[ 5 aprile]
Prendendo spunto dalle mobilitazioni in corso in Francia contro il tentativo del governo "socialista" di applicare ulteriori misure liberiste per rendere ancor più deregolamentato il mercato del lavoro, un nostro amico scrive sulla sua pagina facebook:
«Non voglio essere ripetitivo, ma i francesi sono un POPOLO, che ha coscienza della propria storia, consapevolezza dei propri diritti, capacità di subordinare le ambizioni individuali alle rivendicazioni collettive e al bene comune. Noi italiani in confronto siamo feccia, un'accozzaglia di accattoni, fetenti, lacchè, baciapile, voltagabbana, tutti concentrati sui propri interessi privati e incapaci di guardare al di là del proprio orticello personale».
Una vera e propria perla di depressione politica. Lo sconforto diventa qui non solo frustrazione, ma prostrazione. E quando chi sta sotto è prostrato, finisce per restare inginocchiato ai piedi di chi sta sopra.
Il bello è che questa immagine dei cittadini italiani come "lacché", "voltagabbana" e "accattoni" è la stessa con cui ci descrivono le élite dominanti (nostrane ed euro-tedesche) E' questa immagine che da decenni —dopo il timor panico che le aveva prese negli anni '70— questa élite hanno sapientemente e tenacemente diffuso, proprio allo scopo di farci credere che sia così. Alla fine questa credenza soporifera e disarmante è diventata "senso comune" in ampi strati popolari, il che ha amplificato il loro scoraggiamento, la loro impotenza. Tutte le minoranze combattive sono state così facilmente isolate e rese inermi.
Occorre contrastare questo maligno "senso comune", con un benigno "senso comune", quello corroborato dalla storia per cui, ad ogni appuntamento decisivo per il Paese, il popolo lavoratore ha sempre risposto "presente!", contribuendo in tal modo a vere e proprie svolte. E quando anche chi sta in basso è stato sconfitto, ciò non è stato per sempre, poiché poi esso ha saputo rialzare la testa e gettarsi nella mischia dimostrando una determinazione, un coraggio ed un forza che altri popoli ci hanno invidiato.
Invece di piangerci addosso vediamo di resistere, di organizzarci, di urlare come stanno le cose. All'inizio saremo in pochi, ma con l'esempio e la tenacia altri seguiranno. Per marciare occorre battere quello che è oggi il nostro nemico principale, quello che è dentro di noi, quello che si chiama "sconfittismo", sfiducia nelle proprie capacità, senso di impotenza.
3 commenti:
Articolo semplice ma necessario, grazie.
Ho seguito questo sito per anni e di urla ne sono state alzate parecchie e forti pure. Ma siamo o non siamo sempre sulla linea di partenza inchiodati mentre il magma della mala politica dietro e attorno s noi sta bruciando tutto?
L'emergenza storica è tale per cui ogni conato si dissolve in un nulla di fatto.
Come non cedere allo scoramento?
I cambiamenti radicali, tipo "Rivoluzione d'ottobre", li hanno fatti forse i popoli da soli?
Sono state le emergenze storiche orchestrate dal di fuori da forze potenti volte a perseguire obiettivi che il Popolo comune nemmeno si immagina.
Ripassiamoci la storia delle vicende di questi due ultimi secoli e ci renderemo conto che il popolo, da solo non riesce a far molto.
Anonimo,
il fatto è che noi leggiamo l'attuale crisi economica, come crisi sistemica, crisi organica avrebbe detto Gramsci.
Non se ne esce senza svolte radicali, non se ne esce coi pannicelli caldi.
I dominanti pur di difendere le loro roccaforti (e casseforti) saranno obbligati a politiche antipopolari sempre più dure.
la rivolta generale sarà inevitabile.
Noi vorremmo contribuire a che questa svolta radicale non mandi al potere forze anfora più reazionarie e totalitarie di quelle che comando adesso.
Occorre dire agli italiani queste cose, e mentre le di dicono occorre organizzarsi, prepararsi, attrezzarsi...
Altrimenti c'è la resa senza combattare, c'è solo un suicidiario piagnisteo.
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