[ 7 agosto 2018 ]
Torniamo sull'articolo ECCO L'USCITA DALL'EURO di Moreno Pasquinelli.
1. L’idea di Giavazzi e Alesina si basa su un fondamento solido: la sostanziale equivalenza dei crediti e dei debiti finanziari dell’Italia.
Il problema pratico è come far rientrare i crediti (di fatto capitali esportati) per nazionalizzare i debiti.
Ove ci si riuscisse il problema dello spread sarebbe risolto all’80%. Al 100% no, perché se si continuasse a consentire la negoziazione sul mercato secondario [1] gli speculatori esteri verrebbero sostituiti da quelli (meno forti, ma ci sono) interni.
Anche se Giavazzi e Alesina lo utilizzano come spauracchio il loro schema non è per nulla stupido: primo, nazionalizzare le banche (che fungono da intermediarie); secondo, bloccare — attraverso di esse — tutti i capitali investiti su titoli esteri; terzo, vendere quei titoli per reinvestirli immediatamente in titoli del debito italiano.
Il primo punto è tutto politico, il secondo è tecnicamente facilissimo da realizzarsi, il terzo è quello più problematico.
Qui ci sono aspetti giuridici evidenti, ma anche problemi pratici che richiederebbero di fatto un meccanismo di — chiamiamolo così — “prestito forzoso temporaneo”.
Sono evidenti infatti tre cose: 1) Non si possono vendere tutti i titoli posseduti da soggetti italiani in pochi giorni, pena una svalutazione finanziaria altissima. 2) Idem per l’acquisto dei Btp dai possessori stranieri, dato che in questo caso si avrebbe un rialzo esagerato del loro valore. 3) Onde evitare eccessive beghe giuridiche lo Stato dovrebbe poi garantire ai possessori di titoli esteri un cambio senza perdite nominali. (Che poi abbiano una perdita al momento dell’uscita dall’euro è normale, ma su questo non si vede cosa potrebbero fare sul piano giuridico).
Il prezzo per lo Stato di cui al punto 3 è assolutamente sostenibile. Meglio un’operazione più costosa ma senza troppi strascichi che non il contrario.
In sostanza, scattata l’ora x, lo Stato dovrebbe imporre alle banche — tramite decreto — l’espropriazione temporanea dell’investimento estero. Le stesse banche verrebbero poi incaricate di effettuare l’operazione di vendita e di acquisto dei Btp.
Se una banca ha posizioni sull’estero di propri clienti per 10 miliardi, essa verrà incaricata di trasferire quella somma su Btp decennali. Ad operazione completata il cliente z, “espropriato" temporaneamente dei suoi 100mila euro, riavrà la stessa cifra in Btp.
E’ chiaro che nel complesso di questa operazione è probabile vi siano delle perdite, dato che la speculazione non dorme.
Per evitare che siano troppo alte il problema può essere quello dei tempi. Tempi troppo lunghi provocherebbero tensioni pericolose, ma tempi troppo brevi mi sembrano improbabili, a meno di una folle corsa a vendere dei possessori esteri.
In conclusione, il meccanismo ha degli inevitabili punti deboli, ma a fronte di una precipitazione della crisi non ci sarebbero molte alternative, salvo dichiarare il default sulla parte estera del debito sovrano. Un’ipotesi che potrebbe essere modulata a seconda delle varie categorie di creditori.
Chiudendo sul punto, è chiaro che l’ipotesi Giavazzi-Alesina potrebbe funzionare anche senza nazionalizzazione delle banche, ma con una norma ad hoc per costringerle ad operare come richiesto.
2. La nostra ipotesi in un certo senso è più soft, ma per altri aspetti più radicale. Essa consentirebbe non solo la “rinazionalizzazione” del debito, ma anche la sua sottrazione integrale (benché progressiva) alle logiche perverse dei mercati finanziari.
Il suo punto debole è quello dei tempi. Perché a fronte di una precipitazione degli eventi bisognerebbe comunque ricorrere allo schema del punto 1.
E però una cosa non esclude l’altra. Iniziare con i “Btp famiglia” potrebbe essere la prima mossa — diciamo ordinaria — che prepara (se necessario) quella straordinaria. Ed essa rappresenterebbe anche un segnale ai “mercati” ed alla speculazione, il segno che lo Stato non intende restare con le mani in mano.
L'articolo chiosava un "singolare" intervento di Giavazzi e Alesina. I due famigerati liberisti ammettevano che il governo giallo-verde avrebbe la maniera per realizzare le misure contemplate nel "contratto" e proteggersi dall'attacco della finanza speculativa:
«C’è un modo per sottrarsi al giudizio degli investitori internazionali: ricomprarci i titoli che in passato abbiamo loro venduto. In teoria è possibile. L’Italia ha una posizione finanziaria netta rispetto al resto del mondo sostanzialmente in pareggio, cioè abbiamo tanti debiti quanti sono i crediti che vantiamo. Vendendo le attività estere che possediamo potremmo in teoria ricomprarci tutti i titoli italiani detenuti da investitori esteri. Bisognerebbe nazionalizzare le banche ed espropriare i cittadini obbligandoli a vendere, ad esempio, titoli svizzeri per sostituirli con Btp. Vorrebbe anche dire uscire dal mercato unico europeo e probabilmente dall’euro. Tutto è possibile. Ma se non si ha il coraggio di farlo, allora bisogna fare i conti con gli investitori internazionali».
Pasquinelli quindi così chiosava:
«L'Italia ha una ricchezza mobiliare netta pari a tre volte il Pil, a patto di volerla sottrarre alla rapina dei mercati finanziari e canalizzarla e utilizzarla per il bene pubblico e l'interesse nazionale — e di tecniche funzionali allo scopo, al netto del controllo del sistema bancario e della moneta, ce ne sono numerose —, più che sufficiente per reggere l'urto dell'eventuale fuga dei predatori. Ciò senza dimenticare "il resto" della ricchezza e dei beni materiali e immateriali, pubblici e privati del nostro Paese».
Un lettore ci ha quindi chiesto:
«Potete spiegare meglio questo concetto qui espresso? Che significa al netto di.....ce ne sono numerose di tecniche per canalizzare la ricchezza mobiliare per il bene pubblico. Quali sarebbero queste tecniche?»
Proviamo a rispondere.
* * *
I BOT PEOPLE* CI SALVERANNO
di Leonardo Mazzei
1. L’idea di Giavazzi e Alesina si basa su un fondamento solido: la sostanziale equivalenza dei crediti e dei debiti finanziari dell’Italia.
Il problema pratico è come far rientrare i crediti (di fatto capitali esportati) per nazionalizzare i debiti.
Ove ci si riuscisse il problema dello spread sarebbe risolto all’80%. Al 100% no, perché se si continuasse a consentire la negoziazione sul mercato secondario [1] gli speculatori esteri verrebbero sostituiti da quelli (meno forti, ma ci sono) interni.
Anche se Giavazzi e Alesina lo utilizzano come spauracchio il loro schema non è per nulla stupido: primo, nazionalizzare le banche (che fungono da intermediarie); secondo, bloccare — attraverso di esse — tutti i capitali investiti su titoli esteri; terzo, vendere quei titoli per reinvestirli immediatamente in titoli del debito italiano.
Il primo punto è tutto politico, il secondo è tecnicamente facilissimo da realizzarsi, il terzo è quello più problematico.
Qui ci sono aspetti giuridici evidenti, ma anche problemi pratici che richiederebbero di fatto un meccanismo di — chiamiamolo così — “prestito forzoso temporaneo”.
Sono evidenti infatti tre cose: 1) Non si possono vendere tutti i titoli posseduti da soggetti italiani in pochi giorni, pena una svalutazione finanziaria altissima. 2) Idem per l’acquisto dei Btp dai possessori stranieri, dato che in questo caso si avrebbe un rialzo esagerato del loro valore. 3) Onde evitare eccessive beghe giuridiche lo Stato dovrebbe poi garantire ai possessori di titoli esteri un cambio senza perdite nominali. (Che poi abbiano una perdita al momento dell’uscita dall’euro è normale, ma su questo non si vede cosa potrebbero fare sul piano giuridico).
Il prezzo per lo Stato di cui al punto 3 è assolutamente sostenibile. Meglio un’operazione più costosa ma senza troppi strascichi che non il contrario.
In sostanza, scattata l’ora x, lo Stato dovrebbe imporre alle banche — tramite decreto — l’espropriazione temporanea dell’investimento estero. Le stesse banche verrebbero poi incaricate di effettuare l’operazione di vendita e di acquisto dei Btp.
Se una banca ha posizioni sull’estero di propri clienti per 10 miliardi, essa verrà incaricata di trasferire quella somma su Btp decennali. Ad operazione completata il cliente z, “espropriato" temporaneamente dei suoi 100mila euro, riavrà la stessa cifra in Btp.
E’ chiaro che nel complesso di questa operazione è probabile vi siano delle perdite, dato che la speculazione non dorme.
Per evitare che siano troppo alte il problema può essere quello dei tempi. Tempi troppo lunghi provocherebbero tensioni pericolose, ma tempi troppo brevi mi sembrano improbabili, a meno di una folle corsa a vendere dei possessori esteri.
In conclusione, il meccanismo ha degli inevitabili punti deboli, ma a fronte di una precipitazione della crisi non ci sarebbero molte alternative, salvo dichiarare il default sulla parte estera del debito sovrano. Un’ipotesi che potrebbe essere modulata a seconda delle varie categorie di creditori.
Chiudendo sul punto, è chiaro che l’ipotesi Giavazzi-Alesina potrebbe funzionare anche senza nazionalizzazione delle banche, ma con una norma ad hoc per costringerle ad operare come richiesto.
2. La nostra ipotesi in un certo senso è più soft, ma per altri aspetti più radicale. Essa consentirebbe non solo la “rinazionalizzazione” del debito, ma anche la sua sottrazione integrale (benché progressiva) alle logiche perverse dei mercati finanziari.
Il suo punto debole è quello dei tempi. Perché a fronte di una precipitazione degli eventi bisognerebbe comunque ricorrere allo schema del punto 1.
E però una cosa non esclude l’altra. Iniziare con i “Btp famiglia” potrebbe essere la prima mossa — diciamo ordinaria — che prepara (se necessario) quella straordinaria. Ed essa rappresenterebbe anche un segnale ai “mercati” ed alla speculazione, il segno che lo Stato non intende restare con le mani in mano.
In pratica si tratterebbe di questo:
1) Da una data x lo Stato emette solo un nuovo tipo di Btp decennale, chiamato per esempio “Btp famiglia”.
2) Il governo dichiara che questo titolo è garantito al 100%.
3) Il Btp famiglia potrà essere acquistato solo da soggetti italiani, avviando così una progressiva rinazionalizzazione del debito.
4) Il suo tasso di interesse sarà un po’ più elevato di quello corrente, diciamo al 4% per i primi tre anni, del 3% per gli anni successivi.
5) Questo titolo non sarà negoziabile sul mercato secondario.
6) Ove l’investitore volesse rientrare in possesso del suo capitale prima della scadenza, ma dopo i primi cinque anni, lo Stato procederebbe al riacquisto al valore nominale.
7) Qualora invece la richiesta di riacquisto avvenisse entro i primi cinque anni, lo Stato riacquisterebbe allo stesso valore meno una penale da calcolarsi allo scopo di impedire operazioni meramente speculative.
Lo scopo di questo meccanismo è chiaro: rinazionalizzare integralmente il debito, sottrarlo integralmente (benché progressivamente) ai mercati finanziari, avere alcuni anni di relativa tranquillità.
Se la situazione non dovesse precipitare — ipotesi certo improbabile — crediamo che questo meccanismo funzionerebbe alla perfezione, instaurando anche un nuovo senso di fiducia verso lo Stato.
Nel momento in cui invece la situazione precipitasse, si sarebbe comunque fatto un pezzo di strada nella giusta direzione. Non solo dal punto di vista finanziario, ma anche da quello politico e psicologico. Abituare le persone a strumenti nuovi in virtù di un passaggio straordinario potrebbe rivelarsi utile. E, a quel punto, il piccolo esercito degli investitori sull’estero — piccolo ma di certo aggressivo — dovrebbe confrontarsi con quello più ampio dei nuovi investitori sull’Italia.
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno il vecchio “Bot people” sarebbe tornato utile...
* Nel linguaggio giornalistico, l'insieme dei risparmiatori che, per prudenza, tendono a investire in sicuri titoli di Stato (come i BOT), tenendosi alla larga da titoli più rischiosi.
NOTE
[1] un mercato finanziario secondario è il luogo dove sono trattati i titoli già in circolazione, che vi rimangono fino alla loro eventuale scadenza, esso è concettualmente contrapposto al mercato finanziario primario dove il Mef colloca l'offerta pubblica iniziale di obbligazioni.
Lo scopo di questo meccanismo è chiaro: rinazionalizzare integralmente il debito, sottrarlo integralmente (benché progressivamente) ai mercati finanziari, avere alcuni anni di relativa tranquillità.
Se la situazione non dovesse precipitare — ipotesi certo improbabile — crediamo che questo meccanismo funzionerebbe alla perfezione, instaurando anche un nuovo senso di fiducia verso lo Stato.
Nel momento in cui invece la situazione precipitasse, si sarebbe comunque fatto un pezzo di strada nella giusta direzione. Non solo dal punto di vista finanziario, ma anche da quello politico e psicologico. Abituare le persone a strumenti nuovi in virtù di un passaggio straordinario potrebbe rivelarsi utile. E, a quel punto, il piccolo esercito degli investitori sull’estero — piccolo ma di certo aggressivo — dovrebbe confrontarsi con quello più ampio dei nuovi investitori sull’Italia.
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno il vecchio “Bot people” sarebbe tornato utile...
* Nel linguaggio giornalistico, l'insieme dei risparmiatori che, per prudenza, tendono a investire in sicuri titoli di Stato (come i BOT), tenendosi alla larga da titoli più rischiosi.
NOTE
[1] un mercato finanziario secondario è il luogo dove sono trattati i titoli già in circolazione, che vi rimangono fino alla loro eventuale scadenza, esso è concettualmente contrapposto al mercato finanziario primario dove il Mef colloca l'offerta pubblica iniziale di obbligazioni.
5 commenti:
All'inizio della crisi greca i titoli pluriennali scontavano un interesse del 15% 20% . Gli speculatori che hanno azzardato scommettendo sul non possibile default hanno realizzato guadagni notevoli. Ma sono stati pochi e comunque l'operazione non è risultata particolarmente attrattiva. I btp famiglia non credo possano essere maggiormente attrattivi, ne per la speculazione interna, ne tantomeno per le famiglie italiane. Non a caso Giavazzi e Alesina parlano di obbligo e nazionalizzazione. Il sorcio speculatore scansa a prima vista il boccone avvelenato, l'investitore privato dopo essere stato truffato dalla propria banca non credo che corra ad acquistare titoti garantiti da uno stato con un debito del 130% tendenzialmente in crescita e perciò a rischio default. Bot people si ma non beota people! Bolding che era un economista, se la prendeva con i suoi colleghi che credevano posdibile una crescita infinita in un mondo finito, Mazzei, che non credo neppure essere economista, pensa sia possibile combattere la speculazione con le armi della speculazione. Come si dice, un algoritmo vi sommergerà.....
ero io il lettore
grazie per la precisazione
Caro anonimo delle 13,31,
le critiche sono sempre utili, ma dire che il sottoscritto voglia "combattere la speculazione con le armi della speculazione" non è una critica, è non aver capito nulla di quanto ho scritto.
Della qual cosa mi scuso, perché sicuramente sono io che mi sono spiegato male... Ecco, appunto l'utilità della critica...
Sono certo tuttavia che quasi tutti i lettori hanno invece capito il senso del mio ragionamento, che è proprio quello di stroncare, non di "utilizzare" la speculazione.
Ovviamente i "Btp famiglia" sono solo un esempio, ma vanno appunto in quella direzione. Siamo certi che quello strumento funzionerebbe? Io penso di sì. Legittimamente altri possono pensare di no. Ma, a parte il fatto che non ho capito cosa lei pensi (anonimamente o meno) sul ricatto dello spread, il paragone con la Grecia non sta in piedi. Primo, perché la ricchezza finanziaria presente in Italia non è minimamente paragonabile (neppure in rapporto al pil) con quella greca; secondo, perché il debito greco tecnicamente era davvero in default, mentre non vedo pericoli simili per quello italiano.
Sono discorsi astratti tanto è vero che lo stesso Mazzei scrive “Se la situazione non precipitasse, ipotesi certo improbabile”, cioè è quasi certo che precipiterà
Nelle questioni finanziarie internazionali che riguardano gli Stati c'è un solo fattore che conta: con chi si è alleati?
Un paese come l'Italia può essere alleato dell'UE, che nella sua totalità ha un peso da poter far valere sui mercati finanziari, o degli US
Sembra che Lega-5* insieme a quella sorta di lobby che ha deciso di promuoverli, a cui appartiene anche Savona, potranno disporre del sostegno americano che, a detta di alcuni, andrà fino al punto di acquistare grandi quantità di debito italiano se lo spread dovesse salire oltre livelli sostenibili
Bisogna vedere quale sarà il risultato delle elezioni di midterm poi il quadro sarà più chiaro
Resta il fatto che con qualsiasi piano e anche con l'aiuto degli US la resa dei conti fra sovranismo e oligarchie globaliste non è più rimandabile
A partire da questo autunno il quadro politico ed economico assumerà contorni del tutto inediti e altrettanto “inedite” saranno le forme della lotta politica
La mia impressione è che fra i populisti esistano almeno alcune persone di rilievo che hanno piena coscienza dell'imminenza di una fase storica in cui si dovranno operare delle scelte nette e precise
A sinistra mi pare ce ne siano molto meno
Mi scuso. Ho peccato di sintesi. Per me la finanza e' specupazione. La frase giusta avrebbe dovuto essere "combattere la finanza con le armi della finanza" ma tant'e' . Il concetto e' lo stesso. Allettare all'investimento offrendo un buon rendimento si scontra con la logica della finanza che sempre piu' utilizza gli algoritmi per scegliere dove,quanto,quando e come investire. Basta chiedersi perche' tra gli investimenti su estero degli italiani buona parte sono buoni tedeschi che hanno un rendimento negativo! Non e' per autoflagellazione, si chiama valutazione del rischio. Giavazzi e Alesina di questo scrivono quando propongono nazionalizzazione delle banche e obbligo a disinvestire su estero e acquisto in buoni italici. Se non c'e' obbligo e nazionalizzazione i grandi investitori e quindi, ormai, quasi tutti ipiccoli, mantengono una diversificazione del portafoglio, appunto secondo l'imput dell'algoritmo. Come ho scritto non mi farei illusione sul bot people italico. E' sempre meno beota. Purtroppo non esiste alcuna soluzione soft al debito italiano incardinato nella moneta unica europea. Solo impedire alla finanza di fare la finanza potrebbe essere la soluzione. Appunto, una forzatura politica e non un qualsiasi escamotage da economista.....I gialloverdi sembrano andare da un'altra parte con la tassazione al15% per tutti. Un aiutino ai poveri ricchi italiani che per Salvini sono troppo tartassati, cosi quello che incassano in piu' lo possono investire in Bund tedeschi!
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