[ 11 aprile ]
Vergognoso il silenzio dei media italiani...
Un'ondata di mobilitazioni, per certi versi una vera e propria sollevazione sociale incipiente, è in corso in Francia contro il tentativo del governo e di Hollande di liberalizzare il mercato del lavoro —quello che è stato definito il "Jobs act francese".
I giovani sono i veri protagonisti e la forza motrice della pacifica rivolta. Piazza della Repubblica, a Parigi (vedi foto accanto) è occupata. La modalità ricorda gli indignados spagnoli.
Ma chi sono questi giovani? Cosa pensano? Cosa vogliono? Da dove vengono fuori? Com'è possibile questo risveglio dopo anni di anestetizzazione delle coscienze?
Una domanda che dobbiamo porci anche qui in Italia, dove prevalgono quelli che invece di attrezzarsi alla rivolta sociale che è nell'aria, sostengono che qui da noi ogni sollevazione è da escludere, che... di acqua deve passarne sotto i ponti...
Per capire chi sono questi giovani francesi e come la pensano serve leggere questo reportage del quotidiano Liberation. Sintomatico quel che è accaduto a Mélenchon (noto leader del Parti de Gauche) recatosi nella Piazza della Repubblica occupata.
La giornalista ("populista"?!) Fabienne Sintes da voce agli indignati: «Signor Mélenchon, questa piazza non volta le spalle alla politica, bensì al sistema. Ora, voi siete il sistema, tutti i politici sono il sistema. Con che faccia vi avvicinate a questa gente?».
Mélenchon incassa: «E' molto ingiusto quel che dite. Io il sistema lo combatto. Chi dice, a parte voi, che io sono il sistema?»
Sintes: «Beh, voi siete un partito politico, siete stato eletto!»
Qui sotto le riflessioni del compagno Monereo su quanto sta avvenendo Oltralpe.
«Da sempre la Francia come Stato nazionale è stato un ostacolo per l'Unione europea e per il cosiddetto progetto federalista europeo. C'è una coincidenza di interessi molto forte tra la gran parte della borghesia francese e le élite che gestiscono l'Europa tedesca di oggi, la cosiddetta troika. Quali sono questi interessi? Porre fine allo stato-nazione francese così come lo conosciamo. Gli intellettuali organici da decenni vanno parlando della "malattia francese", della ipertrofia dello Stato, della burocratizzazione della società. Per loro, il modello è quello tedesco, per la la capacità di quest'ultimo di governare il conflitto, per la sua competitività, per la sua presunta flessibilità del mercato del lavoro e, soprattutto, per il patto sociale implicito e sempre rinnovato a favore delle esportazioni tedesche.
E' un vecchio problema difficile da risolvere. La Francia è una sintesi contraddittoria del meglio e del peggio delle tradizioni europee. Una borghesia forte, con una capacità egemonica ed una consolidata esperienza in fatto di contro-rivoluzioni e razzismo. Dall'altra parte un vivace movimento popolare che ha saputo organizzare resistenza e conquistare diritti storici che, seppur lesi, ancora persistono. Ma la Francia è più di questo, esprime un nuovo rapporto tra le masse e la politica, la democrazia e il movimento operaio, lo Stato e cittadini consapevoli dei loro diritti e delle loro libertà. Questo ha portato ad un tipo di Stato che continua ad esercitare una forte presenza nell'economia, in servizi pubblici efficienti e in istituzioni con un alto grado di legittimità.
Il nazional-popolare in Francia rimane un dato ineludibile. Senso di appartenenza, patriottismo di diritti e libertà, capacità di integrazione la quale, anche se ha perso rilevanza, rimane una componente essenziale della cultura politica francese. Quello di oggi dovrebbe essere visto come un movimento di resistenza, di opposizione molecolare e diffusa contro una UE identificata con il trionfo dei poteri del capitalismo selvaggio, la deregolamentazione, la privatizzazione e lo smantellamento dello stato sociale. La Francia è attraversata fortemente da questa contraddizione, al punto che sia la destra che la sinistra si appellano ad essa nella lotta politica quotidiana.
Il fenomeno specifico in questa fase —comincia a essere una costante nella UE— è che ciò che non poteva fare la destra, lo sta tentando di fare la sinistra che sopravvive intorno François Hollande. Il "sacrificio", il "suicidio" del socialismo francese mostra come le élite e gli apparati di partito non solo suoi pezzi, stanno contro il popolo, contro la sua gente i loro diritti, ed il loro futuro. La politica portata avanti da Hollande, che nemmeno Sarkozy ebbe il coraggio di farla, dopo gli attentati può finire per compromettere la vitalità della Francia in quanto Stato, popolo e nazione.
Ciò che sta ora accadendo in Francia si spiega in questo contesto: una legge sul lavoro che mette fine a diritti storici dei lavoratori, la precarizzazione dei rapporti di lavoro, l'attacco alla contrattazione collettiva a favore della contrattazione aziendale, l'indebolimento ulteriore del sindacalismo francese. Sondaggi affidabili parlano chiaro: oltre il 70% dei cittadini è contro la legge proposta dal governo. Questo rifiuto si esprime nelle strade con grandi mobilitazioni che si vanno allargando —non sappiamo tuttavia fino a dove potrà spingersi questo movimento di indignazione che va al di là di rivendicazioni concrete e si scontra con una classe politica dipendente fino all'assurdo dai poteri economici e sottomessa agli interessi generali dello Stato tedesco.
Si parla molto dell'avanzata dell'estrema destra in Francia, delle banlieue, della crescita inarrestabile del razzismo. Tutto questo è vero, ma nasconde il fatto fondamentale che consiste nella distruzione consapevole e pianificata della "specificità francese". La UE tedesca, così come prima lo fu il regime di Vichy, è lo strumento dei datori di lavoro e delle classi dirigenti per cambiare la Francia dalle fondamenta, per rompere l'enorme influenza del nazional-popolare, per sottomettere, una volta per tutte, le classi subalterne, i lavoratori, i giovani.
In Francia si va aprendo un canale che nessuno riesce ad esprimere. Marine Le Pen, il populismo delle destre, dovrebbe essere visto come segnale contraddittorio della necessità per molti francesi del bisogno di protezione, do sovranità, di identità, e di futuro. La vecchia e la nuova sinistra che possono ancora qualificarsi come tali, ancora una volta non sono riuscite a stare all'altezza di questa drammatica situazione storica. Il nazional-popolare, quello che a volte è stato chiamato "il populismo di sinistra", deve passare dalla resistenza ad un progetto alternativo di Paese. La sinistra si costruisce dalla volontà di maggioranza, dalla fusione con i ceti popolari, con le maggioranze sociali, dalla comprensione che lo Stato-nazione rimane l'unica piattaforma storica a disposizione per combattere i potenti, difendere i diritti sociali e garantire libertà repubblicane.
Tornare al filo rosso che unì Robespierre a Marx, unendo democrazia ed emancipazione nell'orizzonte del superamento del capitalismo.
E' la Francia della speranza che nasce da queste notti insonni».
* Fonte Cuarto Poder
** Traduzzone a cura della Redazione
Vergognoso il silenzio dei media italiani...
Un'ondata di mobilitazioni, per certi versi una vera e propria sollevazione sociale incipiente, è in corso in Francia contro il tentativo del governo e di Hollande di liberalizzare il mercato del lavoro —quello che è stato definito il "Jobs act francese".
I giovani sono i veri protagonisti e la forza motrice della pacifica rivolta. Piazza della Repubblica, a Parigi (vedi foto accanto) è occupata. La modalità ricorda gli indignados spagnoli.
Ma chi sono questi giovani? Cosa pensano? Cosa vogliono? Da dove vengono fuori? Com'è possibile questo risveglio dopo anni di anestetizzazione delle coscienze?
Una domanda che dobbiamo porci anche qui in Italia, dove prevalgono quelli che invece di attrezzarsi alla rivolta sociale che è nell'aria, sostengono che qui da noi ogni sollevazione è da escludere, che... di acqua deve passarne sotto i ponti...
Per capire chi sono questi giovani francesi e come la pensano serve leggere questo reportage del quotidiano Liberation. Sintomatico quel che è accaduto a Mélenchon (noto leader del Parti de Gauche) recatosi nella Piazza della Repubblica occupata.
La giornalista ("populista"?!) Fabienne Sintes da voce agli indignati: «Signor Mélenchon, questa piazza non volta le spalle alla politica, bensì al sistema. Ora, voi siete il sistema, tutti i politici sono il sistema. Con che faccia vi avvicinate a questa gente?».
Mélenchon incassa: «E' molto ingiusto quel che dite. Io il sistema lo combatto. Chi dice, a parte voi, che io sono il sistema?»
Sintes: «Beh, voi siete un partito politico, siete stato eletto!»
Qui sotto le riflessioni del compagno Monereo su quanto sta avvenendo Oltralpe.
* * *
Francia: notti che illuminano
di Manolo Monereo
«Da sempre la Francia come Stato nazionale è stato un ostacolo per l'Unione europea e per il cosiddetto progetto federalista europeo. C'è una coincidenza di interessi molto forte tra la gran parte della borghesia francese e le élite che gestiscono l'Europa tedesca di oggi, la cosiddetta troika. Quali sono questi interessi? Porre fine allo stato-nazione francese così come lo conosciamo. Gli intellettuali organici da decenni vanno parlando della "malattia francese", della ipertrofia dello Stato, della burocratizzazione della società. Per loro, il modello è quello tedesco, per la la capacità di quest'ultimo di governare il conflitto, per la sua competitività, per la sua presunta flessibilità del mercato del lavoro e, soprattutto, per il patto sociale implicito e sempre rinnovato a favore delle esportazioni tedesche.
E' un vecchio problema difficile da risolvere. La Francia è una sintesi contraddittoria del meglio e del peggio delle tradizioni europee. Una borghesia forte, con una capacità egemonica ed una consolidata esperienza in fatto di contro-rivoluzioni e razzismo. Dall'altra parte un vivace movimento popolare che ha saputo organizzare resistenza e conquistare diritti storici che, seppur lesi, ancora persistono. Ma la Francia è più di questo, esprime un nuovo rapporto tra le masse e la politica, la democrazia e il movimento operaio, lo Stato e cittadini consapevoli dei loro diritti e delle loro libertà. Questo ha portato ad un tipo di Stato che continua ad esercitare una forte presenza nell'economia, in servizi pubblici efficienti e in istituzioni con un alto grado di legittimità.
Il nazional-popolare in Francia rimane un dato ineludibile. Senso di appartenenza, patriottismo di diritti e libertà, capacità di integrazione la quale, anche se ha perso rilevanza, rimane una componente essenziale della cultura politica francese. Quello di oggi dovrebbe essere visto come un movimento di resistenza, di opposizione molecolare e diffusa contro una UE identificata con il trionfo dei poteri del capitalismo selvaggio, la deregolamentazione, la privatizzazione e lo smantellamento dello stato sociale. La Francia è attraversata fortemente da questa contraddizione, al punto che sia la destra che la sinistra si appellano ad essa nella lotta politica quotidiana.
Il fenomeno specifico in questa fase —comincia a essere una costante nella UE— è che ciò che non poteva fare la destra, lo sta tentando di fare la sinistra che sopravvive intorno François Hollande. Il "sacrificio", il "suicidio" del socialismo francese mostra come le élite e gli apparati di partito non solo suoi pezzi, stanno contro il popolo, contro la sua gente i loro diritti, ed il loro futuro. La politica portata avanti da Hollande, che nemmeno Sarkozy ebbe il coraggio di farla, dopo gli attentati può finire per compromettere la vitalità della Francia in quanto Stato, popolo e nazione.
Ciò che sta ora accadendo in Francia si spiega in questo contesto: una legge sul lavoro che mette fine a diritti storici dei lavoratori, la precarizzazione dei rapporti di lavoro, l'attacco alla contrattazione collettiva a favore della contrattazione aziendale, l'indebolimento ulteriore del sindacalismo francese. Sondaggi affidabili parlano chiaro: oltre il 70% dei cittadini è contro la legge proposta dal governo. Questo rifiuto si esprime nelle strade con grandi mobilitazioni che si vanno allargando —non sappiamo tuttavia fino a dove potrà spingersi questo movimento di indignazione che va al di là di rivendicazioni concrete e si scontra con una classe politica dipendente fino all'assurdo dai poteri economici e sottomessa agli interessi generali dello Stato tedesco.
Si parla molto dell'avanzata dell'estrema destra in Francia, delle banlieue, della crescita inarrestabile del razzismo. Tutto questo è vero, ma nasconde il fatto fondamentale che consiste nella distruzione consapevole e pianificata della "specificità francese". La UE tedesca, così come prima lo fu il regime di Vichy, è lo strumento dei datori di lavoro e delle classi dirigenti per cambiare la Francia dalle fondamenta, per rompere l'enorme influenza del nazional-popolare, per sottomettere, una volta per tutte, le classi subalterne, i lavoratori, i giovani.
In Francia si va aprendo un canale che nessuno riesce ad esprimere. Marine Le Pen, il populismo delle destre, dovrebbe essere visto come segnale contraddittorio della necessità per molti francesi del bisogno di protezione, do sovranità, di identità, e di futuro. La vecchia e la nuova sinistra che possono ancora qualificarsi come tali, ancora una volta non sono riuscite a stare all'altezza di questa drammatica situazione storica. Il nazional-popolare, quello che a volte è stato chiamato "il populismo di sinistra", deve passare dalla resistenza ad un progetto alternativo di Paese. La sinistra si costruisce dalla volontà di maggioranza, dalla fusione con i ceti popolari, con le maggioranze sociali, dalla comprensione che lo Stato-nazione rimane l'unica piattaforma storica a disposizione per combattere i potenti, difendere i diritti sociali e garantire libertà repubblicane.
Tornare al filo rosso che unì Robespierre a Marx, unendo democrazia ed emancipazione nell'orizzonte del superamento del capitalismo.
E' la Francia della speranza che nasce da queste notti insonni».
* Fonte Cuarto Poder
** Traduzzone a cura della Redazione
Nessun commento:
Posta un commento