[19 giugno]
Come scrive Aldo Giannuli «Gli elettori di sinistra non possono votare per Sala, Giachetti ed il PD: non si vota per il nemico».
Ma Renzi ha detto che la prova decisiva, quella che decide la sua sorte, è il referendum di ottobre. Se non se ne andrà dopo che i ballottaggi l’avranno eventualmente punito, dovrà farlo se perderà il referendum.
Per questo i ballottaggi sono un importante banco di prova.
Le urne ci diranno che sui candidati opposti a quelli del Pd, a prescindere da quanto si è votato al primo turno, convergerà l’effettiva maggioranza degli italiani (quella che Renzi vuole mandarlo a casa). Se questo accadrà, come ci auguriamo, ciò sarà di buon auspicio per il referendum di ottobre.
Dunque il Pd perde una messe di voti. I quali, o sono andati all’astensione, o al Movimento 5 Stelle. In alcuni casi —nei quartieri popolari delle grandi città, vedi Bologna— anche a Lega e Fratelli d’Italia. Niente o quasi alle liste della cosiddetta “sinistra radicale”.
Peggio: le liste animate dalla costituenda Sinistra Italiana (in pratica Sel) e da ciò che resta di Rifondazione comunista, a fronte di grandi spostamenti dell’elettorato, o sono restate al palo o hanno perso consensi, seguendo appunto la débâcle renziana.
Il caso di Roma ha del clamoroso: la lista con Stefano Fassina candidato sindaco (Stefano, gli amici veri ti avevano messo in guardia dal non salire a bordo di un veicolo destinato a sfracellarsi) ha preso meno voti di quelli che prese la sola Sel nel 2013 (6,25%). Un vero e proprio tracollo se si considera che con Fassina, a questo giro, c’erano anche, oltre a Sel ed avari centri sociali, Rifondazione e il PdCI —che nel 2013 presentarono Sandro Medici come candidato sindaco e che prese il 2.23%.
Questo può essere l’atteso ultimo atto della tragicommedia della “sinistra radicale”, punita severamente dagli elettori i quali, a giusto titolo, l’hanno considerata, o come un moro che cammina, o come un satellite (inutile) del partito democratico. Una tragicommedia che va scemando in un patetico psicodramma a leggere le lezioni che gli esponenti di questa sinistra radicale che fu traggono dai risultati delle urne.
Stendiamo un velo pietoso sulle considerazioni metafisiche che ne ha tratto Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione. Leggendario per la sua capacità di scambiare fischi per fiaschi.
Più articolate le voci all’interno di Sinistra Italiana. Articolate è una metafora, poiché è guerra aperta tra le due anime, quella governista di piddinia e quella che vorrebbe essere, di contro a Renzi, il perno di un nuovo centro-sinistra (sic!). L’agnello sacrificale è a Roma Stefano Fassina. Vedi anche QUI .
Una delle menti più lucide in questo cimitero, Alfredo D’Attorre ha dichiarato, in polemica con Renzi: «E’ ben singolare che il Pd inviti all’unione sacreè contro la destra, a prescindere da un confronto sui contenuti, e poi a Napoli non trovi il modo di pronunciarsi per De Magistris contro il candidato del centrodestra Lettieri».
Corre l’obbligo di segnalare al compagno D’Attorre che troveremmo ancor più “singolare” che Sinistra italiana (in pieno marasma) non sostenga i candidati M5S a Roma e Torino.
Parole sacrosante: sotto ogni profilo il Pd è oggi il nostro nemico principale.
Esso è il motore di misure sociali liberiste e antipopolari che nemmeno Berlusconi si era proposto; di uno squartamento presidenzialista della Costituzione senza precedenti; di radicali politiche di privatizzazione delle aziende pubbliche e dei beni comuni; al di là delle chiacchiere demagogiche di un’obbedienza sistematica alle direttive dell’euro-germania.
Quando Renzi dice che i risultati delle amministrative non chiamano in causa il suo governo, mente. Se il Pd dovesse essere battuto in città come Milano e Torino (a Roma e Napoli la sorte del Pd sembra segnata) vorrà dire che il suo è un Esecutivo sostenuto da una modesta minoranza del Paese, e non ha quindi titolo a governare. Dovrebbe quindi togliere il disturbo.
Esso è il motore di misure sociali liberiste e antipopolari che nemmeno Berlusconi si era proposto; di uno squartamento presidenzialista della Costituzione senza precedenti; di radicali politiche di privatizzazione delle aziende pubbliche e dei beni comuni; al di là delle chiacchiere demagogiche di un’obbedienza sistematica alle direttive dell’euro-germania.
Quando Renzi dice che i risultati delle amministrative non chiamano in causa il suo governo, mente. Se il Pd dovesse essere battuto in città come Milano e Torino (a Roma e Napoli la sorte del Pd sembra segnata) vorrà dire che il suo è un Esecutivo sostenuto da una modesta minoranza del Paese, e non ha quindi titolo a governare. Dovrebbe quindi togliere il disturbo.
Ma Renzi ha detto che la prova decisiva, quella che decide la sua sorte, è il referendum di ottobre. Se non se ne andrà dopo che i ballottaggi l’avranno eventualmente punito, dovrà farlo se perderà il referendum.
Per questo i ballottaggi sono un importante banco di prova.
Le urne ci diranno che sui candidati opposti a quelli del Pd, a prescindere da quanto si è votato al primo turno, convergerà l’effettiva maggioranza degli italiani (quella che Renzi vuole mandarlo a casa). Se questo accadrà, come ci auguriamo, ciò sarà di buon auspicio per il referendum di ottobre.
Dunque il Pd perde una messe di voti. I quali, o sono andati all’astensione, o al Movimento 5 Stelle. In alcuni casi —nei quartieri popolari delle grandi città, vedi Bologna— anche a Lega e Fratelli d’Italia. Niente o quasi alle liste della cosiddetta “sinistra radicale”.
Peggio: le liste animate dalla costituenda Sinistra Italiana (in pratica Sel) e da ciò che resta di Rifondazione comunista, a fronte di grandi spostamenti dell’elettorato, o sono restate al palo o hanno perso consensi, seguendo appunto la débâcle renziana.
Il caso di Roma ha del clamoroso: la lista con Stefano Fassina candidato sindaco (Stefano, gli amici veri ti avevano messo in guardia dal non salire a bordo di un veicolo destinato a sfracellarsi) ha preso meno voti di quelli che prese la sola Sel nel 2013 (6,25%). Un vero e proprio tracollo se si considera che con Fassina, a questo giro, c’erano anche, oltre a Sel ed avari centri sociali, Rifondazione e il PdCI —che nel 2013 presentarono Sandro Medici come candidato sindaco e che prese il 2.23%.
Questo può essere l’atteso ultimo atto della tragicommedia della “sinistra radicale”, punita severamente dagli elettori i quali, a giusto titolo, l’hanno considerata, o come un moro che cammina, o come un satellite (inutile) del partito democratico. Una tragicommedia che va scemando in un patetico psicodramma a leggere le lezioni che gli esponenti di questa sinistra radicale che fu traggono dai risultati delle urne.
Stendiamo un velo pietoso sulle considerazioni metafisiche che ne ha tratto Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione. Leggendario per la sua capacità di scambiare fischi per fiaschi.
Più articolate le voci all’interno di Sinistra Italiana. Articolate è una metafora, poiché è guerra aperta tra le due anime, quella governista di piddinia e quella che vorrebbe essere, di contro a Renzi, il perno di un nuovo centro-sinistra (sic!). L’agnello sacrificale è a Roma Stefano Fassina. Vedi anche QUI .
Una delle menti più lucide in questo cimitero, Alfredo D’Attorre ha dichiarato, in polemica con Renzi: «E’ ben singolare che il Pd inviti all’unione sacreè contro la destra, a prescindere da un confronto sui contenuti, e poi a Napoli non trovi il modo di pronunciarsi per De Magistris contro il candidato del centrodestra Lettieri».
Corre l’obbligo di segnalare al compagno D’Attorre che troveremmo ancor più “singolare” che Sinistra italiana (in pieno marasma) non sostenga i candidati M5S a Roma e Torino.
* Fonte: Programma 101
3 commenti:
E' inutile usare termini tragicomici, questa ha le caratteristiche di una autentica tragedia. Fassina sarebbe stato un candidato valido ed anche "pulito" soprattutto per quanto poteva concernere il suo inferire equilibrio politico che non appare proiettato verso un immaginario largamente superato e talvolta pure squalificato dalle vicende storiche convulse del passato del secolo XX, ma realisticamente volto verso un orizzonte meno utopico considerate le prospettive storiche attuali.
Libidine a tutto spiano!!!!!!
Roma sicura e forse anche Torino. I commentatori a La7 dichiarano unanimi che il PD ha prso una mazzata storica (alcuni ricordano che Fassino dopo aver detto a Grillo "Provi a fare un partito con più del 20% e poi parliamo" aveva detto anche alla Appendino "Prima riesca a sedersi al posto del sindaco di Torino e poi parliamo"...).
La cosa da notare sulla quale Redazione dovrebbe scriverci su, visto che spinge per il CLN: la destra non si è fatta troppi problemi e ha votato in massa M5S perché, con molta intelligenza, ha capito che il motivo principale è il PD e non certo Grillo.
La sinistra invece ha dato indicazioni per schede bianche, desistenze o scemenze simili.
Dobbiamo pensarci ragazzi, quella sinistra è nonnsolo inservibile ma è composta da gente dal carattere servile che non concepisce l'unica idea veramente fondante del comunismo che è il superamento in maniera radicale e con qualsiasi mezzo del sistema.
Da parte mia ripeto per l'ennesima volta: il nemico oggi non è il fascismo ma la globalizzazione e le oligarchie internazionali quindi se la destra moderata o anche una Meloni o un Salvini si dichiarano convintamente dei democratici nemici de miei (nostri) nemici un tratto di strada insieme lo dovremo percorrere per forza se davvero vogliamo ottenere dei risultati.
Sono anni che personalmente vado ripetendo l'antico ma sempre valido adagio: "L'amico del mio nemico è mio nemico; il nemico del mio nemico è mio amico". La regola è vecchia come il mondo ma molti non l'hanno ancora accettata con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
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