[ 16 novembre 2018 ]
SUL SOLE 24 ORE di oggi Lina Palmierini ci informa [vedi più sotto quanto scrive] che Mattarella potrebbe non firmare la legge di bilancio che sarà approvata dal Parlamento dato che essa violerebbe "gli accordi europei" —leggi le prescrizioni della Commissione.
Col che è evidente che il Presidente della Repubblica, più che garante del rispetto della Costituzione e della sovranità nazionale, è anzitutto guardiano dell'Unione europea. Niente di nuovo sotto il sole...
Come la Palmierini sottolinea diverse sono le controindicazioni ad una scelta che sarebbe gravissima, ma resta che al Quirinale ci stan pensando, visto che lo scontro tra Unione europea e Governo giallo-verde sta diventando un muro contro muro.
Apprendiamo che Salvini avrebbe dichiarato che ove la Commissione decidesse davvero di procedere al sanzionamento "tutto il popolo italiano si ribellerebbe". E' l'annuncio del ricordo alla mobilitazione popolare? Sarebbe ora che ci si preparasse davvero a scendere in piazza.
In verità il governo sembra procedere in direzione opposta, quella di edulcorare la già timida Legge di bilancio per cercare un "accomodamento" o compromesso con la Commissione.
Si viene infatti a sapere che nella sua lettera di risposta alla Commissione il governo ha preventivato di inserire nella "manovra" dismissioni (leggi privatizzazioni) per circa 18 miliardi di euro. Perché? E' scritto nella lettera:
Viene da sé la domanda: non c'è il rischio che questi segnali contrastanti (andiamo dritti, andiamo storti) danno l'impressione di incertezza e confusione così da favorire, invece che la mobilitazione popolare, il suo contrario?
Niente è scontato sulla legge di bilancio. Al Quirinale evitano commenti ufficiali ma non negano il nervosismo e l'amarezza. E soprattutto il netto dissenso di Sergio Mattarella per la strada che ha voluto intraprendere il Governo andando allo scontro con Bruxelles. E dunque quando a Stoccolma – dove il presidente è stato fino a ieri in visita – i cronisti chiedono se la firma per promulgare la legge di bilancio sia sicura, i consiglieri che lo accompagnano rispondono che nulla è stato deciso e che il sì non è scontato.
Forse la firma si renderà alla fine necessaria per evitare il peggio ma tanti aspetti sono ancora da chiarire. Innanzitutto perché la manovra è agli inizi del suo cammino parlamentare e poi perché le prossime settimane saranno decisive per capire come verrà configurata la bocciatura all’Italia dalla Commissione. E come questa possa influire sul controllo costituzionale che compete al Colle. Il passaggio per il Quirinale è molto stretto. Da una parte infatti vi è piena consapevolezza delle conseguenze di non firmare e rinviare alla Camere perché si rischierebbe l’esercizio provvisorio accentuando i rischi per la stabilità finanziaria. Ma si produrrebbe pure una ferita istituzionale con uno strappo senza precedenti con Governo e Parlamento. Dall’altra parte, però, il capo dello Stato non potrà fare finta di niente di fronte a palesi o “deliberate” violazioni degli accordi europei. Questo è il dilemma di cui Mattarella sin dall’inizio è stato ben consapevole. Non a caso tre settimane fa ha voluto accompagnare il via libera iniziale alla manovra con una lettera di poche righe al premier Conte in cui chiedeva di perseguire un «dialogo costruttivo con l’Europa». E ora che questo dialogo non c’è stato e che quelle che potevano essere le sue sponde politiche – dal premier a Tria e Moavero – non hanno avuto voce in capitolo, si dissolvono anche quei margini di mediazione per convincere i due vicepremier sui pericoli delle scelte appena assunte.
SUL SOLE 24 ORE di oggi Lina Palmierini ci informa [vedi più sotto quanto scrive] che Mattarella potrebbe non firmare la legge di bilancio che sarà approvata dal Parlamento dato che essa violerebbe "gli accordi europei" —leggi le prescrizioni della Commissione.
Col che è evidente che il Presidente della Repubblica, più che garante del rispetto della Costituzione e della sovranità nazionale, è anzitutto guardiano dell'Unione europea. Niente di nuovo sotto il sole...
Come la Palmierini sottolinea diverse sono le controindicazioni ad una scelta che sarebbe gravissima, ma resta che al Quirinale ci stan pensando, visto che lo scontro tra Unione europea e Governo giallo-verde sta diventando un muro contro muro.
Apprendiamo che Salvini avrebbe dichiarato che ove la Commissione decidesse davvero di procedere al sanzionamento "tutto il popolo italiano si ribellerebbe". E' l'annuncio del ricordo alla mobilitazione popolare? Sarebbe ora che ci si preparasse davvero a scendere in piazza.
In verità il governo sembra procedere in direzione opposta, quella di edulcorare la già timida Legge di bilancio per cercare un "accomodamento" o compromesso con la Commissione.
Si viene infatti a sapere che nella sua lettera di risposta alla Commissione il governo ha preventivato di inserire nella "manovra" dismissioni (leggi privatizzazioni) per circa 18 miliardi di euro. Perché? E' scritto nella lettera:
«Per accelerare la riduzione del rapporto debito/pil e preservarlo dal rischio di eventuali shock macroeconomici, il governo ha deciso di innalzare all'1% del Pil per il 2019 l'obiettivo di privatizzazione del patrimonio pubblico. Gli incassi costituiscono un margine di sicurezza» e consentiranno di raggiungere una discesa del rapporto debito-pil «più marcata e pari a 0,3 punti quest'anno, 1,7 nel 2019, 1,9 nel 2020, 1,4 nel 2021 portando il rapporto dal 131,2%del 2017 al 126,0 del 2021».Forse è solo una promessa ballerina, un assegno postdatato che si sa già che non sarà coperto. Probabilmente ciò fa parte del gioco del cerino per lasciare alla Ue la responsabilità della rottura. Fatto sta che così si indica di voler star dentro ai parametri ordoliberisti che tanto male han fatto al Paese.
Viene da sé la domanda: non c'è il rischio che questi segnali contrastanti (andiamo dritti, andiamo storti) danno l'impressione di incertezza e confusione così da favorire, invece che la mobilitazione popolare, il suo contrario?
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LO STRAPPO CON L’UE
Il dissenso di Mattarella: il sì alla legge di bilancio non è scontato
di Lina Palmerini
Niente è scontato sulla legge di bilancio. Al Quirinale evitano commenti ufficiali ma non negano il nervosismo e l'amarezza. E soprattutto il netto dissenso di Sergio Mattarella per la strada che ha voluto intraprendere il Governo andando allo scontro con Bruxelles. E dunque quando a Stoccolma – dove il presidente è stato fino a ieri in visita – i cronisti chiedono se la firma per promulgare la legge di bilancio sia sicura, i consiglieri che lo accompagnano rispondono che nulla è stato deciso e che il sì non è scontato.
Forse la firma si renderà alla fine necessaria per evitare il peggio ma tanti aspetti sono ancora da chiarire. Innanzitutto perché la manovra è agli inizi del suo cammino parlamentare e poi perché le prossime settimane saranno decisive per capire come verrà configurata la bocciatura all’Italia dalla Commissione. E come questa possa influire sul controllo costituzionale che compete al Colle. Il passaggio per il Quirinale è molto stretto. Da una parte infatti vi è piena consapevolezza delle conseguenze di non firmare e rinviare alla Camere perché si rischierebbe l’esercizio provvisorio accentuando i rischi per la stabilità finanziaria. Ma si produrrebbe pure una ferita istituzionale con uno strappo senza precedenti con Governo e Parlamento. Dall’altra parte, però, il capo dello Stato non potrà fare finta di niente di fronte a palesi o “deliberate” violazioni degli accordi europei. Questo è il dilemma di cui Mattarella sin dall’inizio è stato ben consapevole. Non a caso tre settimane fa ha voluto accompagnare il via libera iniziale alla manovra con una lettera di poche righe al premier Conte in cui chiedeva di perseguire un «dialogo costruttivo con l’Europa». E ora che questo dialogo non c’è stato e che quelle che potevano essere le sue sponde politiche – dal premier a Tria e Moavero – non hanno avuto voce in capitolo, si dissolvono anche quei margini di mediazione per convincere i due vicepremier sui pericoli delle scelte appena assunte.
2 commenti:
Mettersi di traverso è prerogativa costituzionale del presidente della repubblica. Piaccia o no.
Art. 74
Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.
Di Maio e Salvini, fra un video su facebook ed un cinquettio su twitter, lo riescono a trovare un ritaglio di tempo per ripassare simili banalità e prepararsi adeguatamente a situazioni simili?
Chiarito questo, i capi gialloverdi, se veramente volessero modificare certe prerogative costituzionali ed il meccanismo di elezione del capo dello stato (artt. 83-91), lo conoscono l'art. 138?
Nel frattempo, visto che le revisioni costituzionali sono molto lunghe e complicate, perché non eliminano dal codice penale gli stupidi, anacronistici - e incostituzionali - articoli che coprono il capo della stato con una specie di "lesa maestà repubblicana"? Si fa con legge ordinaria. Con la maggioranza assoluta nelle camere, un governo che si rispetti lo fa molto alla svelta.
La verità è che qualcuno sta continuando a fare campagna elettorale a oltranza, vuole passare all'incasso col massimo del consenso fra sei mesi e poi chi s'è visto, s'è visto. Per riuscire in questo, costui ha tutto l'interesse a creare casini e tenere alta la tensione. Niente di più, niente di meno.
Oh mamma mia!?
qui indichiamo la luna e l'anonimo guarda il dito.
Grazie della lezione ma sappiamo bene quali sono le prerogative formali del Quirinale.
la sostanza è che il Colle è un guardiano della subalternità nazionale e non della sovranità.
Peggio: egli usa i suoi poteri formali per alimentare il sabotaggio dell'élite neoliberista ed eurocratica.
Tu as compris?
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