[ 12 settembre ]
Pigrizia mentale e cieca follia degli euristi e dei visionari degli “Stati Uniti d’Europa”- Germania docet.
Chi volesse avere la
controprova lampante dell’impossibilità di funzionamento dell’euro “per
generare benessere e crescita economica” deve unicamente guardare alla
Germania, senza lasciarsi irretire dalle facili ed interessate ma false
interpretazioni delle valanghe di voti finiti al nuovo partito AfD (Alternative
für Deutschland), che è indubbiamente un partito fascistoide e razzista, ma che raccoglie il voto di
protesta che la sinistra di governo (i socialdemocratici SPD) non ha saputo
gestire allineandosi con pochi “distinguo” verbali ma nessuna opposizione
sostanziale al credo neoliberista.
La follia di chi invoca gli
“Stati Uniti d’Europa” è conseguenza di cecità totale di fronte all’evidenza e
di pigrizia mentale nel rifiuto di studiare le cause della crisi che, a
prescindere dal fatto contingente che l’ha innescata (subprime, Lehmann &
Brother) erano costitutive dell’idea di una moneta unica europea.
Senza compensazioni e
transfer fiscali nessuno Stato può gestire una moneta valida per l’intero
territorio. Premessa la complicità dei pochi che sapevano e concessa
l’ingenuità dei tanti che si illudevano credendo all’inganno, la paternità vera
dell’euro va riconosciuta indubbiamente alla Germania, che aveva appena
compiuto sul proprio territorio il medesimo esperimento con risultati pressoché
identici a quelli che si constatano oggi nei Paesi mediterranei “eurizzati”. Al
momento dell’introduzione dell’euro per il primo gruppo di Paesi europei, nel
2002, era trascorsa appena una decina d’anni dalla colonizzazione della ex
Germania comunista, la cui industria in quasi tutti i settori irrimediabilmente
non competitiva (ma non senza eccezioni: v. ad es. le officine Zeiss), era
stata liquidata con l’unificazione monetaria e con cambio alla pari fra marco
occidentale e marco orientale. La disoccupazione ed il progressivo spopolamento
hanno ridotto colà intere province a deserti ex-industriali, nel migliore dei
casi i lavoratori sono irreggimentati nelle gabbie salariali che ancor oggi
sussistono.
Gli sforzi per lo sviluppo
delle aree orientali non mancano, ma il cammino è lungo e reso appunto
difficoltoso dall’unificazione monetaria avvenuta unicamente per ragioni
politiche ed in violazione delle più elementari ragioni economiche.
Tutto si può dire dei
politici tedeschi meno una cosa: che non sapessero: la condizione basilare ed
irrinunciabile per un’unificazione monetaria in aree economiche non
omogenee la Germania Federale la trova scritta nella propria Costituzione
agli articoli 106 e 107, che
impongono una ripartizione del gettito fiscale fra le regioni,
finalizzata a garantire „l'uniformità delle condizioni di vita nello
Stato Federale” evitando di “sovraccaricare
il contribuente” ed esplicita che attraverso apposite leggi le “diverse
capacità fiscali delle regioni devono
essere compensate in modo adeguato [1].
Concretamente dei 16
“Länder” federali sono ben 13 a ricevere e solo tre a pagare per tutti, cioè
quelli industrialmente più avanzati (Baden-Württemberg, Baviera, Assia), che
regolarmente mugugnano e ogni anno minacciano ricorsi alla corte Federale per
contrattare riduzioni dei transfer finanziari ma finiscono poi sempre per
pagare.[2]
Nell’ indebitamento
pubblico pro capite le differenze fra i Länder tedeschi sono enormi: si va dai 1.613
€ della Sassonia (ex-DDR) agli 11.331 € della Renania-Palatinato fino ai 32.000
€ della città Stato di Brema. La
media nazionale è 9.294 € [3]
Dunque i padrini dell’euro,
cioè i governanti tedeschi, sapevano benissimo - avendone l’obbligo
costituzionale in casa propria - che per funzionare l’euro avrebbe dovuto
prevedere l’identico meccanismo e che senza di esso era impossibile “garantire
l'uniformità delle condizioni di vita” dei
cittadini dei vari Paesi d’Europa: evidentemente questo dettaglio non
interessava loro minimamente o era esattamente quello che volevano evitare.
Mentre vantavano i benefici
dell’euro che stavano imponendo secondo le proprie regole (60 % deficit statale
e 3% annuale indebitamento massimo, regole che per primi poi violarono)
sapevano dunque benissimo che mancava la condizione di base e che senza di essa
le conseguenze sarebbero appunto state quelle attuali: la Germania coi tassi
negativi addirittura guadagna indebitandosi (!) ma a spese degli altri Paesi ai
quali ha imposto vincoli di spesa tramite la servile Commissione Europea. Che i
governanti tedeschi facciano i propri interessi è comprensibile.
Ed è comprensibile che i
politici tedeschi siano legati all’euro a corda doppia poiché ciò consente loro
di fare col resto d’Europa quanto appunto sperimentato con la ex- RFT, che è
servita da spauracchio alle Organizzazioni sindacali per far accettare anche
nella zona occidentale la cura radicale ed il taglio dei diritti dei lavoratori
operato con le riforme dell’ex-Cancelliere socialdemocratico Schröder.
Le industrie tedesche si
sono dunque collocate in posizione competitiva rispetto al resto d’Europa, ed
almeno nel breve e medio periodo possono difendere il loro vantaggio senza
necessità di grandi investimenti ed innovazioni, visto che hanno messo gli
altri Paesi nell’impossibilità di investire per rilanciare le proprie economie.
Però anche la locomotiva tedesca comincia a perdere colpi. Ne è prova lampante
anche se da pochi compresa, la grande truffa escogitata dalla Volkswagen in
combutta con la Bosch per battere slealmente la concorrenza sul mercato
dell’auto: invece di innovare era più economico truffare. Analogamente si veda
il caso della Deutsche Bank: i continui processi e soprattutto gli accordi per
evitare le pesanti multe dimostrano che sia nel settore industriale che in
quello finanziario la competitività facilmente ottenuta risparmiando sul “capitale
variabile”, cioè a spese degli impiegati e degli operai non basta più a livello
internazionale. Alcuni settori (es. fotovoltaico) sono stati già travolti dalla
concorrenza cinese.
Per qualche tempo la
Germania può continuare anche senza possedere una strategia di investimenti
innovativi semplicemente gestendo la posizione di rendita ottenuta come sopra
specificato.
Ma è difficile immaginare
che possa continuare a lungo con la politica interna del bilancio a pareggio,
che è il cavallo di battaglia dei Wolfgang Schäuble: sarebbe un ottimo
amministratore di condominio e se continua ad essere ministro delle finanze è
unicamente grazie a due circostanze: la possibilità di scaricare sul resto
d’Europa il peso della mancata crescita economica e di risparmiare sia sugli
investimenti che sulla modernizzazione delle infrastrutture, trascurando
manutenzione di strade, ponti e di
cospicua parte delle linee ferroviarie ed in altri settori al servizio dei
cittadini.
La leader della AfD |
La falsa polemica giocata
sulla pelle dei rifugiati è un’ulteriore prova della insipienza dei
commentatori: stranamente i più feroci oppositori dell’immigrazione si trovano
nelle regioni dell’ex RDT dove gli immigrati o non ci sono o rappresentano una
cifra irrisoria: ma dove appunto il malessere antigovernativo di coloro che
sono i veri perdenti della riunificazione tedesca si sfoga sul capro espiatorio gentilmente offerto dalle
destre.
Sono fatti sotto gli occhi
di tutti, buon senso e un minimo di attenzione e osservazione della realtà
anche quando appare scomoda e mette in dubbio le credenze diffuse sarebbe
sufficiente per capire invece di rifugiarsi nelle comode illusioni.
Ciò che stupisce in questo
contesto è la dabbenaggine dei “sinistrorsi sinistrati e creduloni” che
continuano a credere alla favola degli Stati Uniti d’Europa quando la
cancelliera Merkel predica sacrifici e austerità per un illusorio “salvataggio
dell’euro quale condizione per salvare l’Unione europea”.
Non si rendono nemmeno
conto costoro che la cancelliera parla quale marionetta dell’apparato
industriale-finanziario neoliberista , in cui l’industria militare gioca un
ruolo fondamentale (il vice cancelliere socialdemocratico Gabriel da vero e
proprio commesso viaggiatore degli armamenti è riuscito a raddoppiare le
esportazioni d’armi nel 2015).
Nessuna meraviglia quindi
che il governo tedesco sia la punta di diamante per imporre al resto dell’UE le
sanzioni antirusse e che appoggi incondizionatamente le provocazioni NATO: la
conseguente corsa agli armamenti serve a compensare le forti perdite nelle
esportazioni in Russia per effetto delle sanzioni ed agisce da catalizzatore
per la riconversione industriale tedesca dal settore civile a quello militare:
un dettaglio che dovrebbe preoccupare le sinistre, ma sembra passare del tutto
inosservato.
La fede nell’UE come
garanzia di superamento della crisi economica comporta naturalmente
l’accettazione del dogma della riduzione del debito sovrano, secondo la
filosofia appunto del buon amministratore di condominio. Al riguardo non ci si
deve stancare di ricordare come il debito sovrano sia intanto divenuto tale in
gran parte scaricando sullo Stato i debiti privati col “salvataggio delle banche”
e che comunque nell’ottica della crescita economica non può essere un criterio
utile ad identificare le strategie di sviluppo. L’entità del debito, sia totale
che pro capite, di per sé non dice nulla, anzi uno Stato poco indebitato di
regola è uno stato poco sviluppato economicamente: non necessitano profonde
conoscenze teoriche per capire che sono gli investimenti a mettere in movimento
l’economia ed essi sono possibili unicamente tramite preventivo
indebitamento. Le banche a loro volta, contrariamente all’ingenuo credo
popolare (tuttavia insegnato ancora a livello universitario) non prestano
capitali sulla base dei depositi dei risparmiatori ma semplicemente creano
moneta … dal nulla.
Dunque ciò che è decisivo
per il funzionamento positivo di qualunque economia non è il rapporto
semplicistico fra reddito e debito, ma la natura del debito. Nel medio e lungo
periodo un alto debito sovrano in crescita o senza possibilità di una sua
diminuzione è sintomo di un’economia in involuzione (de-industrializzazione,
deflazione). Nel breve periodo un alto indebitamento può invece significare un
forte investimento che genera negli anni seguenti un reddito sufficiente a
restituire i debiti (che in termini monetari significa “distruggere” la moneta
creata dal nulla al momento della concessione del prestito).
Attualmente la BCE continua
unicamente a produrre fiat money senza alcuna ricaduta sull’economia
reale, cioè non genera investimenti, serve unicamente a gonfiare le bolle
speculative della finanza.
Chi volesse verificare la
mancanza di correlazione fra reddito pro capite ed indebitamento misurato in
percentuale del PIL può consultare le seguenti tabelle dell’anno 2015 l’indebitamento in percentuale del PIL [4] ed il reddito pro capite nei singoli Paesi dell’ UE è
stato il seguente:
Paesi
eurozona
|
Indebitamento
in % PIL
|
Reddito pro
capite in euro
|
Grecia
|
176,9
|
16.200
|
Italia
|
132
|
26.900
|
Portogallo
|
128
|
17.300
|
Spagna
|
103
|
23.300
|
Francia
|
96
|
32.800
|
Austria
|
86,22
|
39.400
|
Slovenia
|
83,21
|
18.700
|
Germania
|
71,2
|
37.100
|
Olanda
|
65,09
|
40.000
|
Slovacchia
|
52,91
|
14.400
|
Paesi con monete
sovrane
|
Indebitamento
in % PIL
|
Reddito
pro capite
|
Gran Bretagna
|
88,20
|
39.600
|
Polonia
|
50,3
|
11.100
|
Rep. Ceca
|
44,45
|
15.800
|
Svezia
|
44,21
|
45.400
|
Romania
|
37,76
|
8.100
|
È evidente che ciò che
conta per lo sviluppo non è il livello di indebitamento ma la qualità del
debito, cioè se si tratta di debiti da investimenti produttivi o di indebitamento
improduttivo (= sprechi) o addirittura sostanzialmente finalizzato a… pagare
gli interessi sui debiti.
Per uscire dalla spirale
dell’indebitamento crescente ed improduttivo non basta dunque limitare
semplicemente l’indebitamento riducendo gli investimenti (che sarebbe un po’
come il contadino folle che compra meno sementi o ara meno campi per
risparmiare carburante: sembra una follia, anzi lo è chiaramente, ma è
esattamente ciò che ha imposto la Troika ai Paesi sinistrati dall’euro)
ma occorre invece aumentarli anche a costo di una crescita immediata e nel
breve o anche medio periodo del debito complessivo.
La Troika ha imposto al
resto d’Europa la ricetta tedesca del risparmio che in Germania - per ora -
funziona ancora, anche se continuando
nella loro politica neoliberista ad allargare la forbice dei redditi ed
aumentando le disuguaglianze i partiti al governo rischiano di trovarsi
spodestati dalle destre fascistoidi.
I meccanismi di transfer
fiscali fra i Länder agiscono infatti soprattutto in modo orizzontale, cioè non
colmano le differenze fra i ceti più o meno abbienti.
Per il prossimo futuro
finché riesce ad imporre l’euro al resto d’Europa la Germania può continuare su
questa strada, molto comoda poiché dal momento che le obbligazioni statali tedesche hanno interessi negativi,
Schäuble guadagna anche facendo debiti (ma da buon amministratore di condominio
nonne approfitta).
Il sistema dell’euro
tuttavia è minato nelle sue fondamenta anche da parte della BCE, e anche Draghi
non può far altro che continuare col metodo delle piramidi o come si dice negli
USA, col metodo “Ponzi”: essendo a vantaggio di un Paese a spese degli altri,
in un’unione monetaria tale strategia non può durare all’infinito, il crollo è
insito nel suo stesso meccanismo.
[1] § 106 Costituzione, comma 3.2. : “Die Deckungsbedürfnisse des
Bundes und der Länder sind so aufeinander abzustimmen, daß ein billiger
Ausgleich erzielt, eine Überbelastung der Steuerpflichtigen vermieden und die
Einheitlichkeit der Lebensverhältnisse im Bundesgebiet gewahrt wird.
§ 107 comma 2: Durch das Gesetz ist sicherzustellen, daß die unterschiedliche Finanzkraft der Länder angemessen ausgeglichen wird;
§ 107 comma 2: Durch das Gesetz ist sicherzustellen, daß die unterschiedliche Finanzkraft der Länder angemessen ausgeglichen wird;
[2] http://de.statista.com/statistik/daten/studie/71763/umfrage/geber-und-empfaenger-beim-laenderfinanzausgleich/
[3] http://de.statista.com/statistik/daten/studie/629/umfrage/oeffentliche-pro-kopf-verschuldung-nach-bundeslaendern/
[4] http://www.haushaltssteuerung.de/staatsverschuldung-europa-ranking.html#staatsschulden-bip
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