[ 9 dicembre ]
Il quotidiano LA STAMPA, tra i diversi organi di regime, è quello che picchia più duro contro il Movimento 5 Stelle — le spocchiose élite torinesi non hanno ancora digerito l'espugnazione della loro roccaforte.
Un siluro è sparato anche nell'edizione del 6 dicembre, sia cartacea che elettronica. Il titolo è roboante: "Così Grillo spinge i 5 Stelle a destra". Citando presunte gole profonde si insinua che Beppe Grillo starebbe pensando ad un governo M5S-Lega-Forza Italia (embé?). In verità tutto dipana una deduzione: Grillo avrebbe scoperto che i nuovi poveri prodotti dalla crisi votano per le destre, vedi Brexit e Trump; dunque giusto allearsi con le destre. Al netto della fuffa scandalistica, siamo alle prese con la solita litania anti-populista. Tuttavia LA STAMPA è andata giù più pesante.
Prendendo spunto dal comizio conclusivo della campagna referendaria svolto da Beppe Grillo a Torino la sera del 2 dicembre, su LA STAMPA del 4 dicembre [Beppe Grillo e la mistica della sconfitta], tal Massimiliano Panarari, snocciola erudite quanto capziose considerazioni teoriche per poi sferrare il fendente: grillismo come rossobrunismo.
Il pretesto dal quale Panarari prende le mosse è che Beppe Grillo a Torino, dando per scontata la vittoria del Sì al referendum, ha tra le altre cose affermato: "dobbiamo abituarci a essere perdenti contro il mondo". Da questa frasetta —che, detto en passant dimostra quanto anche Grillo fosse andato anch'egli nel panico, cadendo vittima degli incantesimi renziani, quindi quanto fosse lontano dal comune sentire popolare—Panarari deduce che nel Movimento 5 Stelle c'è:
Non sappiamo se Grillo abbia letto questo giudizio ontologico, se lo ha fatto di sicuro avrà risposto con una fragorosa pernacchia, più precisamente con il consueto belin, vaffanculo!
Ma ammettiamo pure che le cose stiano come sostiene Panarari: dove starebbe, entro il contesto concettuale da lui artatamente tracciato, la parte di codice genetico ascrivibile ad una sinistra radicale? Prendendo per buoni il suo metodo analitico, i segni distintivi che ascrive al M5S, si dovrebbe concludere che quest'ultimo sarebbe la reincarnazione postmoderna pura e semplice di certo fascismo mistico ed esoterico. Il rosso infatti è semplicemente assente, oltre l'aria fritta resta solo un nero profondo. Panarari parrebbe in perfetta sintonia con le farneticazioni di certe sette comuniste per cui il grillismo è solo una riedizione del fascismo —vedi: PCL: Movimento 5 Stelle e fascismo.
Il fatto che vorrei segnalare non è tanto che questa descrizione del complesso fenomeno del "grillismo" è fasulla, miserabile. Ciò che vorrei rimarcare è che con il ricorso al topos del rossobrunismo siamo in presenza di un vero e proprio salto di qualità nella maniera con cui le élite sistemiche rappresentano i loro avversari.
Fino ad oggi queste élite "politicamente corrette" hanno lanciato, contro tutti i nuovi movimenti antioligarchici, l'anatema del "populismo." Dimostratisi inefficaci la scomunica ed i relativi esorcismi, i pennivendoli borghesi rincarano la dose, radicalizzano l'accusa: dal "populismo" siamo già passati al "rossobrunismo". Potremmo dirla in questo modo: dalla satanizzazione del nemico alla sua hitlerizzazione.
Il salto è evidente, non fosse per il bersaglio grosso (Beppe Grillo ed il suo movimento) contro cui l'accusa di rossobrunismo è lanciata. Fino a ieri, infatti, essa è stata utilizzata come un marchio d'infamia con cui le élite bollavano alcuni gruppi, sia della sinistra antimperialista che della destra nazionalista che in comune nulla avevano se non considerare l'Impero americano come nemico principale. Eri contro l'ideologia americanista? Difendevi la resistenza dei popoli e delle diverse civiltà contro l'occidentalizzazione? Tanto bastava per beccarti l'accusa di essere rossobruno.
Qui non si tratta soltanto che un cattedratico, al netto dell'ostentata erudizione, si palesa come un falsario, un professionista dell'intossicazione politica. Qui siamo davanti all'avvisaglia di quello che sarà lo spartito che suonerà l'orchestra di regime d'ora in avanti. Segno del panico che serpeggia tra le élite, del timore di essere spazzate via. Più questo momento si avvicina più essi daranno fondo a tutto il repertorio di scomuniche, di ingiurie e calunnie —senza escludere che le armi della critica possano precedere la critica delle armi.
Ma cos'è, al di là delle piroette speculative di Panarari, il rossobrunismo? Il Nostro non lo spiega, stabilendo una sbrigativa equipollenza col fascismo. Non è così.
Tagliando con l'accetta si potrebbe dire che esso è il segno distintivo di quelle correnti ideologiche che teorizzano l'alleanza, il fronte comune, tra i comunisti e una peculiare destra nazionalista contro il comune nemico del capitalismo globale finanziarizzato che vede negli USA il gendarme supremo. Su quali principi, secondo i rossobruni, questa alleanza dovrebbe costituirsi? Sul trinomio: anticapitalismo, nazionalismo e socialismo. Alleanza dove la corrente rossobruna si porrebbe come la cerniera politica tra i due poli del fronte immaginario—nulla a che vedere, quindi, con il fascismo mistico ed esoterico di cui parla a vanvera il Panarari.
Il discorso sulla genesi storica del "rossobrunismo" si farebbe lungo, e questa non è la sede per ricostruirla nei dettagli. Ma qualche riga va spesa e la metto in nota. [1]
Qui basti dire, per stare alla cronaca recente, che i rossobrunismo, oltre ad essere una insidiosa volgarizzazione politica, si è rivelato uno spauracchio costruito ad arte da ben identificati settori dell'intellighentia italiana (in combutta con l'intelligence nostrana), ripresi quindi dalla stampa di regime, anzitutto per isolare quei movimenti rivoluzionari di sinistra che essi ritenevano pericolosi.
Non c'è stata traccia in nessun paese d'Europa, tantomeno in Italia, di un'alleanza tra formazioni comuniste e neofasciste. Per la precisione: non c'è mai stata nemmeno alcuna convergenza, per quanto tattica, tra gruppi della sinistra comunista e antimperialista ed i rossobruni (nazional-comunisti, eurasisti, ecc). Il fatto è che lo spaventapasseri del rossobrunismo, prima è stato agitato dalle grandi testate giornalistiche neoliberiste, poi è stato raccolto dalla gran parte dei passeri di sinistra, quelli "antagonisti" compresi, per colpire e isolare, non senza bassezza morale, la sinistra antimperialista.
Questo sodalizio tra élite neoliberiste e sinistra "antagonista" è carsico, scompare e riappare, a seconda del contesto politico. Oggi, ad esempio, l'etichetta rossobruna viene appiccicata indistintamente a tutti coloro che hanno condannato le cosiddette "rivoluzioni colorate", a quelli che sostengono la legittima rivolta nel Donbass contro il regime Kiev —il caso della scomunica di certa sinistra "antagonista" verso la Banda Bassotti ha addirittura dello scandaloso.
Rossobruni sono quindi bollati tutti coloro che oltre ad essere contro la NATO sostengono le ragioni della Russia e Putin. E' vero che la maggior parte dei gruppi neofascisti europei, come pure di certe destre nazionaliste, si dichiara filorussa e anti-islamica (vedi l'inchiesta che abbiamo pubblicato). Ed è vero che sono molti i gruppi di sinistra schierati sullo stesso fronte. Ma non solo non c'è alcuna alleanza trasversale tra essi; i gruppuscoli rossobruni sono del tutto insignificanti. Sarà utile segnalare che il solo paese dove i rossobruni o nazional-bolscevichi hanno una effettiva consistenza è la Russia ma, guarda caso, essendo ferocemente antiputiniani, sono stati messi fuorilegge. Parliamo tra l'altro della corrente di Eduard Limonov, che prima di riavvicinarsi al governo di Mosca ha passato molti anni nelle carceri di Putin.
Ciò che dimostra non solo quanto aleatoria sia la categoria del rossobrunismo; dimostra come essa sia solo un'arma ideologica delle élite dominanti per hitlerizzare certi suoi nemici.
Alle vittime della paranoia rossobruna vale la pena ricordare quando lo spauracchio del rossobrunismo venne per la prima volta utilizzato. Si era alla metà degli anni '90, mentre infuriava la guerra civile in Iugoslavia, quella carneficina che si concluderà nel marzo del 1999 con l'aggressione della NATO — e col pieno coinvolgimento del governo D'Alema. Il campo del neofascismo era diviso: alcuni sostenevano, assieme alla NATO e al Vaticano, il secessionismo croato e bosniaco, altri la Serbia di Milosevic. La stessa divisione attraversava la sinistra. La stampa ed i media di regime (ovvero filo-NATO), non si limitarono ad una vergognosa campagna di sputtanamento della causa Iugoslava, quindi di Milosevic. Si doveva calunniare chiunque in Italia avesse simpatie per quella causa, chiunque denunciava lo squartamento della Iugoslavia e rifiutava come ipocrita la martellante campagna sui "diritti umani" con cui l'Occidente camuffava le sue spinte guerrafondaie ed espansionistiche. Ecco quindi che fece capolino il teorema rossobruno: chi stava dalla parte dei serbi e col socialista Milosevic, era bollato come sostenitore della "pulizia etnica" dei cetnici di Arkan, Sesely e Karadzic, qualificati come "il male assoluto".
Ma la quesione è: ci fu allora un'alleanza tra neofascisti filo-serbi e comunisti-filo-iugoslavi. No, non ci fu.
Né ci fu quando in Italia la campagna contro il presunto rossobrunismo toccò il suo apice, negli anni 2003-2005, dopo l'invasione anglo-americana dell'Iraq e la eroica resistenza irachena. La campagna di hitlerizzazione non colpì solo i partigiani iracheni, fossero nazionalisti saddamiti o islamisti takfiri—descritti come "tagliagole", "mostri", "belve feroci", quindi equiparati ai nazisti—; prese di mira chiunque in Italia sostenesse come sacrosante le ragioni della RESISTENZA IRACHENA. Il bersaglio fu quindi il Campo Antimperialista, che senza dubbio fu il movimento che con più efficacia, proprio nel cuore dell'Occidente, difese quella Resistenza.
Si potrebbe scrivere un intero libro sulla campagna di calunnie contro il Campo Antimperialista —voluminosa quante altre mai solo la rassegna stampa di quella valanga di calunnie che che preparò gli arresti di mezzo gruppo dirigente nell'aprile 2004.
Basti dire che dal settembre 2003 (contestualmente al campo estivo di Assisi che oltre a lanciare la campagna "Dieci euro per la Resistenza irachena" promosse la manifestazione nazionale del 13 dicembre successivo), e per due anni consecutivi, il Campo Antimperialista fu la principale vittima di una martellante campagna di hitlerizzazione, ed il topos fu appunto quello del rossobrunismo. L'insinuazione, la scandalosa imputazione, fu che il Campo era il crocevia, il luogo del connubio politico di comunisti rivoluzionari e fascisti. Anzi, per la precisione, il rossobrunismo venne declinato come "alleanza nazi-islamo-comunista".
Era vero? No, era completamente falso!
Fu il sicofante Magdi Allam, con un editoriale del settembre 2003, a coniare questo brand, questo marchio d'infamia. Venne poi raccolto da tutti i media, carta stampata, Tv, radio e ovviamente web —proprio tutti, compresi quelli di sinistra. La campagna di intossicazione, tesa a liquidare il movimento di appoggio alla resistenza irachena, fu sistematica, scientifica, devastante. Che ci fosse dietro la centrale di disinformazione strategica dell'intelligence italiana (ufficio ubicato in via Nazionale in Roma) di Pollari e Pio Pompa lo dimostreranno i fatti, tra cui clamorosi processi e inchieste. Il giornalista al loro servizio e che allora guidava la crociata mediatica contro gli antimperialisti qualificandoli come rossobruni era Renato Farina, poi smascherato come agente dei servizi segreti "Betulla".
In conclusione provo a ricapitolare:
(1) Il nazional-bolscevismo o nazional-comunismo (volgarmente rossobrunismo) è sempre stata una corrente politica marginale e irrilevante, anche in Germania, dove nacque. Oggi sopravvive solo in Russia, con addentellati in Donbass e nelle aree russofone di paesi come Ucraina, Lituania, Estonia, Lettonia, Bielorussia, ecc.
(2) Ma proprio il peculiare caso russo, mostra che la costellazione nazional-comunista è divisa, anzi spaccata: tra chi sta con Putin e chi contro. La comune rivendicazione della tradizione nazionalista cristiano-ortodossa (il mito della "terza Roma") e grande-russa, sia zarista che staliniana, non è sufficiente a tenere uniti i nazional-comunisti.
(3) Se riemergerà in Occidente il nazional-comunismo potrebbe essere nella forma del mito eurasista o eurasiatico, che postula un impero dall'Atlantico a Vladivostok sotto egemonia russa.
(4) Non ha mai visto luce, in nessun paese occidentale, quanto auspicato dalle sette nazional-comuniste, cioè una alleanza tra forze della sinistra comunista e gruppi fascisti. Non accadde nemmeno nella Germania di Weimar, a dispetto di certi pennivendoli e storici liberali da strapazzo: è vero che il KPD considerava (grave errore) la socialdemocrazia socialfascista, quindi nemico principale, ma non ci fu mai alcun fronte coi nazisti. Centinaia furono anzi i militanti comunisti morti per avere contrastato l'ascesa del nazismo.
(5) Per quanto sia evidente che coloro che utilizzano la pecetta del rossobrunismo siano dei somari che non sanno di cosa parlano, va sempre ricordato che essa è stata usata come un marchio d'infamia per isolare e poi punire la sinistra antimperialista che ha difeso con coerenza le resistenze nazionali contro le aggressioni NATO e americane. Marchio del tutto simile a quello di "antisemitismo" usato dal potere contro chiunque condanni il sionismo.
(6) L'articolo del signor Panarari conferma che i poteri globalisti dispongono di una simbolica quanto tossica tassonomia per bollare con marchio d'infamia i loro nemici.
Ecco la loro classificazione demonologica:
- sostieni le resistenze antimperialiste? Sei un potenziale terrorista!
- denunci il carattere sionista e razzista dello stato israeliano? Sei antisemita!
- sei contro le élite dominanti: sei populista!
- sei contro l'Unione europea per la sovranità popolare e nazionale: sei un rossobruno!
(7) Più si avvicina il momento della fine dell'Unione europea più le élite dominanti intensificheranno la loro campagna di avvelenamento ideologico. Per rendere più efficace la mostrizzazione dei nemici Lorsignori metteranno l'elmetto a tutta la mandria di trombettieri (già attivi o in sonno) preferibilmente con immacolato pedigree di sinistra. E sempre a sinistra Lorsignori attingeranno per arruolare come fanteria ascara i tanti cretini che vi albergano.
NOTE
[1] Questa minoritaria corrente di pensiero, volgarmente bollata come "rossobruna", nacque nella Germania di Weimar, non divenne mai un movimento di massa e si divise in diversi gruppi. Venne alla storia, nei primi anni venti sotto il nome di "nazional-bolscevismo" o "nazional-comunismo". Distingueva quel manipolo dei nazional-bolscevichi la tesi che la Germania, per liberarsi dalla catene di Versailles, si sarebbe dovuta alleare con la Russia bolscevica. Di qui la proposta di un'alleanza tra i comunisti tedeschi e le frange anticapitaliste del nazionalismo germanico —da segnalare che ai primi anni venti il nazismo era solo in gestazione. Vale la pena segnalare chi furono i fondatori di quella corrente. Paul Eltzbacher era il solo che venisse dalla destra nazionalista. Gli altri esponenti di spicco, Heinrich Laufenberg e Friedrich Wolffheim erano militanti del Partito Operaio Comunista tedesco (KAPD). Obbligatorio infine ricordare che la maggior parte di questi nazional-bolscevichi, all'avvento del nazismo, passarono tutti alla resistenza e quelli che sopravviveranno alle persecuzioni hitleriane diventeranno tutti cittadini della DDR (Germania orientale).
La personalità più conosciuta del nazional-bolscevismo tedesco è Ernst Niekisch (1889-1967). Insegnante social-democratico (1919-1922), espulso dall'SPD nel 1926 a causa del suo nazionalismo. Prima entrerà in rapporto con un piccolo partito socialista della Sassonia che si convertirà alle sue idee, successivamente animerà la rivista Widerstand (Resistenza) che avrà una certa influenza sulla gioventù di prima del 1933. Il movimento di Niekisch raggruppava persone provenienti tanto dalla sinistra che dalla destra nazionalista. Dopo il 1933, egli si oppose al nazismo e sarà deportato in un campo di concentramento (1937-1945). Dopo il 1945, andò ad insegnare nella DDR. Nel 1953, passerà all'Ovest. Solo uno di questi gruppi nazional-bolscevichi sostenne il nazismo, il Fichte Bund di Kessemaier, con cui non a caso collaborava il belga Jean Thiriart —lo stesso Thiriart che darà vita dopo la seconda guerra al movimento nazional-comunista col nome di Giovane Europa (rete di cui faceva parte in Italia, negli anni '60, il famigerato gruppo bollato come "nazi-maoista" Lotta di Popolo).
I tentativi di Thiriart di dare vita ad un movimento strutturato, antiamericano e filo russo —una variante radicale del cosiddetto eurasismo o euroasiatismo— falliranno tutti miseramente.
Il quotidiano LA STAMPA, tra i diversi organi di regime, è quello che picchia più duro contro il Movimento 5 Stelle — le spocchiose élite torinesi non hanno ancora digerito l'espugnazione della loro roccaforte.
Un siluro è sparato anche nell'edizione del 6 dicembre, sia cartacea che elettronica. Il titolo è roboante: "Così Grillo spinge i 5 Stelle a destra". Citando presunte gole profonde si insinua che Beppe Grillo starebbe pensando ad un governo M5S-Lega-Forza Italia (embé?). In verità tutto dipana una deduzione: Grillo avrebbe scoperto che i nuovi poveri prodotti dalla crisi votano per le destre, vedi Brexit e Trump; dunque giusto allearsi con le destre. Al netto della fuffa scandalistica, siamo alle prese con la solita litania anti-populista. Tuttavia LA STAMPA è andata giù più pesante.
Prendendo spunto dal comizio conclusivo della campagna referendaria svolto da Beppe Grillo a Torino la sera del 2 dicembre, su LA STAMPA del 4 dicembre [Beppe Grillo e la mistica della sconfitta], tal Massimiliano Panarari, snocciola erudite quanto capziose considerazioni teoriche per poi sferrare il fendente: grillismo come rossobrunismo.
Il pretesto dal quale Panarari prende le mosse è che Beppe Grillo a Torino, dando per scontata la vittoria del Sì al referendum, ha tra le altre cose affermato: "dobbiamo abituarci a essere perdenti contro il mondo". Da questa frasetta —che, detto en passant dimostra quanto anche Grillo fosse andato anch'egli nel panico, cadendo vittima degli incantesimi renziani, quindi quanto fosse lontano dal comune sentire popolare—Panarari deduce che nel Movimento 5 Stelle c'è:
«... l'epica evocazione della sconfitta. La mistica della battaglia perduta affonda le proprie radici in una vasta tradizione politica antidemocratica, ed è una tipica issue simbolica di confine tra il radicalismo di destra e un certo radicalismo di sinistra, che da qualche tempo si vedono miscelati nel fenomeno del "rossobrunismo". Si pensi alla ricerca della "bella morte" dei repubblichini di Salò, all'esaltazione del suicidio rituale di una certa cultura di destra giapponese (che aveva tra i suoi portabandiera lo scrittore Yukio Mishima), ma anche alla mitologia nazionalista di Slobodan Milosevic».Il Panarari —prima di concludere con un patetico inno alla "base illuministica, empirica e incrementale (sic!) del liberalismo"— è addirittura più preciso, sostiene con sicumera che nel Movimento confluiscono di certo diversi filoni ma quello principale sarebbe
«... l'irrazionalismo delle destre radicali novecentesche... lo sconfittismo eroico, l'idea della lotta solitaria e intrepida (intrisa di superomismo) contro nemici potentissimi e soverchianti (tra cui i famigerati, e non ben precisati "poteri forti" e la finanza); il sovranismo; e l'avversione per la tecnica... un apocalittismo proprio della destra reazionaria».Troppa grazia Sant'Antonio, verrebbe da dire.
Non sappiamo se Grillo abbia letto questo giudizio ontologico, se lo ha fatto di sicuro avrà risposto con una fragorosa pernacchia, più precisamente con il consueto belin, vaffanculo!
infami vignette sinistrate... |
Ma ammettiamo pure che le cose stiano come sostiene Panarari: dove starebbe, entro il contesto concettuale da lui artatamente tracciato, la parte di codice genetico ascrivibile ad una sinistra radicale? Prendendo per buoni il suo metodo analitico, i segni distintivi che ascrive al M5S, si dovrebbe concludere che quest'ultimo sarebbe la reincarnazione postmoderna pura e semplice di certo fascismo mistico ed esoterico. Il rosso infatti è semplicemente assente, oltre l'aria fritta resta solo un nero profondo. Panarari parrebbe in perfetta sintonia con le farneticazioni di certe sette comuniste per cui il grillismo è solo una riedizione del fascismo —vedi: PCL: Movimento 5 Stelle e fascismo.
Il fatto che vorrei segnalare non è tanto che questa descrizione del complesso fenomeno del "grillismo" è fasulla, miserabile. Ciò che vorrei rimarcare è che con il ricorso al topos del rossobrunismo siamo in presenza di un vero e proprio salto di qualità nella maniera con cui le élite sistemiche rappresentano i loro avversari.
Fino ad oggi queste élite "politicamente corrette" hanno lanciato, contro tutti i nuovi movimenti antioligarchici, l'anatema del "populismo." Dimostratisi inefficaci la scomunica ed i relativi esorcismi, i pennivendoli borghesi rincarano la dose, radicalizzano l'accusa: dal "populismo" siamo già passati al "rossobrunismo". Potremmo dirla in questo modo: dalla satanizzazione del nemico alla sua hitlerizzazione.
Il salto è evidente, non fosse per il bersaglio grosso (Beppe Grillo ed il suo movimento) contro cui l'accusa di rossobrunismo è lanciata. Fino a ieri, infatti, essa è stata utilizzata come un marchio d'infamia con cui le élite bollavano alcuni gruppi, sia della sinistra antimperialista che della destra nazionalista che in comune nulla avevano se non considerare l'Impero americano come nemico principale. Eri contro l'ideologia americanista? Difendevi la resistenza dei popoli e delle diverse civiltà contro l'occidentalizzazione? Tanto bastava per beccarti l'accusa di essere rossobruno.
Qui non si tratta soltanto che un cattedratico, al netto dell'ostentata erudizione, si palesa come un falsario, un professionista dell'intossicazione politica. Qui siamo davanti all'avvisaglia di quello che sarà lo spartito che suonerà l'orchestra di regime d'ora in avanti. Segno del panico che serpeggia tra le élite, del timore di essere spazzate via. Più questo momento si avvicina più essi daranno fondo a tutto il repertorio di scomuniche, di ingiurie e calunnie —senza escludere che le armi della critica possano precedere la critica delle armi.
Ma cos'è, al di là delle piroette speculative di Panarari, il rossobrunismo? Il Nostro non lo spiega, stabilendo una sbrigativa equipollenza col fascismo. Non è così.
Tagliando con l'accetta si potrebbe dire che esso è il segno distintivo di quelle correnti ideologiche che teorizzano l'alleanza, il fronte comune, tra i comunisti e una peculiare destra nazionalista contro il comune nemico del capitalismo globale finanziarizzato che vede negli USA il gendarme supremo. Su quali principi, secondo i rossobruni, questa alleanza dovrebbe costituirsi? Sul trinomio: anticapitalismo, nazionalismo e socialismo. Alleanza dove la corrente rossobruna si porrebbe come la cerniera politica tra i due poli del fronte immaginario—nulla a che vedere, quindi, con il fascismo mistico ed esoterico di cui parla a vanvera il Panarari.
Il discorso sulla genesi storica del "rossobrunismo" si farebbe lungo, e questa non è la sede per ricostruirla nei dettagli. Ma qualche riga va spesa e la metto in nota. [1]
nazional-bolscevichi russi |
Qui basti dire, per stare alla cronaca recente, che i rossobrunismo, oltre ad essere una insidiosa volgarizzazione politica, si è rivelato uno spauracchio costruito ad arte da ben identificati settori dell'intellighentia italiana (in combutta con l'intelligence nostrana), ripresi quindi dalla stampa di regime, anzitutto per isolare quei movimenti rivoluzionari di sinistra che essi ritenevano pericolosi.
Non c'è stata traccia in nessun paese d'Europa, tantomeno in Italia, di un'alleanza tra formazioni comuniste e neofasciste. Per la precisione: non c'è mai stata nemmeno alcuna convergenza, per quanto tattica, tra gruppi della sinistra comunista e antimperialista ed i rossobruni (nazional-comunisti, eurasisti, ecc). Il fatto è che lo spaventapasseri del rossobrunismo, prima è stato agitato dalle grandi testate giornalistiche neoliberiste, poi è stato raccolto dalla gran parte dei passeri di sinistra, quelli "antagonisti" compresi, per colpire e isolare, non senza bassezza morale, la sinistra antimperialista.
Questo sodalizio tra élite neoliberiste e sinistra "antagonista" è carsico, scompare e riappare, a seconda del contesto politico. Oggi, ad esempio, l'etichetta rossobruna viene appiccicata indistintamente a tutti coloro che hanno condannato le cosiddette "rivoluzioni colorate", a quelli che sostengono la legittima rivolta nel Donbass contro il regime Kiev —il caso della scomunica di certa sinistra "antagonista" verso la Banda Bassotti ha addirittura dello scandaloso.
Rossobruni sono quindi bollati tutti coloro che oltre ad essere contro la NATO sostengono le ragioni della Russia e Putin. E' vero che la maggior parte dei gruppi neofascisti europei, come pure di certe destre nazionaliste, si dichiara filorussa e anti-islamica (vedi l'inchiesta che abbiamo pubblicato). Ed è vero che sono molti i gruppi di sinistra schierati sullo stesso fronte. Ma non solo non c'è alcuna alleanza trasversale tra essi; i gruppuscoli rossobruni sono del tutto insignificanti. Sarà utile segnalare che il solo paese dove i rossobruni o nazional-bolscevichi hanno una effettiva consistenza è la Russia ma, guarda caso, essendo ferocemente antiputiniani, sono stati messi fuorilegge. Parliamo tra l'altro della corrente di Eduard Limonov, che prima di riavvicinarsi al governo di Mosca ha passato molti anni nelle carceri di Putin.
Ciò che dimostra non solo quanto aleatoria sia la categoria del rossobrunismo; dimostra come essa sia solo un'arma ideologica delle élite dominanti per hitlerizzare certi suoi nemici.
Eduard Limonov |
Alle vittime della paranoia rossobruna vale la pena ricordare quando lo spauracchio del rossobrunismo venne per la prima volta utilizzato. Si era alla metà degli anni '90, mentre infuriava la guerra civile in Iugoslavia, quella carneficina che si concluderà nel marzo del 1999 con l'aggressione della NATO — e col pieno coinvolgimento del governo D'Alema. Il campo del neofascismo era diviso: alcuni sostenevano, assieme alla NATO e al Vaticano, il secessionismo croato e bosniaco, altri la Serbia di Milosevic. La stessa divisione attraversava la sinistra. La stampa ed i media di regime (ovvero filo-NATO), non si limitarono ad una vergognosa campagna di sputtanamento della causa Iugoslava, quindi di Milosevic. Si doveva calunniare chiunque in Italia avesse simpatie per quella causa, chiunque denunciava lo squartamento della Iugoslavia e rifiutava come ipocrita la martellante campagna sui "diritti umani" con cui l'Occidente camuffava le sue spinte guerrafondaie ed espansionistiche. Ecco quindi che fece capolino il teorema rossobruno: chi stava dalla parte dei serbi e col socialista Milosevic, era bollato come sostenitore della "pulizia etnica" dei cetnici di Arkan, Sesely e Karadzic, qualificati come "il male assoluto".
Ma la quesione è: ci fu allora un'alleanza tra neofascisti filo-serbi e comunisti-filo-iugoslavi. No, non ci fu.
Né ci fu quando in Italia la campagna contro il presunto rossobrunismo toccò il suo apice, negli anni 2003-2005, dopo l'invasione anglo-americana dell'Iraq e la eroica resistenza irachena. La campagna di hitlerizzazione non colpì solo i partigiani iracheni, fossero nazionalisti saddamiti o islamisti takfiri—descritti come "tagliagole", "mostri", "belve feroci", quindi equiparati ai nazisti—; prese di mira chiunque in Italia sostenesse come sacrosante le ragioni della RESISTENZA IRACHENA. Il bersaglio fu quindi il Campo Antimperialista, che senza dubbio fu il movimento che con più efficacia, proprio nel cuore dell'Occidente, difese quella Resistenza.
Si potrebbe scrivere un intero libro sulla campagna di calunnie contro il Campo Antimperialista —voluminosa quante altre mai solo la rassegna stampa di quella valanga di calunnie che che preparò gli arresti di mezzo gruppo dirigente nell'aprile 2004.
Basti dire che dal settembre 2003 (contestualmente al campo estivo di Assisi che oltre a lanciare la campagna "Dieci euro per la Resistenza irachena" promosse la manifestazione nazionale del 13 dicembre successivo), e per due anni consecutivi, il Campo Antimperialista fu la principale vittima di una martellante campagna di hitlerizzazione, ed il topos fu appunto quello del rossobrunismo. L'insinuazione, la scandalosa imputazione, fu che il Campo era il crocevia, il luogo del connubio politico di comunisti rivoluzionari e fascisti. Anzi, per la precisione, il rossobrunismo venne declinato come "alleanza nazi-islamo-comunista".
Assisi, settembre 2003: uno dei forum al Campo Antimperialista |
Era vero? No, era completamente falso!
Fu il sicofante Magdi Allam, con un editoriale del settembre 2003, a coniare questo brand, questo marchio d'infamia. Venne poi raccolto da tutti i media, carta stampata, Tv, radio e ovviamente web —proprio tutti, compresi quelli di sinistra. La campagna di intossicazione, tesa a liquidare il movimento di appoggio alla resistenza irachena, fu sistematica, scientifica, devastante. Che ci fosse dietro la centrale di disinformazione strategica dell'intelligence italiana (ufficio ubicato in via Nazionale in Roma) di Pollari e Pio Pompa lo dimostreranno i fatti, tra cui clamorosi processi e inchieste. Il giornalista al loro servizio e che allora guidava la crociata mediatica contro gli antimperialisti qualificandoli come rossobruni era Renato Farina, poi smascherato come agente dei servizi segreti "Betulla".
In conclusione provo a ricapitolare:
(1) Il nazional-bolscevismo o nazional-comunismo (volgarmente rossobrunismo) è sempre stata una corrente politica marginale e irrilevante, anche in Germania, dove nacque. Oggi sopravvive solo in Russia, con addentellati in Donbass e nelle aree russofone di paesi come Ucraina, Lituania, Estonia, Lettonia, Bielorussia, ecc.
(2) Ma proprio il peculiare caso russo, mostra che la costellazione nazional-comunista è divisa, anzi spaccata: tra chi sta con Putin e chi contro. La comune rivendicazione della tradizione nazionalista cristiano-ortodossa (il mito della "terza Roma") e grande-russa, sia zarista che staliniana, non è sufficiente a tenere uniti i nazional-comunisti.
(3) Se riemergerà in Occidente il nazional-comunismo potrebbe essere nella forma del mito eurasista o eurasiatico, che postula un impero dall'Atlantico a Vladivostok sotto egemonia russa.
(4) Non ha mai visto luce, in nessun paese occidentale, quanto auspicato dalle sette nazional-comuniste, cioè una alleanza tra forze della sinistra comunista e gruppi fascisti. Non accadde nemmeno nella Germania di Weimar, a dispetto di certi pennivendoli e storici liberali da strapazzo: è vero che il KPD considerava (grave errore) la socialdemocrazia socialfascista, quindi nemico principale, ma non ci fu mai alcun fronte coi nazisti. Centinaia furono anzi i militanti comunisti morti per avere contrastato l'ascesa del nazismo.
(5) Per quanto sia evidente che coloro che utilizzano la pecetta del rossobrunismo siano dei somari che non sanno di cosa parlano, va sempre ricordato che essa è stata usata come un marchio d'infamia per isolare e poi punire la sinistra antimperialista che ha difeso con coerenza le resistenze nazionali contro le aggressioni NATO e americane. Marchio del tutto simile a quello di "antisemitismo" usato dal potere contro chiunque condanni il sionismo.
(6) L'articolo del signor Panarari conferma che i poteri globalisti dispongono di una simbolica quanto tossica tassonomia per bollare con marchio d'infamia i loro nemici.
Ecco la loro classificazione demonologica:
- sostieni le resistenze antimperialiste? Sei un potenziale terrorista!
- denunci il carattere sionista e razzista dello stato israeliano? Sei antisemita!
- sei contro le élite dominanti: sei populista!
- sei contro l'Unione europea per la sovranità popolare e nazionale: sei un rossobruno!
(7) Più si avvicina il momento della fine dell'Unione europea più le élite dominanti intensificheranno la loro campagna di avvelenamento ideologico. Per rendere più efficace la mostrizzazione dei nemici Lorsignori metteranno l'elmetto a tutta la mandria di trombettieri (già attivi o in sonno) preferibilmente con immacolato pedigree di sinistra. E sempre a sinistra Lorsignori attingeranno per arruolare come fanteria ascara i tanti cretini che vi albergano.
NOTE
[1] Questa minoritaria corrente di pensiero, volgarmente bollata come "rossobruna", nacque nella Germania di Weimar, non divenne mai un movimento di massa e si divise in diversi gruppi. Venne alla storia, nei primi anni venti sotto il nome di "nazional-bolscevismo" o "nazional-comunismo". Distingueva quel manipolo dei nazional-bolscevichi la tesi che la Germania, per liberarsi dalla catene di Versailles, si sarebbe dovuta alleare con la Russia bolscevica. Di qui la proposta di un'alleanza tra i comunisti tedeschi e le frange anticapitaliste del nazionalismo germanico —da segnalare che ai primi anni venti il nazismo era solo in gestazione. Vale la pena segnalare chi furono i fondatori di quella corrente. Paul Eltzbacher era il solo che venisse dalla destra nazionalista. Gli altri esponenti di spicco, Heinrich Laufenberg e Friedrich Wolffheim erano militanti del Partito Operaio Comunista tedesco (KAPD). Obbligatorio infine ricordare che la maggior parte di questi nazional-bolscevichi, all'avvento del nazismo, passarono tutti alla resistenza e quelli che sopravviveranno alle persecuzioni hitleriane diventeranno tutti cittadini della DDR (Germania orientale).
La personalità più conosciuta del nazional-bolscevismo tedesco è Ernst Niekisch (1889-1967). Insegnante social-democratico (1919-1922), espulso dall'SPD nel 1926 a causa del suo nazionalismo. Prima entrerà in rapporto con un piccolo partito socialista della Sassonia che si convertirà alle sue idee, successivamente animerà la rivista Widerstand (Resistenza) che avrà una certa influenza sulla gioventù di prima del 1933. Il movimento di Niekisch raggruppava persone provenienti tanto dalla sinistra che dalla destra nazionalista. Dopo il 1933, egli si oppose al nazismo e sarà deportato in un campo di concentramento (1937-1945). Dopo il 1945, andò ad insegnare nella DDR. Nel 1953, passerà all'Ovest. Solo uno di questi gruppi nazional-bolscevichi sostenne il nazismo, il Fichte Bund di Kessemaier, con cui non a caso collaborava il belga Jean Thiriart —lo stesso Thiriart che darà vita dopo la seconda guerra al movimento nazional-comunista col nome di Giovane Europa (rete di cui faceva parte in Italia, negli anni '60, il famigerato gruppo bollato come "nazi-maoista" Lotta di Popolo).
I tentativi di Thiriart di dare vita ad un movimento strutturato, antiamericano e filo russo —una variante radicale del cosiddetto eurasismo o euroasiatismo— falliranno tutti miseramente.
16 commenti:
il m5s non ha espugnato nessuna roccaforte.
andate a vedere di chi è figlia la signora sindaca di torino.
In effetti la premessa che le spocchiose élite torinesi non digeriscano la proletaria Appendino non mi suona bene: bocconiana, figlia di industriali, un lavoro alla Juventus e soprattutto un passaggio boldriniano (nel senso di Laura) dalle parti di Vendola.
Come non mi suona bene, cioè "non spocchioso" o anticasta, il "damerino" di Maio, lo "studio Previti" della Raggi, il figlio di Roberto...cazzo, parlo come un grillino!!!
Altro che rossobrunismo se alla fine l'operazione casaleggio si rileverà un "false flag" non vedo colore più nero dell'odio.
Allora dovremo farcene una ragione e come il Colonnello Kurtz cedere alle tenebre nel cuore: orrore...orrore...
francesco
Dove abbiamo qualificato la Appendino come "proletaria"?
Qualunque cosa sia non è della banda piddina.
Cerchiamo poi si stare al tema dell'articolo, se si ha qualcosa da dire in proposito.
L'articolo è impeccabile sul piano storico. Finalmente, mi viene da dire. Se ne sentiva il bisogno.
Ciò detto non approfondisce (è normale, se no era un libro) la sostanza della questione internazionalismo/nazionalismo. Su cui siamo lontanissimi.
E' formalmente vero quello che dice Moreno, i veri rossobruni erano una tendenza tedesca, perseguitata da Hitler, e ora sono vivi solo in Russia (perseguitati da Putin), nel Donbass e in poche aree dell'ex blocco imperialista sovietico.
Questo è formalmente e storicamente vero, e va bene. Ma poi quale è la "ciccia" della questione? La ciccia della questione è che prima della rivoluzione russa c'era un marxismo e un anarchismo (gli anarchici anche oggi grazie a Dio la pensano così) internazionalista, di più antinazionalista: Lenin scrisse che durante una guerra reazionaria il compito del rivoluzionario è IL FALLIMENTO DEL PROPRIO PAESE. Su posizioni pressoché analoghe si trovavano tutti i rivoluzionari del tempo, rossi e neri (nel senso di anarchici): Luxemburg, Goldman, Malatesta, Borghi, Bordiga, Durruti, Galleani, ecc., persino Mussolini fino al tempo della guerra in Libia!
Poi Stalin teorizza che quando i comunisti prendono il potere in un paese la storia dell'uomo come storia di lotta di classe scompare, o meglio si modifica: non c'è più lotta fra i proletari di tutto il mondo (amaricani, russi, cinesi, congolesi, corsi, ecc.) contro i borghesi di tutto il mondo (di nuovo americani, russi, cinesi, ecc.)
Dopo la rivoluzione russa Stalin dice la lotta di classe diventa lotta fra nazioni: ci sono nazioni che per metafisicamente incarnano il capitalismo (gli USA su tutti) e nazioni che metafisicamente incarnano il proletariato (la Russia). Questa idea ha provocato dei danni giganteschi, dei veri e propri tradimenti (come i comunisti spagnoli che privatizzano le aziende espropriate dagli operai della CNT) o ignobili commistioni con la borghesia (come il CLN in Italia che voi vorreste addirittura rifondare e che era un carrozzone infame che teneva insieme ex fascisti, monarchici, democristiani, liberali, ecc. mentre chi combatteva davvero come il gruppo Bandiera Rossa, principale organizzazione armata a Roma e totalmente cancellata dalla storia, erano anti-badogliani e anti-CLN).
Il maoismo, il terzomondismo, il guevarismo, migliorano un pochino questa aberrazione stalinista: nel senso che le nazioni da sostenere non sono la potenza imperialista russa ma i popoli oppressi. In ogni caso rimozione della lotta di classe e revisionismo del marxismo.
Oggi voi fate un'operazione del tutto simile: invece che, con Lenin, collaborare alla disfatta dell'Italia, vi fregiate del tricolore, producendo una teoria e una prassi al limite della reazione borghese (vedere le posizioni sui migranti).
Ora Moreno ha ragione del dire, quando mi date del rossobruno sbagliate, il rossobrunismo è un movimento specifico ben diverso dal mio pensiero. Ok. Ma la ciccia qual'è? La ciccia è che mischiate ideali socialisti con ciarpame patriottico, che date più spazio a 100 forconi che a 1000 operai migranti del si cobas che bloccano una strada, che vi ritrovate con Fusaro, con i 5stelle, addirittura con Lega, FI, ecc., nei comitati del NO.
Allora sarà pure vera l'apologia di Pasquinelli nel suo negarsi come rossobruno. Anzi è vera! e chi ha sostenuto il contrario era una carogna al soldo della NATO. Ma, ahime, oggi sostenete posizioni che mischiano nazionalismo e socialismo, di fatto.
Che dire? Che l'agente betulla e il convertito sulla strada del corriere della sera (ed epigoni) non sono i miei riferimenti esistenziali, a parte forse quando sono costipato?
Lo pensavo da un pezzo e lo posso anche scrivere.
Ma le categorie “a cazzo di cane” elargite da certe persone se mi erano indifferenti nel 2003, da piddino che leggeva la repubblica e procedeva con l'accetta nelle analisi politiche (all'epoca la fortuna della “sinistra” era il Chiavaliere), mi sorprenderebbe che possano attecchire oggi, dopo un'epoca politica che ha visto il sorgere e l'eclissarsi del mito della globalizzazione, ora che le élite temono di essere spazzate via (magara!).
Da esterno alle vicende di cui siete stati vittime anni fa, e di cui mi dispiaccio, comunque mi sorprende che si dedichi ancora del tempo allo scienziato di turno chiamato a firmare un pezzo su uno dei giornali delle élite (che non legge più nessuno), chiamato a definire surrettizie categorie ontologiche, inutili ai più per comprendere la realtà politica ma utili ai pochissimi addentro alle nevrosi della sinistra extraparlamentare, sempre in bilico tra eresia e ortodossia.
Personalmente apprezzo Preve e Voi (Redazione) per lo sforzo divulgativo sulla questione in oggetto e in generale su quelle teoriche del marxismo, che se a volte sconfinano nelle sottigliezze epistemologiche, ma da questo rigore ricavo anche una indulgenza nei confronti del M5s (da parte mia ingiustificata, oggi lo voterei a prescindere, visto il deserto a sx)
Sarà che non ho ancora capito cosa pensano Di Maio o Di Battista, cioè quelli investiti della leadership, sull'euro, prima e dopo; ma è sufficiente dire “referendum” per non spendere una parola a proposito?
Ho provato a interpretare come linea politica quello che leggo sul sito di Beppe ma è frustrante che quando gli accade di “toppare” (a detta degli stessi attivisti) poi si ricorra alla giustificazione del “uno vale uno” o “era un paradosso da comico”, o infine “lo ha scritto uno di passaggio”.
Voi sembrate conoscere intimamente Grillo e sembrate confidare in una sua natura di sinistra, quanto meno di un colore niente affatto rossobruno, non so se pensate lo stesso per Casaleggio ed eredi, a me invece non tornano un sacco di cose, una su tutte il doppiopesismo dei modi nello scacciare alcuni amministratori o rappresentanti e nel trattenerne altri.
Continua...
Continua...
Ok, dunque le élite torinesi vanno intese quelle del pd, non so perché pensando a Torino e al suo quotidiano ho fatto un'altra associazione categoriale, sì, devo essere più accurato con le categorie.
Vero, ho preferito svicolare alla difficoltà di rincorrere categorie ontologiche facendo un'obiezione da grillino, anche se ne ribadisco un suo fondamento; a partire dalla struttura del M5s basata sull'auto referenzialità nel circuito di garanzie che immaginiamo procedere da Beppe alla Casaleggio alla Rete, con tutte le criticità potenzialmente in grado, ad un qualunque livello del circuito, di inficiare il contenuto politico, non bastasse l'umore del leader.
A proposito di umore e di spocchia, per quello che può servire la mia esperienza diretta (non bastasse quella indiretta del: “collega mi consiglia uno bravo da mettere in Giunta, sulla testa di questa plebaglia?”), quando parlo con un attivista o quadro grillino, a parte gli amici, di spocchia ne noto molta, gente che sprizza l'indolente impazienza del predestinato a contare molto presto più di uno, almeno di uno come me.
Insomma per me la sinistra è definita a partire dalla fioritura umana del soggetto politico: se quando non faccio sogni di gloria so puntare solo il dito o appaio sempre incazzato quale contributo potrei dare per migliorare le cose? Ok, il momento catartico, ma temo che senza nemici il M5s manchi di anima, la prospettiva trascendente che ti fa prefigurare fuori, il bello, il buono e il giusto che si porta dentro; l'anima che occorre quando superati i nemici si raggiunge il “potere”, dove tendenzialmente il re si mette a nudo.
francesco
http://www.blitzquotidiano.it/media/vendite-giornali-maggio-2016-repubblica-e-corriere-giu-verso-quota-200-mila-2508073/
P.s. Scusate se sono stato lungo ma ci tenevo a farvi sapere, con gratitudine, che vi seguo, con che risultati giudicate voi.
"Qualunque cosa sia non è della banda piddina."
Ah beh, se basta così poco a rendere un grillino immune dalle critiche, allora perchè non chiedete che la Mussolini entri nel partito di Grillo? Di certo non è della banda piddina!
Capisco in parte la reazione di internazionalista, cui però rispondo
1) vero che Lenin era internazionalista, ma non per questo si è mai sognato di dire "O, compagni, l'anello debole dell'imperialismo (quello russo" è stato spezzato, ma gli altri (in Germania e Ungheria) no, e siccome il comunismo in un solo stato è un'aberrazione, richiamiamo Kerensky and co, e ritiriamoci".
2) Mi pare di aver letto parecchio di Stalin, e di stati metafisicamente capitalisti e comunisti non ho mai sentito niente, anzi! Diceva ben altro, ovvero che persino dove ci sono classi dirigenti sicuramente non comuniste, la loro lotta anticoloniale serviva la causa rivoluzionaria, perchè contribuiva ad abbattare il colonialismo capitalista. E l'URSS fu sempre vicina ai movimenti anticolonialisti.
https://it-it.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/posts/342243415977616
3) la demonizzazione del CLN è francamente ridicola. Mao stesso contro i giapponesi accettò di venire a patti col Kuomintang, pur sapendo benissimo che il giorno dopo la liberazione dai giapponesi avrebbe dovuto ricominciare a combatterlo. Ma la differenza tra Italia e CIna è che con buona pace della retorica resistenziale, il 90% dello sforzo bellico in Italia lo fecero gli eserciti alleati, e quindi il CLN (e a maggior ragione la sola Bandiera Rossa) non avrebbero mai avuto il potere in Italia, mentre in Cina la liberazione fu fatta dalla resistenza cinese.
IN ogni caso, piaccia o meno, in NESSUNO stato socialista dell'ultimo secolo la lotta internazionalista è prevalsa su quella nazionale. ANche perchè, volenti o nolenti i comunisti, i capitalisti hanno sistematicamente condotto una campagna di accerchiamento dei apesi socialisti, e quindi di solo internazionalismo non potevano certo vivere, considerato che i socialisti occidentali sono feccia da 100 anni (giusto per mettere una data sul loro definitivo tradimento del proletariato, facciamo il 1914 quando votarono quasi tutti i crediti di guerra per mandare al macello il proletariato). COme fa un socialista sovietico, cubano, cinese, vietnamita, a chiedere (e a sperare di ottenere) solidarietà da chi manda i suoi giovani a massacrarti?
INTERNAZIONALISTA
tu ci accusi di essere "nazionalisti", dunque.
Sbagliato.
Proveremo a tornare presto sulla questione, sulla quale abbiamo già detto alcune cose.
Ad esempio qui:
NON C'È PIÙ TEMPO DA PERDERE
e qui:
LA NOSTRA MOSSA STRATEGICA
la redazione segnala lo scritto di pasquinelli "non c'è più tempo da perdere", che avevo letto.
li pasquinelli stabilisce una netta differenza tra e .
roba interessante, se solo si spiegasse meglio dove sta la differenza.
io voglio solo ricordare a che Lenin era allo stesso tempo anti-nazionalista ma per il diritto di ogni popolo all'autodeterminazione. E' nazionalismo difendere il diritto di un popolo ad avere la sua propria nazione?
erano nazionalisti i partigiani a lottare in nome della libertà dell'Italia contro il nazifascimo?
lo chiedo a .
non so come ma sono scappati fuori due errori non voluti nel mio commento,
volevo dire
"una netta differenza tra nazionalismo e patriottismo",
e poi
"lo chiedo a internazionalista".
Caro Brenno. Un contro è fare la rivoluzione in Russia, con un programma che punta ALLA DISFATTA DEL PROPRIO PAESE, e poi riconoscere indipendenza e autonomia alle nazionalità prima oppresse dallo zarismo; un conto invece è pervertire, come ha fatto Stalin, il sentimento anti-nazionalistico della rivoluzione e inventare concetti metafisici come la grande madre padria russia e altre porcherie.
Poi mi parli dei partigiani. Io nel mio commento citavo il principale gruppo partigiano di Roma, anti-CLN e anti-Badogliano.
Quella della redazione è una non-risposta: ribadiscono la loro tesi (sovranità nazionale e socialismo). Io la conoscevo, e non è la mia.
Mi permetto solo di avvertire: occhio alla tattica. Anche in spagna i comunisti privatizzarono le fabbriche espropriate dagli anarchici perché la tattica era "prima vincere la guerra, poi fare la rivoluzione". Risultato? La borghesia, per paura della rivoluzione, ha sabotato anche la guerra.
Oggi voi proponete: prima uscire dall'euro (e in questo va bene pure un nuovo CLN, come se le porcherie fatte dal vecchio non bastassero: dall'uccisione di Fausto Atti, alla liberazione degli anarchici solo nel 1974 mentre i fascisti vennero amnistiati nel 46) poi fare il socialismo. Non ce l'hanno fatta allora, con i rapporti di forza che avete oggi credete che i comunisti riusciranno a dominare il blocco popolari con grillini e leghisti?
internazionalista, sarà vero quel che dici di Lenin, ma oggi tu agiresti per la disfatta dell'Italia? Non capisci che la disfatta dell'Italia, come di ogni altro STATO e NAZIONE, per quanto occidentale, sia nei desiderata delle congreghe globaliste, ovvero capitaliste internazionaliste? Non pensi che oggi, sic stantibus rebus, difendere lo STATO NAZIONALE è qualcosa di eversivo, non dico rivoluzionario, dico eversivo, del progetto del grande capitalismo transnazionale di cui i ceti alto della borghesia italiana fanno parte?
Già tu non puoi condividere, tu deisderi la rivoluzione socialista, ma questa non è affatto alle porte. E la tua classe operaia non mi pare proprio sia rivoluzionaria. Nè mi pare esista un movimento rivoluzionario di sinistra che non sia una setta pietrificata nell'azione e nel pensiero. Anche Lenin parlava di tappe, di rivoluzione democratica che precede necessariamente quella socialista. Prima dell'ottobre 17 ci fu il febbraio, e si dovette passare per la fase del governo Kerensky.
Al governo Kerensky i rivoluzionari furono però all'opposizione...voi invitate a votare Di Maio... Mi pare un po' diverso.
Oh certo che è diverso!
Il rifiuto di Lenin di sostenere il governo di sinistra Kerensky (Giusto!) dipendeva dal fatto che Kerensky voleva che la Russia continuasse la guerra imperialista. La guerra che il popolo detestava e che per Lenin era la pietra angolare.
Oggigiorno il posto occupato dalla guerra è il combinato disposto di neliberismo-unione europea- euro, che oltre ad affamare i più, conduce il Paese nell'abisso.
che ne pensate?
https://aurorasito.wordpress.com/2016/12/16/la-vittoria-ad-aleppo-e-i-pidocchi-in-italia/
antonio.
La confusione è all'acme. Quando uno è daltonico non distingue più i colori e rischia di passare col rosso combinando disastri; oppure col verde idem.
Si potrebbe dire che il Capitalismo internazionale globalistico ha diffuso ad arte un daltonismo integrale. Molto abilmente, è ovvio. Ci cascano in molti.; ma è la vera strategia perché la gente non possa capirci qualcosa.
Mussoilni, socialista, in nome del "nazionalismo" si dà all'interventismo. Poi comincia a capire il gioco sporco e fonda i fasci di combattimento. Ma Sidney Sonnino sapeva bene cosa si stava tessendo. Kerensky è tirato in ballo totalmente a sproposito perché era un amico del giaguaro.
Stalin a conti fatti era un nazionalista ma non filo zarista anche perché era di origini povere. Il padre era un ciabattino. Quando citò la santa Madre Russia era sincero e tutto il Popolo fu con lui (oltre al solito giaguaro acquattato tra l frasche!)
All fine il Giaguaro gli fece fare però una brutta fine.-
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