[11 aprile ]
L'altro ieri abbiamo pubblicato il giudizio, severo, di Raffaele Alberto Ventura al modo d'essere e di pensare di Diego Fusaro. Dato che i lettori sembrano alquanto interessati alla questione, ci pare doveroso consigliare quanto scrive Claudio Martini. Volentieri daremo la parola a Fusaro se vorrà rispondere.
Ogni icona, anche piccola, merita il suo carico di satira. Diego Fusaro è indubbiamente una piccola icona, e quello di Ventura è un pezzo di satira particolarmente penetrante.
L'autore ci offre una divertente decostruzione della figura mediatica di Fusaro. Prima che un intellettuale infatti, Fusaro è un giovane di successo, un'autentica vedette. Nell'odierna società dello spettacolo* ogni gusto e tendenza (la massoneria, gli amanti dello yoga, gli appassionati di flag football) ha diritto ad una propria nicchia spettacolistica all'interno della quale operano le piccole star che fanno da riferimento a quel piccolo mondo.
Sugli aspetti macchiettistici del personaggio, e sulla sua auto-promozione in termini di marketing, non posso che rimandare al pezzo di Raffaele Alberto Ventura linkato in apertura. Vorrei però dire due parole sul pensiero di Fusaro, ammesso che in questo caso pensiero e marketing siano distinguibili.
Fusaro si appropria di una parte in grado di toccare una o più corde dell'animo di ciascuno di noi: quella di chi denuncia i mali del nuovo e predica il ritorno ai valori dell'antico. La critica principale (se non l'unica) che il Nostro rivolge al capitalismo è di aver sconvolto il vecchio ordine sociale borghese, fatto di equilibrio, misura e certezze. In quest'ottica Marx viene rielaborato come filosofo integralmente idealista, hegeliano, conservatore e, in ultima analisi, borghese. Chi ha dei dubbi si legga i testi di Fusaro, o anche solo quelli di Preve, che sono scritti meglio e si trovano gratis su internet. Al capitalismo viene contestata la corrosione degli istituti della Famiglia, dello Stato, della Nazione, della Religione, della Scuola (intesa nel senso di educazione all'autorità). E' perciò perfettamente naturale che Fusaro contrasti aspramente l'espansione dei "nuovi diritti" (anzitutto civili), tuoni contro l'insegnamento in inglese nell'università, e assuma posizioni sull'immigrazione assimilabili a quelle dei partiti xenofobi. Quel che ci critica del capitalismo, in altre parole, è il suo (presunto) portato di modernità; non la sofferenza che infligge ai singoli e alle masse, né nessun'altra ragione.
Il senso comune a cui allude Fusaro è un senso comune reazionario; e qui sta forse la chiave interpretativa del personaggio. Poiché il senso comune reazionario è, in realtà, assai diffuso nella società, Fusaro potrebbe ergersi a interprete di questo sentimento (probabilmente) maggioritario; ma la sua esigenza di mantenere un successo di immagine e pubblico presso l'Antisistema lo costringe a utilizzare concetti e toni troppo radicali per la platea mainstream.
Ha qualcosa di vagamente "anticapitalista" questo discorso? Neanche per idea.
L'anticapitalismo, se significa qualcosa, è il tratto unificante delle esperienze di lotta per l'emancipazione e contro l'asservimento a cui conducono i rapporti sociali capitalistici. Non si lotta contro il capitalismo tanto per farlo, ma per affermare qualcosa che ha un valore concreto. Questi valori sono, tipicamente, la libertà e la dignità umana. La lotta per la libertà e la dignità accomuna tanto chi lotta per il salario quanto chi lotta per l'affermazione dei propri diritti civili. Il capitalismo non fa, e non ha mai fatto, nulla per la promozione dei diritti civili, che invece sono stati conquistati al prezzo di dure lotte, arginate dalle medesime forze che presiedono al mantenimento dei rapporti di produzione capitalistici. Del resto, solo un provinciale potrebbe individuare nella promozione dei diritti civili e nel superamento delle vecchie istitutuzioni "patriarcali" un tratto necessario dello sviluppo capitalistico: nell'ambito di un mondo completamente e integralmente dominato dalle logiche del mercato, i diritti civili sono protetti solamente in una sezione del globo, l'Occidente. Gli stati del Golfo Persico, ad esempio, sono all'avanguardia dello sviluppo capitalistico contemporaneo, ma presso di loro nessuno dei vecchi valori patriarcali ha subito il minimo appannamento. Chi poi volesse alzare lo sguardo, noterebbe che in giro per il mondo (in Russia, in India, in Turchia, in Iran) si sviluppano regimi che coniugano perfettamente promozione del neoliberismo e soppressione delle libertà civili e "intime".
Chi presenta gli elementi costitutivi di un programma politico reazionario, indicandone una natura anticapitalista, non fa altro che aggiungere confusione alla confusione, mistificazione alla mistificazione. Fusaro continuerà a farlo, perché l'Antisistema continuerà a eleggerlo a propria vedette e icona. E forse è proprio questo il motivo per cui ce lo meritiamo.
*naturalmente uso l'espressione società dello spettacolo in senso generico e volgare, e non nel preciso significato che vi ha attribuito Guy Debord.
L'autore ci offre una divertente decostruzione della figura mediatica di Fusaro. Prima che un intellettuale infatti, Fusaro è un giovane di successo, un'autentica vedette. Nell'odierna società dello spettacolo* ogni gusto e tendenza (la massoneria, gli amanti dello yoga, gli appassionati di flag football) ha diritto ad una propria nicchia spettacolistica all'interno della quale operano le piccole star che fanno da riferimento a quel piccolo mondo.
Fusaro è una star dell'Antisistema.
Sugli aspetti macchiettistici del personaggio, e sulla sua auto-promozione in termini di marketing, non posso che rimandare al pezzo di Raffaele Alberto Ventura linkato in apertura. Vorrei però dire due parole sul pensiero di Fusaro, ammesso che in questo caso pensiero e marketing siano distinguibili.
Se davvero il fine della giovane vedette è costruire un "nuovo senso comune" che faccia da base ad un "fronte trasversale anticapitalista", chi abbia una minima frequentazione degli scritti del Nostro e soprattutto di quelli Preve sa che quel "senso comune" altro non è che il vecchio ordine sociale borghese.
Fusaro si appropria di una parte in grado di toccare una o più corde dell'animo di ciascuno di noi: quella di chi denuncia i mali del nuovo e predica il ritorno ai valori dell'antico. La critica principale (se non l'unica) che il Nostro rivolge al capitalismo è di aver sconvolto il vecchio ordine sociale borghese, fatto di equilibrio, misura e certezze. In quest'ottica Marx viene rielaborato come filosofo integralmente idealista, hegeliano, conservatore e, in ultima analisi, borghese. Chi ha dei dubbi si legga i testi di Fusaro, o anche solo quelli di Preve, che sono scritti meglio e si trovano gratis su internet. Al capitalismo viene contestata la corrosione degli istituti della Famiglia, dello Stato, della Nazione, della Religione, della Scuola (intesa nel senso di educazione all'autorità). E' perciò perfettamente naturale che Fusaro contrasti aspramente l'espansione dei "nuovi diritti" (anzitutto civili), tuoni contro l'insegnamento in inglese nell'università, e assuma posizioni sull'immigrazione assimilabili a quelle dei partiti xenofobi. Quel che ci critica del capitalismo, in altre parole, è il suo (presunto) portato di modernità; non la sofferenza che infligge ai singoli e alle masse, né nessun'altra ragione.
Il senso comune a cui allude Fusaro è un senso comune reazionario; e qui sta forse la chiave interpretativa del personaggio. Poiché il senso comune reazionario è, in realtà, assai diffuso nella società, Fusaro potrebbe ergersi a interprete di questo sentimento (probabilmente) maggioritario; ma la sua esigenza di mantenere un successo di immagine e pubblico presso l'Antisistema lo costringe a utilizzare concetti e toni troppo radicali per la platea mainstream.
Ha qualcosa di vagamente "anticapitalista" questo discorso? Neanche per idea.
L'anticapitalismo, se significa qualcosa, è il tratto unificante delle esperienze di lotta per l'emancipazione e contro l'asservimento a cui conducono i rapporti sociali capitalistici. Non si lotta contro il capitalismo tanto per farlo, ma per affermare qualcosa che ha un valore concreto. Questi valori sono, tipicamente, la libertà e la dignità umana. La lotta per la libertà e la dignità accomuna tanto chi lotta per il salario quanto chi lotta per l'affermazione dei propri diritti civili. Il capitalismo non fa, e non ha mai fatto, nulla per la promozione dei diritti civili, che invece sono stati conquistati al prezzo di dure lotte, arginate dalle medesime forze che presiedono al mantenimento dei rapporti di produzione capitalistici. Del resto, solo un provinciale potrebbe individuare nella promozione dei diritti civili e nel superamento delle vecchie istitutuzioni "patriarcali" un tratto necessario dello sviluppo capitalistico: nell'ambito di un mondo completamente e integralmente dominato dalle logiche del mercato, i diritti civili sono protetti solamente in una sezione del globo, l'Occidente. Gli stati del Golfo Persico, ad esempio, sono all'avanguardia dello sviluppo capitalistico contemporaneo, ma presso di loro nessuno dei vecchi valori patriarcali ha subito il minimo appannamento. Chi poi volesse alzare lo sguardo, noterebbe che in giro per il mondo (in Russia, in India, in Turchia, in Iran) si sviluppano regimi che coniugano perfettamente promozione del neoliberismo e soppressione delle libertà civili e "intime".
Chi presenta gli elementi costitutivi di un programma politico reazionario, indicandone una natura anticapitalista, non fa altro che aggiungere confusione alla confusione, mistificazione alla mistificazione. Fusaro continuerà a farlo, perché l'Antisistema continuerà a eleggerlo a propria vedette e icona. E forse è proprio questo il motivo per cui ce lo meritiamo.
*naturalmente uso l'espressione società dello spettacolo in senso generico e volgare, e non nel preciso significato che vi ha attribuito Guy Debord.
** Fonte: L'Amico dell'ABC
12 commenti:
Quindi i valori "tipici" dell'anticapitalismo sono libertà e dignità...
E allora ha ragione Fusaro, scusate, di fronte a una simile pecionata di affermazione.
Chiunque sa che le vuotissime libertà e dignità sono il fondamento di qualsiasi rivendicazione borghese; essere anticapitalisti significa altro ovviamente ma ce lo siamo scordato da decenni ormai.
L'altro problema è che Fusaro si rifarà anche all'astratto vecchiume ideologico idealista ma ottiene il risultato concreto (su piccola scala di nicchia televisiva) di suscitare nell'ascoltatore una partecipazione emozionale, affettiva, una sim/patia che scalda i cuori; a sinistra invece gli impiegatizi epigoni del materialismo dialettico ostentano atteggiamenti di austera seriosità che invece di scaldare i cuori fanno cascare le palle.
Avranno anche ragione nelle critiche e nei distinguo ma finiscono, a furia di disquisizioni de lana caprina, a non sapere più nemmeno loro cosa vogliono (vedi l'assurdità di Martini che parla delle borghesissime libertà e dignità come di valori eminentemente anti capitalistici...) riuscendo trionfalmente nell'impresa di associare nell'immaginario collettivo gli ideali comunisti al buonismo imbelle degli "sfigati" con la conseguenza che il consenso elettorale dei comunisti oggi sta sullo zero virgola.
Complimenti, neh?
Invece di insistere con Fusaro di cui non gliene frega una mazza a nessuno VOLETE DIRE COSA PENSA SOLLEVAZIONE DEL REDDITO DI CITTADINANZA?
Qui un articolo sul blog fi Grillo
http://www.beppegrillo.it/2015/04/il_movimento_5_stelle_contro_la_poverta_.html
Non sarà la perfezione ma è una lotta di popolo e se non siete troppo impegnati con i supremi ideali (borgesissimi) della "libertà e dignità", come afferma l'illustre maitre à penser Martini, si potrebbe cominciare a fare qualcosa sulle questioni più terra terra.
Questa critica di Martini coglie nel segno. Solo l'abisso politico ed intellettuale in cui è precipitato ciò che resta della sinistra italiana, ha permesso a Fusaro di presentarsi come un filosofo "marxista". Il nocciolo del pensiero di Fusaro è assolutamente reazionario e la sua collaborazione organica con leghisti e fascisti (giacchè di collaborazione organica si deve parlare per chi collabora stabilmente a Radio Padania e partecipa con regolarità a convegni con i fascisti, come 10 giorni fa a Roma con Isabella Rauti) non è casuale ma coerente con le sue teorizzazioni.
Mi ricollego al FT (che l'acronimo italiano-sovranista per OT).
Corretto il punto dell'anonimo qui sopra. Il reddito di cittadinanza è una battaglia attorno alla quale si può aggregare il popolo. Certo è opportuno che sia una misura emergenziale (io una volta lo paragonai alla tessera annonaria di fine guerra) e non strutturale. Questo però si potrà stabilire solo in itinere, all'interno della battaglia (se mai ve ne sarà una) e non prima, anche se agli attivisti la cosa deve essere chiara da subito.
Ad ogni modo, è interessante in tal proposito l'articolo di Fassina che vedo nei link qui accanto, pur non negando le difficoltà politiche dice:
"Vi può essere chi si aggrappa a una qualche versione assistenzialistica e anestetizzante del reddito di cittadinanza nell’impossibilità di dare credibilità politica all’obiettivo del “lavoro di cittadinanza”"
Qui si sta sviluppando un discreto dibattito
http://lamicodellabc.blogspot.it/2015/04/cosa-abbiamo-fatto-per-meritarci-diego.html
Magari può prendervi parte anche il primo commentatore, il quale, firmandosi, potrebbe portare un contributo, invece di insultarmi in forma anonima.
E' bravo Obama o è traditore Raùl?
E' bravo Obama, va detto. Quantomeno è meglio degli altri che sono venuti prima e, temo, di quelli che verranno dopo se vincerà Jeb. Ma non vincerà.
Insomma, segni di miglioramento ce ne sono e non vengono dalla sinistra completamente persa nei suoi dubbi pirandelliani (tradisco o mi arrocco in un elegante minoritarismo?).
Una perla dall'articolo postato su cui non si può proprio tacere e che alla fine costituisce l'unico fondamento minimamente di carattere sperimentale che l'autore introduce a supporto delle sue tesi:
"Gli stati del Golfo Persico, ad esempio, sono all'avanguardia dello sviluppo capitalistico contemporaneo, ma presso di loro nessuno dei vecchi valori patriarcali ha subito il minimo appannamento".
Avete capito? Credevate che il cuore del capitalismo fosse costituito dagli USA, dal Giappone, dall'Europa, ed invece sbagliavate, il capitalismo nasce in medio oriente dove prolifera e da lì si diffonde in tutto il mondo.
Insomma, ma come non capire che la società di mercato richiede la distruzione di ogni tradizione culturale perchè nasca questo uomo nuovo, un fantoccio pronto a caratterizzarsi solo per uno specifico aspetto, quello di essere un consumatore? L'universalismo liberale è soltanto l'universalismo consumistico, e questo dovrebbe apparire evidente a chiunque non soffra di condizionamenti ideologici.
No no Martini, la carta della vittima valla a giocare da un'altra parte.
Come tutti possono verificare leggendo io NON TI HO MINIMAMENTE INSULTATO.
Ti ho CRITICATO.
Capisco che ti dia fastidio che qualcuno ti critichi ma temo ti ci dovrai abituare perché è mio diritto e di chiunque altro.
Purtroppo nonostante il tuo tentativo di buttarla in caciara rigirando goffamente la frittata, "libertà e dignità" rimangono due idealuzzi piccolo borghesi che non hanno niente di anti capitalista; questo non è un insulto a te ma una semplicissima constatazione.
D'altronde se la sinistra è in condizioni pietose la colpa è soprattutto dei suoi pretesi intellettuali troppo presi a farla da tutte le parti per marcare il territorio.
Il miracolo è compiuto: se a uno stava sullo stomaco Fusaro dopo aver letto queste pompose fumisterie che hanno poco o niente a che vedere con il marxismo e le sue interpretazioni, ma con il continuo rumine di ideologismi retorici ormai del tutto avulsi dal significato che avevano al momento della loro formazione, molto meglio Fusaro dei suoi critici.
provo a calmare gli animi dei compagni, compagni nella sostanza: il comune sentimento anticapitalista, che rende solidali verso chi del capitalismo è vittima.
a pelle, a me Diego "risuona" come essere umano, mi sembra sincero quando dichiara la sua infelice coscienza borghese.
sul piano teorico non lo conosco abbastanza e forse non dispongo degli strumenti culturali per apprezzarne o meno i recessi che emanano del suo dispositivo filosofico: non basta dire "anticapitalismo".
vengo al topic "dx vs sx":
da queste parti, sempre a pelle, vedere renzi o la boldrini come esponenti della sinistra riesce difficile sia a Diego che a Claudio, ma forse non è così fuori da qui.
possiamo dire che fuori da qui la sinistra italiana, che vota colaninno o luxuria, forse informa e s'informa da un modello dicotomico superato?
un modello che non è più funzionale (rappresentare la realtà politica-sociale-economica su cui organizzare senso e consenso) alla causa progressista di quanto non lo sia a quella reazionaria (intesa come pratica e sentimento di dominio, vizio antropologico della misantropia)
modello dicotomico funzionale alla vera dx (capitale) perché usato pretestuosamente dalla falsa sx:
possiamo dire che la caratteristica dei "temi etici" sui quali finge di battersi la sinistra (fuori da qui) è alla fine quella di condurci tutti (anche quelli in buona fede), come fosse la distanza incolmabile di Zenone, in inconcludenti e alla fine paralizzanti analisi?
pretestuoso e sospetto a partire dagli alfieri di tali "battaglie emancipatorie"...
non è sospetto altresì che i temi etici, promossi dalla sinistra, a destra prevedano la libertà di coscienza, libertà usufruita da singoli rappresentanti di dx per aderire a tali battaglie?
quindi non solo "dx vs sx" a volte non aiuta in economia, superato (perché non più funzionale) per esempio da "debitori vs creditori", ma anche sui temi etici sono occasione per buttarla in caciara.
per me lo scopo è quello di distrarre e sfiancare le coscienze dal tentativo di far emergere una visione politica, organica, della realtà, per svelarne l'attacco congeniato dal capitale attraverso le infinite lusinghe del mercato nel quale siamo immersi.
la tattica è quella di creare sempre più piccoli grumi di consenso (consumatori) intorno a interessi come una battaglia, una mozione, una pratica da oliare...e in questa sconposizione degli interessi sovrapposti, intrecciati e trasversali avere gioco facile nello scoraggiare l'emergere di quella visione generale.
sembra che la destra del capitale (psicopatica) pragmaticamente ami giocare scavando nelle coscienza (nevrotica) di noi sinistrati.
e se la normalità (familiarità) è il conflitto individuale in ciascuno di noi (vuol dire che c'è tensione morale nelle nostre coscienza, a differenza...) ecco spiegato perché ci viene più facile litigare tra di noi, con qualcuno cioè che dovrebbe pensare come noi se davanti a una realtà si è depositari dello stesso sentimento.
francesco
MARTINI E REDDITO DI CITTADINANZA
Non solo martini non è un nostro Maitre a pensee, siamo in dissenso con lui su tante cose, tra cui il suo recente filo-eurismo.
E sul "reddito di cittadinanza", così come finalmente precisato da M5S --ovvero diritto al reddito in attesa di un lavoro dignitoso e sicuro-- MPL è favorevole.
Il M5S ha finalmente precisato che lo intende come "diritto al reddito in attesa di un lavoro dignitoso e sicuro"?
Mi era sfuggito, avete un link? Sarebbe una notiziona, fin'ora erano sempre stati entusiasti sostenitori dell'utopica "flessibilità felice" e della fine del lavoro.
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