più evidente ed eclatante, ma c'è anche quella fra le battaglie di sinistra ed una deriva centrista/liberista rappresentata da Di Maio. Vedi anche l'abbandono dell'uscita dall'euro.
Ad ogni modo dobbiamo renderci conto che finché questo fenomeno non viene messo alla prova e non si sgonfia la nostra espansione è comunque difficile.
L'alternativa a questa analisi sommaria è che dovremmo sfondare nel blocco PD.
Ma questo è quello sbagliato. E, nel caso, avrebbe ragione Sinistra Italiana.
Per altro verso, non ha senso politico rivolgersi a formazione comuniste settarie, dogmatiche, anch'esse autoreferenziali. Né credere che sia possibile far risorgere il fantasma del PCI.
Come si vede, la strada è difficile. Le risposte non sono ancora scritte.
Per questo dobbiamo aprire una discussione vera, partecipata, profonda dentro e fuori di noi. Ma, più che rivolgerci alle forme organizzate (di sinistra o comuniste) che oggi spesso appaiono più un impedimento che una risorsa, sarebbe più opportuno rivolgerci alla diaspora comunista e di sinistra. Diaspora che per sua natura è alla ricerca di qualcosa di nuovo e di diverso. È una ricerca da farsi senza sconti: a cominciare da noi stessi.
Abbiamo bisogno di una rivoluzione perché un'alternativa c'è sempre».
Un contributo al vetriolo di due dirigenti bolognesi di Rifondazione comunista. Ne condividiamo analisi e orizzonti. Le questioni che gettano sul tappeto sono quelle al centro dell'Assemblea seminariale del 2-3 luglio di P101, con Boghetta tra i relatori.
«I risultati della tornata elettorale sono impietosi per la sinistra. Questo accade anche a
Bologna seppur da lontano possa sembrare il contrario.
La finta Coalizione Civica, alias Sinistra Italiana, ha avuto il risultato più basso delle ultime tornate pari al 6.96%. Questo avviene con un PD che va al ballottaggio ed in piena campagna raccolta firme sui referendum sociali e democratici.
Cinque anni fa, infatti, una lista spuria di sinistra in coalizione col PD prese il 10.4%. Oggi, una parte di questa, sempre in alleanza, porta a casa il 3%. Pari e patta. Alle politiche Ingroia più Sel sommarono 9.77% (- 2. 83%). Alle europee la lista Tsipras totalizzò 8.89 (-2.95%). Un anno fa alle regionali l'Altra Emilia Romagna ebbe 6.65 (7.14 la candidata a presidente) mentre la lista di Sel in alleanza con il PD ottenne il 5.60% (totale - 5.25%).
A questo va aggiunto che le punte di maggior consenso sono in centro e minime nelle periferie. Inoltre, secondo l'Istituto Cattaneo, il dissenso del PD va verso il M5S. Tutto ciò dimostra che la finta coalizione civica non sfonda, è autoreferenziale e affatto popolare. Inoltre, ciò che va sfatato è l'idea sbagliata che il voto di chi si sente soggettivamente di sinistra vada alle liste formalmente di sinistra. In realtà questo voto si disperde fra lista di sinistra, M5S e un voto di “bandiera” alla lista con falce e martello. In un certo senso, forse, il popolo di sinistra in quanto tale non esiste nemmeno più.
Purtroppo a Bologna, a differenza di altre grandi città, il voto di cambiamento non si concentra nemmeno sul M5S. Partito che evidentemente qui paga la scarsa iniziativa è la forma autoritaria di gestione interna.
Per quanto riguarda la falsa Coalizione Civica, in vista del ballottaggio, invoca segnali dal PD. La lobby gay (ovviamente trasversale e che comprende anche la prima degli eletti) ha già dato indicazioni di voto per Merola/PD. La situazione è confusa e queste trattative, come si sa, avvengono sovente: “umma umma”. Il candidato a sindaco Martelloni, poi, già parla dei voti: “del mio partito”.
Oltre Bologna…
Se allarghiamo il campo. Il voto dell'ex sinistra radicale non va bene nemmeno nelle altre grandi città. Roma, Milano, Torino con i rispettivi 4.5, 3.5, 3.7 sono assolutamente negativi. E dimostrano che la sinistra non sa e non vuole uscire dal suo recinto. L'unico risultato contro tendenza è il populismo di sinistra di De Magistris; ma anche qui la lista di sinistra non va oltre la sommatoria del bacino di PRC e Sel.
Nell'ultimo CPN il segretario giustamente sentenziava che Sinistra Italiana non sarebbe andata da nessuna parte perché residuale. Il fatto è che questi dati dimostrano che residuale è tutta la cosiddetta sinistra radicale: PRC compresa. A queste considerazioni si deve aggiungere che non emerge, nessun ruolo politico dei comunisti. E non emerge
perchè non c'è. Del resto non siamo uguali agli altri al 90%!?
Va anche detto che le variegate liste comuniste ottengono al solito numeri minimi. Continuare a presentarsi alle elezioni pensando di utilizzarle per farsi propaganda è demenziale. Si ottiene il risultato opposto: mettere in ridicolo la falce e martello.
Ma le negatività non finiscono qui. Anche per i ballottaggi la situazione è confusa. A Torino la lista non da indicazione di voto per il M5S! A Milano non ha il coraggio di dire di non votare né Sala né Parisi: sarebbe stato semplice: non hanno detto tutti che sono uguali!? ARoma Fassina dice di votare scheda bianca. Sel starnazza per il PD. E il PRC tace o rimanda imbarazzato.
Eppure, essere alternativi al PD non si dovrebbe avere tentennamenti quando ci sono soluzioni a portata di mano. Del resto come non ricordare tutte le riflessioni sui sistemi elettorali maggioritari/bipartici che portano, prima al “voto utile”, poi al “male minore”!? E, come non ragionare sul fatto che questo contribuisce a creare il crescente astensionismo. E che se non abbiamo comportamenti coerenti e radicali non siamo compresi daigiovani!?
A questo punto, con il ripetersi da ben otto anni di risultati analoghi, dovrebbe essere di buon senso e a tutti evidente che é necessario un ripensamento strategico: teorico, analitico, di cultura politica, di progetto. Dobbiamo ripensare profondamente il nostro profilo, in primo luogo verso l'elaborazione di una proposta di un nuovo e diverso socialismo: unica alternativa al capitalismo reale.
Che ci si chiami Tsipras, Iglesias, De Magistris questo nodo e questo snodo è sempre più concreto, attuale, ineludibile per non andare ancora a sbattere. E non vendere altre illusioni.
In secondo luogo sarebbe necessario progettare un “populismo di sinistra”. Vale a dire una modalità di unificare politicamente, programmaticamente, simbolicamente un popolo, un blocco sociale oggi atomizzato contro un nemico concreto (non genericamente contro il liberismo). Ciò anche attraverso un punto che possa rappresentare uno snodo per l'inizio di soluzione dei variegati interessi della complicata e complessa formazione sociale e di classe attuale. Questo percorso può prendere varie sembianze: Fronte per l'attuazione della Costituzione, Fronte di Liberazione Nazionale dall'Unione, o altro ancora. Le esperienze su cui riflettere, seppur da approcciare criticamente, non mancano.
In terzo luogo dovremmo porci il problema di una tattica nei confronti del M5S. Questo è necessario perché il M5S anche in queste amministrative è stato investito da tanti cittadini non beceri (o non tutti beceri) del compito di far saltare il banco, cacciare la classe dirigente, aprire una nuova fase.
Questo è necessario perché il M5S coagula il blocco sociale che dovremmo egemonizzare noi. Questo è possibile perché hanno tantissime contraddizioni. La gestione interna è quella più evidente ed eclatante, ma c'è anche quella fra le battaglie di sinistra ed una deriva centrista/liberista rappresentata da Di Maio. Vedi anche l'abbandono dell'uscita dall'euro.
Ad ogni modo dobbiamo renderci conto che finché questo fenomeno non viene messo alla prova e non si sgonfia la nostra espansione è comunque difficile.
L'alternativa a questa analisi sommaria è che dovremmo sfondare nel blocco PD.
Ma questo è quello sbagliato. E, nel caso, avrebbe ragione Sinistra Italiana.
Per altro verso, non ha senso politico rivolgersi a formazione comuniste settarie, dogmatiche, anch'esse autoreferenziali. Né credere che sia possibile far risorgere il fantasma del PCI.
Come si vede, la strada è difficile. Le risposte non sono ancora scritte.
Per questo dobbiamo aprire una discussione vera, partecipata, profonda dentro e fuori di noi. Ma, più che rivolgerci alle forme organizzate (di sinistra o comuniste) che oggi spesso appaiono più un impedimento che una risorsa, sarebbe più opportuno rivolgerci alla diaspora comunista e di sinistra. Diaspora che per sua natura è alla ricerca di qualcosa di nuovo e di diverso. È una ricerca da farsi senza sconti: a cominciare da noi stessi.
Abbiamo bisogno di una rivoluzione perché un'alternativa c'è sempre».
2 commenti:
Be', anche nei più gravi casi della vita personale un'alternativa c'è sempre …Anche attaccarsi a una trave è un'alternativa, ma passeggiare a occhi bendati può essere abbastanza rischioso. Dipende da chi ti prende per mano.
Articolo molto, troppo, pragmatico, direi asfittico, non c'è spinta ideale né strategia, solo tattica.
Il progetto di costruire un PCI viene respinto senza argomentare, come fosse un luogo comune, ma se è impossibile pensare ad un superamento del capitalismo perché darsi tanta pena ? Ci sono gli onesti che ci salveranno...
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