[ 15 agosto 2018 ]
Molti commentatori economici “antisovranisti” stanno utilizzando la crisi turca per contrastare la tesi secondo la quale è (di gran lunga) preferibile emettere e gestire la propria moneta nazionale.
La Turchia sta attraversando forti tensioni finanziarie e la lira turca si sta rapidamente svalutando. Meglio quindi essere nell’Eurosistema, “che ci protegge da questo tipo di problemi" ?
No, proprio per niente. I problemi della Turchia nascono da un eccesso di indebitamento in valuta estera, contratto durante i recenti anni di forte crescita economica, domanda interna effervescente e alti deficit commerciali.
Questi eccessi sono la prova delle difficoltà che possono nascere dalla libera e deregolamentata circolazione di capitali: uno dei principi basilari dell’Eurosistema, in effetti.
Indebitarsi in moneta estera è certamente un rischio. Usare l’euro al posto della propria moneta nazionale lo evita ? al contrario. Se si usa l’euro e si cessa di emettere la propria moneta, TUTTI i debiti – pubblici e privati – diventano debiti in moneta estera.
E infatti la crisi dei PIGS, nell’ambito dell’Eurosistema, si è venuta a creare nel 2009-2012 a causa di un eccesso di indebitamento estero, soprattutto privato, contratto per finanziare deficit commerciali (nel caso di Spagna, Portogallo e Grecia) o a causa di movimenti finanziari speculativi (Irlanda) o di bolle immobiliari (Spagna e Irlanda). Problemi in larga misura analoghi a quelli attuali della Turchia.
Tra l’altro la Turchia ha un rapporto debito pubblico / PIL molto basso (40% circa), su livelli simili a quelli di Spagna e Irlanda all’inizio della crisi: prova che i “conti pubblici in ordine” non evitano l’instabilità finanziaria.
Se c’è una cosa che la crisi turca, una volta di più, dimostra è che i mercati sono spesso inaffidabili nella loro valutazione di breve-medio termine riguardo all’affidabilità di un paese. E che è quindi potenzialmente catastrofico infilarsi in una situazione dove i mercati diventano il giudice supremo della “credibilità” dei paesi stessi – come è invece costretto a fare chi (i paesi dell’Eurozona) raccoglie debito (in particolare debito PUBBLICO) denominato in una moneta che non emette.
Che cosa avrebbe dovuto fare di diverso, la Turchia ? gestire il suo sviluppo economico con maggiore attenzione ai saldi commerciali esteri e regolare gli afflussi di capitale in valuta, limitando in particolare quelli che non davano solide garanzie di essere utilizzati per espandere produzione locale, in parte destinabile alle esportazioni.
Sento dire: i finanziamenti non sarebbero arrivati se non in valuta estera, perché della lira turca non ci si fidava. Probabile, o quantomeno non nella stessa misura. Questa però è un ulteriore prova della scarsa capacità di valutazione dei “mercati”: non gli va bene prendersi un rischio di svalutazione e però invece accettano un rischio di default… (o magari contano sul fatto che arriverà a tempo debito un Fondo Monetario Internazionale o una Troika a limitargli i danni e a far pagare il conto alle popolazioni locali…).
Ma comunque, con meno finanziamenti esteri in valuta sarebbero arrivati quelli meglio in grado di rientrare grazie a flussi di export futuri, e meno di quelli a sostegno dei consumi o della speculazione immobiliare. Crescita meno rapida, quindi, ma più equilibrata.
Che cosa può fare la Turchia, adesso ? come argomenta Krugman qui, prendere esempio da chi nel recente passato ha avuto problemi analoghi ed è stato in grado di uscirne: la Malesia nel 1998, l’Islanda nel 2009, l’Argentina nei primi anni dopo la crisi del 2001.
Nelle parole di Krugman, per un periodo transitorio “interrompere l’esplosione del rapporto d’indebitamento con una qualche combinazione di controlli temporanei sui capitali, per creare un coprifuoco sulle fuoriuscite “da panico”, ed eventualmente ripudiare una parte del debito in valuta estera”.
Tutte cose che un paese appartenente all’Eurosistema, ovviamente, non ha l’autonomia di mettere in atto.
La sovranità monetaria non evita QUALSIASI problema. Questa ovviamente non è la tesi. E’ sempre possibile, anche avendo la propria moneta, cedere alle lusinghe di chi, nelle fasi di euforia, offre credito facile in moneta estera. Ma i problemi attuali della Turchia non sarebbero stati evitati affatto usando l’euro. Al contrario, sarebbero scoppiati molti anni fa, come nel caso dei PIGS, e sarebbero poi stati ancora più difficili da risolvere.
La sovranità monetaria non evita e non risolve qualsiasi problema, ma fornisce delle leve di azione che avrebbero evitato all’Italia i problemi attuali, e gli darebbero gli strumenti per risolverli oggi.
Mantenendo il suo debito pubblico in lire, l’Italia non avrebbe avuto, nel 2011, alcuna crisi dello spread. E oggi potrebbe tranquillamente immettere nell’economia il potere d’acquisto necessario a rilanciare la domanda interna, nonché migliorare la propria competitività senza passare da lunghi e dolorosi processi di deflazione salariale.
L’Italia, al contrario della Turchia e degli altri PIGS, non ha mai avuto alti deficit commerciali né una posizione finanziaria netta sull’estero (“NIIP”) fortemente passiva. Nel 2017 in realtà i saldi commerciali esteri sono stati in surplus per oltre 50 miliardi. La NIIP è oggi negativa ma solo per l’8% del PIL circa.
L’Italia non ha bisogno di capitali esteri per tornare a crescere. Sono i vincoli dell’Eurosistema che generano, artificialmente, costrizioni il cui superamento è indispensabile per uscire, finalmente, dalla depressione economica.
No, proprio per niente. I problemi della Turchia nascono da un eccesso di indebitamento in valuta estera, contratto durante i recenti anni di forte crescita economica, domanda interna effervescente e alti deficit commerciali.
Questi eccessi sono la prova delle difficoltà che possono nascere dalla libera e deregolamentata circolazione di capitali: uno dei principi basilari dell’Eurosistema, in effetti.
Indebitarsi in moneta estera è certamente un rischio. Usare l’euro al posto della propria moneta nazionale lo evita ? al contrario. Se si usa l’euro e si cessa di emettere la propria moneta, TUTTI i debiti – pubblici e privati – diventano debiti in moneta estera.
E infatti la crisi dei PIGS, nell’ambito dell’Eurosistema, si è venuta a creare nel 2009-2012 a causa di un eccesso di indebitamento estero, soprattutto privato, contratto per finanziare deficit commerciali (nel caso di Spagna, Portogallo e Grecia) o a causa di movimenti finanziari speculativi (Irlanda) o di bolle immobiliari (Spagna e Irlanda). Problemi in larga misura analoghi a quelli attuali della Turchia.
Tra l’altro la Turchia ha un rapporto debito pubblico / PIL molto basso (40% circa), su livelli simili a quelli di Spagna e Irlanda all’inizio della crisi: prova che i “conti pubblici in ordine” non evitano l’instabilità finanziaria.
Se c’è una cosa che la crisi turca, una volta di più, dimostra è che i mercati sono spesso inaffidabili nella loro valutazione di breve-medio termine riguardo all’affidabilità di un paese. E che è quindi potenzialmente catastrofico infilarsi in una situazione dove i mercati diventano il giudice supremo della “credibilità” dei paesi stessi – come è invece costretto a fare chi (i paesi dell’Eurozona) raccoglie debito (in particolare debito PUBBLICO) denominato in una moneta che non emette.
Che cosa avrebbe dovuto fare di diverso, la Turchia ? gestire il suo sviluppo economico con maggiore attenzione ai saldi commerciali esteri e regolare gli afflussi di capitale in valuta, limitando in particolare quelli che non davano solide garanzie di essere utilizzati per espandere produzione locale, in parte destinabile alle esportazioni.
Sento dire: i finanziamenti non sarebbero arrivati se non in valuta estera, perché della lira turca non ci si fidava. Probabile, o quantomeno non nella stessa misura. Questa però è un ulteriore prova della scarsa capacità di valutazione dei “mercati”: non gli va bene prendersi un rischio di svalutazione e però invece accettano un rischio di default… (o magari contano sul fatto che arriverà a tempo debito un Fondo Monetario Internazionale o una Troika a limitargli i danni e a far pagare il conto alle popolazioni locali…).
Ma comunque, con meno finanziamenti esteri in valuta sarebbero arrivati quelli meglio in grado di rientrare grazie a flussi di export futuri, e meno di quelli a sostegno dei consumi o della speculazione immobiliare. Crescita meno rapida, quindi, ma più equilibrata.
Che cosa può fare la Turchia, adesso ? come argomenta Krugman qui, prendere esempio da chi nel recente passato ha avuto problemi analoghi ed è stato in grado di uscirne: la Malesia nel 1998, l’Islanda nel 2009, l’Argentina nei primi anni dopo la crisi del 2001.
Nelle parole di Krugman, per un periodo transitorio “interrompere l’esplosione del rapporto d’indebitamento con una qualche combinazione di controlli temporanei sui capitali, per creare un coprifuoco sulle fuoriuscite “da panico”, ed eventualmente ripudiare una parte del debito in valuta estera”.
Tutte cose che un paese appartenente all’Eurosistema, ovviamente, non ha l’autonomia di mettere in atto.
La sovranità monetaria non evita QUALSIASI problema. Questa ovviamente non è la tesi. E’ sempre possibile, anche avendo la propria moneta, cedere alle lusinghe di chi, nelle fasi di euforia, offre credito facile in moneta estera. Ma i problemi attuali della Turchia non sarebbero stati evitati affatto usando l’euro. Al contrario, sarebbero scoppiati molti anni fa, come nel caso dei PIGS, e sarebbero poi stati ancora più difficili da risolvere.
La sovranità monetaria non evita e non risolve qualsiasi problema, ma fornisce delle leve di azione che avrebbero evitato all’Italia i problemi attuali, e gli darebbero gli strumenti per risolverli oggi.
Mantenendo il suo debito pubblico in lire, l’Italia non avrebbe avuto, nel 2011, alcuna crisi dello spread. E oggi potrebbe tranquillamente immettere nell’economia il potere d’acquisto necessario a rilanciare la domanda interna, nonché migliorare la propria competitività senza passare da lunghi e dolorosi processi di deflazione salariale.
L’Italia, al contrario della Turchia e degli altri PIGS, non ha mai avuto alti deficit commerciali né una posizione finanziaria netta sull’estero (“NIIP”) fortemente passiva. Nel 2017 in realtà i saldi commerciali esteri sono stati in surplus per oltre 50 miliardi. La NIIP è oggi negativa ma solo per l’8% del PIL circa.
L’Italia non ha bisogno di capitali esteri per tornare a crescere. Sono i vincoli dell’Eurosistema che generano, artificialmente, costrizioni il cui superamento è indispensabile per uscire, finalmente, dalla depressione economica.
* Fonte: BASTA EUROCRISI
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