[ 15 settembre ]
Qui sotto la nostra traduzione della risposta fresca fresca di Varoufakis a Stefano Fassina. Un dibattito di estremo interesse e che affronteremo in senso al III. Forum Internazionale No Euro.
Fassina, com'è noto, ritiene sia doveroso smantellare l'eurozona ma tenendo in vita l'Unione.
Varoufakis, che sogna di poter salvare entrambi, fa notare, non senza argomenti forti, e citando Stiglitz, che anche solo l'uscita di un Paese dalla zona euro implicherebbe la inevitabile disintegrazione della stessa Unione europea. L'amore per l'Unione ci divide da Varoufakis, tuttavia le sue obiezioni a Fassina sono solide.
Qui sotto la nostra traduzione della risposta fresca fresca di Varoufakis a Stefano Fassina. Un dibattito di estremo interesse e che affronteremo in senso al III. Forum Internazionale No Euro.
Fassina, com'è noto, ritiene sia doveroso smantellare l'eurozona ma tenendo in vita l'Unione.
Varoufakis, che sogna di poter salvare entrambi, fa notare, non senza argomenti forti, e citando Stiglitz, che anche solo l'uscita di un Paese dalla zona euro implicherebbe la inevitabile disintegrazione della stessa Unione europea. L'amore per l'Unione ci divide da Varoufakis, tuttavia le sue obiezioni a Fassina sono solide.
Stefano Fassina fa notare che nel mio articolo “La sinistra europea dopo Brexit” io non prendevo in considerazione la sua opzione preferita per
gli stati dell'Eurozona: restare nella UE ma abbandonare l'euro. Naturalmente
il motivo per cui mio articolo non ha discusso questa posizione è che esso si concentrava sulla Brexit e si riferiva ai Lexiteers [uscisti di sinistra, NdT] come Tariq Ali e Stathis Kouvelakis che difendono da sinistra, proprio sulla scia della Brexit, la posizione
dell’uscita pura e semplice dalla UE . Ma sono
più che felice di dire la mia sull’opzione preferita di Stefano (nella UE ma
fuori dall'euro).
Un “divorzio
amichevole” per l'Eurozona?
Stefano invoca Joe Stiglitz il quale, nel suo recente libro
sull'euro, raccomanda un “divorzio amichevole” che porterebbe alla creazione di
almeno due nuovi valute (una per i paesi in deficit e una per quelli in
surplus). Dal momento che ho recentemente parlato di questo con Joe Stiglitz è
forse utile per condividere il senso della nostra discussione con Stefano ed i
nostri lettori.
Nella mia e-mail a Joe, ho espresso scetticismo che un
“divorzio amichevole” sia davvero possibile. Nel momento in cui diventasse
pubblica una discussione sul 'divorzio', un muro di denaro lascerebbe le banche
dei paesi destinati a svalutare, in direzione di Francoforte. A quel punto, le
banche dei Paesi in deficit crollerebbero (appena avessero esaurito collaterali
accettabili da parte della BCE) e gli stati membri dovrebbero imporre controlli
valutari e dei capitali stringenti —con tanto di funzionari negli aeroporti al
controllo delle valigie e/o limiti duri in fatto di prelievo di contanti. Ciò
significherebbe la fine non solo dell'unione monetaria, ma anche del (già malandato)
Trattato di Schengen.
Nel frattempo, mentre i depositi bancari verrebbero
ridenominati, gli enormi patrimoni appartenenti alla Bundesbank ed alle banche
centrali degli altri paesi in surplus (ad esempio dell’Olanda), che sono i
debiti dei paesi in deficit, scomparirebbero, provocando un putiferio di
indignazione in Germania e la Olanda. In tali circostanze, e data la fase già
avanzata di disintegrazione dell'Unione europea, è quasi certo che la
dissoluzione della zona euro sarà tutt'altro che amichevole.
Joe Stiglitz mi ha risposto così: «Lei ha assolutamente
ragione nel momento che un qualche paese contemplasse l’uscita, dovrebbero
essere imposti controlli sui capitali... La precipitazione avverrà
presumibilmente prima, quando un partito che sostenga un referendum dia la
sensazione di vincere. Così, le decisioni difficili di imporre controlli sui
capitali, per assurdo, potrebbero essere prese da un governo pro-euro. Se si
ritarda, aspettando i risultati delle elezioni, il Paese potrebbe andare allo
sfascio. L'immagine che l'Europa ha davanti a sé non è bella».
In conclusione, è una fantasia pensare che la UE possa sovrintendere
una disgregazione amichevole della zona euro. In effetti, è difficile
immaginare che l'Unione europea possa sopravvivere alla rottura della zona
euro.
La strategia di
DiEM25 di disobbedienza costruttiva è un mero bluff per un paese della zona
euro?
Stefano Fassina scrive: «Mentre la strategia di"
disobbedienza volontaria "... può essere efficace in un paese UE che
ancora controlli la sua moneta e la sua banca centrale nazionale, è purtroppo
un bluff per un paese della zona euro sotto grave stress economico, sociale e
finanziarie, come il caso greco ha reso drammaticamente evidente».
Ciò che la disfatta della Primavera di Atene ha mostrato non
era che io stavo bluffando. Essa dimostra semplicemente che la sconfitta di un
governo sotto pressione è inevitabile se esso è diviso. In quanto ministro
delle finanze di quel periodo, posso assicurare al lettore, ed a Stefano, che
non stavo bluffando. Un bluff significa che si sta fingendo di avere una carta,
oppure che ti manca —o che si farà qualcosa che non si intende fare. Quando
dicevo che non ero disposto a firmare il Terzo accordo si “salvataggio” volevo
dire proprio quello. Perché? Perché avevo classificato i potenziali risultati
nel seguente ordine: (1) un accordo praticabile con la troika; (2) l’espulsione
dalla zona euro; (3) La firma di un 3. Accordo di “salvataggio”. Mentre
l'opzione (1) era di gran lunga la preferibile, e Grexit era estremamente
costosa sia per la Grecia che per il resto d'Europa, il 3. accordo “salvataggio”
era il peggior risultato possibile per tutti. In breve, non c’era alcun bluff
quando ho dichiarato che non avrei firmato alcun accordo non basati su (i) la
riduzione sostanziale del debito, (ii) un obiettivo di avanzo primario di non
più dell’ 1,5%, e (iii) riforme profonde che avrebbero preso di mira gli
oligarchi (invece dei cittadini
più deboli).
Se il mio governo fosse stato unito in questo, la nostro
originaria valutazione, non si sarebbe fatta marcia indietro e, di conseguenza,
o la troika avrebbe ceduto o avremmo dovuto creare la nostra liquidità in euro
(che avrebbe avuto, naturalmente, un tasso di cambio con euro di carta —come è,
di fatto il caso oggi, sotto il controlli dei capitali imposto dalla BCE. A
quel punto, Bruxelles-Francoforte-Berlino avrebbero dovuto fare la loro scelta:
un passo indietro dal baratro oppure spingerci fuori dall'euro violando molte
delle stesse regole della UE. Non ho dubbi che avrebbero optato per la prima (dato
che Grexit sarebbe costata all'Eurozona circa un trilione di euro). Ma sarei
rimasto imperturbabile se non lo avessero fatto.
Stefano chiede giustamente: «Quale governo nazionale
potrebbe negoziare rilevanti violazioni delle regole senza una praticabile
alternativa sul tavolo?» Questo è il motivo per cui, ben prima del mio
insediamento, avevo cominciato a lavorare su due piani: in primo luogo, un
Piano di Deterrenza con cui far riflettere la BCE prima di far chiudere le
nostre banche. In secondo luogo, un Piano X da attivare quando e se la troika
avesse scelto di espellere noi dalla zona euro. Tuttavia, va detto che l'idea
che questi piani potrebbero diventare operativi prima della rottura è di fantasia, quanto quella di una
disgregazione amichevole della zona euro —vedi sopra. In parole povere, ogni
tentativo di rendere questi piani operativi innescherebbe l'uscita immediata
dalla zona euro —un'uscita che sarebbe accaduta ben prima fossero diventati
operativi. Il che significa che il costo a breve termine di una rottura è
destinata ad essere di grandi dimensioni. Tuttavia, questo era costo che la
maggior parte delle persone della Grecia ci aveva chiesto di evitare cercando
di ottenere l’emancipazione dalla schiavitù del debito.
Falsa coscienza
Stefano la dice giusta, quando ci ricorda che l'euro non è
semplicemente il beniamino di grandi imprese, ma gode di un ampio sostegno da
più parti: dei sindacati tedeschi che sono stati cooptati nel modello
mercantilista del paese, più ancora della classe media sia del Nord che del Sud
ecc. E’ proprio così, per ragioni che ho segnalato nel mio recente libro “And the Weak Suffer What They Must?”
Ma questo è, mi sembra, un ottimo motivo per evitare di
trasformare la disintegrazione della zona euro nel nostro obiettivo (dato che
un “divorzio amichevole” è una cosa impossibile —e gli europei capiscono che è
proprio così) e, invece, volgere lo sguardo su una strategia di proposte
politiche ragionevoli che convincano anche coloro che rimangono fedeli all'idea
che l'euro sia una buona idea. Poi, se la troika decide nel suo solito modo
autoritario e violento di minacciare il governo democraticamente eletto di
chiudere le banche e di comprimere laliquidità, allora anche coloro che fossero
a favore dell'euro uscirebbero per le strade per difendere il loro governo. Non
è questo quello che è successo in Grecia il 5 Luglio 2015?
Conclusione
Stefano Fassina conclude chiamando all'unità i progressisti in
Europa: «Il mio punto è quello di unire le forze», ha scritto. Questo è la
ragion d'essere di DiEM25 —unendo le forze oltre i confini nazionali e le linee
di partito.
Come Stefano anche io credo che l'Eurozona si stia
disintegrando, probabilmente in un modo che porterà alla scomparsa della UE.
Tuttavia, la mia differenza con Stefano è che non vedo alcuna ragione per cui
dovremmo adottare come obiettivo la disintegrazione della zona euro. Anzi, vedo
una tale opzione come un grave errore politico. Il nostro compito comune, come
suggerisce DiEM25, è quello di progettare una Agenda Progressista per l'Europa,
che punti:
- A livello nazionale, i governi nazionali progressivi devono
offrire alla loro gente un piano A completo —una dimostrazione di come, entro
il sistema attuale, la speranza possa tornare nel loro paese. Allo stesso
tempo, i paesi della zona euro, devono avere un Piano di Deterrenza da attuare
per quando la BCE e la troika rispondessero al Piano A del governo progressista
con minacce di chiusura delle banche, strette sulla liquidità ecc. E, infine, essi
devono avere un terzo piano (piano X, l’ho chiamato) per quando e se il 'centro'
cospirasse per la loro espulsione dalla zona euro.
-
A livello pan-europeo, abbiamo bisogno di
offrire agli europei un piano A per l'Europa o un New Deal europeo come DiEM25 rivendica
—una dimostrazione di come, in poche settimane, sotto i trattati attuali, la
speranza, lo sviluppo e la democrazia potrebbero fare un ritorno in Europa.
Questo piano A deve includere un progetto per la gestione (ottimale, ovvero nel
modo meno doloroso possibile) della disintegrazione della zona euro e
dell'Unione europea.
-
A tal fine, un comitato DiEM25 di esperti ha già iniziato a
lavorare per la produzione di politiche globali sia a livello pan-europee che
nazionali. Allo stesso tempo, i membri di DiEM25 effettueranno un lavoro
analogo a livello di base. I temi trattati comprendono le valute, il sistema
bancario, il debito pubblico, gli investimenti e la lotta alla povertà. Il
compito è quello di produrre un European
New Deal Policy Framework da presentare entro l'inizio del
febbraio 2017 in modo che possa essere discusso, in uno speciale evento di due
giorni, a Parigi l'ultima settimana del mese, poco prima dell’inizio ufficiale
della campagna elettorale per la Presidenza della Repubblica.
C'è poco tempo da perdere. L'Europa sta disintegrando senza
un piano sia per arginare la sua disintegrazione o per gestirlo. DiEM25 invita
tutti i progressisti europei a partecipare alla grande impresa di sviluppare
questo piano —l’European
New Deal Policy Framework nel contesto di un più ampio Programma Progressista
per l'Europa.
3 commenti:
Per la serie:
IL BUE CHE DA DEL CORNUTO ALL' ASINO!
Segnalo il programma politico del MoviSol, del tutto in linea con le nostre posizioni anti-europeiste e "neo-stataliste"
http://movisol.org/programma-movisol/
Non sarebbe utile invitare anche qualcuno di loro al forum ?
"una dimostrazione di come, in poche settimane, sotto i trattati attuali, la speranza, lo sviluppo e la democrazia potrebbero fare un ritorno in Europa"
Ci vuole un bel coraggio a fare una tale affermazione, quasi il coraggio di un mago, o il coraggio della disperazione, che il nostro ben conosce ma che presupporrebbe una forte componente irrazionale, che non gli è propria.
Non resta che arrampicarsi sugli specchi fingendo di non entrare in autocontraddizione.
Quando si accetta di giocare con le regole vigenti, le stesse che hanno condotto all'inevitabile disastro, la speranza di uscirne facendo il più furbo dei furbi, o peggio il più forte dei forti, più che una speranza è una lucida follia, più follia che lucida però.
Resta l'amarezza dell'osservare tanta intelligenza sprecata, cioè non diretta al cuore del problema, che pure è ormai sotto gli occhi di tutti anche se opacizzata dallo stato di necessità "realistico".
Intanto con queste regole del gioco, che non sono solo nei trattati ma nella stessa logica di funzionamento dell'attuale sistema bancario, il debito Target2 dell'Italia ha raggiunto il nuovo record di 327 miliardi in agosto, e siamo solo alle "amichevoli" per ora. E Varou lo sa e lo dice anche, dopo altro che amichevoli.
E' che alla resa dei conti vera occorre stabilire le responsabilità, dicendo pane al pane e furto al furto, anche in faccia al più forte e al più bullo, come al più coglione.
Tanto ormai ci si aspetta solo il peggio, non conviene neppure delegare le giuste analisi e sentenze ai posteri (quali che saranno).
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