[ 26 settembre]
A proposito di un incredibile articolo di Giorgio Lunghini
Poi c'è chi si chiede come mai, davanti al disastro dell'euro, la sinistra brancoli nel buio più della destra. Certo, c'è il problema della direzione politica e non è poco. Ma ci sono anche economisti che sparano immani stupidaggini spacciandole per verità. Il bello è che le loro improbabili certezze neppure provano a spiegarle. Le buttano lì come fossero indiscutibili, tanto per quella mercanzia un Manifesto che le pubblica si trova sempre, così come è sicuro che un anemico sito come quello del Prc le rilancerà con gioia.
E' questo il caso di un articolo di Giorgio Lunghini, uscito venerdì scorso. L'articolo è talmente maldestro che ce occupiamo solo per l'indiscussa fama dell'autore. Il fatto che certe cose vengano dette da un illustre cattedratico, già presidente della Società italiana degli economisti, è infatti la migliore dimostrazione di come l'ideologia (in questo caso quella eurista) prevalga quasi sempre su cultura, conoscenza, esperienza e capacità d'analisi che certo al Nostro non mancano.
Vediamo di cosa si tratta.
Nel breve testo intitolato "Le conseguenze di un'uscita dall'euro", Lunghini giunge a vette davvero ineguagliate. La sua non è un'analisi più o meno pacata, ma un elenco di traumi economici che colpirebbero il Paese al determinarsi del temuto evento. Il fatto è che neppure gli euristi più sfegatati, i liberisti più accaniti, gli indefessi adoratori della moneta unica a prescindere, sono mai giunti a sparare certe cifre.
Non siamo tra quelli che pensano che l'uscita dall'euro sarà una passeggiata. Non lo sarà di certo, ma i ceti popolari da molti anni non "passeggiano". Non siamo comunque tra coloro che si nascondono i problemi di una scelta pure necessaria. Ma che a sinistra circolino ancora "ragionamenti" terroristici come quello di Lunghini è di una gravità inaudita.
Esageriamo a parlare di terrorismo? Giudichino i lettori.
Prendiamo due previsioni contenute nel suo articolo, quella sul livello di inflazione e quella sulla caduta del Pil che si determinerebbe con l'uscita dall'euro.
Partiamo dall'inflazione, che secondo l'economista salirebbe al 20% annuo, non si sa - bontà sua - per quanti anni. Alla base di questa previsione ce n'è un'altra concernente la percentuale di svalutazione, che egli stima al 30% nei confronti della Germania.
Ora, a parte il fatto che il 30% sulla Germania (calcolato sulla base della perdita di competitività verso quel paese) non è un 30% applicabile all'intera area euro, qui il punto è un altro. Ed è che non si capisce da cosa spunti fuori il 20% di inflazione, se non dal manifesto desiderio di terrorizzare i lettori.
In proposito è sufficiente ricordare due eventi, uno di un quarto di secolo fa, ed un altro invece recentissimo.
Il primo è quello della famosa svalutazione della lira rispetto al marco (anche qui, si badi, rispetto al marco, non ad un indistinto paniere di monete) del settembre 1992. Quella svalutazione finì per attestarsi proprio sul temuto 30% di cui ci parla oggi Lunghini. Bene. Quale fu l'effetto sull'inflazione di quella svalutazione? L'inflazione media del triennio successivo (1993-1995) fu del 4,6%. Oggi può sembrare molto, ma l'inflazione media del triennio precedente a tassi fissi (1990-1992) - era stata del 5,9%! Come si vede la realtà è a volte un po' diversa da come ce la raccontano.
E il confronto con la Germania? Uno si aspetterebbe l'esplosione del differenziale di inflazione dopo il 1992. E invece quel differenziale, che era pari al 2,7% nel triennio 1990-1992 (quello precedente la svalutazione), scende sorprendentemente all'1,6% nel triennio post-svalutazione (1993-1995) nel quale la lira arriva a deprezzarsi fino al 50% sul marco (esattamente il picco che Lunghini ipotizza oggi uscendo dall'euro), per poi scendere all'1,2% nel triennio successivo (1996-1998) quando la lira prende a rivalutarsi.
Lungo sarebbe il discorso sulle ragioni di tutto ciò, e magari uno come Lunghini potrebbe utilizzare la sua scienza per illuminarci un po' su questo, ma due dati balzano agli occhi di chiunque: primo, non ci fu alcun vero effetto inflattivo determinato dalla svalutazione del 1992; secondo, siamo comunque nel campo dei decimali, non certo dei rotondi 20% messi lì solo per incutere terrore. Che l'andamento dell'inflazione dipenda da numerose altre variabili, oltre che dalla variazione dei cambi, ci pare comunque cosa assai evidente.
Questa osservazione è in realtà piuttosto banale, anche se così non sembra all'illustre economista. C'è però un fatto recente che dimostra quanto egli abbia torto. Negli ultimi due anni l'euro si è svalutato di circa il 20% sul dollaro, eppure abbiamo l'inflazione a zero. Se il Nostro avesse ragione, e tenendo conto della maggiore importanza della valuta americana, con la quale si effettuano i pagamenti delle principali materie prime importate, dovremmo avere un'inflazione a due cifre. E invece siamo a zero. Perché Lunghini omette questo piccolo particolare? Anche qui, giudichino i lettori.
Veniamo ora al disastro annunciato del Pil. Se sull'inflazione Lunghini ha sparato a caso giusto per impressionare, è sul Pil che dà il meglio di se. Citiamo:
E' questo il caso di un articolo di Giorgio Lunghini, uscito venerdì scorso. L'articolo è talmente maldestro che ce occupiamo solo per l'indiscussa fama dell'autore. Il fatto che certe cose vengano dette da un illustre cattedratico, già presidente della Società italiana degli economisti, è infatti la migliore dimostrazione di come l'ideologia (in questo caso quella eurista) prevalga quasi sempre su cultura, conoscenza, esperienza e capacità d'analisi che certo al Nostro non mancano.
Vediamo di cosa si tratta.
Nel breve testo intitolato "Le conseguenze di un'uscita dall'euro", Lunghini giunge a vette davvero ineguagliate. La sua non è un'analisi più o meno pacata, ma un elenco di traumi economici che colpirebbero il Paese al determinarsi del temuto evento. Il fatto è che neppure gli euristi più sfegatati, i liberisti più accaniti, gli indefessi adoratori della moneta unica a prescindere, sono mai giunti a sparare certe cifre.
Non siamo tra quelli che pensano che l'uscita dall'euro sarà una passeggiata. Non lo sarà di certo, ma i ceti popolari da molti anni non "passeggiano". Non siamo comunque tra coloro che si nascondono i problemi di una scelta pure necessaria. Ma che a sinistra circolino ancora "ragionamenti" terroristici come quello di Lunghini è di una gravità inaudita.
Esageriamo a parlare di terrorismo? Giudichino i lettori.
Prendiamo due previsioni contenute nel suo articolo, quella sul livello di inflazione e quella sulla caduta del Pil che si determinerebbe con l'uscita dall'euro.
Partiamo dall'inflazione, che secondo l'economista salirebbe al 20% annuo, non si sa - bontà sua - per quanti anni. Alla base di questa previsione ce n'è un'altra concernente la percentuale di svalutazione, che egli stima al 30% nei confronti della Germania.
Ora, a parte il fatto che il 30% sulla Germania (calcolato sulla base della perdita di competitività verso quel paese) non è un 30% applicabile all'intera area euro, qui il punto è un altro. Ed è che non si capisce da cosa spunti fuori il 20% di inflazione, se non dal manifesto desiderio di terrorizzare i lettori.
In proposito è sufficiente ricordare due eventi, uno di un quarto di secolo fa, ed un altro invece recentissimo.
Il primo è quello della famosa svalutazione della lira rispetto al marco (anche qui, si badi, rispetto al marco, non ad un indistinto paniere di monete) del settembre 1992. Quella svalutazione finì per attestarsi proprio sul temuto 30% di cui ci parla oggi Lunghini. Bene. Quale fu l'effetto sull'inflazione di quella svalutazione? L'inflazione media del triennio successivo (1993-1995) fu del 4,6%. Oggi può sembrare molto, ma l'inflazione media del triennio precedente a tassi fissi (1990-1992) - era stata del 5,9%! Come si vede la realtà è a volte un po' diversa da come ce la raccontano.
E il confronto con la Germania? Uno si aspetterebbe l'esplosione del differenziale di inflazione dopo il 1992. E invece quel differenziale, che era pari al 2,7% nel triennio 1990-1992 (quello precedente la svalutazione), scende sorprendentemente all'1,6% nel triennio post-svalutazione (1993-1995) nel quale la lira arriva a deprezzarsi fino al 50% sul marco (esattamente il picco che Lunghini ipotizza oggi uscendo dall'euro), per poi scendere all'1,2% nel triennio successivo (1996-1998) quando la lira prende a rivalutarsi.
Lungo sarebbe il discorso sulle ragioni di tutto ciò, e magari uno come Lunghini potrebbe utilizzare la sua scienza per illuminarci un po' su questo, ma due dati balzano agli occhi di chiunque: primo, non ci fu alcun vero effetto inflattivo determinato dalla svalutazione del 1992; secondo, siamo comunque nel campo dei decimali, non certo dei rotondi 20% messi lì solo per incutere terrore. Che l'andamento dell'inflazione dipenda da numerose altre variabili, oltre che dalla variazione dei cambi, ci pare comunque cosa assai evidente.
Questa osservazione è in realtà piuttosto banale, anche se così non sembra all'illustre economista. C'è però un fatto recente che dimostra quanto egli abbia torto. Negli ultimi due anni l'euro si è svalutato di circa il 20% sul dollaro, eppure abbiamo l'inflazione a zero. Se il Nostro avesse ragione, e tenendo conto della maggiore importanza della valuta americana, con la quale si effettuano i pagamenti delle principali materie prime importate, dovremmo avere un'inflazione a due cifre. E invece siamo a zero. Perché Lunghini omette questo piccolo particolare? Anche qui, giudichino i lettori.
Veniamo ora al disastro annunciato del Pil. Se sull'inflazione Lunghini ha sparato a caso giusto per impressionare, è sul Pil che dà il meglio di se. Citiamo:
«Come conseguenza di tutto ciò(degli effetti dell'uscita dall'euro, ndr), la caduta del Pil dell’Italia sarebbe pari a circa il 40% nel primo anno e al 15% negli anni successivi per almeno un triennio».
Avete letto bene: meno quaranta per cento, così per iniziare; poi un bel meno quindici per cento per almeno un triennio. Insomma l'azzeramento dell'economia italiana. Ma si può!!!???
Ora, ricordandoci che la pazienza è una virtù, andiamo a vedere il precedente di un autentico disastro: quello dell'Argentina. Quando uno dice Argentina sa di dire una cosa paurosa, che evoca i peggiori timori, l'esperienza peggiore che possa capitare all'economia di una nazione. E allora andiamo a vedere i dati di quell'inferno.
Nel 2002, anno in cui (a gennaio) viene abbandonato il cambio fisso con il dollaro, ed il pesoinizia a fluttuare, il Pil cala del 14,7%. Un calo drammatico e con gravissime conseguenze sociali, prima tra tutte la disoccupazione. Il calo, peraltro, fu anche il frutto del precipitare di una recessione già iniziata (proprio a causa del cambio fisso) nel 1999. In ogni caso drammatico, ma parliamo di un 14,7% in un paese con un'economia assai più debole di quella italiana, non certo dell'assurdo 40% che spara Lunghini per il nostro paese.
Questo per il primo anno. E negli anni seguenti? Per l'Italia il Nostro ha già parlato: meno quindici per cento all'anno, almeno per tre anni. E in Argentina, cosa successe al Pil negli anni successivi al divorzio con il dollaro? E' presto detto: +8,7% nel 2003, +8,3% nel 2004, +9,2% nel 2005, +8,5% nel 2006, +8,7% nel 2007. Detto in altri termini: in due anni si è più che recuperata la perdita del 2002, mentre nei cinque anni successivi allo sganciamento dal dollaro la crescita cumulata è stata del 51,6%. Dobbiamo aggiungere altro?
In Italia invece, rimanendo nell'euro, abbiamo un Pil inferiore dell'8% a quello dei livelli pre-crisi del 2007. Ecco le virtù della moneta unica! Ma i drammi sociali prodotti da questa situazione non preoccupano Lunghini quanto quelli ipotetici che seguirebbero l'uscita dall'euro.
Ad ogni modo, la cosa che grida vendetta è che il Nostro prevede per l'Italia —non si sa come, ma lasciamo perdere— un'Argentina moltiplicato tre per il primo anno post-euro, mentre per gli anni successivi il disastro continuerebbe, contraddicendo —ed anche qui non si sa perché— quanto avvenuto nel caso argentino.
Ora, la sparata è talmente colossale che conviene lasciare da parte ogni dettaglio tecnico. E' evidente che qui siamo davanti ad una religione, quella dell'euro, di fronte alla quale chi vi aderisce perde il lume della ragione. Che oggi, nell'anno 2016, si debbano leggere ancora robe di questo tipo fa però un certo effetto. Non che gli argomenti del Nostro siano nuovi. Al contrario, sono vecchissimi. Ma mentre nel campo degli economisti mainstream si evita ormai il ricorso a cifre così insensate, a sinistra invece non si riesce proprio a farne a meno.
"Sinistra"?
Ora, ricordandoci che la pazienza è una virtù, andiamo a vedere il precedente di un autentico disastro: quello dell'Argentina. Quando uno dice Argentina sa di dire una cosa paurosa, che evoca i peggiori timori, l'esperienza peggiore che possa capitare all'economia di una nazione. E allora andiamo a vedere i dati di quell'inferno.
Nel 2002, anno in cui (a gennaio) viene abbandonato il cambio fisso con il dollaro, ed il pesoinizia a fluttuare, il Pil cala del 14,7%. Un calo drammatico e con gravissime conseguenze sociali, prima tra tutte la disoccupazione. Il calo, peraltro, fu anche il frutto del precipitare di una recessione già iniziata (proprio a causa del cambio fisso) nel 1999. In ogni caso drammatico, ma parliamo di un 14,7% in un paese con un'economia assai più debole di quella italiana, non certo dell'assurdo 40% che spara Lunghini per il nostro paese.
Questo per il primo anno. E negli anni seguenti? Per l'Italia il Nostro ha già parlato: meno quindici per cento all'anno, almeno per tre anni. E in Argentina, cosa successe al Pil negli anni successivi al divorzio con il dollaro? E' presto detto: +8,7% nel 2003, +8,3% nel 2004, +9,2% nel 2005, +8,5% nel 2006, +8,7% nel 2007. Detto in altri termini: in due anni si è più che recuperata la perdita del 2002, mentre nei cinque anni successivi allo sganciamento dal dollaro la crescita cumulata è stata del 51,6%. Dobbiamo aggiungere altro?
In Italia invece, rimanendo nell'euro, abbiamo un Pil inferiore dell'8% a quello dei livelli pre-crisi del 2007. Ecco le virtù della moneta unica! Ma i drammi sociali prodotti da questa situazione non preoccupano Lunghini quanto quelli ipotetici che seguirebbero l'uscita dall'euro.
Ad ogni modo, la cosa che grida vendetta è che il Nostro prevede per l'Italia —non si sa come, ma lasciamo perdere— un'Argentina moltiplicato tre per il primo anno post-euro, mentre per gli anni successivi il disastro continuerebbe, contraddicendo —ed anche qui non si sa perché— quanto avvenuto nel caso argentino.
Ora, la sparata è talmente colossale che conviene lasciare da parte ogni dettaglio tecnico. E' evidente che qui siamo davanti ad una religione, quella dell'euro, di fronte alla quale chi vi aderisce perde il lume della ragione. Che oggi, nell'anno 2016, si debbano leggere ancora robe di questo tipo fa però un certo effetto. Non che gli argomenti del Nostro siano nuovi. Al contrario, sono vecchissimi. Ma mentre nel campo degli economisti mainstream si evita ormai il ricorso a cifre così insensate, a sinistra invece non si riesce proprio a farne a meno.
"Sinistra"?
Ecco, forse su questo ci sarebbe da discutere. Un tempo "sinistra" significava anche, tra le altre cose, volontà di cambiamento, coraggio nell'affrontare il difficile compito della trasformazione dell'esistente. Oggi, ecco cosa ci propone invece Lunghini nella sua conclusione: «In breve, l’Unione Economica e Monetaria europea è come l'«Hotel California nella canzone degli Eagles: forse sarebbe stato meglio non entrare, ma una volta dentro è impossibile uscire».
Eccoci così arrivati al decisivo inno alla conservazione! Peggio: alla conservazione non per un supposto bene (come fanno da sempre gli "onesti" conservatori), ma per l'impossibilità anche solo di pensare ad un'alternativa al male presente.
E' sicuramente anche per questo male dell'anima che si vanno poi a sparare certe cifre. Ma in questo modo non ci si salva di certo né l'anima né la reputazione.
Eccoci così arrivati al decisivo inno alla conservazione! Peggio: alla conservazione non per un supposto bene (come fanno da sempre gli "onesti" conservatori), ma per l'impossibilità anche solo di pensare ad un'alternativa al male presente.
E' sicuramente anche per questo male dell'anima che si vanno poi a sparare certe cifre. Ma in questo modo non ci si salva di certo né l'anima né la reputazione.
64 commenti:
Bravo
ECCELLENTE
Ma basta andare a Londra per vedere com'è andata... Comunque, senza uscire, noi possiamo sempre emettere un euro elettronico a 5 stelle: http://seigneuriage.blogspot.it/2016/09/proposta-ai-5-stelle-un-euro-5-stelle.html
Leggere qui e sentirsi un po' meno soli.
Grazie per queste parole.
Lunghini ha dato i numeri e questo è un fatto ma ha poco senso controbattere prendendo come esempio la svalutazione del '92 per dire che ebbe un impatto modesto sull'inflazione se poi non si dice che quella svalutazione ebbe un impatto significativo sul debito pubblico, sulla quota salari, sui salari reali e sulla disoccupazione.
"Sinistra" significa ancora "volontà di cambiamento" e "coraggio nell'affrontare il difficile compito della trasformazione dell'esistente." ma se il coraggio espone il mondo del lavoro ad un rischio mortale, allora è meglio essere più prudenti.
Com'è Peter? La svalutazione del 92 ebbe un impatto significativo sul debito pubblico?
In che senso se è possibile saperlo.
Non è che ti sei perso il passaggio fondamentale che il percorso dell'Italia in quel dato momento era già fissato, e che è proprio questo aver fissato un DETERMINATO percorso ad aver avuto un impatto significativo? (col beneamato placito "da'a'sinistra" tua).
"Sinistra" significa ancora "volontà di cambiamento".
Sinistra vuol dire non prendere per il culo la classe lavoratrice.
E hai rotto un pochino il cazzo con 'sti slogan da salotto Vendoliano.(hai la erre moscia per caso?)
Sui tecnicismi si può e si deve discutere. Ma qui siamo ancora ai tempi del "teorema della piscina". Tanto Lunghini sa nuotare. E pure tu, a quanto pare.
p.s. solitamente mi firmo. Pubblico i miei estremi se pubblichi i tuoi.
Yanez, ti prego, ti prego...
Rimetti in ordine logico le cose!
Le cause PRECEDONO gli effetti. Così pure i moventi (sono cause finali).
Però siccome dai sui nervi, arrangiati a scoprire a cosa mi riferisco.
Ma non salverai tu quel cialtrone aggiungendo cialtronate. Il debito pubblico non esplose nel 92 ma piuttosto tra l'81 ed il '92 grazie all'esplosione della spesa per interessi provocata dal divorzio Tesoro-Banca d'Italia, in ottemperanza ai desiderata dello SME, cioè della Germania ordoliberista.
L'unico coraggio esibito ora dalla SSinistra sta nella riscrittura orwelliana della realtà. Gli utili idioti come Peter faranno la fine dell'ultimo giapponese in fondo alla foresta.
Punto.
Ho sentito parlare Lunghini una volta sola, una conferenze sulla seconda Guerra del Golfo.
Per dimostrare gli elevatissimi costi a cui gli Usa andavano incontro, si rifece a un'unica fonte, un lavoro di Stiglitz.
Strano che non si sia di nuovo rifatto a questa fonte, visto che Stiglitz ha appena scritto un libro in cui demolisce la moneta unica; sarebbe per lui un'ottima occasione per dimostrare che l'illustre Premio Nobel ha preso un cantonata...
Insomma, pare proprio che le persone come Lunghini non solo abbiano perso ogni contatto con la realtà, ma anche con la loro stessa professione. Inquietante.
Vista la mancanza di fonti e prove ai dati indicati, si potrebbe tranquillamente annoverare fra gli effetti dell'uscita dall'euro anche l'invasione delle locuste, la morte dei figli primogeniti e la transmutazione dell'acqua in sangue... mah, ragazzi, io vi consiglio la lettura di un economista non certo in odore di leghismo come Sergio Cesaratto, ha scritto ultimamente un libro molto istruttivo su come l'euro sia in realtà una costruzione di destra...
Tutta la sinistra italiana si è dimostrata fedelmente eurista, nessuna differenza dal PD in questi anni
Mentre, adesso, il debito pubblico sta scendendo. Vero?
Mon dieu, sembra assistere alla lezionicina dell'Ego-nomista senza laurea Giannino.
Non c'é alcuna speranza. Come disse Moretti "con questi qui non si va da nessuna parte". Siete ignoranti, bugiardi e senza dignitá.
Prevedo il peggio
Mon dieu! E' proprio vero. Egonomisti come Lunghini porteranno il Paese alla totale rovina e così pure la sinistra.
Del resto, ha studiato alla Bocconi.
Che ci si può aspettare?
Siamo alle prese con previsioni a dir poco catastrofiche, irreali, del tutto inventate e prive di ancoraggio con gli eventi storici del nostro paese (crisi del 92). Un vero delirio propagandistico, quello di Lunghini, volto a garantire una diga di disinformazione nei confronti dei ceti popolari colpiti duramente dalla crisi e dalle ricette UE a difesa della moneta unica. Che la sinistra si erga a difesa ultima, costi quel che costi, di una costruzione liberista, antipopolare e oligarchica come l' euro e l' UE è il segno terribile della crisi gravissima del pensiero e dell' autonomia di critica di questa area politica. Se questo è il livello della elaborazione degli intellettuali della sinistra prevedo per i ceti sociali subalterni tempi bui, durissimi e sconfitte storiche. E la vittoria sicura della destra, quella peggiore.
Complimenti al compagno confutatore delle tesi, si fa per dire, del noto economista; complimenti per la chiarezza espositiva ed il rigore logico; complimenti per aver avuto il coraggio di leggere fino alla fine le controintuitive previsione del noto economista.
Tristezza infinita che a sinistra, ma non solo, ci si debba ancora prendere la briga di confutare ciò che è ontologicamente inconfutabile, cioè il nulla.
Un ottimo e chiaro post. Grazie.
Errore di calcolo in questo capoverso:
"E' presto detto: +8,7% nel 2003, +8,3% nel 2004, +9,2% nel 2005, +8,5% nel 2006, +8,7% nel 2007. Detto in altri termini: in due anni si è più che recuperata la perdita del 2002, mentre nei cinque anni successivi allo sganciamento dal dollaro la crescita cumulata è stata del 51,6%."
La somma sul lustro è del 43,4%
Noto che i fans di Bagnai citano questo economista che spara cifre senza dati. Ora in effetti sparare cifre sul dopo è poco scientifico, in questo anche il Prof Bagnai dice cazzate. Chi può dire il livello di inflazione dopo l'uscita dall'euro, dato che la situazione sarebbe del tutto nuova e non confrontabile. La mia modesta opinione, in questo club di sfegatati noeuro o proeuro, in cui l'ideologia la fa da padrone, è che all'Italia conviene che esca dall'Euro la Germania e noi rimaniamo insieme agli altri paesi del sud. Perchè questo ? perchè oramai la frittata è stata fatta, con l'entrata nell'euro i nostri debiti sono in euro e non possiamo convertirli perchè appunto tu sei debitore e non creditore e di regola decide il creditore. Se hai bisogno di soldi per tenere il piedi il tuo sistema di welfare o stampi moneta (= carta straccia) oppure vai sul mercato e chiedi prestiti al tasso che il creditore è disposto a farti. Certo io sono liberale, a me della questione sinistra non interessa, voglio poco Stato nell'economia con euro o senza euro
Chiaro, lucidissimo ed efficace come sempre. Grazie, Leonardo.
@Francesco, le percentuali, queste sconosciute!
L'articolo ha i numeri corretti (ho ricontrollato, son corretti anche i decimali, viene 51,6%, sei tu che dai i numeri.
Sono crescite percentuali rispetto all'anno precedente, non rispetto all'anno dell'uscita! Ripresentati all'esame di terza media!
Per chi non ha capito le percentuali provo con un giochino... Se qualcosa che vale 100 aumenta del 10% arriva a 110, se poi cala del 10% non torna a 100, ma poiché il 10% di 110 è 11, cala a 99%.
Morale: non giocate in borsa.
@Riccardino
Oltre che liberale sei tecnicamente ignorante (nel senso che ignori la Lex Monetae regolata dagli artt. 1277 e seguenti del codice civile.
P.s. se hai un debito piccolo con qualcuno, hai un piccolo problema. Se hai un debito medio, hai medio problema. Se hai un grosso debito con qualcuno... Il problema c'è l'ha lui!
Riccardino, visto che sei liberale, sulla questione del pagamento del debito nelle forme e monete decise unilateralmente dal creditore ci andrei un po' cauto. Se sei liberale (e non usuraio), come ti professi, allora credi nello Stato di diritto. Dovresti per lo meno credere nel valore della legge. Ecco, allora leggiti prima le norme del codice civile e poi riconsidera le tue presunte certezze sul tema.
Intanto ringrazio Stefano Longagnani sia per aver chiarito a Francesco la correttezza del mio calcolo sulla crescita cumulata dell'Argentina dopo la dedollarizzazione, sia per aver ricordato a Riccardino la Lex Monetae. Recita così il citato art. 1277 cc:
"Debito di somma di danaro
I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale.
Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima".
C'è bisogno di aggiungere altro? Con l'uscita dell'Italia dall'euro i problemi ce li avranno semmai i creditori esteri, non i debitori italiani che si ritroveranno automaticamente con un debito svalutato.
Riccardino pone altre due questioni: 1) il fatto che con la fine dell'euro si determinerebbe una situazione del tutto nuova, tale da rendere difficile ogni previsione; 2) la considerazione che per l'Italia sarebbe meglio un'uscita della Germania.
Sul primo punto si può dire che certo la situazione sarebbe del tutto nuova, dato che una follia come l'euro non ha precedenti, ma questo significa che non ci siano esperienze alle quali riferirsi? Ma vogliamo scherzare? Se non consideriamo i precedenti storici, su cosa dovremmo basarci, sui folli numeri dei vari Lunghini in circolazione?. Non dico che le cose andrebbero esattamente come nel 1992 - potrebbero andare un po' peggio od un po' meglio - ma le dinamiche non sarebbero poi così diverse. E quella diversità risiede innanzitutto nella politica che vorrà fare il governo che gestirà l'uscita.
Secondo punto: l'uscita della Germania sarebbe preferibile ad un'uscita dell'Italia? In generale sì, almeno si eviterebbe la corsa agli sportelli bancari. Ma bisognerebbe spiegarlo alla Germania... Non si eviterebbe invece, né in un caso né nell'altro, la speculazione e la fuga dei capitali verso la moneta più forte. Tutto ciò conferma che l'uscita ha da essere fulminea (sia in un caso che nell'altro) ed accompagnata da un rigido controllo sul movimento dei capitali. C'è riuscita l'UE durante la crisi di Cipro, perché non dovrebbe riuscirci l'Italia?
Leonardo Mazzei
C'È ancora chi pensa che sia il Codice Civile a determinare l'atteggiamento dei creditori. Sono i rapporti di forza che fanno le norme e non viceversa.
@ Leonardo Mazzei ( commento delle 9.17)
"Non dico che le cose andrebbero esattamente come nel 1992 - potrebbero andare un po' peggio od un po' meglio - ma le dinamiche non sarebbero poi così diverse."
Quindi più debito pubblico, riduzione quota salari, meno potere d'acquisto, più disoccupazione
Dipende sempre dai rapporti di forza.
Quelle che citi furono conseguenza della cieca caparbietà di voler rientrare al più presto nello SME e di partecipare alla "cuccagna" dell' euro, cosa che invece la Gran Bretagna si guardò bene bene dal fare.
Da buon liberale mi sono rotto il cazzo di sentir parlare di euro come progetto liberale o liberisti o neoliberlista o altre cazzate simili, mentre euro e UE sono figli della sinistra come lo stesso MAZZEI deve ammettere obtorto collo, salvo poi rimangiarsi le proprie affermazioni.
Ripeto: se siamo nella UE e nell'euro è colpa di gente come ciampi e come prodi e come monti, tutti cocchetti della sinistra.
Intanto Thatcher e Friedman malmenavano e sbertucciavano i vertici della UE
Ricordo pure che per meglio fottere gli italiani la UE ha mandato monti e per farlo ha dovuto abbattere con un colpo di stato il governo Berlusconi che si proclamava liberale mentre il popolo di sinistra festeggiava in piazza.
Quindi cari sinistri, se i vostri rappresentanti vi hanno tradito e fatto becchi, grattatevi le corna in famiglia senza rompere i coglioni a chi non c'entra niente e senza cercare comodi capri espiatori come era tradizione della meglio URSS
Scusate il tono volgare ma in certe occasione è necessario usarlo ed è anche un diritto
@ Ippolito Grimaldi
Se si prende la svalutazione del '92 come un precedente storico paradigmatico per prefigurare le dinamiche che potrebbero entrare in gioco nel caso di un'uscita dell'Italia dall'€, bisogna prendere in esame TUTTI gli elementi rilevanti, non solo quelli che fanno comodo.
Se si dice che in caso di uscita dall'€ "le dinamiche non sarebbero poi così diverse" rispetto a quelle del '92 allora bisogna dire che l'uscita dall'€ con relativa svalutazione potrebbe comportare:
- una manovra finanziaria da oltre 120 miliardi lire, circa l'8% del Pil (tale fu l'entità delle manovre di Amato)
- un impatto negativo immediato sul Pil (nel 1993 fu dello 0,9%) la cui entità non è però prevedibile perché uscire da una moneta unica nelle condizioni attuali, dopo aver perso il 10% di Pil dal 2008, è una cosa COMPLETAMENTE diversa rispetto all'uscire da un accordo di cambio dopo anni di crescita
- una crescita significativa del rapporto debito pubblico/Pil (nel 1993 crebbe di 10 punti rispetto al 1992, passò dal 105% al 115%, e salì di 6 punti anche nel 1994)
- un aumento del tasso di disoccupazione (nel 1993 passò dall'8.4% al 9.5% e salì fino al 1998 (12%), poi cominciò a scendere
- nell'anno di crisi (1993) e nei 2 anni successivi la quota salari calò dell'8.60% sul Pil ed i salari reali calarono del 4.08% sul Pil.
Se si dice che questi effetti negativi "furono conseguenza della cieca caparbietà di voler rientrare al più presto nello SME e di partecipare alla "cuccagna" dell' euro"
allora la svalutazione del '92 non può più funzionare come un precedente storico rassicurante ma diventa semplicemente la tappa di avvicinamento ad un errore storico: l'€.
Ma se questa è la valutazione, ne consegue che era meglio fallire piuttosto che cercare di raddrizzare la baracca per rimanere agganciati all'Europa e che un'economia di tipo sudamericano è preferibile ad un'economia avanzata.
No, guarda dopo aver bruciato oltre 60 miliardi di dollari in difesa della lira, io avrei anche venduto tutte le riserve auree, purtroppo non mi hanno ascoltato...
Tenerone Dolcissimo, in effetti fai davvero tenerezza...
Passi per il Berlusconi liberale, e ci sarebbe molto da discutere.... ma Ciampi, Prodi e Monti di sinistra??????????
Ma dove credi di aver commentato, sul sito del Pd o su quello di Libero?
Comunque quel Tenerone ha una rima che spiega bene il tutto (se non ci arrivi comincia con c e finisce con one).
Leonardo Mazzei
@ Ippolito Grimaldi
"All'asta dei Buoni ordinari del Tesoro di fine agosto erano rimasti invenduti titoli per 3.300 miliardi. In settembre, mentre il Governo metteva a punto la manovra di finanza pubblica, si diffondevano timori di misure straordinarie. Il portafoglio degli operatori non bancari calava di oltre 11.000 miliardi, per il mancato rinnovo dei titoli in scadenza e per le cessioni sul mercato secondario. A fine mese voci incontrollate di provvedimenti straordinari investivano la stessa moneta bancaria; si verificava una ondata di prelievi di contante. La Banca d'Italia sollecitava e sosteneva le banche nell'azione tesa a tranquillizzare i risparmiatori. La sequenza degli eventi sembrava sul punto di innescare una crisi finanziaria."
Considerazioni finali del Governatore sul 1992 - Banca d'Italia, pg. 14
Questo era il contesto dell'epoca.
Meglio fallire?
Risposta a Peter Yanez
Vedo che Peter Yanez continua a mestare i soliti argomenti. Avevo lasciato perdere visto che altri lettori gli avevano risposto. Ma considerato che insiste dirò la mia.
Posto che non è che noi pensiamo che una svalutazione al giorno levi il medico di torno (ma quando ci vuole va fatta), qui i casi sono due: o si ragiona sui dati reali o è meglio darsi all'ippica.
Vediamo gli errori madornali del nostro commentatore sulle conseguenze della svalutazione del 1992:
1. MANOVRA FINANZIARIA 1992? Questa c'entra quanto i cavoli a merenda. La manovra di Amato fu la prima finanziaria per Maastricht, e dunque per l'euro. Con la svalutazione non c'entra proprio nulla.
2. ANDAMENTO PIL. Il nostro cita il dato del 1993 (-0,9%). Ora il mio articolo polemizzava con Lunghini che per il primo anno post-svalutazione prevede il....40%. Quaranta meno zeronove uguale trentanovevirgolauno. E qui potrei chiudere la partita. Ma c'è di più, eh se c'è di più! Se l'Italia nel 1993 perse lo 0,9 causa svalutazione si deve supporre un gran risultato per la Germania (che invece rivalutò). Sorpresa, nell'anno 1993 la Germania calò dell'1%. Come la mettiamo? E sai come andò nel 1994? Italia +2,2 Germania +2,5. E nel 1995? Italia +2,9 Germania +2,7. Ma guarda un po' come fece male al pil italiano quella svalutazione! E che differenza con la Germania e la sua forte moneta! Yanez: che ne dici di un piccolo confronto tra questi dati e i tassi di crescita (più spesso di decrescita) dell'ultimo decennio a moneta "forte"?
3. DEBITO PUBBLICO. E' vero, nel 1993 il rapporto debito/pil aumentò di 10 punti. Ma ciò dipese da due fattori: da un lato si trattava dell'onda lunga iniziata nel 1981 (divorzio Tesoro-Bankitalia), dall'altro della conseguenza del calo del pil (come si è visto causato da una recessione che non interessava solo il nostro paese). Dal 1995 il rapporto debito/pil iniziò invece a stabilizzarsi prima e a decrescere poi. Oh bella! Dal 1995? Chi l'avrebbe mai detto, ma non fu il 1995 l'anno della maggiore svalutazione della lira sul marco, che arrivò ad oltrepassare il 50%? Tutto a posto Yanez?
4. QUOTA SALARI E SALARIO REALE. Fatto 100 al 2005, l'indice del salario reale del 1992 era pari a 100,93. Nel 1993 scende a 100,85 perdendo 8 centesimi di punto, mentre già nel 1994 risale a 101,25. E prima della svalutazione? Anche questa volta a Yanez non torneranno i conti: già dal 1991 (101,01) al 1992 il calo era stato di 8 centesimi. Che ci sia allora dell'altro? Yanez forse non sa che nel luglio 1992 fu firmato l'accordo per abolire la scala mobile, e nel luglio 1993 quello sulla concertazione (di fatto l'inizio della fine dei rinnovi contrattuali). Non sarà questa la causa principale - altro che svalutazione! - della stagnazione salariale?
Con la moneta unica (e forte, come piace a Yanez) la stagnazione ha lasciato il posto al calo dei salari. Giusto per saperlo, l'indice che era 101,29 nel 1998 (anno di adesione alla moneta unica) è sceso a 95,91 nel 2012. Viva l'euro!!!!
Stesso discorso per la quota salari, sulla quale Yanez (ecco un degno emulo di Lunghini!) spara dei dati a caso. Nel biennio 1992-94 la quota salari in Italia passò da 61,69 a 58,57 (-3,12), dato peggiore di quello tedesco (-1,45), francese (-1,05), svedese (-2,20) ma "migliore" di quello inglese (-4,76) e finlandese (-6,17). Come si vede un calo importante, ma iniziato già prima e destinato a durare poi, ma soprattutto un calo non solo italiano dato il segno meno per tutti (ma proprio tutti) i paesi europei. Un calo pesantissimo - figlio dei mutati rapporti di forza tra le classi sconvolti a sfavore dei lavoratori dalla globalizzazione, ma che niente ha a che vedere con la svalutazione.
So che anche questi dati e questi ragionamenti non convinceranno Yanez: non c'è infatti peggior sordo di chi non vuole intendere.
Leonardo Mazzei
@ Leonardo Mazzei
e sulla disoccupazione nemmeno una parola? Attendo qualche dato e poi rispondo su tutto ...
Chiedo scusa all' autore del post, ma a questo punto mi chiedo quale avrebbe dovuto essere la linea di difesa dell' economia italiana in quel drammatico 1992 secondo Peter Yanez: difendere il cambio ad oltranza ed a qualsiasi costo o sganciarsi dallo SME?
Così tanto per capire...
Quello che Mazzei non ha colto è che io non avevo fatto un'analisi causa-effetto per dire che la svalutazione del '92 ha causato questo e quello, ho semplicemente enumerato alcuni effetti collaterali della svalutazione del '92 per mostrare, in un primo tempo, quanto sia superficiale toccare solo il tema dell'inflazione e poi per mostrare nel dettaglio che se si prende la svalutazione del '92 come un precedente storico paradigmatico per prefigurare le dinamiche che potrebbero entrare in gioco nel caso di un'uscita dell'Italia dall'€ e si prendono in esame TUTTI gli elementi rilevanti, allora il quadro diventa articolato, complesso e problematico.
Mazzei però non è convinto, secondo lui è tutto molto semplice e chiaro:
- nel '92 non c'è stata relazione tra crisi finanziaria, manovre del Governo Amato e svalutazione
- quando l'effetto è stato positivo (bassa inflazione, aumento del Pil, diminuzione del rapporto debito/Pil nel '95) allora il merito è stato della svalutazione, quando l'effetto è stato negativo (diminuzione del Pil, aumento del rapporto debito/Pil nel '93, riduzione quota salari e salari reali) allora la svalutazione non c'entra nulla. (Sull'aumento della disoccupazione non è stato detto detto nulla ma trattandosi di un effetto negativo è probabile che per Mazzei la svalutazione non abbia avuto un ruolo).
Evidentemente Mazzei ritiene che la svalutazione del '92 sia un precedente storico che ci mostra che le conseguenze di un'uscita dell'Italia dall'€ non sarebbero di certo drammatiche, anzi ... nessun riflesso significativo sull'inflazione, un momentaneo riflesso negativo sul Pil e poi si riparte! Crisi pre-default della finanza pubblica come nel '92 e collasso del sistema bancario? Riflessi negativi sul debito pubblico, sulla quota salari, sui salari reali, sulla disoccupazione? Zero, zip, zilch, nada, andrà tutto bene!
Del resto lo ha certificato Bagnai,intervistato di recente da Libero:
"Abbiamo realizzato,con il nostro Centro Studi alcune simulazioni nel caso uscissimo dall' euro.Certo un contraccolpo nell'immediato ci sarà.Abbiamo stimato che quando usciremo dall'euro sarà al massimo di uno, due punti di Pil e considerando che nel solo 2009 abbiamo perso il 5 percento di ricchezza nazionale, ci potremmo anche stare".
"Perderemmo più o meno una trentina di miliardi. Nessun trauma insostenibile anche perché con una nuova moneta potremmo riattivare una reale svalutazione competitiva. Le nostre imprese tornerebbero ad esportare come e più di prima.La temuta inflazione non ci sarà! E torneremo a crescere e ad essere competitivi riappropriandoci del potere di battere moneta,di fare e di esportare".
Fesserie di un economista anche queste, ma c'è chi ci crede...
P.S. I dati sulla dinamica dei salari reali e della quota salari non sono sparati a caso ma sono ripresi dalla ricerca di Riccardo Realfonzo e Angelantonio Viscione "Gli effetti di un’uscita dall’euro su crescita, occupazione e salari".
Senti Yanez, ti risulta che abbia scritto "viva la svalutazione" o "viva il 1992"?
Io ho solo commentato - confutandolo mi pare abbondantemente - un articolo di rara disonestà intellettuale come quello del prof. Lunghini. Siccome l'articolo era basato sui rischi della svalutazione, il precedente più vicino col quale confrontarsi non poteva che essere il 1992. Avresti preferito che mi fossi riferito alla svalutazione dei romani nel 396 a.c.?
Comunque tu sui dati del 1992 e seguenti non dici assolutamente nulla. Non sarà perché i miei sono talmente giusti da smentire il vostro (tuo e di Lunghini) terrorismo psicologico che niente ha a che fare con la realtà dei fatti?
Ma lasciamo perdere. Quello che non accetto è che tu voglia farmi passare per uno che pensa che la svalutazione risolva tutto. No, non risolverà tutto, ma si tratta di una misura necessaria anche se non sufficiente. Tu pensi invece che sia meglio il cambio fisso impostoci dall'euro? Secondo te gli italiani si ricordano più del "terribile" 1992 o della crisi attuale targata euro? Rispondi per favore.
E non accetto neppure che tu voglia farmi passare per uno che - chissà perché - ama il 1992. No, il 1992 è stato un anno odioso, ma non per la svalutazione, ma per altri tre motivi che tu sembri ignorare e che invece dovresti imprimerti nel cervello: 1. L'inizio (con Amato) delle finanziarie per Maastricht, e dunque per l'euro. 2) L'accordo sulla cancellazione della scala mobile (ricordatene quando parli di salario reale e di quota salari). 3. La svolta politica che (via "mani pulite") porterà alla seconda repubblica.
Mettili in relazione questi tre punti, e forse capirai l'origine del baratro verso cui sono state sospinte le classi popolari di questo paese. Altro che svalutazione!
E con questo passo e chiudo.
Non intendo perdere altro tempo con chi non mette neppure il proprio nome e cognome in fondo a quel che scrive.
Leonardo Mazzei
30 settembre 2016 11:13
Stiamo ai fatti:
1) chi promosse l’elezione di ciampi? La sinistra
2) chi ha sempre santificato e glorificato ciampi? La stampa e i politici di sinistra.
3) Quando negli anni 90 alcuni di destra osarono criticare Ciampi, chi reagì in malo modo? Il popolo di sinistra.
4) quando Monti andò al potere chi festeggiò in piazza? Il popolo di sinistra.
5) quando Monti mise l'anagrafe tributaria permettendo allo stato di guardare nel buco del (bip) degli italiani chi applaudì freneticamente? Gli uomini di sinistra, fedeli alla linea di sinistra che impone di non farsi i cazzi propri e chiedere che la vita privata dei cittadini venga messa in piazza (i vecchi come me ricorderanno il famoso slogan “il privato è pubblico”).
6) Quando Monti mise la tassa sulle barche chi esultò affermando che faceva bene perché così si sarebbero fatti piangere i ricchi? Il popolo di sinistra, salvo poi avere qualche tentennamento quando i lavoratori del comparto finirono sul lastrico e furono loro a piangere, mentre i ricchi, invece di versare copiose lacrime, portarono le loro barche in spagna e francia e croazia dove no
Vado avanti????
Redazione SollevAzione risponde:
30 settembre 2016 15:59
Risposta a Peter Yanez
... omissis...
è che noi pensiamo che una svalutazione al giorno levi il medico di torno (ma quando ci vuole va fatta)
***
Io aggiungerei anche quanto segue
"infatti la Germania di svalutazione competitiva ne ha fatta una che è un vero gioiello: si chiama EURO e oltre a rendere più competitivi i prodotti tedeschi ha anche sfondato la nazione che era il più temibile concorrente della germania"
Indovinate quale è questa nazione.
Mazzei ha messo in palio 10mila euro a chi indovina
@ Tenerone Dolcissimo
Berlusconi: «Il leader dei moderati? Non escludo Monti»
9 ott 2012
Berlusconi: "Monti sia federatore dei moderati"
16 dic 2012
Leonardo Mazzei 1: "Rispondi per favore"
Leonardo Mazzei 2: "E con questo passo e chiudo"
Che devo fare? Rispondo?
@Peter no, lascia stare, sei un provocatore e lo dimostri dappertutto dove tu intervieni.
Ma sei uno dei troll pagato dal PD per caso?
Peter Yanez scrive:
3 ottobre 2016 15:28
***
Caro Yanez basta che tu guardi l'andamento del titolo mediaset nell'autunno 2011 + l'assalto giudiziario che ha subito Berlusconi (sarà stato pure un fetentone ma mi sembra che in altri casi la magistratura abbia dormito) + l'ostracismo internazionale di cui è stato oggetto.
Concludendo: ti meravigli che abbia glorificato Monti??? Se io ti avessi sottoposto allo stesso trattamento e poi ti avessi comunicato che mi piace il tuo fondoschiena, tu ti saresti presentato a casa mia vestito da odalisca e avresti ballato la danza del ventre per eccitarmi.
Spero di essermi spiegato.
PS Nessuno ha indovinato la nazione maggiormente fottuta dall'Euro. Ricordate che ci sono 10mila euro messi in palio da MAZZEI
Secondo me è sicuramente "campanone"... (ci vuole gentilezza con gli spaesati)
Aspetto ancora la risposta di Yanez....
"Chiedo scusa all' autore del post, ma a questo punto mi chiedo quale avrebbe dovuto essere la linea di difesa dell' economia italiana in quel drammatico 1992 secondo Peter Yanez: difendere il cambio ad oltranza ed a qualsiasi costo o sganciarsi dallo SME?
Così tanto per capire..."
@ Ippolito Grimaldi
La questione è mal posta perché ad un certo punto, quando la Bundesbank comunicò che non era più disposta a sostenere la lira (accadde il 12 settembre 1992 ma da 2 giorni giravano indiscrezioni secondo le quali la Bundesbank era propensa ad un riallineamento dello SME), non fu più possibile difendere il cambio (la sera del 13 Amato annuncia in TV la svalutazione).
Comunque, secondo un sondaggio dell'epoca, 7 italiani su 10 erano contrari alla svalutazione.
Bruno Trentin, leader della CGIL, sosteneva che "una svalutazione innescherebbe fenomeni incontrollabili, restituendo il potere ad una speculazione di carattere internazionale che porterebbe alla nostra economia danni molto maggiori dei vantaggi immediati che ne verrebero alle imprese".
Luigi Abete, all'epoca presidente di Confindustria, diceva che "una svalutazione in assenza di un risanamento della finanza pubblica sarebbe soltanto un surrogato di politica economica".
Anche Mario Monti era contrario: "Abbiamo riserve auree importanti: impegniamone una parte, diamole in garanzia, così come fecero le autorità monetarie nel '76 con la Bundesbank. Un segnale certamente meno pesante di una svalutazione subìta dalla Banca d'Italia".
Eppure fummo costretti a svalutare...
Cosa ci insegna la svalutazione del '92? Parliamone ...
@Peter, applicati, studia meglio! XD
I miliardi di dollari bruciati da Ciampi, non sono stati spesi solo il 13 nelle ore prima drell'annuncio, giorno in cui le riserve finirono, ma pure nei giorni precedenti. Il 12 venne solo l'ennesima conferma delle politiche alamanne: le regole vanno bene finché ci torna conto.
Trentin, Abete, Monti e via andare col bestiario di traditori e cialtroni: Embeh? cosa ci insegnano queste parole, se non che abbiamo a che fare con personaggi disposti a passare sui cadaveri delle rispettive madri? Dove sono i fantomatici fatti economici a sostegno della tua posizione?
Veramente triste che tu voglia argomentare sulla base di un sondaggio ... beh questi 7 italiani su dieci erano tutti laureati in economia no? Ah no, aspetta, pure Zingales ci dice che l'informazione economica in Italia e' leggermente distorta ...
Bisognera' segnalare al tuo datore di lavoro, il PD troll network, le tue scarse performances.
@ Yanez e Der fliegende Holländer
Le persone citate sono effettivamente un branco di traditori prezzolati e, quindi, le loro opinioni vanno valutate con le molle a cominciare da Ciampi (che possa bruciare all'inferno) il quale minacciò di far licenziare dalle banche in cui lavoravano i figli dei politici che ostacolavano l'Euro.
Ricorderei, inoltre, ad sustinendum Der fliegende Holländer che Monti dopo la svalutazione scrisse un articolo in cui ammise che la svalutazione ci aveva fatto bene.
Una richiesta a Der fliegende Holländer: non fare attacchi personali a Yanez, il quale dirà pure un mare di cazzate, ma nulla prova finora che sia in malafede o pagato.
Oltre alle categorie della necessità e della sufficienza bisognerà aggiungere quella dell'ineluttabilità.
Per fortuna nel 1992 la signora TINA stava dalla nostra parte, forse per l' ultima volta...
@ Der fliegende Holländer
"Dove sono i fantomatici fatti economici a sostegno della tua posizione?"
Stai dicendo che non hai seguito la discussione tra me e Mazzei o stai ammettendo che non ne hai compreso i termini?
@Peteruccio mio! mi mancavi!
beh sai io non ho un PhD in Economia, quindi scusami, nell'ultima sbrodolata che hai scritto, dove sono i fatti? O mi dici che manco tu sai piu' cosa siano i fatti? le prove?
Giusto per aiutarti: fatti sono dati di fonti ufficiali, non dichiarazioni di cetto laqualunque ;)
Un'aiutino per la memoria: ecco il tuo eccezionale e superlativo intervento:
"@ Ippolito Grimaldi
La questione è mal posta perché ad un certo punto, quando la Bundesbank comunicò che non era più disposta a sostenere la lira (accadde il 12 settembre 1992 ma da 2 giorni giravano indiscrezioni secondo le quali la Bundesbank era propensa ad un riallineamento dello SME), non fu più possibile difendere il cambio (la sera del 13 Amato annuncia in TV la svalutazione).
Comunque, secondo un sondaggio dell'epoca, 7 italiani su 10 erano contrari alla svalutazione.
Bruno Trentin, leader della CGIL, sosteneva che "una svalutazione innescherebbe fenomeni incontrollabili, restituendo il potere ad una speculazione di carattere internazionale che porterebbe alla nostra economia danni molto maggiori dei vantaggi immediati che ne verrebero alle imprese".
Luigi Abete, all'epoca presidente di Confindustria, diceva che "una svalutazione in assenza di un risanamento della finanza pubblica sarebbe soltanto un surrogato di politica economica".
Anche Mario Monti era contrario: "Abbiamo riserve auree importanti: impegniamone una parte, diamole in garanzia, così come fecero le autorità monetarie nel '76 con la Bundesbank. Un segnale certamente meno pesante di una svalutazione subìta dalla Banca d'Italia".
Eppure fummo costretti a svalutare...
Cosa ci insegna la svalutazione del '92? Parliamone ..."
Interessante ...
http://ilmanifesto.info/via-dalleuro-non-significa-uscire-dal-liberismo/
@ Der fliegende Holländer
"nell'ultima sbrodolata che hai scritto, dove sono i fatti?"
"...ad un certo punto, quando la Bundesbank comunicò che non era più disposta a sostenere la lira (accadde il 12 settembre 1992 ma da 2 giorni giravano indiscrezioni secondo le quali la Bundesbank era propensa ad un riallineamento dello SME), non fu più possibile difendere il cambio (la sera del 13 Amato annuncia in TV la svalutazione)."
@Peretuccio
Caro mio, la maturita' l'hai vinta alla lotteria vero?
Adesso le tue dichiarazioni assurgono a dignita' fattuale? apposto. Come con ogni troll ogni discussione e' inutile.
@ Der fliegende Holländer
Puoi dimostrare che questi non sono "fatti" ?
"...ad un certo punto, quando la Bundesbank comunicò che non era più disposta a sostenere la lira (accadde il 12 settembre 1992 ma da 2 giorni giravano indiscrezioni secondo le quali la Bundesbank era propensa ad un riallineamento dello SME), non fu più possibile difendere il cambio (la sera del 13 Amato annuncia in TV la svalutazione)."
@Peter Yanez
siccome i fatti nel caso sono la contabilita' valutaria, vediamo un po' che ci si trova googlando: una tesi di laurea sull'argomento!
http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub.jsp?p=26&id=792
"In generale, le banche centrali non sono in grado di arginare gli attacchi degli speculatori, consapevoli questi ultimi del progressivo deprezzamento della moneta oggetto della speculazione e della possibilità di incorrere in rischi non elevati connessi alla detenzione di posizioni scoperte. Analizzando la situazione italiana, si rileva che la Banca d'Italia si trova di fronte ad una pressione crescente da parte degli investitori e degli intermediari che domandano valuta per acquistare titoli esteri.
Ciò provoca una forte diminuzione delle riserve della Banca d'Italia, da 103 mila miliardi del mese di novembre 1991 esse scendono a poco più di 30 mila nell'ottobre 1992. Il 25 agosto 1992 il dollaro segna il suo minimo storico rispetto al marco tedesco con un cambio pari al 1,4 marchi per 1 dollaro. Il Regno Unito, per migliorare la propria credibilità a sostegno della sterlina procede il 3 settembre all'acquisto di marchi tedeschi per un valore di 10 miliardi di ECU, che corrispondono a circa 14.5 miliardi di dollari. Il giorno seguente la Banca d'Italia aumenta fino al 15% il tasso di sconto provocando l'insostenibilità del tasso di cambio tra lira e marco.
La Germania accetta di abbassare i tassi di interesse, per la prima volta dopo cinque anni. A queste decisioni segue una serie di reazioni a catena. La sterlina inglese e la lira godono di un effimero apprezzamento sui cambi. Il 16 settembre, la sterlina sfonda la banda più bassa e la Banca d'Inghilterra annuncia il “momentaneo” distacco dallo SME. Anche la lira segue la Gran Bretagna, mentre la peseta spagnola, pura svendo sofferto una svalutazione del 5% riesce a restare all'interno del sistema.
Si tratta di un colpo durissimo per l'Italia che fino a quella data aveva fatto del cambio della lira l'architrave della sua politica economica e finanziaria, sostenendo pesanti oneri in termini di riserve valutarie e di altissimo costo del denaro.
Si tratta di colpo duro anche per la CE che viene colpita nel suo strumento fondamentale, lo SME, che va a minare il decollo dell'UME, il progetto di moneta unica e della costituzione del Sistema delle banche centrali europee.
A seguito dell'intensificazione degli attacchi speculativi, la Banca d'Italia dichiara il 21 settembre l'abbandono dello Sme da parte della lira."
ah ... come ... aspe ... devo aver letto male! Peteruccio mio, mi aiuti a leggere?
"Ciò provoca una forte diminuzione delle riserve della Banca d'Italia, da 103 mila miliardi del mese di novembre 1991 esse scendono a poco più di 30 mila nell'ottobre 1992"
aspetta ... non era successo tutto il 13 Settembre ... ma come ...
"Ciò provoca una forte diminuzione delle riserve della Banca d'Italia, da 103 mila miliardi del mese di novembre 1991 esse scendono a poco più di 30 mila nell'ottobre 1992"
davvero? in 11 mesi si bruciarono 80 mila miliardi di riserve valutarie? Aspe, forse non abbiamo capito bene ... rileggiamo:
"Ciò provoca una forte diminuzione delle riserve della Banca d'Italia, da 103 mila miliardi del mese di novembre 1991 esse scendono a poco più di 30 mila nell'ottobre 1992"
Maledizione, pare che stessero sbagliando qualcosa da un po' ...
Nel 1988 Rudi Dornbusch diceva questo dello SME:
https://t.co/N9qi63zXMZ
Quindi, qual è l'alternativa? Continuare nel'€ e chiedere pietà alla BundesBank?
@ Der fliegende Holländer
A parte alcune "lievi imprecisioni" che sono evidenti nella tesi che citi (le tensioni valutarie non iniziarono nel novembre '91 e sulle date noto qualche incertezza), mi dici dov'è che avrei sostenuto che era successo tutto il 13 Settembre ?
Lol...
Non ti accanire però, sono gente semplice, prendono tutto terribilmente sul serio e vanno nel pallone molto facilmente.
Il buon Peter è una figura che rasenta l'epicità omerica.
Le contro-argomentazioni di Mazzei avrebbero steso un bisonte, ma non Yanez, immediatamente rialzatosi in piedi senza neppure barcollare troppo.
Ammirevole, per certi versi.
Un nemico di cui andare fieri.
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