venerdì 4 dicembre 2015

IN DIFESA DELLA NEUTRALITÀ CONFESSIONALE DELLO STATO di Enea Boria

[ 4 dicembre ]

Non sono d'accordo con questo punto di vista di Piemme IL NATALE, L'ISLAM E IL PRESIDE DI ROZZANO.


In verità per l'autore dell'articolo questa non sarà una sorpresa .
Per quanto mi riguarda una differenza su uno specifico argomento non è argomento pregiudiziale per tutto il resto e spero di poter proporre una riflessione utile per una discussione serena, non necessariamente a due.
Secondo me la questione è malposta.

Non condivido il preside che dice che i canti religiosi natalizi sarebbero inopportuni per non urtare le convinzioni religiose di parte degli studenti, così come non condivido le strumentalizzazioni della lega e di tutti quelli che pretendono di impugnare la fede - qualsiasi fede - come un corpo contundente da sbattere sulla testa di chi si ha in antipatia.
Il primo argomento è, ai miei occhi, puerile.
Il secondo, dei leghisti, volgare, in malafede e razzista.

Il nodo della questione,
ai miei occhi, è che la religione dentro la scuola (o dentro gli ospedali) DELLO STATO non ci dovrebbe stare, punto e basta.
Non è questione di canti in periodo natalizi, presepi, alberi di Natale e chissà che altro.
La scuola deve essere vivibile per tutti i bambini e le bambine.

Il che richiede anche dei compromessi, ad esempio gestire i bambini musulmani in modo che durante il Ramadan abbiano uno spazio in mensa, INSIEME A TUTTI GLI ALTRI, e sia previsto che gli vengano forniti liquidi e non cibi, pensati in modo che però li tenga su, che lo studio è anche una fatica fisica, e pure pesante.

Ma ciò detto, ovvero realizzati i compromessi minimi indispensabili alla civile convivenza, fuori la religione ( tutte ) dalla scuola dello Stato.
Se pretendiamo di continuare ad intruppare la scuola con ricorrenze di cui è giusto che chi vuole si occupi in oratorio col proprio parroco o in moschea con l’Imam e sempre con le proprie famiglie, ciò mina la neutralità confessionale della istituzione-Stato, che deve essere una casa per tutti indipendentemente da come la pensino i singoli cittadini circa il senso trascendente dell'esistenza.

Sono di quelli che ritengono la Costituzione del 1948 un necessario argine, in questo momento, ma non ne faccio un feticcio né la sacralizzo o pretendo di astrarla dalla dimensione sociale, storica, culturale di cui è figlia.
Questo significa che per me, ciò che pure è valido ora come "argine", quando un domani avrà svolto questo compito potrebbe aver bisogno di varie revisioni.
Varie cose della Costituzione per me andrebbero cambiate.
Ma ciò che non cambierei nemmeno in una virgola è l'art 3.
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali."
Se l'istituzione-Stato, per quel che riguarda alcune sue diramazioni fondamentali con le quali tutti noi abbiamo a che fare, è "marchiata" con i simboli di una religione, per come la si giri e la si rivolti questo significa che per lo Stato qualcuno è più cittadino che altri, qualcuno è più uguale, e qualcun altro è il proverbiale figlio della serva.
Per altro spero che l'autore non si arrabbi con me più di tanto per quel che dirò ( ma difenderei le mie idee in ogni caso! ) ma l'argomentazione è pelosetta, per non dire a propria volta puerile.
Che cosa vorrebbe dire infatti?
Che in una classe di 25 ragazzi e ragazzi, se 5 son musulmani, oltre a fare la festicciola pre-vacanze natalizie bisognerebbe farne una anche per la fine del Ramadan?
E la consecutio temporum e i logaritmi quando li studiamo, quando non ci sono feste religiose in vista?
Siamo sicuri che la priorità della scuola sia essere un prolungamento delle classi di dottrina dell’oratorio o della moschea ( o della sinagoga, o del tempio buddhista etc. etc. etc. )?


Io sono sicuro del contrario.
E se in classe c'è una bambina Parsi?
Per non farla sentire diversa dagli altri ed emarginata attacchiamo alla parete anche questo?
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/7/77/Faravahar.svg/2000px-Faravahar.svg.png
E dopo che avremo trasformato le pareti di alcune classi in un simile sacrario:
http://thumbs.dreamstime.com/z/simboli-religiosi-31513256.jpg
mi domando dove rimarrà lo spazio ed il tempo per appendere alla parete anche un paio di cartine geografiche, una tavola periodica degli elementi, una tavola delle formule trigonometriche?

Sono a mia volta convinto che la scuola debba preparare alla maturità della persona; non solo trasmettere nozioni ma concorrere a formare cittadini e cittadine della Repubblica degni e capaci di poter concorrere allo sviluppo del civile convivere in questo Paese, come lascia intendere anche Piemme nel suo articolo.
Quindi mi domando, proprio per costruire questa prospettiva, perchè non trasformare l'ora di religione ( cattolica ) da ciò che è cioè una alternativa secca tra ora di religione o te ne stai in corridoio finchè l'ora è passata, in qualcosa che veramente sarebbe utile per costruire cultura del rispetto e della convivenza, cioè in 3 ore di Antropologia Culturale con voto che faccia media?

Si tratterebbe di una materia di studio SERIA, affrontabile con rigore SCIENTIFICO e al cui interno, per evidenti motivi, non si potrà non parlare anche di come nascano le religioni dal culto dei morti, come si sviluppino, quali aspetti le caratterizzino diversificandole e quali elementi invece siano comuni. Quali modelli sociali hanno dato loro origine ed a quali modelli sociali tendano come proprio fine.
Tutto questo però in una prospettiva di studio che sia di Storia delle Religioni e Antropologia Culturale, non dottrina di questo o di quello. Così impareremmo a rispettare gli altri perché finalmente studieremmo tutti seriamente per imparare a conoscerli, ed in questo modo ritroveremmo anche un più pronfondo senso di noi stessi e della nostra stessa identità culturale ma non per scavare un fossato, usando impropriamente simboli di pace e perdono con atteggiamenti e finalità discriminatorie ed escludenti à la Salvini.

Ai miei tempi da studente ero l'unico in classe, sia alle elementari, alle medie ed al liceo, a non far l'ora di religione. Al liceo non gliene fregava più niente a nessuno e in ogni caso, ormai, "mi ero fatto le spalle larghe".
Alle elementari e alle medie in tutto il paese eravamo in 3 in tutto un istituto con dentro qualche centinaio di ragazze e ragazzi.
Bisogna crescerci col dito puntato addosso di quello "diverso dagli altri" per capire cosa vuol dire. In una piccola realtà provinciale non era semplice.


Da una simile latente discriminazione discendevano e continuano a discendere un sacco di atteggiamenti discriminatori nella società nel suo insieme. Parlo di un imprinting che permane anche finiti gli anni di scuola: a scuola sei quello diverso, a 40 anni vedi che la società è politicamente gestita in modo tale per cui continui ad essere il figlio della serva.
Proprio perché facendo religione a scuola si perde di vista il dover di educare al rispetto delle alterità ma si crea piuttosto un senso di gruppo tra chi si conforma a certe pratiche e gli elementi socialmente spuri che se ne tengono fuori. Quando si innesca questo meccanismo passare all’idea che qualsiasi problema sociale sia colpa di questi elementi spuri è un attimo: basta aspettare la prima crisi economica seria e quando le risorse da spartirsi, scarse per definizione, diventeranno ancor più scarse, fatalmente vivranno un’esplosione dei propri riscontri elettorali quelle forze politiche che campano puntando il dito contro i “diversi”.

Da non cattolico in un paese a maggioranza cattolica, sebbene italiano di nascita e da generazione, penso di saperne qualcosa.
Per capire fin dove porti ciò bisogna esserci stati al funerale della madre di un proprio caro amico che era anche uno dei soli "3 diversi dagli altri", nel paesello lombardo, a sentirsi la predica del prete che senza alcun rispetto per il dolore di un figlio ancora piccolo, alle medie inferiori, gli si rivolge durante la predica dicendogli: tua madre avrebbe voluto vederti battezzarti come tutti gli altri, come ha fatto anche tua sorella.
Cosa che per altro non era affatto vera; quella cara signora che ricordo bene anche se son passati più di 20 anni, era una fedele rispettosa e non bigotta, alla quale andava benissimo che i figli scegliessero secondo coscienza quando fossero diventati abbastanza grandi per capire il senso delle proprie scelte e che non si era affatto dispiaciuta per il fatto che uno dei due figli avesse scelto che di farsi battezzare poteva farne serenamente a meno.

Perché noi minoranza (a)religiosa, come tale meno riconosciuta di qualsiasi altra minoranza, ci sentiamo dire fin da bambini che non dobbiamo offendere la fede degli altri.
Ma chissà come mai gli altri non si sentono MAI tenuti a rispettare le nostre convinzioni.
D'altra parte per gli altri noi siamo quelli che non "credono a niente".
Chi crede in qualcosa bisogna rispettarlo, finchè questo credo non assume la forma di aperto e deliberato sopruso verso gli altri, ma chi non crede in niente perché mai rispettarlo?

[che io ricordi, capaci di rispettarci e inclini a discutere anche con noi senza pretendere di guardarci dall’alto in basso, tra i cattolici, ci sono stati solo il cardinale Martini che era veramente una bella persona, e mons. Bettazzi.
Per gli altri siamo soltanto dei paria.
E adesso che son cresciuto vorrei che qualcuno mi spiegasse perchè dovrei rispettare chi mi considera un paria o un verme che non credein niente, incapace quindi di valori morali, senso etico, aspirazioni e slanci ]

La mia posizione è chiara.
La scuola DELLO STATO, e gli ospedali DELLO STATO, dovrebbero avere i muri bianchi, con niente appeso su.
Lo Stato, la Repubblica = una casa per tutti quelli che sanno convivere pacificamente coi propri simili.
Una casa neutrale dal punto di vista confessionale.

Se vogliamo costruire rispetto e convivenza questa è la via.
“Qui vige la democrazia; se siete onesti lavoratori e lavoratrici, se concorrete col vostro impegno civile e con le vostre tasse alla crescita di questa società, che siate bianchi, neri, gialli o che crediate in questo o quell’altro, lo Stato vi si rispetta e si impegna ad esservi casa e dimostra di rispettarvi tutti ugualmente non mostrando preferenza per nessuno tra voi.”
Credo in questo approccio di fondo.

Il modello di integrazione francese non è fallito per via di questo tipo di approccio alla neutralità confessionale delle istituzioni ( chiamato dispregiativamente “secolarismo laicista” ), ma perchè come in tutti i paesi capitalistici lo Stato non solo non era neutrale, ma era schierato CONTRO i poveri, a maggior ragione se la loro origine risaliva alle macellerie commesse dal colonialismo francese.

Macellerie MAI pienamente riconosciute nel comune sentire popolare. Vi riporto un esempio da cinefilo che però la dice lunga su questo comune sentire popolare e sulla cattiva coscienza che la politica e le istituzioni continuano a difendere.
Ad oggi, in Francia, sulla televisione pubblica non è mai stato trasmesso uno dei più bei film nella storia del cinema ed anche il film definitivo nello spiegare cosa sia il colonialismo, cioè La Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. 


Del resto faccio notare che in Italia è stato trasmesso solo una volta, e solo sulla TV a pagamento, Il leone del deserto, fil diretto da Moustapha Akkad. Film artisticamente meno valido de La Battaglia di Algeri ma in ogni caso fedele nel raccontare la storia dell’Eroe Omar al-Mukthar, e le vicende del nostro criminale e banditesco colonialismo in Africa, ed in particolare in Libia, sotto il comando del fascista psicopatico gen. Rodolfo Graziani. Mai trasmesso sulla RAI in prima serata, ed infatti abbiamo ancora degli italiani che sono convinti che in Libia abbia portato le strade, e non i bombardamenti con l’Yprite che pure era stata messa al bando dalle convenzioni internazionali di guerra già da 20 anni.

Se sei nero e musulmano, e ricco, in Francia come altrove, ti stendono il tappeto rosso davanti ai piedi e tutto ciò che resta è solo il fatto che sei un ricco.
Se sei nero, musulmano, e povero…..diventi “negro” e “simpatizzante per i terroristi”, purchè non si ammetta e si oscuri il fatto che sei povero e che lo sei per arricchire ingiustamente qualcun altro.
Questo ha fatto fallire il modello di integrazione francese.

La neutralità confessionale della Repubblica Francese è diventata qualcosa di offensivo agli occhi di tanti esclusi perché essi erano già stati esclusi, in quanto poveri ed in quanto figli di un mai pienamente riconosciuto come orribile colonialismo. Questo senso di esclusione ha infervorato la ricerca di una identità altra rispetto a quella che produce l’esclusione.
Ma se gli esclusi non fossero stati a priori esclusi, in quanto poveri, la neutralità confessionale della Repubblica non avrebbe mai offeso nessuno, anzi.
E del resto è a fondamento anche di quel pastrocchio che è il modello del melting pot statunitense.

Malcolm X lo aveva capito, nell’ultima parte della vita, che quello di Elijah Mohammad era solo un’altra forma di conformismo che eludeva la questione di fondo: la discriminazione degli sfruttatori contro i poveri ( con in aggiunta l’aggravante di essere pure black men in un paese nel quale l’interesse dei ricchi era, e spesso è ancora, pure ammantato di delirii sul white power ).
Non per questo smise di essere musulmano.

Ma si rese conto che sul piano politico
è la ribellione contro gli sfruttatori che risolve, non l’essere musulmano, e nelle Black Panthers c’era quindi posto per i neri che volevano combattere senza mettere in questione quale Dio pregassero o se non pregassero affato, perché l’idea di “black power” delle Pantere Nere era intrisa di anticapitalismo, non di confessionalismo, e proprio per questo poteva parlare a qualsiasi sfruttato ed a qualsiasi persona solidale con gli sfruttati.

Rimando a tal proposito alla storia ed alla vicenda personale di un vero Grand’Uomo, il velocista australiano Peter Norman che divise il podio dei 200 m. piani alle olimpiadi del 1968 con Tommie Smith e John Carlos essendo con loro solidale e pagando per questo un prezzo a propria volta (e ricevendo le scuse dalle istituzioni del proprio paese soltanto postume) http://www.oasport.it/wp-content/uploads/2013/09/1-500x354.jpeg
In effetti oggi nelle balieue francesi siamo sicuri che siamo di fronte alla "radicalizzazione dell'Islam"?

Secondo me, invece, siamo di fronte "all'islamizzazione della radicalità", dato che la radicalità del disgusto per questa società di merda non trova altri sensati sbocchi politici.
Queste due cose sono totalmente diverse, non solo frutto di una inversione di parole.
E dovremmo rifletterci tutti sul senso della profonda diversità di questi due concetti.
Riflettiamoci molto seriamente, perchè almeno 3 degli attentatori morti di Parigi erano imbottiti di cocaina, più pieni di metanfetamine di una farmacia, ed avevano tatuaggi. Tradotto: erano musulmani non molto più di quanto io non sia cattolico, perchè facevano cose proibite dall'Islam.

Erano poveri emarginati che pensavano che facesse schifo il mondo nel quale la società perbene li aveva relegati, e che hanno cercato una identità purchessia che gli desse la carica per distruggere questa società di merda.
E l'hanno fatto nel modo più sbagliato.
Ma non erano musulmani radicalizzati, erano radicali islamizzati.
Avessero incontrato dei militanti politici SERI in tempo, invece che qualche Imam dalle idee distorte, magari sarebbero diventati comunisti e sarebbe stato meglio per tutti.

Spero che Piemme non si arrabbi troppo ed in fondo su questo specifico argomento già sappiamo di pensarlo diversamente, cosa che per quanto mi riguarda non inficia le 100 altre ragioni di un sodalizio politico.
Ma questo per me è un tema particolarmente sensibile.

La mia opinione è che la tanto vituperata neutralità confessionale delle istituzioni francesi sia una delle poche cose buone della Francia, ed un orizzonte necessario anche in Italia, purchè accompagnato da una seria lotta non contro i poveri ma contro la povertà, e a piani di reinclusione sociale.
Preoccupiamoci di vincere la lotta di classe, e teniamo la religione fuori dalle istituzioni dello Stato.
“Prega chi ti pare, purché odi il capitale”.

Se vogliamo costruire una integrazione seria, che non sia una forma violenta di assimilazione culturale ma una cultura di convivenza e rispetto, solo questa può essere la vera ratio di fondo, e solo la neutralità confessionale della Repubblica può garantirla.

17 commenti:

Ippolito Grimaldi ha detto...

Bellissimo e appassionato articolo, per parte mia la scuola non è un luogo di culto, punto.
Così come in una casa non si fa la pipì in cucina e non si pranza in bagno, allo stesso modo si deve avere rispetto per le reali funzioni dei luoghi pubblici.

Anonimo ha detto...

Quanto ingenuità in Boria e Grimaldi.
Ha ragione Piemme che però secondo me non ha toccato il punto e cioè, per dirla veramente grossissimo modo, se non hai una religione elevi la laicità dello Stato a religione quindi sacralizzi il potere dei dominanti e in un'ultima analisi decidi che la religione di Stato sono i valori massonici.
Basterebbe rifletterci un attimo perché non esiste il "valore neutro", tutti i valori hanno un "imprinting" ossia sono l'espressione di una visione particolare che esclude le altre. Pensare che il valore laico unirichi è una grossa ingenuità.
Ma la gente non capisce e si fa prendere per il naso.

P.S.: non sto difendendo il cristianesimo o altre religioni specifiche né sto accusando la massoneria, spero che si sia capito.

Anonimo ha detto...

Articolo semplicemente SPLENDIDO !!!

G.B.

Lorenzo ha detto...

L'articolo è un impressionante esempio di miopia intellettuale immersa nello "stato di normalità" dominante. Non vede come le ideologie altro non siano che religione profane o secolarizzate, e come quindi la laicità dello stato sia un paravento ideologico per nascondere opzioni e pregiudizi di regime dietro una maschera di tollerante equanimità.

"Lo stato deve essere una casa per tutti indipendentemente da come la pensino i singoli cittadini"? E se un cittadino è comunista, o semplicemente intollerante della fortuna altrui, e rimane offeso dal vedere lo stato garantire ai ricchi il godimento dei loro privilegi?

E se è razzista, e rimane offeso dall'essere attorniato di negri e mezzi negri?

E se è monarchico, e rimane offeso dal veder dispiegate simbologie repubblicane?

E se è animalista vegano, e rimane offeso dal veder consumare carni animali a mensa?

E se è islamico tradizionalista, e rimane offeso dal vedere donne che non portano il burka?

E se è femminista, e rimane offeso dal vedere donne che portano il burka?

E se è cristiano tradizionalista, e rimane offeso dal fatto che si insegni la teoria dell'evoluzione?

E se è un partigiano dell'ISIS e rimane offeso dal sentirlo vituperare in continuazione?

Dice Boria che sui muri dovrebbe stare scritto: "Qui vige la democrazia. Lo Stato vi rispetta [..] tutti ugualmente". E se uno è aristocratico, o monarchico, o anarchico, o stalinista, o fascista o teocratico e non si ritiene "rispettato" da quella specifica forma di governo che è la democrazia liberale borghese?

Ammettiamo poi che fosse possibile realizzare la metafisica boriana del rispetto fra gli esseri umani. Forse il pregiudizio umanista che le sta alla base sarebbe meno arbitrario di un qualsiasi altro principio ordinativo?

Ugualmente miope è l'idea che il radicalismo islamico sia una specie di finta ideologia perché attinge militanti fra i mezzi disperati. Quasi ogni religione o ideologia militante (a partire da cristianesimo e socialismo), nel corso della storia, ha attinto la propria militanza di base fra gli ultimi della terra, più ottusi, più facili da fanatizzare e senza nulla da perdere. Forse i crociati bestemmiatori e sterminatori erano più cristiani, o i minatori analfabeti degli scioperi ottocenteschi più marxisti, di quanto gli attentatori odierni siano islamici? Pensate che i primi discettassero esegesi bibliche e i secondi citassero passi dal Capitale? La forza di un'Idea si misura nella sua capacità di suscitare immagini mitiche (sia a carattere religioso, sia secolarizzato) sufficientemente intense da mettere in forma masse umane altrimenti amorfe e, così, spingerle ad esercitare la violenza e affrontare il martirio.

Ippolito Grimaldi ha detto...

Ci sono tante qualità di oppio, non è una intuizione particolarmente originale. In tutte le sue forme tale droga permette la trascendenza del fastidio in offesa ed è una trascendenza diabolica poiché mentre chi è infastidito evita, chi si sente offeso attacca.

Anonimo ha detto...

Come ho scritto sopra sono d'accordo con Lorenzo.
Purtroppo se uno è miope non se ne accorge e crede che la sua miopia sia il "vero modo di vedere le cose".
Per questo ci fregano come e quando vogliono.

Enea ha detto...

Il fatto che la cultura del rispetto sul qule costruire un faticosa pacifica convivenza ( personalmente non sono per lo stato ateo, non ho in mente di rifare il partito di Enver Hoxha, sono per uno stato realmente separato dalla religione ) venisse fatalmente travisata in una idea di tolleranza verso l'intollerabile o in una beatificazione del capitalismo, come se il mio discorso non fosse stato più che chiaro in tal senso, lo davo abbastanza per scontato.
Sono discorsi che ultimamente vanno abbastanza "di moda".
Ma fatevene una ragione: il fatto che la sinistra abbia svaccato non è un motivo per rivalutare come di sinistra le fondamenta ideologiche delle destre radicali.

A questo mondo c'è seriamente chi intende combattere il capitalismo arroccandosi nella medesima roccaforte identitaria dentro la quale si muovono molto a proprio agio i fondamentalisti di Comunione & Fatturazione, Opus Dei, Compagnia delle Opere?

Accomodatevi pure, andate e combattete il capitalismo in forza della stessa identità di un don Giussani.
Io prima rido amaramente e poi diserto.

Perchè questa è sempre stata niente altro che la falsa battaglia che gli sfruttatori vogliono che combattiamo, perchè non mette affatto in discussione la loro posizione.
Ed è inutile prenersela con me a tal proposito, perchè lo aveva detto già Marx con chiarezza assoluta.
Chi la vuole mettere in questi termini, quindi, se la prenda con lui e ne tragga le conclusioni politiche.

La laicità non è affatto un valore neutrale: è stato necessario tagliare la testa a Re, sfruttatori ed alti prelati per conquistarla!

[ le immagini "mitiche". Ma per piacere. La mitopoiesi del passato in un minestrone che rimanda al ricordo di una società armonica ed organica, priva di contraddizioni, fandata su antiche tradizioni garanti di un ordine e di una gerarchia naturale, è il fondamento ideologico delle destre estreme, dei fascismi, dell'ideologia volkish del nazismo.
La fede è una rispettabilissima pulsione di chi la prova, ma chi ha bisogno di miti sta su un piano diverso e ricerca simili feticci perchè non ha né testa, né cuore, né forza di volontà, né autodisciplina e né coglioni - mi si permetta - per perseguire i propri obiettivi in forza di umanesimo e razionalità.
E la liberazione attraverso il martirio delle masse altrimenti "amorfe"....
Il popolo va si certamente in parte rappresentato in parte guidato ed educato, ma il mondo non è fatto di imbecilli.
A meno che non si creda nella superiorità dello spirito di qualche eletto. Ma che discorso evoliano del cacchio!
Ma si, mettiamoci dentro pure l'ideale della bella morte, ci mancava anche questo. Chi ha questo tipo di paradigmi di pensiero secondo me non dovrebbe pretendere di insegnare come combattere il capitalismo, dovrebbe semplicemente fare l'atto di coerenza di iscriversi a Forza Nuova. ]

Anonimo ha detto...

Cito:

"A questo mondo c'è seriamente chi intende combattere il capitalismo arroccandosi nella medesima roccaforte identitaria dentro la quale si muovono molto a proprio agio i fondamentalisti di Comunione & Fatturazione, Opus Dei, Compagnia delle Opere?"

E poi si mette in mezzo Evola...che diavolo c'entra?

Quanta approssimazione, quante banalità..
Vabbe', tempo perso.

Anonimo ha detto...

Quindi fare un presepe o cantare i canti natalizi sarebbe un attentato alla laicità dello stato?,ma fatemi il piacere tutti noi siamo cresciuti con queste tradizioni ma non mi sembra che questo abbia impedito che da grandi la stragrande maggioranza non sia poi diventato cattolico.Per i bambini fare un presepe e la recita con i canti natalizi non ha nessun valore religioso, per loro è solo un momento di festa e gioia,voi non vi ricordate con piacere la gioia del preparare il presepe,e l'albero di natale con la mamma?,non vi ricordate la trepidante attesa della notte di natale quando cercavamo di rimanere svegli per cercare di vedere Babbo Natale? ma si in nome della laicità togliamo tutto questo ai bambini invece dell'albero facciamogli fare una ghigliottina, invece dei canti facciamogli cantare la marsigliese sicuramente diventeranno degli adulti migliori.

Anonimo ha detto...

Enea Boria

Scusa ma cosa tiri fuori Evola che non c'entra un cavolo...
Cerchiamo di non attaccarci ad argomenti capziosi e un po' sballati.

Ippolito Grimaldi ha detto...

Nessuno vuole impedire presepi, canti ed abluzioni, per queste cose ci sono chiese, moschee,oratori,case private e previo autorizzazione anche luoghi pubblici.
Mi sembra che modi, tempi e luoghi in cui praticare i propri riti possano essere laicamente garantiti anche da uno stato laico.
Gli edifici scolastici pubblici sono luoghi primariamente adibiti dallo stato al diritto all' istruzione dei suoi cittadini che è cosa ben diversa dalla libertà di professione e pratiche religiose.

Enea ha detto...

Argomenti inconsistenti.
I bambini fanno il presepe a casa, vanno a dottrina se vogliono ( cioè se le famiglie vogliono. Ricordo che quando il cristianesimo era una cosa veramente seria perchè ad esserlo si finiva mangiati dai leoni dentro le arene romane, si diventava catecumeni da adulti, quando si era in grado di capire cosa si stava facendo ), e non mi importa nulla di chi era festante e di chi non gliene frega niente perchè si faceva l'albero di Natale nell'atrio.

Nella scuola dello STATO, lo Stato deve mostrare di essere una casa per tutti senza preferire gli uni o gli altri. [ e non ritiriamo fuori l'argomento sciocco "per tutti anche per i criminali o per gli stronzi?" Qua si sta parlando di neutralità delle istituzioni rispetto alla confessione, o non confessione, dei singoli. ]
Io non istituirei l'ateismo di Stato obbligatorio per tutti, voglio piuttosto che le istituzioni dello Stato siano neutrali, cioè che la religione stia fuori, nella società, negli spazi preposti senza però marchiare le istituzioni che devono invece poter rappresentare tutti.
E' un concetto così semplice che è impossibile non capirlo a meno che non si voglia non capire.
Se poi non si vuole essere d'accordo è legittimo, ma almeno un minimo di capacità argomentativa.
"E' così perchè è così" non è una argomentazione ma una fanforanata condita con paroloni.

Sarebbe poi anche il caso di darsi delle priorità SERIE: circa metà dei plessi scolastici in Italia hanno problemi di agibilità.
Grondaie che perdono acqua, eternit sui tetti, impianti elettrici fuori norma.
In un sacco di scuole si fa lezione lesinando sul riscaldamento e fin dall'asilo, oltre alle tasse di iscrizione la cui semplice esistenza non è palesemente costituzionale, tocca mandare i bambini con la carta igienica, la cancelleria ed addirittura i gessetti da casa.
Si fa lezione al freddo ma con la lavagna elettronica, il meno utile degli ammennicoli, e solo perchè prima hanno fatto le legge che rendeva obbligatorio comprarla con Consip e chi per disgrazia si trova a spendere fondi dello stato sa che razza di sciagura e che invereconda mangiatoia questa sia.

E in una situazione simile la gente va a fare i presidi davanti alle scuole perchè "nessuno tocchi il presepe".
Coi bambini al freddo, coi MORTI che abbiamo avuto coi tetti che son letteralmente caduti in testa agli studenti, coi gessetti portati da casa, con un sacco di famiglie che non ce la fanno a comprare i libri, facciamo le barricate per il presepe.

La scuola pubblica non è più in grado di assolvere al suo ruolo, ED E' DIFFICILE IMMAGINARE QUALCOSA DI PIU' INGIUSTO E CLASSISTA, e qua la gente si indigna per il fatto che qualcuno non vuole che si confonda tra la scuola dello Stato e l'oratorio del parroco?

No, ma dico, son discorsi seri e lo si sta buttando in burla?

Enea ha detto...

Per altro che il discorso precedente fosse reazionario l'ho detto e lo ribadisco.
Se non hai una fede, cosa che verrebbe incentivata dalla neutralità confessionale dello stato, sacralizzi il potere dei potenti e degli sfruttatori attraverso lo stato, entri nella logica della mercificazione di qualsiasi cosa, etc. etc. etc.
Questo è stato detto, ma in forma apodittica, senza nessun ragionamento per esteso o argomentazione dietro.
E' così perchè l'ha detto qualcuno che manco si firma.
O se non è di prima mano questo pensiero, si può sapere chi sarebbe l'Autore che ha scritto 'sta vaccata, almeno magari possiamo disquisire della sua autorevolezza?
"Non vede come le ideologie altro non siano che religione profane o secolarizzate, e come quindi la laicità dello stato sia un paravento ideologico per nascondere opzioni e pregiudizi di regime dietro una maschera di tollerante equanimità"
In pratica siccome la laicità sarebbe una "ideologia", secolarizzata ed ipocrita oltre che naturalmente profana, che maschera gli interessi del regime....aboliamo l'ipocrisia e W IL PAPA RE.
Tutto questo perdendo di vista che la religione si fonda su una dogmatica, mentre le ideologie secolari sulla razionalità e la consequenzialità logica.
No invece, sarebbe tutte religioni, solo che alcune sono ipocrite perchè pur essendo tali non sono confessionali. Che stupidaggine!
E ancora la "tollerante equanimità".
Nel mio articolo non ho scritto una volta sola "tolleranza", ma "rispetto", e non per caso.
E la si butta in vacca sulla tolleranza? Per criticarmi bisognerebbe prima almeno fare lo sforzo di capirmi.
Chi mi tollera mi sta sulle palle perchè mi sopporta suo malgrado, mi guarda dall'alto.
E io infatti non tollero nessuno: ci sono soggetti che rispetto ed altri che non rispetto.
La "tolleranza" è ipocrisia!

Direi che su un simile approccio ha già fornito Totò la risposta definitiva: ma mi faccia il piacere!

Ho dato riferimenti precisi: questi ragionamenti di fa anche Comunione & Fatturazione.
Qualcuno, seriamente, vuole combattere il capitalismo con una identità oltranzista, fondamentalista, fondata sul concetto di gerarchia sociale, che ha sempre benedetto lo sfruttamento degli sfruttatori salvo poi in basso fare anche dell'erogazione di servizi sociali un business.
Con questo si vuole combattere il capitalismo?
Quando la scuola se la poteva permettere solo qualcuno, lo Stato non era una Repubblica ma una monarchia e la secolarizzazione dei valori era ancora molto più indietro, torniamo quindi indietro per dire una data...al 1914, i contadini a mezzadria non erano sfruttati, gli operai con la giornata lavorativa di 12 ore non erano sfruttati?
E il Papa cosa faceva?
Scomunicava il socialismo, perchè alle Santissime Tradizioni di cui anche e soprattutto la Chiesa era garante, la moralità dello status quo non le disturbava troppo.

E quindi adesso che facciamo?
Insistiamo a tenere l'ora di religione cattolica nelle scuole pubbliche per far sentire fuori luogo e meno considerati dalle proprie istituzioni tutti quelli che cattolici non sono, laviamocene le mani delle lezioni al freddo, e difendiamo lo sconfinamento dell'oratorio a scuola.
Perchè?
Perchè se no si diventa una belante pecora che obbedisce al padrone senza discutere.

Ma buonanotte.....

Anita ha detto...

Gentile Enea,

un articolo interessante, non ho francamente letto tutti i commenti seguiti.
Avrei però una domanda da porgerle, avendo letto solo l'articolo.
Lei parla della neutralità confessionale dello stato, con conseguente rispetto e tolleranza per tutti.
A me questa sembra una visione terribilmente semplicistica, che trasforma il fatto religioso ad un elemento puramente privato, al chiuso della casa, come se invece il culto, quale che esso sia, per definizione non sia soprattutto un fenomeno pubblico, e come tale quindi andrebbe trattato, né lo stato può lavarsene le mani.
La domanda per cui è questa: perché in piena rivoluzione francese, Robespierre sentì, avvertì, pensò e attuò la necessità del culto dell'Essere Supremo e la festa della Ragione?
Perché accadde questo:
«A novembre gli atei scatenarono una persecuzione contro il cristianesimo e la religione. Vennero confiscati i beni delle chiese (calici, campane, corde, ecc.).
Il 10 novembre (20 brumaio) la Convenzione partecipò alla festa della Ragione in Notre Dame sconsacrata. Tutte le chiese di Parigi vennero chiuse.
Il 21 novembre (1 frimaio) Maximilien reagisce. "L'ateismo è aristocratico". La fede in Dio è popolare. Con il pretesto di distruggere la superstizione alcuni voglio fare dell'ateismo una specie di religione. Bisogna opporsi a coloro che "pretendono di turbare la libertà dei culti in nome della libertà e di attaccare il fanatismo con un nuovo fanatismo". Conclude: "Proscrivere il culto? La Convenzione non ha mai fatto questo passo temerario né mai lo farà".
Il 28 novembre (8 frimaio) ritorna sull'argomento al Club dei Giacobini. Maximilien si oppone a quanti vorrebbero far credere che "un popolo religioso non può essere repubblicano". "Non tollereremo che si innalzi lo stendardo della persecuzione contro alcun culto".
Il 6 dicembre (16 frimaio) 1793 Robespierre farà votare alla Convenzione un decreto: "La convenzione nazionale proibisce qualsiasi violenza o minaccia contraria alla libertà dei culti".
Il 16 dicembre (26 frimaio) Maximilien respinge la proposta di Bourdon de l'Oise che voleva espellere dal Club dei Giacobini tutti i preti.
Anita Pascioli

Enea ha detto...

Signora Anita,
lei entra nel thema con dovizia di particolari ed estremamente a tono, ponendo sicuramente domande dense e cariche di significati.
Comincio ribadendo il mio profondo sospetto verso il principio di "tolleranza"; l'individuo tollerato è l'individuo non perseguitato ma al contempo malsopportato e guardato con paternalistica condiscendenza da parte di chi creda di aver diritto di guardarlo dall'alto in basso.
Per questo credo si debba sforzarsi di costruire cultura del rispetto, non della tolleranza. E la cultura del rispetto credo possa essere garantita dalla neutralità confessionale delle istituzioni e da un insegnamento critico teso a capire tanto le radici culturali nostre quanto quelle altrui.
Per questo sono da un lato contrario all'insegnamento nella scuola di una dottrina religiosa specifica ma assolutamente favorevole all'idea che si studi le radici delle varie religioni da un punto di vista antropologico.
Contemporaneamente non mi illudo affatto che istituzioni confessionalmente neutrali producano automaticamente una cultura del rispetto, che del resto è in generale poco sensata se non è costruita su basi di reciprocità ( il che non esclude che si debba imparare a rispettare gli altri per primi, altrimenti nessuno farà mai il primo passo ).

Le domande che mi fa circa il fatto che Robespierre non incentivò il saccheggio delle chiese e la messa al bando della pratica del culto è dal mio punto di vista, lo specchio di una contrapposizione tanto profondamente radicata quanto ai miei occhi fasulla.

Fu giusto spodestare il re, la nobiltà, ed il primo stato ovvero il clero, che in combutta con la nobiltà e nel nome della corona, privava il popolo il sovranità e lo sfruttava, e fu giusto perchè non sarebbe stato realistico e possibile farlo altrimenti, perseguire l'obiettivo anche tagliando delle teste.
Ma un conto è la chiesa, terrenissima istituzione di potere, un conto il sentimento religioso di chi lo prova, povero o benestante che sia.
Il sentimento religioso non mi appartiene, ma non ho un solo motivo per volerlo perseguitare.

Già allora la questione politica contro il primo stato, ed il fatto di non voler per questo saccheggiare ogni chiesa o proibire il culto, ci mostra quale sia il tema di fondo della contrapposizione: non tra laici e religiosi, ma tra laici e confessionalisti.

Il sentimento religioso è, a suo modo, una manifestazione di libertà di pensiero ed espressione.
Concetti liberali a ben vedere, ma non è scritto da nessuna parte che del liberalismo tutto quanto sia da buttare.
Così come in linea di principio, se è giustissima la petizione di principio di non voler contrapporre un fanatismo ad un'altro fanatismo, è invece largamente opinabile che il sentimento religioso sia popolare e la sua mancanza aristocratica essendo questa questione del tutto trasversale alle classi ( ma essendo le istituzioni terrene e di potere sempre schierata a difesa dello status quo. Lo diceva molto chiaramente il monaco Thomas Muntzer, che predicava liberazione dagli sfruttatori ai contadini col Vangelo in mano e che la chiesa ha voluto morto, sia quella cattolica apostolica romana sia quella riformata appena nata, con Lutero e Melantone che lo hanno voluto morto quasi più ancora del papa e il solo Andrea Carlostadio che ha simpatizzato per lui. Ma perchè era troppo un brav'uomo, e perchè credeva più al Vangelo che alla Chiesa..... )

Enea ha detto...

Io non sono in guerra contro il sentimento religioso, e non disprezzo affatto i cristiani, come non disprezzo i musulmani, gli ebrei, i buddhisti etc.
Voglio la separazione stato-chiesa, vera effettiva. Con una chiesa che si occupa di anime e di prescrizioni morali per chi ci crede, ed uno stato che con le proprie leggi garantisca diritti, faccia rispettare doveri, e nei limiti del non permettere soprusi e violenze permetta la coesistenza di differenti paradigmi morali non manifestando preferenza per gli uni o per gli altri.

Nell'idea di socialismo e di liberalismo, accantonando per un momento la questione delle religioni, una delle importanti differenze - forse la più profonda - è il rapporto con il concetto di libertà.
Il concetto di libertà non può essere preso come un blocco unico; esistono piuttosto liberta positive e libertà negative.
Il pensiero liberale si incardina sul piano economico sulle libertà negative, intese come libertà dallo stato, libertà per mancanza di impedimento.
L'iniziativa economica non deve essere impedita. Il liberalismo largheggi sulle libertà negative dell'individuo.
Il socialismo invece è restrittivo su queste ultime, per la garanzia delle libertà negative dell'individuo, ben lungi dal creare prosperità per tutti, possono mettere i più in una condizione di sudditanza, dipendenza, sfruttamento.
Il differente approccio alle libertà negative non trova però, ai miei occhi, fondati motivi per non dover costruire temi di ampia convergenza sulle libertà positive, libertà di essere quello che vuoi, di pensare quello che vuoi, di poterlo esprimere, di manifestare il tuo modo di essere senza essere imbrigliato in convenzioni morali(stiche ) o del perbenismo borghese.
Sono due binari paralleli.
Puoi voler largheggiare sulle libertà positive senza per questo voler largheggiare su quelle negative.
O nello stesso puoi voler largheggiare sulle seconde essendo tremendamente restrittivo sulle prime.

Ora, secondo me, senza una chiesa ( cattolica, o di qualsiasi altra confessione ) non è possibile avere un paese aperto sul fronte delle libertà positive.
E ciò cui assolutamente sono ostile e che voler largheggiare su questo fronte porti fatalmente a voler largheggiare anche sulle altre.
Se non sei devoto al sacro sacralizzerai le dinamiche di riproduzione del capitale.
So che c'è chi lo pensa, ma per me è una scempiaggine: dipende da quale idea di umanesimo ti muove.

In quest'ottica io non voglio affatto perseguitare i religiosi da cui mi differenzio, e ci mancherebbe, voglio uno stato che ci permetta di convivere senza manifestare ad ogni piè sospinto di preferire loro a me ( per altro questo stato che preferisce i cattolici a me è capitalistico. Come la mettiamo? ).

Spero di essere riuscito a spiegare meglio che non mi sento affatto in guerra col sentimento religioso e che non voglio spianare le chiese coi carri armati, semplicemente perchè desidero uno stato non confessionalmente schierato.

Enea ha detto...

Chiedo scusa per un refuso.
Volevo dire che

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