29 aprile. «Il vero problema non è che qualcuno vada davanti a Palazzo Chigi e spari durante il giuramento del governo. Il vero problema è che in questo momento, ne sono assolutamente certo, ci sono alcuni milioni di italiani che pensano 'peccato che non abbia fatto secco almeno un ministro».
Contro Vittorio Bertola (nella foto), consigliere comunale di Torino di M5S, autore del tweet di cui sopra, si è scatenato un vera e propria campagna di linciaggio, il Piddino Damiano in prima fila.
Bertola ha semplicemente detto la verità, ciò che pensano una gran parte degli italiani.
Ma l'additare al pubblico ludibrio il Bertola è solo l'aspetto più saliente della crociata contro M5S e Beppe Grillo, indicati come i "responsabili morali" del tentativo di Luigi Preiti di "far secco" un politico. Il risultato il potere l'ha presto ottenuto: i vertici "grillini" si son subito aggiunti al coro sistemico che ha gridato all'esecrazione per il "vile gesto".
La qual cosa ripropone la questione di cosa M5S sia davvero. Non si può dare a questa domanda una risposta inequivocabile. M5S è come un invaso in cui sono confluiti i cento rivoli di una piena, quella dell'indignazione e della rabbia sociali causate dalla crisi e dallo squallore dei partiti e delle classi e cricche dominanti.
Sarà difficile a Beppe Grillo tenere unite le tante anime e amalgamarle. Non ne ha nemmeno il tempo. Se il sistema si avviterà nella sua crisi, se i conflitti sociali cresceranno (e di questo sono spia sicura i colpi di pistola di Luigi Preiti) non sarà possibile per nessuno "dare una botta al cerchio e una alla botte". Ogni forza politica sarà obbligata a fare una scelta chiara e definitiva di campo: o rovesciare il sistema o difenderlo.
Tanto più questo vale per M5S, che oggi ancora si barcamena nelle acque agitate tra Scilla e Cariddi.
Un indicatore di quanto potrebbe accadere ai "grillini" ce lo fornisce LA STAMPA del 24 aprile scorso, con un articolo di Michele Brambilla, che da conto della delusione dell'anima borghese, ex-berlusconiana ed ex-leghista, e adombra l'ipotesi che M5S perderà per strada l'appoggio dei ceti capitalisti.
IL PENTIMENTO DEI GRILLI DI DESTRA: "M5S estremista, non lo rivoteremo"
«Dario Fo? Gino Strada? Stefano Rodotà? Ma per l’amor di Dio!!!». Graziano Brenna, imprenditore, vicepresidente di Confindustria Como, una vita a votare a destra, due mesi fa s’era fatto sedurre da Beppe Grillo e l’aveva votato. Oggi dice che non lo rifarà più e invoca l’amore dell’Altissimo quasi a chiedere perdono per essersi lasciato ingannare da un diavolo: «Quello non è il mio mondo. Troppo di sinistra».
Come Graziano Brenna, nel Nord già leghista e berlusconiano ce ne sono molti. «Quando ho detto che avrei votato Grillo, io che per vent’anni ho votato il Cavaliere, nel mio mondo mi sono attirato qualche simpatia e soprattutto molte antipatie. Però le garantisco», mi dice Brenna, «che sono tanti i miei colleghi che hanno lasciato la Lega e il Pdl per votare il MoVimento Cinque Stelle. Oggi non lo rivoterebbero più. Sa che cosa diciamo, noi che nel giro di soli due mesi siamo passati da neogrillini a ex grillini? Che quel movimento lì ha un’anima da sinistra antagonista, radicale. Altro che trasversali...».
Forse il dimezzamento dei voti del M5S in Friuli dipende soprattutto da questo. Grillo, due mesi fa, era stato abile ad attrarre a sé universi opposti. I No Tav, la sinistra delusa, gli ambientalisti anti-inceneritori e i teorici della «decrescita felice» da una parte; ma anche, dall’altra, tutto un popolo di piccoli imprenditori, di partite Iva, di commercianti vessati da fisco e burocrazia. Grillo tuonava contro Equitalia, urlava che le piccole imprese sono la nostra prima ricchezza e vanno aiutate, scomunicava perfino i sindacati: e tutto questo a un elettorato deluso dalle promesse mancate di Berlusconi e della Lega piaceva, e molto. Invano «il Giornale» avvertiva: attenti, la vera radice di Grillo è quella della sinistra dei centri sociali, con il consueto pizzico di radical chic a dare «spessore» intellettuale, perché in Italia, si sa, gli intellettuali possono essere solo di sinistra. Invano, perché in cabina elettorale molti di centrodestra hanno commesso adulterio.
Ma sono bastati due mesi per convincere questi «grillini di destra» di aver sbagliato indirizzo. Il risultato del Friuli – dal 27 al 14 per cento – non può essere spiegato solo con la fisiologica discrepanza tra voto per le politiche e voto amministrativo. «La croce sul simbolo delle cinque stelle è servita», dice ancora Brenna, «a mandare a casa buona parte dei vecchi politici. Ma Grillo non lo voterò più. Le sue ultime uscite sono state penose. Il colpo di Stato, la marcia su Roma... Ma per favore».
Una che ha il polso della rabbia dei piccoli imprenditori del Nord contro Equitalia e le banche (due dei bersagli preferiti di Grillo) è Wally Bonvicini, che a Parma ha messo in piedi un’associazione, Federitalia, che assiste appunto «i tartassati». «Sento centinaia di piccoli imprenditori», mi racconta, «che due mesi fa hanno abbandonato Lega e Pdl per votare Grillo. Tutti mi dicono che oggi col piffero che lo rivoterebbero». Perché troppo di sinistra? Anche, ma non solo: «Hanno capito che il MoVimento Cinque Stelle non ha fatto nulla per loro. Sa perché? Perché non hanno la cultura della piccola impresa. Sono bravi ragazzi, simpatici, ma – come posso dire? – privi di robustezza psicologica. Sono quasi tutti ex lavoratori dipendenti e per carità, non c’è niente di male: ma voglio dire che non hanno la consuetudine alla trattativa, al cercare di cavarsela da sé. E questa, nei contenziosi con Equitalia e con le banche, è una lacuna che pesa». In più, per una di Parma, pesa anche l’esperienza della giunta grillina: «Non hanno fatto niente. Provi a girare in città: le strade sono piene di buche», è la sentenza impietosa di Wally Bonvicini.
Ma poi. Perfino da sinistra dicono che quelli di Grillo sono troppo di sinistra. Nel senso di estremisti. Racconta Patrizia Maestri, deputata Pd di Parma: «L’altro ieri ho fatto un appello al sindaco Federico Pizzarotti, che è una persona moderata, affinché Grillo prendesse le distanze dalla caccia all’uomo per le vie di Roma seguita all’elezione di Napolitano. Pensi che lui ha risposto dicendo di trovare “gravi” le mie “insinuazioni”, e il consigliere comunale grillino Mauro Nuzzo mi ha intimato di “non oltrepassare il limite del ridicolo”. Mah».
Torneranno, i delusi da Grillo, ai vecchi amori? «Per quanto mi riguarda no», dice Graziano Brenna: «Non ne possiamo più né di Berlusconi né di Bersani o Franceschini. Spero nei giovani, da Renzi alla Meloni».
Il boom grillino appena cominciato è già finito? Troppo presto, comunque, per dirlo: i partiti sono ancora capaci di rianimarlo, suicidandosi. Dipende da loro».
Contro Vittorio Bertola (nella foto), consigliere comunale di Torino di M5S, autore del tweet di cui sopra, si è scatenato un vera e propria campagna di linciaggio, il Piddino Damiano in prima fila.
Bertola ha semplicemente detto la verità, ciò che pensano una gran parte degli italiani.
Ma l'additare al pubblico ludibrio il Bertola è solo l'aspetto più saliente della crociata contro M5S e Beppe Grillo, indicati come i "responsabili morali" del tentativo di Luigi Preiti di "far secco" un politico. Il risultato il potere l'ha presto ottenuto: i vertici "grillini" si son subito aggiunti al coro sistemico che ha gridato all'esecrazione per il "vile gesto".
La qual cosa ripropone la questione di cosa M5S sia davvero. Non si può dare a questa domanda una risposta inequivocabile. M5S è come un invaso in cui sono confluiti i cento rivoli di una piena, quella dell'indignazione e della rabbia sociali causate dalla crisi e dallo squallore dei partiti e delle classi e cricche dominanti.
Sarà difficile a Beppe Grillo tenere unite le tante anime e amalgamarle. Non ne ha nemmeno il tempo. Se il sistema si avviterà nella sua crisi, se i conflitti sociali cresceranno (e di questo sono spia sicura i colpi di pistola di Luigi Preiti) non sarà possibile per nessuno "dare una botta al cerchio e una alla botte". Ogni forza politica sarà obbligata a fare una scelta chiara e definitiva di campo: o rovesciare il sistema o difenderlo.
Tanto più questo vale per M5S, che oggi ancora si barcamena nelle acque agitate tra Scilla e Cariddi.
LUIGI PREITI al momento del suo arresto |
Un indicatore di quanto potrebbe accadere ai "grillini" ce lo fornisce LA STAMPA del 24 aprile scorso, con un articolo di Michele Brambilla, che da conto della delusione dell'anima borghese, ex-berlusconiana ed ex-leghista, e adombra l'ipotesi che M5S perderà per strada l'appoggio dei ceti capitalisti.
IL PENTIMENTO DEI GRILLI DI DESTRA: "M5S estremista, non lo rivoteremo"
«Dario Fo? Gino Strada? Stefano Rodotà? Ma per l’amor di Dio!!!». Graziano Brenna, imprenditore, vicepresidente di Confindustria Como, una vita a votare a destra, due mesi fa s’era fatto sedurre da Beppe Grillo e l’aveva votato. Oggi dice che non lo rifarà più e invoca l’amore dell’Altissimo quasi a chiedere perdono per essersi lasciato ingannare da un diavolo: «Quello non è il mio mondo. Troppo di sinistra».
Come Graziano Brenna, nel Nord già leghista e berlusconiano ce ne sono molti. «Quando ho detto che avrei votato Grillo, io che per vent’anni ho votato il Cavaliere, nel mio mondo mi sono attirato qualche simpatia e soprattutto molte antipatie. Però le garantisco», mi dice Brenna, «che sono tanti i miei colleghi che hanno lasciato la Lega e il Pdl per votare il MoVimento Cinque Stelle. Oggi non lo rivoterebbero più. Sa che cosa diciamo, noi che nel giro di soli due mesi siamo passati da neogrillini a ex grillini? Che quel movimento lì ha un’anima da sinistra antagonista, radicale. Altro che trasversali...».
Forse il dimezzamento dei voti del M5S in Friuli dipende soprattutto da questo. Grillo, due mesi fa, era stato abile ad attrarre a sé universi opposti. I No Tav, la sinistra delusa, gli ambientalisti anti-inceneritori e i teorici della «decrescita felice» da una parte; ma anche, dall’altra, tutto un popolo di piccoli imprenditori, di partite Iva, di commercianti vessati da fisco e burocrazia. Grillo tuonava contro Equitalia, urlava che le piccole imprese sono la nostra prima ricchezza e vanno aiutate, scomunicava perfino i sindacati: e tutto questo a un elettorato deluso dalle promesse mancate di Berlusconi e della Lega piaceva, e molto. Invano «il Giornale» avvertiva: attenti, la vera radice di Grillo è quella della sinistra dei centri sociali, con il consueto pizzico di radical chic a dare «spessore» intellettuale, perché in Italia, si sa, gli intellettuali possono essere solo di sinistra. Invano, perché in cabina elettorale molti di centrodestra hanno commesso adulterio.
Ma sono bastati due mesi per convincere questi «grillini di destra» di aver sbagliato indirizzo. Il risultato del Friuli – dal 27 al 14 per cento – non può essere spiegato solo con la fisiologica discrepanza tra voto per le politiche e voto amministrativo. «La croce sul simbolo delle cinque stelle è servita», dice ancora Brenna, «a mandare a casa buona parte dei vecchi politici. Ma Grillo non lo voterò più. Le sue ultime uscite sono state penose. Il colpo di Stato, la marcia su Roma... Ma per favore».
Una che ha il polso della rabbia dei piccoli imprenditori del Nord contro Equitalia e le banche (due dei bersagli preferiti di Grillo) è Wally Bonvicini, che a Parma ha messo in piedi un’associazione, Federitalia, che assiste appunto «i tartassati». «Sento centinaia di piccoli imprenditori», mi racconta, «che due mesi fa hanno abbandonato Lega e Pdl per votare Grillo. Tutti mi dicono che oggi col piffero che lo rivoterebbero». Perché troppo di sinistra? Anche, ma non solo: «Hanno capito che il MoVimento Cinque Stelle non ha fatto nulla per loro. Sa perché? Perché non hanno la cultura della piccola impresa. Sono bravi ragazzi, simpatici, ma – come posso dire? – privi di robustezza psicologica. Sono quasi tutti ex lavoratori dipendenti e per carità, non c’è niente di male: ma voglio dire che non hanno la consuetudine alla trattativa, al cercare di cavarsela da sé. E questa, nei contenziosi con Equitalia e con le banche, è una lacuna che pesa». In più, per una di Parma, pesa anche l’esperienza della giunta grillina: «Non hanno fatto niente. Provi a girare in città: le strade sono piene di buche», è la sentenza impietosa di Wally Bonvicini.
Ma poi. Perfino da sinistra dicono che quelli di Grillo sono troppo di sinistra. Nel senso di estremisti. Racconta Patrizia Maestri, deputata Pd di Parma: «L’altro ieri ho fatto un appello al sindaco Federico Pizzarotti, che è una persona moderata, affinché Grillo prendesse le distanze dalla caccia all’uomo per le vie di Roma seguita all’elezione di Napolitano. Pensi che lui ha risposto dicendo di trovare “gravi” le mie “insinuazioni”, e il consigliere comunale grillino Mauro Nuzzo mi ha intimato di “non oltrepassare il limite del ridicolo”. Mah».
Torneranno, i delusi da Grillo, ai vecchi amori? «Per quanto mi riguarda no», dice Graziano Brenna: «Non ne possiamo più né di Berlusconi né di Bersani o Franceschini. Spero nei giovani, da Renzi alla Meloni».
Il boom grillino appena cominciato è già finito? Troppo presto, comunque, per dirlo: i partiti sono ancora capaci di rianimarlo, suicidandosi. Dipende da loro».
2 commenti:
Ma va là, non ci sarei mai arrivato. Mi ci è voluto sto lombrosiano fan di Ron Paul per capirlo
Comunque i 5 Stelle vengono dati ancora oggi come primo partito, intorno al 27%, due punti di più che a febbraio 2013( sondaggio LA7 di lunedì scorso)
Le regionali sono un'altra storia.
Nel Lazio, dove si votava lo stesso giorno delle politiche, il
M5S ha preso il 5% in meno appunto che alle politiche ...
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