8 aprile. In un'intervista Vendola
afferma tre cose: che la
confluenza nel Pd, chiamata presuntuosamente «rimescolamento», si può
fare purché non sia una «fusione a freddo»; che il sostegno di Sel a
Bersani resta superiore a quello che il segretario del Pd trova nel suo
partito; che comunque anche Renzi va benissimo, che anzi è addirittura un «valore aggiunto del centrosinistra».
Le (ef)fusioni a caldo di Nichi, il bersaniano che non disdegna il Renzi
di Emmezeta
L'avevamo scritto in tempi non sospetti, che con la sottoscrizione della «Carta dei principi» della coalizione bersaniana, Sel si era ormai acconciata al ruolo di corrente interna del Pd. Ed ora che gli elettori sono stati anche più impietosi del previsto, con il modesto 3,2% di febbraio, Vendola non può far altro che tirare le somme verso un approdo già abbastanza chiaro fin dal 2008.
Lo fa con un'intervista all'Huffington Post che non lascia spazio a dubbi. In essa egli afferma tre cose: che la confluenza nel Pd, chiamata presuntuosamente «rimescolamento», si può fare purché non sia una «fusione a freddo»; che il sostegno di Sel a Bersani resta superiore a quello che il segretario del Pd trova nel suo partito; che comunque anche Renzi va benissimo, che anzi è addirittura un «valore aggiunto del centrosinistra».
Al contrario di quel che può pensare un Claudio Grassi - ancora all'illusoria ricerca di un'unione con Vendola, in nome di una specie di confederazione dei sinistrati uniti più che altro dall'essere stati messi alla porta dal Pd - il ragionamento del governatore pugliese ha una sua logica. Sel non è mai stata un partito, il suo leader ha misurato alle primarie il suo peso reale, ed ora non ha molte alternative al definitivo traghettamento nel Pd.
Il motivo di questa accelerazione è infatti piuttosto evidente: gli interessi della ditta. Abbiamo detto che Sel non è un partito, ma come ditta esiste eccome. E, grazie al Porcellum, lo scarso fatturato in termini di voti ha però prodotto utili assai elevati in termini di seggi. Come difendere questo piccolo patrimonio nelle acque tempestose della politica italiana? Innanzitutto - è qui che quelli come Grassi toppano alla grande - si tratta proprio di evitare di farsi mettere alla porta dal Pd, neppure nell'eventualità, tutt'altro che remota, di una leadership conquistata da Renzi.
Ecco allora che il disonesto incantatore di serpenti anticipa astutamente la mossa. Altro che farsi ricacciare nell'inferno dell'opposizione! Meglio, molto meglio, entrare per tempo nel Pd. Così nessuno, neppure il cattura-gonzi fiorentino, potrà metterli alla porta. Ma, siccome è sempre bene esser prudenti, ecco l'incredibile apertura di credito: «Considero Renzi un valore aggiunto del centrosinistra».
Così, papale papale, senza nessun accenno alle posizioni ultraliberiste del personaggio, non a caso assai più amato dai finanzieri delle Cayman che dai cittadini di Firenze. Formalmente Vendola non molla per il momento Bersani. Anzi, esagerando come suo costume, così conclude l'intervista: «Dopo l’elezione del presidente della Repubblica, abbiamo una straordinaria carta per ridare speranza e prospettiva: si chiama Pier Luigi Bersani».
Certo, con una «carta straordinaria» come Bersani, ed un «valore aggiunto» come Renzi in panchina, nessuna squadra tremerebbe... Possibile che certi tromboni, sempre ignari del senso del ridicolo, non si rendano mai conto delle castronerie che vanno dicendo? Oltretutto i due non si amano troppo, al punto che (magari esagerando) perfino qualche giornale amico arriva oggi ad evocare la scissione.
Ma per Vendola non ci sono problemi. O con l'uno o con l'altro la confluenza s'ha da fare. Confluenza? Non sia mai detto: fusione suona meglio, anche se uno ha il 25% e l'altro il 3%. Ma che non sia una «fusione fredda». La fusione ha da essere calda: sai che piacere il caldo abbraccio con i capi del partito che ha appoggiato Monti, rassicurato la Merkel, votato il Fiscal Compact, giurato sull'euro...
D'altronde, sull'asservimento di Vendola alle oligarchie euriste c'è ben poco da aggiungere a quanto da lui sottoscritto nel programma del centrosinistra: «La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l'Europa». Ora, la maggioranza non l'hanno presa, ma la bussola è sempre la stessa.
Chi ci segue sa qual è la nostra considerazione di Vendola. Ora i fatti si sono incaricati di fare definitivamente giustizia di questo funambolico turlupinatore di anime semplici. Con la non piccola soddisfazione di vedere però il numero dei turlupinati in calo deciso e costante.
Le (ef)fusioni a caldo di Nichi, il bersaniano che non disdegna il Renzi
di Emmezeta
L'avevamo scritto in tempi non sospetti, che con la sottoscrizione della «Carta dei principi» della coalizione bersaniana, Sel si era ormai acconciata al ruolo di corrente interna del Pd. Ed ora che gli elettori sono stati anche più impietosi del previsto, con il modesto 3,2% di febbraio, Vendola non può far altro che tirare le somme verso un approdo già abbastanza chiaro fin dal 2008.
Lo fa con un'intervista all'Huffington Post che non lascia spazio a dubbi. In essa egli afferma tre cose: che la confluenza nel Pd, chiamata presuntuosamente «rimescolamento», si può fare purché non sia una «fusione a freddo»; che il sostegno di Sel a Bersani resta superiore a quello che il segretario del Pd trova nel suo partito; che comunque anche Renzi va benissimo, che anzi è addirittura un «valore aggiunto del centrosinistra».
Al contrario di quel che può pensare un Claudio Grassi - ancora all'illusoria ricerca di un'unione con Vendola, in nome di una specie di confederazione dei sinistrati uniti più che altro dall'essere stati messi alla porta dal Pd - il ragionamento del governatore pugliese ha una sua logica. Sel non è mai stata un partito, il suo leader ha misurato alle primarie il suo peso reale, ed ora non ha molte alternative al definitivo traghettamento nel Pd.
Il motivo di questa accelerazione è infatti piuttosto evidente: gli interessi della ditta. Abbiamo detto che Sel non è un partito, ma come ditta esiste eccome. E, grazie al Porcellum, lo scarso fatturato in termini di voti ha però prodotto utili assai elevati in termini di seggi. Come difendere questo piccolo patrimonio nelle acque tempestose della politica italiana? Innanzitutto - è qui che quelli come Grassi toppano alla grande - si tratta proprio di evitare di farsi mettere alla porta dal Pd, neppure nell'eventualità, tutt'altro che remota, di una leadership conquistata da Renzi.
Ecco allora che il disonesto incantatore di serpenti anticipa astutamente la mossa. Altro che farsi ricacciare nell'inferno dell'opposizione! Meglio, molto meglio, entrare per tempo nel Pd. Così nessuno, neppure il cattura-gonzi fiorentino, potrà metterli alla porta. Ma, siccome è sempre bene esser prudenti, ecco l'incredibile apertura di credito: «Considero Renzi un valore aggiunto del centrosinistra».
Così, papale papale, senza nessun accenno alle posizioni ultraliberiste del personaggio, non a caso assai più amato dai finanzieri delle Cayman che dai cittadini di Firenze. Formalmente Vendola non molla per il momento Bersani. Anzi, esagerando come suo costume, così conclude l'intervista: «Dopo l’elezione del presidente della Repubblica, abbiamo una straordinaria carta per ridare speranza e prospettiva: si chiama Pier Luigi Bersani».
Certo, con una «carta straordinaria» come Bersani, ed un «valore aggiunto» come Renzi in panchina, nessuna squadra tremerebbe... Possibile che certi tromboni, sempre ignari del senso del ridicolo, non si rendano mai conto delle castronerie che vanno dicendo? Oltretutto i due non si amano troppo, al punto che (magari esagerando) perfino qualche giornale amico arriva oggi ad evocare la scissione.
Ma per Vendola non ci sono problemi. O con l'uno o con l'altro la confluenza s'ha da fare. Confluenza? Non sia mai detto: fusione suona meglio, anche se uno ha il 25% e l'altro il 3%. Ma che non sia una «fusione fredda». La fusione ha da essere calda: sai che piacere il caldo abbraccio con i capi del partito che ha appoggiato Monti, rassicurato la Merkel, votato il Fiscal Compact, giurato sull'euro...
D'altronde, sull'asservimento di Vendola alle oligarchie euriste c'è ben poco da aggiungere a quanto da lui sottoscritto nel programma del centrosinistra: «La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l'Europa». Ora, la maggioranza non l'hanno presa, ma la bussola è sempre la stessa.
Chi ci segue sa qual è la nostra considerazione di Vendola. Ora i fatti si sono incaricati di fare definitivamente giustizia di questo funambolico turlupinatore di anime semplici. Con la non piccola soddisfazione di vedere però il numero dei turlupinati in calo deciso e costante.
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