[ 8 novembre 2018 ]
La Lega di Salvini tende a presentarsi con paladina della nazione. Parallelamente ha promosso i due referendum in Lombardia e Veneto per ottenere maggiore autonomia. Il cosiddetto "regionalismo differenziato", è un secessionismo a bassa intensità che rischia di sfasciare lo stato nazionale.
C’è una cattiva notizia che non compare nei telegiornali perché la politica la tiene rigorosamente riservata, quando, al contrario, dovrebbe diventare oggetto di un dibattito vivacissimo prima che sia troppo tardi e vengano compiute scelte irreversibili.
Tutto è iniziato con i referendum leghisti svoltisi in Lombardia e nel Veneto nell’ottobre del 2017 con i quali le due Regioni hanno attivato l’iniziativa, ai sensi dell’art. 116 della Costituzione, per ottenere l’attribuzione di maggiore autonomia nelle materie (23) riservate alla legislazione concorrente. All’iniziativa si è aggiunta la Regione Emilia Romagna. Per essere più chiari la prospettiva è quella di giungere ad una regionalizzazione completa in settori fondamentali come l’istruzione, l’università e la ricerca, la sanità, le reti di trasporto e di comunicazione, la previdenza complementare ed integrativa, la tutela e la sicurezza del lavoro, il governo del territorio ed altro ancora.
La Lega di Salvini tende a presentarsi con paladina della nazione. Parallelamente ha promosso i due referendum in Lombardia e Veneto per ottenere maggiore autonomia. Il cosiddetto "regionalismo differenziato", è un secessionismo a bassa intensità che rischia di sfasciare lo stato nazionale.
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LA SECESSIONE ATTRAVERSO LA SCUOLA
di Domenico Gallo
C’è una cattiva notizia che non compare nei telegiornali perché la politica la tiene rigorosamente riservata, quando, al contrario, dovrebbe diventare oggetto di un dibattito vivacissimo prima che sia troppo tardi e vengano compiute scelte irreversibili.
Tutto è iniziato con i referendum leghisti svoltisi in Lombardia e nel Veneto nell’ottobre del 2017 con i quali le due Regioni hanno attivato l’iniziativa, ai sensi dell’art. 116 della Costituzione, per ottenere l’attribuzione di maggiore autonomia nelle materie (23) riservate alla legislazione concorrente. All’iniziativa si è aggiunta la Regione Emilia Romagna. Per essere più chiari la prospettiva è quella di giungere ad una regionalizzazione completa in settori fondamentali come l’istruzione, l’università e la ricerca, la sanità, le reti di trasporto e di comunicazione, la previdenza complementare ed integrativa, la tutela e la sicurezza del lavoro, il governo del territorio ed altro ancora.
Dopo il referendum il Governo Gentiloni – in articulo mortis – a poche settimane dal voto del 4 marzo, stipulò un accordo preliminare con le tre regioni. Con l’avvento del nuovo governo, la prospettiva non si è arenata ma ha fatto un balzo in avanti. Il contratto di governo specifica l’obiettivo di portare a «rapida conclusione le trattative già aperte tra Governo e Regioni» per l’attribuzione di maggiori funzioni, con le «risorse necessarie per un autonomo esercizio delle stesse».
Le trattative fra il Governo e le tre Regioni interessate sono portate avanti dalla ministra leghista Erika Stefani. Le trattative sono a buon punto, come ci ha informato Salvini (Repubblica, 30 agosto) che non vede l’ora di firmare l’accordo con le Regioni e tradurlo in legge. Per essere valido l’accordo deve essere approvato dal Parlamento con legge a maggioranza assoluta; una volta approvata la legge sarà difficilissimo tornare indietro, anche se cambiasse la compagine politica, perché occorrerebbe il consenso delle Regioni interessate.
Adesso stanno cominciando a venir fuori gli scenari che emergono dal fumo delle trattative riservate. Quello più inquietante riguarda la regionalizzazione della scuola pubblica. Ora se c’è un bene pubblico che non può essere frazionato e sottoposto a logiche localistiche questo è il bene pubblico dell’istruzione. Se c’è un’istituzione che non può essere divisa o spezzettata questa è la scuola pubblica. La scuola, anche se rende un servizio al pubblico, non è un servizio pubblico che può essere gestito in sede locale dalle comunità che ne usufruiscono, bensì una funzione pubblica, come la difesa, come la giustizia. Ciò ha fatto dire a Calamandrei che: "la scuola è un organo costituzionale, ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quegli organi che formano la Costituzione." La sua funzione è fondamentalmente quella di produrre la cittadinanza, di dare la parola a tutti perché tutti possano divenire sovrani, di rompere il muro delle diseguaglianze dando a ciascuno gli strumenti formativi e culturali, la lingua appunto, per consentirgli di partecipare, in condizioni di parità, all'organizzazione politica economica e sociale del paese, così come richiede l'art. 3, II comma della Costituzione. La scuola pertanto è una funzione pubblica, essa costituisce una istituzione, anzi la principale istituzione della cittadinanza e dell'eguaglianza. Poiché costruisce la cittadinanza, formando i cittadini, la scuola è anche la principale funzione pubblica che garantisce l’unità del paese. Se si vuole avviare una secessione delle Regioni del Nord, il primo passo è quello di spezzettare la scuola pubblica e introdurre livelli differenziati nell’istruzione per aree geografiche a cui seguirà una narrazione differenziata della nostra vita come comunità politica ed una declinazione differenziata dei diritti fondamentali, come insegnano le esperienze pilota delle scuole di Adro e di Lodi.
“Qui si fa l’Italia o si muore”, è il celebre aforisma attribuito a Garibaldi dallo scrittore Giuseppe Cesare Abba. Oggi, alla luce degli intendimenti leghisti si potrebbe declinare al contrario: qui o si disfa l’Italia o si muore.
Le trattative fra il Governo e le tre Regioni interessate sono portate avanti dalla ministra leghista Erika Stefani. Le trattative sono a buon punto, come ci ha informato Salvini (Repubblica, 30 agosto) che non vede l’ora di firmare l’accordo con le Regioni e tradurlo in legge. Per essere valido l’accordo deve essere approvato dal Parlamento con legge a maggioranza assoluta; una volta approvata la legge sarà difficilissimo tornare indietro, anche se cambiasse la compagine politica, perché occorrerebbe il consenso delle Regioni interessate.
Adesso stanno cominciando a venir fuori gli scenari che emergono dal fumo delle trattative riservate. Quello più inquietante riguarda la regionalizzazione della scuola pubblica. Ora se c’è un bene pubblico che non può essere frazionato e sottoposto a logiche localistiche questo è il bene pubblico dell’istruzione. Se c’è un’istituzione che non può essere divisa o spezzettata questa è la scuola pubblica. La scuola, anche se rende un servizio al pubblico, non è un servizio pubblico che può essere gestito in sede locale dalle comunità che ne usufruiscono, bensì una funzione pubblica, come la difesa, come la giustizia. Ciò ha fatto dire a Calamandrei che: "la scuola è un organo costituzionale, ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quegli organi che formano la Costituzione." La sua funzione è fondamentalmente quella di produrre la cittadinanza, di dare la parola a tutti perché tutti possano divenire sovrani, di rompere il muro delle diseguaglianze dando a ciascuno gli strumenti formativi e culturali, la lingua appunto, per consentirgli di partecipare, in condizioni di parità, all'organizzazione politica economica e sociale del paese, così come richiede l'art. 3, II comma della Costituzione. La scuola pertanto è una funzione pubblica, essa costituisce una istituzione, anzi la principale istituzione della cittadinanza e dell'eguaglianza. Poiché costruisce la cittadinanza, formando i cittadini, la scuola è anche la principale funzione pubblica che garantisce l’unità del paese. Se si vuole avviare una secessione delle Regioni del Nord, il primo passo è quello di spezzettare la scuola pubblica e introdurre livelli differenziati nell’istruzione per aree geografiche a cui seguirà una narrazione differenziata della nostra vita come comunità politica ed una declinazione differenziata dei diritti fondamentali, come insegnano le esperienze pilota delle scuole di Adro e di Lodi.
“Qui si fa l’Italia o si muore”, è il celebre aforisma attribuito a Garibaldi dallo scrittore Giuseppe Cesare Abba. Oggi, alla luce degli intendimenti leghisti si potrebbe declinare al contrario: qui o si disfa l’Italia o si muore.
* Fonte: Micromega
16 commenti:
Avevo già notato la cosa ed è ovviamente preoccupante anche se non certo inattesa. Ma a quest'anima secessionista della lega cosa si contrappone davvero li dentro? L'area salviniana ha davvero una sua linea strategica nazionale o sono solo degli opportunisti che si appoggiano al trumpismo senza alcuna visione?
La differenza in cosa si noterebbe? Si noterebbe in un poderoso programma di nazionalizzazione del settori industriali strategici alla cui testa nascesse una classe dirigente nazionale in grado fare da centro di gravità attorno a cui ruota la piccola e media impresa. Senza questo tali PMI, spinte da pulsioni egoistiche e localistiche, finirebbero attratte da altri centri di altre nazioni.
In tutto questo dovrebbe ovviamente rinascere un vero partito dei lavoratori.
Ovviamente per far questo sarebbe necessario che la situazione precipitasse invece che continuare a trascinarsi ma questo non dipende da noi. Se questo precipitare degli eventi non avverrà presto le pulsioni secessioniste finiranno per consolidarsi più di quelle unitarie.
Ed è prorpio questa la cosa che mi preoccupa di più, il proseguire di questo strisciante trascinarsi.
Giovanni
Un altra cosa. Ricordo ancora quell'attivista che, durante la campagna elettorale davanti alla proposta di Pietro Grasso di abolire le tasse universitarie, ebbe a dire che invece sarebbe una proposta di sinistra raddoppiare il fondo di finanziamento ordinario.
Cosa farebbe questo? Rilancerebbe i meccanismi di devolution ed autonomia con in quali da tempo si frammenta l'università sottraendola allo stato per portarla su una base localistica. Per non dire che ridarebbe anche fiato ai meccanismi di cooptazione che invece si dovrebbero combattere, almeno per quanto riguarda il reclutamento generale.
Spero che alla luce di questa esperienza sia chiaro, al di la ogni ragionevole dubbio, come una proposta di questo tipo sia una irricevibile scemenza, cosa che purtroppo mostra lo stato di confusione in cui si trovano anche alcuni militanti pure in perfetta buona fede.
Vien da disperarsi a leggerli. Non è solo uno sfogo ma anche e soprattutto una riflessione che mi sembra importante alla luce di quanto accade.
Giovanni
Un buon articolo che dovrebbe illuminare le menti e far comprendere a tutti coloro che hanno fatto del sovranismo patriottico di sinistra la primaria e qualificante cifra politica del proprio agire che, continuando a fare di “tutta l’erba un fascio”, a prescindere e a dispetto di ogni ragionevole preoccupazione o dubbio che scaturisce dalla formazione, composizione e natura del governo gialloverde e a bollare e marchiare tutti coloro che non credono e/o sostengono questo governo di intelligenza con il nemico, di essere agenti provocatori con il preciso compito e fine di minare e far cadere il “governo del popolo” e favorire ed aprire la via al ritorno di quella élite che sarebbe stata battuta e sconfitta con il referendum e le elezioni del 4 marzo, non si riassorbe o si eliminano le preoccupazioni o il dissenso verso questo governo ma si ottiene il risultato opposto quello di cementarlo e rafforzarlo. Attaccando la Lega, accusandola di voler sfasciare “lo stato nazionale” con il suo articolo Domenico Gallo, di fatto, sta picconando il governo gialloverde rischiando così anch’esso di finire nella black list dei “sinistrati” da indicare al pubblico lubidrio come i nemici del popolo. Un’intelligente aforisma così recita: non ci si taglia il cazzo per fare dispetto alla moglie.
pasquino55
Fino a quando la Lega non cambiera' lo Statuto ancora vigente dove si esplicita essere per l'indipendenza della Padania , per me rimangono ancora secessionisti , anche se Salvini ha tolto il nome Nord .
Veramente tanto in Germania quanto in Svizzera la scuola è regionalizzata, con tanto di un ministero dell'istruzione per ciascun Bund o cantone.
caro pasquino, per quanto mi riguarda, come simpatizzante di P101 e affezionato lettore del blog, non accuso quelli come te di "intelligenza col nemico". La cosa è addirittura più seria. Io affermo che i critici-critica-tutto come te non hanno alcuna intelligenza POLITICA. Anche i sassi dovrebbero avere capito che quella di P101 è una tattica per stare nel campo dei populisti e li dentro trovare forze per costruire un fronte rivoluzionario. E stare in quel campo significa 1. dialogare con i lavoratori che votano populista 2. attaccare i populisti quando fanno o dicono cazzate, 3. sostenere i populisti quanto picchiano il nemico principale
Se fossi passato per il movimento comunista sapresti che si tratta della famosa tattica che i bolscevichi avevano nel 1917 verso le forze che sostenevano Kerensky.
Anche i sassi l'han capito.
"Anche i sassi l'han capito". Rodolfo
Sasso 1: che la storia si sta ripetendo e ci sarà la rivoluzione bolscevica;
Sasso 2: che assistiamo a una farsa, con Rocco Casalino che eliminerà i poteri forti, gli anziani e i mongoloidi con un televoto;
Sasso 3: che si deve fare entrismo intelligente anche con il Pd, Fi, Leu e Fdi, per dialogare con quei lavoratori intrappolati per apparteneza in quei recinti e che la globalizzazione ha stravinculato;
Sasso 4: che invece di perdere tempo ed energia con la CLN o con un PCD (Partito Costruito Democraticamente) aspettare che ci diano una cadrega e finalmente nel palazzo fare il gruppo misto di sovranisti non fasulli;
Sasso 5: smettere di definirsi sovranisti autentici e approcciare chi ha votato lega e m5s come marxisti leninisti dell'illinois.francesco
http://sollevazione.blogspot.com/2017/07/i-dieci-comandamenti-della-cln.html
Caro Rodolfo, mi dispiace per te e per i tuoi amici (certo tra di voi non vi chiamerete compagni) ma nel tuo mitico fronte sovranista troverai solo reazionari, non di certo rivoluzionari, e quando lo capirai perché ci avrai sbattuto le corna forse sarai in grado di comprendere il senso e la portata delle mie critiche alla sinistra madonnara di cui fai parte. Riguardo poi al fatto che, secondo te, io non sia mai passato dal movimento comunista non posso che sorridere. Comprendo che tu (forse) se sai qualcosa di lotta comunista è perché ne hai letto su qualche Bignami del comunismo mentre io è dal 1965 che sto sulle barricate “pagandone personalmente il prezzo”, lottando, ma soprattutto vivendo da comunista battendomi contro il capitalismo e tutte quelle “furbate ideologiche” che i suoi fiancheggiatori, consapevolmente o stupidamente, hanno messo in campo e in essere per fintamente combatterlo con l’unico scopo e fine di puntellarlo e sorreggerlo. E’ proprio vero che la mamma dei cretini è sempre incinta. Benvenuto al mondo.
pasquino55
Nel leggere "partito costruito democraticamente" si ha l'impressione che qualcuno ancora indugi dentro l'illusione della "società civile" o se lo aspetti nelle forme della gioiosa macchina da guerra. Appare giusto solo perché si tiene rigorosamente lontano da quei conflitti al livello più alto che richiedono anche una certa doppiezza. Appare giusto perché impolitico ma gratificante sul piano emotivo.
Proverbiale fu la doppiezza quella di Togliatti, la g.m.d.g. fu invece la linea di Occhetto.
Anche se con una certa amarezza devo ammettere che non aveva del tutto torto (ma neppure del tutto ragione) Bagnai quando parlava di "Bar di guerre stellari".
Mosse questa accusa anche a Sollevazione che invece sta cercando di rimanere confinata nel bar. Chi fa politica può anche sbagliare, ma chi è impolitico fa solo sedicenti scommesse win-win.
Giovanni
ERRATA CORRIGE:
sta cercando di NON rimanere confinata nel bar
Giovanni
ERRATA CORRIGE:
(lo avevo mandato subito ma forse non è arrivato, altrimenti il significato si inverte, in caso pubblicatelo una volta sola)
sta cercando di NON rimanere confinata nel bar
Giovanni
P.s.
Sasso 6: che è meglio il Pdg (Partito di Giovanni) ispirato al metodo Bagnai: you lose and I win a cadrega, because I'm ME and you're a fucking nothing!
E puntuale come un orologio svizzero arriva la conferma che chi è impolitico può solo compiacersi nei fallimenti degli altri, nei quali in fondo spera, anche se questi non implicano in alcun modo il successo suo.
Giovanni
Falso, non tifo contro questo governo auspicando la possibilità che si ripeta la tragica-farsa greca, ma deduco che non ci saranno pasti gratis offerti dai liberisti al governo.
Piuttosto, spiega perché tifare per questo governo sarebbe meno impolitico che esserne scettico, ponendoti un paio di domande:
1) Nel caso accadesse l'exit, la tua posizione attuale rispetto al governo, quale credito politico e presso chi sarebbe maturato?
2) Nel caso non accadesse l'exit, la tua posizione attuale rispetto al governo, quale discredito politico e presso chi sarebbe maturato?
Btw, il mio personale credito politico lo spendo con pochi amici e conoscenti, fautori del costituendo soggetto politico, raccogliendo l'esperienza dell' LS meno LS (Laboratorio Sovranista, senza insegna, rubata).francesco
P.s. smettiamola di litigare tra di noi, se nessuno rincorre cadreghe non è difficile.
Però provo di nuovo a correggere il refuso nel mio commento del 9 novembre 2018 19:29.
La frase esatta era: "sta cercando di NON rimanere confinata nel bar"
Chiedere che compaia la mia correzione di un refuso che inverte il significato della frase non mi sembra una richiesta eccessiva.
Giovanni
Intervento un po' sbilenco, mal centrato, che cerca di affrontare questioni "pesanti" in forma troppo "leggera".
La questione nazionale italiana merita senz'altro di essere discussa a fondo, senza porsi totem e tabù sacri. Dunque, via la retorica "risorgimentale", intesa come polpettone da sussidiario scolastico ed ideologia di stato e di "ordine" (prima sabaudo, poi fascista, infine democristiano, oggi in via di decomposizione). Al tempo stesso, via il pregiudizio di origine papalina e reazionaria, nostalgico di incubi e accrocchi feudali e latifondisti. Recuperiamo invece quella tradizione veramente patriottica, democratica, repubblicana, federalista e in certi casi già socialista che durante il diciannovesimo secolo ci fu, lottò con coraggio e generosità ma proprio a causa dei suoi ideali è stata convenientemente rimossa sia dai "vincenti" monarchico-sabaudi, sia dai "perdenti" papalini e borbonico-gattopardi. Recuperiamo dunque il pensiero del lombardo Carlo Cattaneo, uomo di immensa cultura e di vedute avanzatissime, e recuperiamo la vita e le gesta del napoletano Carlo Pisacane, uomo d'azione dal coraggio indiscutibile, uno che ci ha rimesso le penne in una terra di cacasotto e di banderuole.
Una cosa è certa: centosessant'anni di unificazione sotto ad un cappello statuale abbastanza centralista e a lungo poco accorto riguardo le profondissime differenze economiche, ambientali e antropologiche che pretendeva di armonizzare, non hanno prodotto un gran bel risultato. Il tempo e lo spazio di manovra è pochissimo. Forse potrebbe già essere scaduto. Quel che è certo è che le classi dirigenti, anche culturali, di questo paese sono indubbiamente fra le più mediocri del continente, altrimenti non saremmo arrivati ad un simile sfascio quasi come dei sonnambuli.
Ah! E certi commentatori facciano il favore di risparmiarci le solite slinguazzate a beneficio dell'Asimmetrico! Basta! Non se ne può più! Andate a dire "Grazie, prof" sul suo blog!
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