[ 5 marzo 2019 ]
Parafrasando Marx ed Engels direi che il ruolo del femminismo post sessantottino, dinanzi all’incantesimo che ha esso stesso prodotto, è pari a quello dell’apprendista stregone che si trovi, impotente, a dominare le forze sotterranee che lui stesso abbia evocato. Ha distrutto senza ricostruire, lasciando in campo solo macerie e la reazione non si è fatta attendere.
Ovvero la famiglia è morta, viva la famiglia.
Non si esce da questo dualismo, artificialmente creato e, come in uno stadio, assiepati in una curva ci sono i sostenitori della famiglia tradizionalmente, considerata fonte di ogni bene, nell’altra siedono, confusamente riuniti, tutti coloro che, in un modo o nell’altro, rifiutano codesta fonte di piacere. Qui è l’errore, qui è l’incantesimo; questi potenti spacciatori di liquame culturale che formano l’immenso Moloch del pensiero dominante ci mostrano che esistono solo due fazioni: da una parte un post femminismo, confuso ed orbo, che ha abdicato tutte le sue rivendicazioni per la sacrosanta parità di genere al globalismo LGBTQIA+, dall’altra i difensori pleistocenici della famiglia patriarcale.
Questi spettri si aggirano indisturbati ovunque. Sui mezzi sociali, come nelle piazze, si affrontano, tali novelli gladiatori, in virtuali patetici combattimenti. Gli uni a colpi di improbabili manifestazioni circensi della peggior risma, che dovrebbero far sembrare sensato il disarmante spettacolo di uomini vestiti di piume e paillettes, sghignazzanti ed euforici, o in tenuta sado-maso che vorrebbero far credere di lottare per il riconoscimento dei diritti omosessuali e quello di donne che facendo bella mostra di tette e culi, variamente esibiti, vorrebbero essere prese sul serio nell’infuriarsi per lo sfruttamento del corpo della donna (mi riferisco al fenomeno da baraccone di Femen ed altri paradossali scempiaggini).
Si risponde, a questa deriva circense, con melliflue immagini di famiglie uscite dalla retorica del ventennio, mirabolanti video che ci parlano delle meraviglie del nucleo familiare, improbabili fotografie del “si stava meglio quando si stava peggio”. Intanto, nella realtà parallela al loro ambivalente surreale, esiste ancora l’omicidio come risposta alla separazione, la violenza carnale come risposta ad una supposta provocazione o ad un rifiuto, lo sfruttamento della prole come rivendicazione di diritti economici o domiciliari nelle cause di divorzio, donne costrette a vendere il proprio utero a ricchi omosessuali che comprano neonati, madri ultracinquantenni che, sfidando ogni legge naturale, dopo una “brillante carriera” lavorativa, vogliono assolutamente soddisfare il proprio egoismo cercando di procreare con tutti i mezzi possibili, non si fa più educazione sessuale nelle scuole superiori ma pedagoghi quotatissimi, come Vladimir Luxuria, danno lezioni, su come si diventa transessuali, ai bambini delle elementari, ci si batte sul doppio cognome ma si cancella madre e padre per sostituirli con genitore 1 e genitore 2. Siamo all’apoteosi della cazzata assurta a diritto civile, si va contro la più banale e basilare delle norme democratiche, ben oltre le donne in vetrina in Olanda: assistiamo alla totale denigrazione del ruolo naturale, di donna e madre, che, invece di essere protetto e rispettato, è vilipeso ed oltraggiato da un’ideologia scellerata che permette e ritiene etico, tra le altre nefandezze, la fabbrica e l’acquisto di bambini a coppie che non possono averne, non per problemi legati alla fertilità ma perché, semplicemente, l’omosessualità non contempla la procreazione. Tutto questo è assolutamente assurdo ed aberrante.
Apriamo una parentesi e chiariamo subito, per i tuttologi marxisti della domenica, che la famiglia è stata assolutamente funzionale al modo di produzione capitalista-manufatturiero che l’ha propugnata e difesa fino agli anni sessanta, poi il modo di produzione ed i desiderata delle élite sono cambiati e, la famiglia, non era più necessaria, almeno in occidente. Nel terzo mondo serviva e serve ancora, chiaramente, per la delocalizzazione a basso costo che sfrutta, come nell’ottocento, non solo le braccia dei genitori ma anche quelle dei bambini nella produzione di merci per un occidente asservito al consumismo trionfante. Nell’attuale società liquida occidentale, al momento, serve il singolo; esso è perfettamente funzionale al consumo: la casa, gli acquisti, le spese che, prima, venivano divisi all’interno di un nucleo familiare o di coppia, sono a carico di singoli individui, tutto è moltiplicato all’infinito. “Single è bello” ecco i magnifici anni ottanta! Da lì tutto è cominciato, il sistema economico stava cambiando e doveva mutare la struttura sociale.
Si è iniziato con la falsa emancipazione della donna e ci hanno convinto che la parità di genere dovesse necessariamente passare in forma di omologazione. Il maschio era il modello di riferimento e, le “donne in carriera”, anche esteticamente, si rifacevano allo stereotipo wallstreattiano dell’uomo d’affari. La donna doveva equipararsi all’uomo in una finta parità di genere, solo estetica, perché in realtà la disparità, economico-sociale, era fortissima. Le donne che non lavoravano fuori casa erano spregiate, delle nullità, chi decideva di lavorare part-time e crescere i figli era considerata, da una certa ottica femminista, sottomessa ad una mentalità maschilista, — sì, sì, proprio così — c’erano dei diktat estetici e, direi, etici incontestati. Chi non si adeguava era fuori. Le critiche più feroci venivano proprio dalle donne, molto spesso da quelle stesse che uscivano dalla temperie femminista degli anni settanta e la cui evoluzione ha portato alle disastrose, parere strettamente personale, conseguenze che oggi si manifestano nel confusionario amalgama informe dello pseudo-femminismo odierno. Contemporaneamente si radicalizzano, proprio a partire da quegli anni, alcuni miti, che partono dalla “buona borghesia” come, per esempio, quello della colf straniera o della baby-sitter, altrettanto straniera: questo merita una piccola riflessione, infatti, all’epoca si cercava personale che parlasse inglese o francese, faceva molto chic e si pagava bene per questo privilegio, oggi, anche a causa della recessione ideologica, bambini ed anziani sono assistiti da persone, sottopagate, che a mala pena parlano italiano, per giungere fino al paradosso del dog-sitter, cioè ti compri un cane ma non hai neanche il tempo di portarlo a spasso! Ah le magnifiche sorti e progressive…
Tornando alle meravigliose propaggini del nuovo femminismo di casta, ritengo che l’otto marzo sia una metafora abbastanza chiara di questo processo. Dalle lotte nelle piazze per rivendicare la parità di diritti, il divorzio, l’aborto o la soppressione del delitto d’onore, si è passati, in un crescendo triste, alla cena con le amiche, con spogliarello maschile annesso ed il trionfo della mimosa, fino ad arrivare ai cortei di Non una di meno il cui aberrante programma politico-sociale è uscito, magicamente, e con esso si fonde totalmente, dal variopinto mondo no-global, no-border, ma fatto di unicorni e arcobaleni di un esoterico melting-pot sociale e sub-culturale. Le élite applaudono felici e brindano al loro successo mentre smantellano, in un assordante silenzio, i consultori, mettono a rischio la 194, distruggono l’istruzione — compresi asili, scuole ed università —, aboliscono l’articolo 18, riformano le pensioni, importano mano d’opera a bassissimo costo, chiudono i punti nascita degli ospedali di prossimità, fanno passare 10 vaccini… La sola risposta, visibile, a questo delirante universo distopico, sembra essere la restaurazione del duetto dio-famiglia di stampo ultra conservatore. Al Gay Pride si risponde col Family Day. Quale entusiasmante livello culturale si esprime in queste due contrapposizioni ideologiche!
Occorrerebbe uscire da tale dicotomia dogmatica in cui ci hanno costretto, questo non può voler dire, chiaramente, andare indietro di un secolo, ma guardare la situazione senza cadere nella trappolona del finto progresso teorizzato da questo pseudo femminismo che trova la propria somma espressione nello sdoganamento acritico dalla teoria gender. Basterebbe iniziare usando un po’ di buon senso e considerare tutto questo nulla, abbagliante e sfavillante, come funzionale al pensiero dominante e la falsa morale, che gli si contrappone, come residuato post nucleare, pericolosissimo e da maneggiare con cura. Non dobbiamo tornare indietro né, tantomeno, andare avanti, dovremmo semplicemente fermarci. Occorre prendere il tempo per elaborare un pensiero critico, non siamo di fronte ad una aporia, siamo dinanzi a due falsi ideologici, uno elaborato per distruggere, l’altro un fossile giurassico che dovrebbe attenere solo all’archeologia.
Sostieni SOLLEVAZIONE e Programma 101
11 commenti:
"Sdoganamento acritico della teoria gender".
A me risulta che non esiste una teoria gender, e già dargli quel nome indica una buona dose di ipocrisia, ma semplicemente studi storici sul genere.
Concordo sulla stupidità di volere avere dei figli a tutti i costi...e costi quel che costa!
Solo su "L'ABC del comunismo" pubblicato in URSS qualche anno dopo la rivoluzione ho potuto leggere che allevare i figli è più impegnativo che farli e mi ha fatto una certa impressione abituato a considerare come valido imperativo per noi il criminale "crescete e moltiplicatevi"!
Manlio Padovan
Vero, esistono genericamente studi di genere, e non una Gender Theory la cui ideazione sarebbe nata in ambito complottista-reazionario proprio per contrapposizione e contrasto ai suddetti studi di genere.
Però ragionare su questi studi di genere male non fa, dato il vasto portato cultural-distruttivo che hanno.
Da dovo nascono gli studi di genere?
1) negli ambienti accademici Usa (da cui arrivano in Italia negli anni '80)
2) da attivisti dei diritti di gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, intersessuali, pansessuali, femmnisti e transfemministi e da altri gruppi di persone che credono di appartenere ad un nuovo genere di cui non hanno ancora ideato il nome (partendo dal loro presupposto che considera il genere un costrutto sociale e dalla differenza quindi fra sesso biologico e identità di genere, arrivano a dire che il sesso si può cambiare ogni volta che si vuole)
3) dai promotori del Politically Correct
4) dagli ambientalisti estremisti
5) dai post-modernisti-decostruzionisti
6) dai "pseudo"progressisti (che razza di progresso sarebbe tutto ciò?)
Tutti quanti supportati guarda caso dalle corporazioni multinazionali e dai governi liberal.
Addio vecchie lotte per l'emancipazione della donna!
Superata da lgbt*qipa+
Tanto per chiarire, io di figli ne ho tre...so benissimo cosa vuol dire😉 quanto a teoria gender, è la traduzione più usata per "gender Theory", l'altra è, per appunto teoria di genere.
M.M.
Sono d'accordo, quanto all'uso ho chiarito nel commento sopra
M.M
EBBENE SIAMO TRANS PAURA NON ABBIAMO
IL CORPO CI APPARTIENE E IL GENERE INVENTIAMO
IL GENERE NON VIENE APPRESSO AI GENITALI
NOI SIAMO FAVOLOSE VOI SIETE TUTTI UGUALI
OLIOLIOLA E NOI SIAMO TUTTE QUA,
FROCE QUEER LESBICHE E CAGNE VOGLIAM LA LIBERTÀ
Papa Francesco ha detto:
«La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Per esempio, io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Eh, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione».
Non fa una piega!!
Possibile che le idee o situazioni che non piacciono devono essere reinventate, sui siti di destra come complotto, e su quelli di sinistra come trappola del capitale o dei suoi succedanei?
La grande illusione, la trappola, è quella di pensare che "le idee che non piacciano" siano un passo avanti; se questo è un passo avanti, lo è verso il baratro ecco perché occorre fermarsi e riflettere seriamente.
Non metto in dubbio che chi ha posto il commento, penso l'autrice del post, abbia figli e ne sia consapevole.Ma quella consapevolezza dovrebbe far parte della nostra educazione, venire cioè a priori, non della nostra esperienza di vita. Questo il motivo del mio commento. Ma la nostra educazione, figlia dell'idealismo e di esso succube, non lo prevede. Ecco perché quella notazione, risalente al 1919 e perdipiù figlia del comunismo e quindi di puro materialismo, mi ha favorevolemnte sorpreso.
Non capisco poi perché una situazione certo di grande disagio sociale per le persone, che nasce da secoli di pesanti condizionamenti ed ingiustizie, una situazione figlia del famigerato patriarcato, debba essere motivo di diatribe tra opposti estremismi. Quando basterebbe prendere atto della realtà, che sono i fatti reali, e mandare a quel paese ogni idealismo che è pratica fasulla, ipocrita e criminale di rapportarsi alla realtà.
Per il resto mi informerò meglio e cercherò di chiarire...ammesso che in un mndo così ideologicizzato si possa chiarire.
Manlio Padovan
Scusate se continuo; ma l’argomento è di certo interessante e guardando retrospettivamente, a 82 anni credo di avere il diritto di affrontarlo.
Aggiungo che anche Freud, certo un uomo della nostra società, della nostra cultura, ci invitava (cito a memoria e con parole mie) a non mandare i giovani in alta montagna con indumenti più adatti a passeggiate estive sui laghi del sud; occorre dire ai giovani: il mondo dovrebbe funzionare in un certo modo, ma ci sono persone che non lo intendono ed è verso di esse che occorre essere preparati. Ma anche la semplice lettura delle parti almeno più opportune di quel genio si negano a scuola, cioè nel luogo deputato alla crescita intellettuale…si preferisce allestire presepi in quei luoghi che dovrebbero unire e non dividere ideologicamente. Di Freud si ha paura perché si ha paura della sessualità: altro che “dono di dio”! Si è preferito lasciare Freud a disposizione delle paturnie dei ricchi borghesi. Lo si è negato alla società; ciò che è misura della ipocrisia, della stoltezza, della falsità della nostra cultura.
Mi permetto una digressione di carattere strettamente personale in quanto esso mi consentirà di far capire perché l’argomento mi sta a cuore assieme a quelle radici pugliesi di mia madre che sento profondamente come mie.
Quando nel 1951, terminate le scuole medie (quelle col latino non la porcheria catto-comunista di poi), intendevo iscrivermi ad un istituto tecnico agrario dovetti soggiacere alla volontà dei politici di iscrivermi ad un istituto tecnico industriale perché loro avevano deciso che sarebbe stato più proficuo per loro fare i lecchini dei nuovi padroni. Così si cominciarono a distruggere gli istituti agrari, a spargere voci malevoli sui contadini, a denigrare il meridione che più del nord era portato alla coltivazione della terra, a pubblicizzare - è la parola giusta: fin con grandi manifesti che prospettavano le solite magnifiche sorti e progressive…come se di sorti già non ne avessimo avute abbastanza; altrove ho narrato le vicende di un colloquio surreale con un orientatore alla scuola media superiore, personaggio appositamente pagato per quel ruolo, in quel di via Facciolati a Padova- a pubblicizzare, dicevo, in ogni modo il fatto che l’unica possibilità di lavoro stava nell'industria: così anche a sinistra, nel PCI, dovevamo essere o proletari in fabbrica o disoccupati. In effetti ci fu lavoro per tutti, visto che in precedenza quasi tutto era stato distrutto, e fu così che io, non portato a quel tipo di studi, né al lavoro dell'industria, dopo il diploma potei cambiare lavoro ogni qualvolta me lo suggeriva il buzzo: ho un libretto di lavoro che è una bibbia di nomi di aziende presso le quali ho lavorato: dalle più modeste alle più nobili; ma non ebbi una gioventù felice e non ebbi una vita semplice sempre preso dalla «mania della terra»...come diceva mio padre…ma alla politica non gliene fregò nulla! E dovetti penare per raggiungere un po’ di maturità. Accoglierà con aria di sufficienza le mie affermazioni chi non è nato proletario! Come la fa facile, lui!
Avrei scoperto poi, con il trasferimento in campagna e la dedizione effettiva alla terra, seguito da un esame psicoanalitico personalissimo a seguito di letture di Sigmund Freud e di Cesare Musatti, con l’attenta osservazione di foto del passato in Libia, dove nacqui, e di periodi successivi e con domande opportune a mia madre in intimi colloqui che in passato mai avevamo avuto, che si trattava di una malattia del profondo e, scoperto il male, che la scuola di agraria avrebbe potuto restituire me a me stesso dopo il trauma del trasferimento dalla Libia in Italia all’età di 5 anni. C’è voluta una vita per scoprirlo!
Ma così va il mondo…con il presidente Mattarella che, incontrando gli studenti, non gli passa manco per la capa di dire che compito primo della scuola è quello di instillare il senso critico.
Grazie.
Manlio Padovan
Dicotomia tradizionalista e postmodernista. La sinistra nn si è resa conto che oramai in Occidente il sistema capitalista per andare avanti nn ha più la necessità del nucleo familiare di una volta.
Posta un commento