31 marzo. Alcuni "grillini"si sono lasciati scappare che per loro "Napolitano è il meno peggio". Stolti! Non hanno capito con chi hanno a che fare. Deciso a commissariare il Parlamento ha tirato fuori dal cappello i "dieci saggi". Su ordine dei suoi committanrti esteri vuole imporre ad ogni costo un "suo" governo. Avrebbe invece dovuto dimmettersi per consentire il voto a giugno.
L'accanimento terapeutico di Napolitano, lo sbando di una classe dirigente alla frutta, il M5S e il cambio di passo necessario
di Leonardo Mazzei
Il piccolo golpista del Colle ha colpito di nuovo. Non ancora pago dei disastri combinati con l'insediamento a Palazzo Chigi del Quisling al 10% (di consensi), ha ritenuto di ripetersi in coda al suo settennato.
Tra tre settimane —a meno di una rielezione che finora si è rifiutato di prendere in considerazione— sarà solo un ricordo, ma al suo sporco lavoro è proprio affezionato e l'ha voluto dimostrare anche oggi. Il suo disegno è fallito, la «grande coalizione» non ha visto la luce, né prevedibilmente la vedrà. Non per questo la sua mission di uomo fedele alle oligarchie euroatlantiche, che tanto lo amano, è venuta meno.
E' solo partendo da questo punto fermo che si possono davvero capire le mosse del Quirinale. Mosse che travalicano i poteri assegnatigli dalla Costituzione. Forzature inaudite che vorrebbero preludere ad un nuovo commissariamento delle camere appena elette. Cioè l'esatto contrario di quanto hanno improvvidamente detto alcuni "grillini", si spera solo momentaneamente distratti dal clima pasquale.
In breve, cosa ha fatto Napolitano? Prima ha rispedito Bersani a Piacenza per condurre personalmente le trattative tra Pd e Pdl. Poi, di fronte all'impossibilità di conferire comunque un nuovo incarico, ha affidato la risoluzione della crisi politica a due commissioni (una istituzionale, l'altra economica), che dovrebbero elaborare «precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche».
Insomma, queste commissioni, formate in parte da parlamentari (ma non di tutti i partiti) e in parte cospicua da personaggi che nessuno ha eletto —ma con l'immancabile presenza, fra gli altri, di un rappresentante di Bankitalia e di un ministro in carica del governo Monti— dovrebbero scrivere il programma del prossimo governo. Con quale legittimità? Ecco una domanda, assai elementare, che non va però molto di moda sulla stampa mainstream, tutta protesa ancora una volta a celebrare le "qualità" dell'ex ministro degli esteri del Pci.
Prima di esaminare i veri scopi della trovata quirinalizia, soffermiamoci un attimo su quello che avrebbe dovuto essere il passo naturale imposto dalla situazione politica. Il passo era quello delle dimissioni. Perché è vero che Bersani ha fallito, ma anche le consultazioni «condotte senza indugio» dal piccolo golpista avevano dato ieri lo stesso esito. L'impossibilità di formare un governo imponeva dunque lo scioglimento delle camere, ma il "semestre bianco" impediva a Napolitano di farlo. Questo "ingorgo istituzionale" poteva essere sbrogliato solo con le dimissioni del Presidente della Repubblica, per anticipare l'elezione del nuovo inquilino del Quirinale, dotato anche del potere di scioglimento.
Napolitano ha invece scelto un'altra strada, vediamo il perché. Al primo scopo dichiarato —la formazione di un governo di coalizione Pd-Pdl-montisti— se ne affianca un altro non di minore importanza, e soprattutto ben più realistico: prendere tempo per rinviare le elezioni da giugno ad ottobre, al fine di raggiungere tre precisi obiettivi. Vedremo quanto utili al popolo italiano.
Se Napolitano si fosse dimesso sarebbe stato possibile anticipare l'elezione del nuovo presidente ed andare agevolmente alle elezioni a giugno. Senza dimissioni, e continuando in una tattica apertamente dilatoria, si potrà invece arrivare all'autunno, con alcune decisive conseguenze.
Alla luce della drammatica crisi dell'Unione Europea, chi scrive non ha mai creduto che il blocco dominante avrebbe optato per un qualsiasi governicchio a scadenza, scegliendo invece l'azzardo necessario di nuove elezioni per arrivare infine all'insediamento di un governo affidabile e nel pieno dei suoi poteri.
La mossa del Quirinale va esattamente in questa direzione, ma con un'importante variante: il probabile (anche se non certo) spostamento del nuovo voto all'autunno. L'ipotesi del governicchio è stata infatti esplicitamente accantonata da Napolitano, con il rilancio ad oltranza delle funzioni del governo Monti, come garanzia nei confronti dell'UE e della Germania in special modo. Insomma, se un nuovo governo pienamente operante non è ora possibile, lunga vita e proroga infinita all'omuncolo della Bocconi. Il quale è privo di una maggioranza parlamentare dagli inizi di dicembre...
Abbiamo detto che la tattica dilatoria di Napolitano ha tre obiettivi.
Il primo è quello a cui abbiamo appena accennato: impedire in questa fase un'ulteriore shock all'Eurozona, quale sarebbe un nuovo successo del M5S o anche solo un'avanzata del blocco berlusconiano. Garantire dunque la fedeltà, più precisamente il servilismo dell'Italia, mantenendo il Quisling Monti a Palazzo Chigi, con un accanimento terapeutico degno di miglior causa.
Ma dato che prima o poi si dovrà tornare al voto, il secondo obiettivo è quello di impedire almeno che ciò avvenga prima delle elezioni in Germania del prossimo settembre. La signora Merkel non deve essere troppo disturbata, ed un risultato sfavorevole agli euristi in Italia potrebbe essergli fatale.
Il terzo obiettivo riguarda invece l'esito delle nuove elezioni politiche, che si vorrebbe pilotare dall'alto. Il blocco eurista, sconfitto a febbraio, vuol tentare in tutti i modi la rivincita. Impresa non facile, ma neppure impossibile. Essa abbisogna però di due fattori: l'alleanza preventiva del Pd con quel che resta del blocco montista e, soprattutto, il passaggio della leadership da Bersani a Renzi. Ed è quest'ultimo passaggio che si intende agevolare con il rinvio del voto in autunno. Ecco il "dettaglio" che spiega la durezza dello scontro in "famiglia" tra Bersani e Napolitano.
Se gli obiettivi sono chiari, il ricorso a tutti i mezzucci disponibili da parte del Quirinale la dice lunga sullo stato della classe dirigente del paese. Non una sola idea su come affrontare la crisi economica è stata messa in campo. E nessun dibattito degno di questo nome si è davvero aperto. Incapace anche solo di vedere il baratro che si sta aprendo, finite le vecchie certezze europeiste, la vecchia classe dirigente sa solo chiudersi su se stessa, nel timore che la sberla elettorale di febbraio si trasformi in rivolta e sollevazione.
Essa non può far altro che difendere l'esistente, ed innanzitutto se stessa. Ma è interessante l'assenza di idee, proposte e progetti. Se la farà franca, ancora una volta, sarà solo per la debolezza delle forze che dovrebbero costruire l'alternativa.
Ed a questo proposito è necessario spendere qualche riga sul M5S. Movimento che abbiamo votato, che ha avuto l'indiscutibile merito di portare un fendente decisivo al sistema politico, ma che ora deve rapidamente cambiare passo.
Il movimento di Grillo ha fatto benissimo a dire no a Bersani. Occorreva semmai qualificare meglio quel No come un No alle politiche dei sacrifici in nome dell'euro, a partire dalla necessità di cancellare da subito il Fiscal Compact. Bisognava insomma chiarire che il ritornello sul "governo necessario", condotto senza sosta dalla stampa di regime, altro non è che la richiesta di un governo che prosegua le politiche di Monti. Un chiaro No a quella prosecuzione, del resto in linea con il senso di fondo del voto di febbraio, non solo sarebbe stato ben più comprensibile della pubblica esibizione di una strana forma di autismo politico, ma avrebbe facilmente raccolto l'approvazione di milioni di persone che del montismo (nelle sue diverse variabili) proprio non ne vogliono più sapere.
Il M5S deve stare attento. La politica è dinamica, ed il potere di solito non fa regali. La trovata quirinalizia di oggi è anche e soprattutto una mossa contro il movimento di Grillo. Non accorgersene, dichiarandosi addirittura felici di questo nuovo golpe marzolino, come qualcuno ha fatto, va al di fuori della nostra capacità di comprensione. Probabilmente (almeno così ci auguriamo) domani questa sbandata verrà corretta. Ma sarebbe l'ora di evitare le sbandate. Esse possono essere quasi del tutto innocue finché si parla delle presidenze delle camere, possono invece diventare fatali quando si parla del governo, specie se si tratta di mantenere in carica il più a lungo possibile l'esecutivo più antipopolare che si ricordi a memoria d'uomo.
L'accanimento terapeutico di Napolitano, lo sbando di una classe dirigente alla frutta, il M5S e il cambio di passo necessario
di Leonardo Mazzei
Il piccolo golpista del Colle ha colpito di nuovo. Non ancora pago dei disastri combinati con l'insediamento a Palazzo Chigi del Quisling al 10% (di consensi), ha ritenuto di ripetersi in coda al suo settennato.
Tra tre settimane —a meno di una rielezione che finora si è rifiutato di prendere in considerazione— sarà solo un ricordo, ma al suo sporco lavoro è proprio affezionato e l'ha voluto dimostrare anche oggi. Il suo disegno è fallito, la «grande coalizione» non ha visto la luce, né prevedibilmente la vedrà. Non per questo la sua mission di uomo fedele alle oligarchie euroatlantiche, che tanto lo amano, è venuta meno.
E' solo partendo da questo punto fermo che si possono davvero capire le mosse del Quirinale. Mosse che travalicano i poteri assegnatigli dalla Costituzione. Forzature inaudite che vorrebbero preludere ad un nuovo commissariamento delle camere appena elette. Cioè l'esatto contrario di quanto hanno improvvidamente detto alcuni "grillini", si spera solo momentaneamente distratti dal clima pasquale.
In breve, cosa ha fatto Napolitano? Prima ha rispedito Bersani a Piacenza per condurre personalmente le trattative tra Pd e Pdl. Poi, di fronte all'impossibilità di conferire comunque un nuovo incarico, ha affidato la risoluzione della crisi politica a due commissioni (una istituzionale, l'altra economica), che dovrebbero elaborare «precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche».
Insomma, queste commissioni, formate in parte da parlamentari (ma non di tutti i partiti) e in parte cospicua da personaggi che nessuno ha eletto —ma con l'immancabile presenza, fra gli altri, di un rappresentante di Bankitalia e di un ministro in carica del governo Monti— dovrebbero scrivere il programma del prossimo governo. Con quale legittimità? Ecco una domanda, assai elementare, che non va però molto di moda sulla stampa mainstream, tutta protesa ancora una volta a celebrare le "qualità" dell'ex ministro degli esteri del Pci.
Prima di esaminare i veri scopi della trovata quirinalizia, soffermiamoci un attimo su quello che avrebbe dovuto essere il passo naturale imposto dalla situazione politica. Il passo era quello delle dimissioni. Perché è vero che Bersani ha fallito, ma anche le consultazioni «condotte senza indugio» dal piccolo golpista avevano dato ieri lo stesso esito. L'impossibilità di formare un governo imponeva dunque lo scioglimento delle camere, ma il "semestre bianco" impediva a Napolitano di farlo. Questo "ingorgo istituzionale" poteva essere sbrogliato solo con le dimissioni del Presidente della Repubblica, per anticipare l'elezione del nuovo inquilino del Quirinale, dotato anche del potere di scioglimento.
Napolitano ha invece scelto un'altra strada, vediamo il perché. Al primo scopo dichiarato —la formazione di un governo di coalizione Pd-Pdl-montisti— se ne affianca un altro non di minore importanza, e soprattutto ben più realistico: prendere tempo per rinviare le elezioni da giugno ad ottobre, al fine di raggiungere tre precisi obiettivi. Vedremo quanto utili al popolo italiano.
Se Napolitano si fosse dimesso sarebbe stato possibile anticipare l'elezione del nuovo presidente ed andare agevolmente alle elezioni a giugno. Senza dimissioni, e continuando in una tattica apertamente dilatoria, si potrà invece arrivare all'autunno, con alcune decisive conseguenze.
Alla luce della drammatica crisi dell'Unione Europea, chi scrive non ha mai creduto che il blocco dominante avrebbe optato per un qualsiasi governicchio a scadenza, scegliendo invece l'azzardo necessario di nuove elezioni per arrivare infine all'insediamento di un governo affidabile e nel pieno dei suoi poteri.
La mossa del Quirinale va esattamente in questa direzione, ma con un'importante variante: il probabile (anche se non certo) spostamento del nuovo voto all'autunno. L'ipotesi del governicchio è stata infatti esplicitamente accantonata da Napolitano, con il rilancio ad oltranza delle funzioni del governo Monti, come garanzia nei confronti dell'UE e della Germania in special modo. Insomma, se un nuovo governo pienamente operante non è ora possibile, lunga vita e proroga infinita all'omuncolo della Bocconi. Il quale è privo di una maggioranza parlamentare dagli inizi di dicembre...
Abbiamo detto che la tattica dilatoria di Napolitano ha tre obiettivi.
Il primo è quello a cui abbiamo appena accennato: impedire in questa fase un'ulteriore shock all'Eurozona, quale sarebbe un nuovo successo del M5S o anche solo un'avanzata del blocco berlusconiano. Garantire dunque la fedeltà, più precisamente il servilismo dell'Italia, mantenendo il Quisling Monti a Palazzo Chigi, con un accanimento terapeutico degno di miglior causa.
Ma dato che prima o poi si dovrà tornare al voto, il secondo obiettivo è quello di impedire almeno che ciò avvenga prima delle elezioni in Germania del prossimo settembre. La signora Merkel non deve essere troppo disturbata, ed un risultato sfavorevole agli euristi in Italia potrebbe essergli fatale.
Il terzo obiettivo riguarda invece l'esito delle nuove elezioni politiche, che si vorrebbe pilotare dall'alto. Il blocco eurista, sconfitto a febbraio, vuol tentare in tutti i modi la rivincita. Impresa non facile, ma neppure impossibile. Essa abbisogna però di due fattori: l'alleanza preventiva del Pd con quel che resta del blocco montista e, soprattutto, il passaggio della leadership da Bersani a Renzi. Ed è quest'ultimo passaggio che si intende agevolare con il rinvio del voto in autunno. Ecco il "dettaglio" che spiega la durezza dello scontro in "famiglia" tra Bersani e Napolitano.
Se gli obiettivi sono chiari, il ricorso a tutti i mezzucci disponibili da parte del Quirinale la dice lunga sullo stato della classe dirigente del paese. Non una sola idea su come affrontare la crisi economica è stata messa in campo. E nessun dibattito degno di questo nome si è davvero aperto. Incapace anche solo di vedere il baratro che si sta aprendo, finite le vecchie certezze europeiste, la vecchia classe dirigente sa solo chiudersi su se stessa, nel timore che la sberla elettorale di febbraio si trasformi in rivolta e sollevazione.
Essa non può far altro che difendere l'esistente, ed innanzitutto se stessa. Ma è interessante l'assenza di idee, proposte e progetti. Se la farà franca, ancora una volta, sarà solo per la debolezza delle forze che dovrebbero costruire l'alternativa.
Ed a questo proposito è necessario spendere qualche riga sul M5S. Movimento che abbiamo votato, che ha avuto l'indiscutibile merito di portare un fendente decisivo al sistema politico, ma che ora deve rapidamente cambiare passo.
Il movimento di Grillo ha fatto benissimo a dire no a Bersani. Occorreva semmai qualificare meglio quel No come un No alle politiche dei sacrifici in nome dell'euro, a partire dalla necessità di cancellare da subito il Fiscal Compact. Bisognava insomma chiarire che il ritornello sul "governo necessario", condotto senza sosta dalla stampa di regime, altro non è che la richiesta di un governo che prosegua le politiche di Monti. Un chiaro No a quella prosecuzione, del resto in linea con il senso di fondo del voto di febbraio, non solo sarebbe stato ben più comprensibile della pubblica esibizione di una strana forma di autismo politico, ma avrebbe facilmente raccolto l'approvazione di milioni di persone che del montismo (nelle sue diverse variabili) proprio non ne vogliono più sapere.
Il M5S deve stare attento. La politica è dinamica, ed il potere di solito non fa regali. La trovata quirinalizia di oggi è anche e soprattutto una mossa contro il movimento di Grillo. Non accorgersene, dichiarandosi addirittura felici di questo nuovo golpe marzolino, come qualcuno ha fatto, va al di fuori della nostra capacità di comprensione. Probabilmente (almeno così ci auguriamo) domani questa sbandata verrà corretta. Ma sarebbe l'ora di evitare le sbandate. Esse possono essere quasi del tutto innocue finché si parla delle presidenze delle camere, possono invece diventare fatali quando si parla del governo, specie se si tratta di mantenere in carica il più a lungo possibile l'esecutivo più antipopolare che si ricordi a memoria d'uomo.
10 commenti:
Grillo non ha affatto sbandato. E purtroppo, la previsione di Mazzei si è rivelata sbagliata: Grillo non ha corretto il giorno dopo!
Anzi ha scritto sul blog:
"Il presidente Napolitano ha confermato ieri le nostre posizioni su Parlamento e Governo. In sostanza ha affermato che un governo (mai sfiduciato…) è in carica, sebbene limitato agli affari correnti, e sta operando in collaborazione con il Parlamento, anzi solo previo consenso del Parlamento. [...] Al momento è la miglior soluzione possibile”
In altre parole Grillo (non qualche suo esponente, come scrive faziosamente Mazzei) esprime soddisfazione per la scelta di Napolitano: la miglior soluzione possibile!!!
Ecco chi avete votato. Complimenti
Condivido l'analisi in generale, ma non l'affermaizone secondo cui l'eurozona teme una ulteriore affermazione non solo del M5s ma anche del blocco berlusconiano. Non capisco perchè il blocco eurista dovrebbe temere Berlusconi e soci: hanno dato la fiducia al governo Monti e votato tutti i provvedimenti del Quisling. Le uniche critiche hanno riguardato l'aumento delle tasse (soprattutto l'Imu, che colpisce i ceti medio-alti); neanche una parola di protesta si è sentita sui feroci tagli allo stato sociale e alle pensioni. A parte buffi screzi personali con la Merkel, i berlusconiani (che già ai tempi avevano votato a favore della moneta unica) difendono interessi oligarchici non molto diversi rispetto ai tecnocrati di Bruxelle. Non per niente il Pdl si è dichiarato disponibile fin da subito ad un governo di grande coalizione con gli avversari, che fondamentalmente ricalcarebbe il programma Monti. Dopo quasi un ventennio, ancora ci illudiamo sulle intenzioni del sig. B ?
Mah ... la correzione in corsa c'è anche stata ... col discorso di Grillo sulle "badanti" ... ma è pure vero che se i 5 Stelle avessero motivato meglio il sacrosanto rifiuto a Bersani ... con la mancanza, nelle proposte di Bersani, di qualunque riferimento ai vincoli europei ad al fiscal compact in particolare ... quel rifiuto sarebbe stato compreso meglio ...
Ma forse da Grillo e c. si pretende troppo ... un conto è l'innegabile essere diventati lo strumento per manifestare un "rifiuto di massa" alle politiche montiane ed in generale allo "stato di cose presenti" ... un conto è pretendere capacità taumaturgiche e persino "rivoluzionarie" che oggettivamente nel dna del M5S non ci stanno ....
La correzione in corsa indubbiamente c'è stata ...
Ieri Beppe Grillo aveva tuonato dal blog: «Non ci servono badanti». E oggi, in un’intervista ai giornali, il capogruppo al Senato Vito Crimi ha rincarato la dose: «Quello dei saggi è un finto governo a tutti gli effetti». Poi sul blog ha aggiunto: «La scelta di Napolitano non è altro che un’ulteriore conferma della cecità che ha colpito la classe politica: ancora non ha compreso il risultato di queste elezioni. La logica partitica si riscontra oggi nei gruppi ristretti indicati dal Presidente, che di “saggio” hanno ben poco, e di politico hanno tanto. Altro non sono che la perfetta sintesi della realtà di partito che non vuole saperne di liberarci della sua presenza, ed alla quale gli elettori, con il voto di febbraio, hanno già detto addio».
Rimangono però i problemi di fondo che dicevo prima ...
Risposta ad U.S.
Giusto per la precisione: quando ho scritto l’articolo c’era solo una dichiarazione di Crimi, ma nessuna presa di posizione di Grillo. Ma non è questo il punto. In effetti una qualche correzione della sbandata iniziale c’è stata (come ha rilevato Keoma08), ma dal nostro punto di vista è del tutto insufficiente.
Purtroppo, in questa partita con (e per) il Quirinale, il M5S sta seguendo una sua logica molto istituzionale. La qual cosa non ci sorprende, essendo questo uno dei limiti noti da sempre del movimento. Probabilmente c’è anche la scelta tattica di favorire le elezioni in autunno anziché a giugno. Ma se l’obiettivo è comprensibile (per tentare di crescere, da ogni punto di vista, prima della nuova prova elettorale), bisogna sempre ricordarsi che di tattica si può morire, specie se alla tattica si sacrifica l’esigenza strategica di colpire senza indugio l’asse degli euro-sacrifici.
E, al di là della strategia, c’è in questo caso un’esigenza di comunicazione che renda chiaro il no a qualsiasi governo che non rompa totalmente con la politica dettata dall’Unione Europea. Ma su questo credo di aver scritto l’essenziale nell’articolo, sottolineando anche la necessità di un deciso “cambio di passo”.
Detto questo (e non ora, a “freddo”, bensì sabato a “caldo”), rispedisco al mittente la solita frase dei sinistrati: “Ecco chi avete votato!”.
Sì, abbiamo votato il M5S per terremotare il sistema politico: è così difficile capirlo?
E’ riuscita, o no, questa operazione? Anche a giudicare dagli ultimi eventi possiamo dire che è riuscita perfettamente. Mentre sarebbe miseramente fallita sia con il voto all’inguardabile Ingroia, sia con la scelta astensionista (che pure rispettiamo).
In questi giorni c’è la corsa ad attaccare Grillo da ogni lato. Le stesse persone che lo hanno giudicato irresponsabile per non aver aperto la strada a Bersani, ora lo criticano per aver pasticciato sulle mosse di Napolitano. Troppa gente vorrebbe chiudere rapidamente il capitolo M5S per tornare alla situazione precedente.
Non penso proprio che avverrà. Ma questa convinzione non ci impedisce certo di rilevarne i limiti, gli errori e le scelte politiche che proprio non condividiamo.
Tanto più in un momento in cui si dovrebbe passare ad affrontare i veri nodi dell’Europa, del Fiscal compact, dell’euro, del debito e della disoccupazione di massa. Esigenze che sappiamo condivise dalla maggioranza degli aderenti al M5S, e che certo sono alla base del gigantesco sommovimento politico del 24/25 febbraio.
Risposta a gengiss
Ma figuriamoci se “ci illudiamo sulle intenzioni del sig. B”! Tuttavia dovrebbe essere chiaro che in Europa non lo amano proprio. E questo – almeno in sede di analisi delle dinamiche politiche – va tenuto nella dovuta considerazione.
Leonardo Mazzei
Il punto non è tanto seguire il M5S nei suoi connaturati sbandamenti. Il punto è affiancare il M5S e palesarne le sue contraddizioni -con tutto ciò che può derivarne- a partire però dalla costruzione di un fronte sociale concreto che parta dalle ragioni del lavoro.
Questo servirà anche a far emergere la sinistra interna al PD, a spostare a sinistra SEL (che pur essendo elettoralmente marginale ha pur sempre un corpo militante) ed a risvegliare i reduci di PRC e dintorni. Farsi la minima illusione su Grillo è sbagliato di per sé.
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=4I2ZTB31MHw
al quinto minuto mi sembra molto chiaro!!!
A volte mi domando se tanta gente "de sinistra", anche gente lontanissima dal Pd, che ha votato Rivoluzione Civile o Pcl ... o che non ha votato affatto ... in fondo in fondo non avrebbe preferito un governo Bersani /Monti ... certamente pessimo nei contenuti ... ottimo magari per strillargli contro "da sinistra" .... ma "rassicurante" rispetto a certi schemini mentali precostituiti ...
Altrimenti, lasciando perdere i trolls che si sgamano subito, non si riuscirebbe invece a capire, da parte di tante persone certamente in buona fede, perchè tutto questo "spaccare il capello in quattro", questo a tratti psicotico "fare le pulci" rispetto a chi, comunque, è riuscito a far saltare il piatto ....
E i 5 Stelle, ripeto ... forse pure malgrado se stessi .... il piatto l'hanno fatto saltare veramente ....
Adesso, dovrebbe essere compito dei comunisti giocare un ruolo in questa situazione, nella società e nelle piazze .... e invece ci si piange addosso, si vomita sui 5 Stelle, diventati assurdamente i colpevoli delle nostre incapacità, che non nascono certo nell'ultimo mese ... e si rivaluta persino Bersani ....
In questo senso, la vedo molto buia ....
Leonardo Mazzei,
La tua ricostruzione è alquanto faziosa e cicchittiana.
Grillo ha usato due frasi inequivocabili:
1)"Il presidente Napolitano ha confermato ieri le nostre posizioni su Parlamento e Governo. In sostanza ha affermato che un governo (mai sfiduciato…) è in carica, sebbene limitato agli affari correnti, e sta operando in collaborazione con il Parlamento".
2)"Al momento è la miglior soluzione possibile”
Entrambe le frasi, ribadisco inequivocabili, significano politicamente il sostegno di Grillo al governo Monti. Punto.
Ecco chi avete votato.
Per l'esattezza Grillo ha scritto il 1 aprile:
«In questa fase, infatti, per poter emettere un decreto di urgenza fuori dagli affari ordinari, il Governo deve chiedere l'autorizzazione al Parlamento. Al momento è la miglior soluzione possibile in un Paese che ha visto una serie di Governi che hanno imposto le loro politiche a Parlamenti svuotati di ogni autorità e significato, anche grazie al Porcellum che ha trasformato i parlamentari in "nominati", in yes men. E' necessario ridare al Parlamento la sua centralità».
Grillo non vuole andare ad elezioni anticipate a giugno. Questo è il succo.
SI può disquisire se sia giusta o sbagliata questa posizione tattica. Ma dire che essa si traduce in un appoggio al governo Monti ce ne corre.
"Bersani non è meglio di MOnti, è semplicemente uguale a Monti, di cui ha sostenuto la politica da monofalciatrice dell'economia". (B. Grillo, 2 aprile)
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