[ 16 maggio ]
Il compagno Ugo Boghetta ci segnala questo articolo apparso sul neonato Socialismo 2017- ritorno al futuro ed i cui contenuti condividiamo.
1) Indignados e Nuit debout sono, con le dovute differenze, movimenti apartitici di cittadini che rivendicano democrazia. Questo può essere sia un modo per eludere la lotta di classe, sia un modo per esprimerla nel momento in cui la maggior parte dei lavoratori non può davvero agirla come tale. Dipende. Anzi, una lotta come cittadini può essere più radicale di una lotta come lavoratori se e quando pone il problema del mutamento politico.
2) E’ difficile e forse inutile capire perché in Italia non esiste (ancora?) nulla del genere. Può esser colpa della composizione di classe, della inanità dei sindacati confederali e della debolezza degli extraconfederali, della miseria della sinistra radicale. Anche della presenza di un M5S che coagula un dissenso trasversale di cittadinanza ma lo immobilizza a livello istituzionale (o lo fa convergere su obiettivi spesso gestiti in modo ambiguo: lavoro ed anche euro).
In ogni caso, dal possibile caos post Renzi difficilmente nascerà una vera alternativa. Anche un’eventuale successo grillino può aprire forse spazi, ma c’è chi possa inserirsi in essi? Bisogna che dal/nel caos nasca quantomeno un abbozzo di movimento stabile con un progetto politico serio. A tal fine bisogna prepararsi a far crescere ed intervenire in movimenti analoghi, costruendo nuclei politici che abbiano idee chiare, progetti chiari e non li nascondano. Bisogna smetterla con l’atteggiamento di chi venera ogni forma di movimento rinunciando a qualunque dialettica con esso. Del resto, se movimenti e forze politiche del cambiamento crescono, inevitabilmente si troveranno dinnanzi al “momento Tsipras” dove le chiacchiere stanno a zero ed è necessario fare scelte strategiche ben ponderate in anticipo.
E le idee fondamentali sono due:
3) Prima di tutto bisogna prendere sul serio il rifiuto della politica, se è rifiuto della politica attuale. E’ un fatto positivo perché si intuisce che non c’è spazio nella realtà esistente. Questo atteggiamento mediamente chiede soluzioni radicale anche se percepite confusamente. Ma se vuole veramente differenziarsi dallo spazio politico, un movimento non può né affidarsi al primo partito che capita (anche se nuovo), né mantenersi in uno stato fluido ed informale, ma darsi le proprie istituzioni, sulla base delle quali entrare in dialettica con partiti nuovi e vecchi e con lo stato. Ed è sempre in questo modo che può costruire quel ruolo necessario non solo a perseguire i propri obiettivi, ma, in prospettiva ad essere un attore fondamentale del cambiamento, delle sue dinamiche, dell’indirizzo e controllo dei suoi esiti.
4) Poi deve nascere una forza politica davvero nuova, che affronti i problemi che si pongono sempre ad ogni movimento di questi anni: a) il mutamento della classe di governo, ed un progetto di società alternativa; b) le alleanze sociali delle classi stressate dal liberismo e dei suoi strumenti: Unione, euro, governi; c) la sovranità, poiché un movimento di cittadini deve ricordare che non c’è cittadinanza senza sovranità e, ad oggi, non c’è sovranità senza nazione. E la riconquista della nazione passa attraverso un’alleanza popolare nei suoi aspetti sociali, programmatici e politico-elettorali.
1) Indignados e Nuit debout sono, con le dovute differenze, movimenti apartitici di cittadini che rivendicano democrazia. Questo può essere sia un modo per eludere la lotta di classe, sia un modo per esprimerla nel momento in cui la maggior parte dei lavoratori non può davvero agirla come tale. Dipende. Anzi, una lotta come cittadini può essere più radicale di una lotta come lavoratori se e quando pone il problema del mutamento politico.
2) E’ difficile e forse inutile capire perché in Italia non esiste (ancora?) nulla del genere. Può esser colpa della composizione di classe, della inanità dei sindacati confederali e della debolezza degli extraconfederali, della miseria della sinistra radicale. Anche della presenza di un M5S che coagula un dissenso trasversale di cittadinanza ma lo immobilizza a livello istituzionale (o lo fa convergere su obiettivi spesso gestiti in modo ambiguo: lavoro ed anche euro).
In questo contesto appare difficile che la palude italiota sia sconvolta da eventi di questa portata in tempi brevi.
Il quadro politico, invece, può più concretamente aprirsi per motivi “tecnico-casuali” come il referendum costituzionale.
Questo infatti non ha quorum: qualcuno vince, qualcuno perde. Se vince potremmo tenerci Renzi per anni. Se qualcuno potrà scaricarlo ciò avverrà verosimilmente per fattori esterni: la magistratura o un congiunzione negativa dell’Unione. Se perde si apre invece una fase di grande instabilità dove movimenti come quelli sopra accennati possono trovare spazio, allargarsi, allargarlo. Per altro, la vittoria di chi difende e vorrebbe attuare la Costituzione veramente sarebbe una vittoria di Pirro. Basti pensare al referendum sull’acqua pubblica. Del resto le forze presenti in parlamento allineate con la Carta forse non superano il 20%. Continuerebbe, dunque, l’attacco alla medesima dal combinato disposto: Liberismo, Unione, Renzi e destra.
In ogni caso, dal possibile caos post Renzi difficilmente nascerà una vera alternativa. Anche un’eventuale successo grillino può aprire forse spazi, ma c’è chi possa inserirsi in essi? Bisogna che dal/nel caos nasca quantomeno un abbozzo di movimento stabile con un progetto politico serio. A tal fine bisogna prepararsi a far crescere ed intervenire in movimenti analoghi, costruendo nuclei politici che abbiano idee chiare, progetti chiari e non li nascondano. Bisogna smetterla con l’atteggiamento di chi venera ogni forma di movimento rinunciando a qualunque dialettica con esso. Del resto, se movimenti e forze politiche del cambiamento crescono, inevitabilmente si troveranno dinnanzi al “momento Tsipras” dove le chiacchiere stanno a zero ed è necessario fare scelte strategiche ben ponderate in anticipo.
E le idee fondamentali sono due:
3) Prima di tutto bisogna prendere sul serio il rifiuto della politica, se è rifiuto della politica attuale. E’ un fatto positivo perché si intuisce che non c’è spazio nella realtà esistente. Questo atteggiamento mediamente chiede soluzioni radicale anche se percepite confusamente. Ma se vuole veramente differenziarsi dallo spazio politico, un movimento non può né affidarsi al primo partito che capita (anche se nuovo), né mantenersi in uno stato fluido ed informale, ma darsi le proprie istituzioni, sulla base delle quali entrare in dialettica con partiti nuovi e vecchi e con lo stato. Ed è sempre in questo modo che può costruire quel ruolo necessario non solo a perseguire i propri obiettivi, ma, in prospettiva ad essere un attore fondamentale del cambiamento, delle sue dinamiche, dell’indirizzo e controllo dei suoi esiti.
4) Poi deve nascere una forza politica davvero nuova, che affronti i problemi che si pongono sempre ad ogni movimento di questi anni: a) il mutamento della classe di governo, ed un progetto di società alternativa; b) le alleanze sociali delle classi stressate dal liberismo e dei suoi strumenti: Unione, euro, governi; c) la sovranità, poiché un movimento di cittadini deve ricordare che non c’è cittadinanza senza sovranità e, ad oggi, non c’è sovranità senza nazione. E la riconquista della nazione passa attraverso un’alleanza popolare nei suoi aspetti sociali, programmatici e politico-elettorali.
* Fonte: Socialismo 2017
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