3 settembre.
Dopo la consistente affermazione elettorale di Izquierda Unida e di Podemos è in atto nella sinistra spagnola un dibattito sul futuro, su come unire e far diventare maggioritarie le forze di alternativa. Un dibattito che avrà profonde implicazioni. Una questione si pone come dirimente in Izquierda Unida: volgersi verso Podemos e i nuovi movimenti sociali per un'alternativa di sistema o restare aggrappati all'idea dell'unita "a sinistra" col Partito "socialista"? Volentieri pubblichiamo questo contributo di Monereo (nella foto).*
«In questi giorni ho pensato molto ad Anguita. Guardarlo entrare ed uscire dagli ospedali mi ha riempito la preoccupazione e di rabbia, sì, proprio un enorme rabbia. Conosco in prima persona il contesto politico generale in cui il suo cuore si è rotto. Un nome dice tutto: Maastricht, cioè il trattato sull'Unione europea, lì firmato. Fu una caccia all'uomo paragonabile solo a quella subita dall'ultimo Suarez. Tutti i poteri unificati dalla Moncloa e guidati dal "cassetta degli attrezzi" di Prisa si misero a lavorare per demonizzare e screditare, con la persona, una "forma politica" che rompeva le regole del gioco stabilite dai poterei nella transizione [dal regime franchista alla monrachia cosituzionale, Ndr]. Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza la complicità di di una parte di Izquiera Unida (IU), da sempre ossessionata di govenrare col PSOE.
Maastricht ci dice molto del progetto che Julio ideò e organizzò. Informarsi bene, discutere molto, e quindi decidere, facendolo a partire dai nostri principi, dai nostri valori, dal nostro modo di vedere il mondo e la politica. Perché decidemmo di respingere il Trattato dell'Unione? Perché giungemmo alla conclusione che questo era incompatibile con la sinistra, con le politiche economiche, sociali e sindacali della sinistra. Era così chiaro! Dicemmo e giungemmo di più: entro le compatibilità di quel Trattato non sarebbero state possibili nemmeno le proposte che per convenzione chiamiamo socialdemocratiche.
Tutto ciò, dopo due decenni, è solarmente evidente. Guardiamo alla Francia di Hollande. Il Partito Socialista è salito al governo con una proposta contraria all'austerità e di rifiuto del Patto di stabilità. Non solo non ha mantenuto le promesse, ma, come si dimostra con il nuovo governo Valls, adotterà politiche che nemmeno la destra francese ha mai osato spingere tanto avanti. Ci si sorprende poi, in questo contesto, del recente trionfo elettorale Marie Le Pen? Credo di no. È la logica conseguenza di una sinistra senza immaginazione e senza principi che è giunta al capolinea, di un europeismo sempliciotto e sciocco, che considera la nazione, la sovranità popolare e l'indipendenza nazionale anticaglie, come una storia felicemente terminata al servizio di un'Europa tedesca.
Definire con precisione il tipo di innovazione avutasi con la IU di Anguita è questione ancora aperta. Tuttavia, se dovessi evidenziare la sua caratteristica fondamentale, questa sarebbe quella di un progetto autonomo. A sinistra dell'onnipotente partito di Felipe González [PSOE, Ndr] apparve un progetto che criticava a fondo e da sinistra le politiche neoliberiste e che puntava a costruire una forza alternativa capace di essere maggioranza, di governo e di potere. Al suo centro: una denuncia intransigente del bipartitismo politico (imperfetto, cioè, con le destre catalane e basche), di un modo di strutturare il potere per impedire che potesse esistere un'alternativa a sinistra all'altezza dei tempi e delle esigenze delle persone.
Come era facile supporre, fin dall'inizio il problema centrale fu il PSOE e quella che venne chiamata l'unità della sinistra. Lo schema dominante era ben noto: una "destra" e una "sinistra" che si sono alternate nel governo al servizio dei poteri economici, conservando la monarchia come elemento agglutinante e meccanismo di "moderazione", vale a dire la garanzia ultima che mai i "limiti" del patto sarebbero stati violati. Il discorso di Felipe González funzionò con molto successo: avviare la modernizzazione capitalistica del paese avendo come guida e il Mercato comune europeo. Quella era l'unica possibile politica di sinistra. Tutto il resto era marginalità, dogmatismo e conservatorismo.
Sin dal primo momento il problema che IU si trovò di fronte era come smontare un discorso, una teoria e una pratica che erano presentati come di sinistra e che invece erano politiche di destra, sempre più di destra, sostenute una parte sostanziale del media. L'idea centrale era quella del programma, programma e ancora programma. Si trattava, concretamente e dal basso, di definire proposte, tentare strategie e sviluppare discorsi in grado di costruire un'altra forza politica e sociale, un movimento capace di costruire un'altra politica e altre forme per esercitarla, più precisamente, nuovi modi di fare politica come strumento che renda possibile una politica alternativa a quella neoliberista dominante.
Qui era tutto, e questo discutemmo in profondità. Il declino della socialdemocrazia, la crisi della forma-partito, la riflessione approfondita sui nuovi movimenti sociali (il pacifismo, il femminismo, l'ecologia politica) e il loro ruolo nella costruzione di un'alternativa a ciò che esiste; la crisi della politica e della sua connessione con l'Europa neoliberista; i cambiamenti nel capitalismo e la transizione al post-fordismo; le nuove forme organizzative e l'importanza dell'azione collettiva per l'azione cosciente. Si potrebbe continuare. Un progetto innovativo, radicale e alternativo che si misurava nell'azione e che combinò con molta saggezza critica, alternative e nuove forme di organizzazione politica. Tutto questo, è bene sottolinearlo, prima della "caduta del muro" e il crollo del comunismo storico.
Questo non è il momento di spiegare la storia e una ritirata tanto dura. Se qualcosa ci dice l'esperienza, la nostra esperienza, è che le uniche battaglie che in realtà si perdono sono quelle che non si conducono, e che nulla muore completamente quando si hanno profonde radici sociali, volontà e coraggio morale. Oggi IU, ancora una volta, ha un'occasione storica. Abbiamo resistito in condizioni molto difficili e il progetto è ancora vivo, spesso a dispetto di noi stessi. Però, ancora una volta, emergono vecchi atavismi e i rischi di un tatticismo sempre più cieco, con il pretesto ora, solo ora, a difendere una sigla che nessuno mette in dubbio, in momenti —qui l'enorme contraddizione— in cui il progetto storico IU può diventare maggioritario.
A questo punto non possiamo ingannarci ne ingannare. Allora come oggi i problemi, i dilemmi, le contraddizioni di IU e di una parte sostanziale della sinistra europea, rimangono (quasi) sempre gli stessi: alternativa (al sistema) o alternanza (nel sistema); volontà della maggioranza o forza complementare del social-liberalismo: rottura democratica o ennesima restaurazione borbonica; andare verso il nuovo che cresce e si sviluppa o continuare sulla vecchia strada delle piccole rendite di potere e di posizione nell'attesa di un giorno finale che non arriverà o che si manifesterà col suo lato peggiore.
Uno dei più profondi insegnamenti che Julio Anguita ha dato e continua a dare alla politica, è stata la coerenza tra quello che ha fatto e quello che ha detto, l'etica pubblica come valore e cifra di una pratica che vuole essere liberatoria. La vostra IU, quella tutti noi, è ancora viva perché ci ha fatto tutti più degni, ha dato voce a chi non l'aveva e sempre si è definita un progetto di Paese fondato sull'idea di una società di uomini e donne liberi e uguali impegnati per l'emancipazione: le Res pubblica. Confondere questo con il logo elettorale ci fa piccoli e inutili». 29 agosto 2014
* Manolo Monereo, noto intellettuale spagnolo, dirigente di Izquierda Unida e del Frente Civico. Ha partecipato al Forum europeo svoltosi ad Assisi dal 20 al 24 agosto scorsi, ed è uno dei firmatari della Dichiarazione congiunta delle sinistre anti-euro.
** Traduzione a cura della Redazione
Dopo la consistente affermazione elettorale di Izquierda Unida e di Podemos è in atto nella sinistra spagnola un dibattito sul futuro, su come unire e far diventare maggioritarie le forze di alternativa. Un dibattito che avrà profonde implicazioni. Una questione si pone come dirimente in Izquierda Unida: volgersi verso Podemos e i nuovi movimenti sociali per un'alternativa di sistema o restare aggrappati all'idea dell'unita "a sinistra" col Partito "socialista"? Volentieri pubblichiamo questo contributo di Monereo (nella foto).*
«In questi giorni ho pensato molto ad Anguita. Guardarlo entrare ed uscire dagli ospedali mi ha riempito la preoccupazione e di rabbia, sì, proprio un enorme rabbia. Conosco in prima persona il contesto politico generale in cui il suo cuore si è rotto. Un nome dice tutto: Maastricht, cioè il trattato sull'Unione europea, lì firmato. Fu una caccia all'uomo paragonabile solo a quella subita dall'ultimo Suarez. Tutti i poteri unificati dalla Moncloa e guidati dal "cassetta degli attrezzi" di Prisa si misero a lavorare per demonizzare e screditare, con la persona, una "forma politica" che rompeva le regole del gioco stabilite dai poterei nella transizione [dal regime franchista alla monrachia cosituzionale, Ndr]. Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza la complicità di di una parte di Izquiera Unida (IU), da sempre ossessionata di govenrare col PSOE.
Maastricht ci dice molto del progetto che Julio ideò e organizzò. Informarsi bene, discutere molto, e quindi decidere, facendolo a partire dai nostri principi, dai nostri valori, dal nostro modo di vedere il mondo e la politica. Perché decidemmo di respingere il Trattato dell'Unione? Perché giungemmo alla conclusione che questo era incompatibile con la sinistra, con le politiche economiche, sociali e sindacali della sinistra. Era così chiaro! Dicemmo e giungemmo di più: entro le compatibilità di quel Trattato non sarebbero state possibili nemmeno le proposte che per convenzione chiamiamo socialdemocratiche.
Tutto ciò, dopo due decenni, è solarmente evidente. Guardiamo alla Francia di Hollande. Il Partito Socialista è salito al governo con una proposta contraria all'austerità e di rifiuto del Patto di stabilità. Non solo non ha mantenuto le promesse, ma, come si dimostra con il nuovo governo Valls, adotterà politiche che nemmeno la destra francese ha mai osato spingere tanto avanti. Ci si sorprende poi, in questo contesto, del recente trionfo elettorale Marie Le Pen? Credo di no. È la logica conseguenza di una sinistra senza immaginazione e senza principi che è giunta al capolinea, di un europeismo sempliciotto e sciocco, che considera la nazione, la sovranità popolare e l'indipendenza nazionale anticaglie, come una storia felicemente terminata al servizio di un'Europa tedesca.
Definire con precisione il tipo di innovazione avutasi con la IU di Anguita è questione ancora aperta. Tuttavia, se dovessi evidenziare la sua caratteristica fondamentale, questa sarebbe quella di un progetto autonomo. A sinistra dell'onnipotente partito di Felipe González [PSOE, Ndr] apparve un progetto che criticava a fondo e da sinistra le politiche neoliberiste e che puntava a costruire una forza alternativa capace di essere maggioranza, di governo e di potere. Al suo centro: una denuncia intransigente del bipartitismo politico (imperfetto, cioè, con le destre catalane e basche), di un modo di strutturare il potere per impedire che potesse esistere un'alternativa a sinistra all'altezza dei tempi e delle esigenze delle persone.
Come era facile supporre, fin dall'inizio il problema centrale fu il PSOE e quella che venne chiamata l'unità della sinistra. Lo schema dominante era ben noto: una "destra" e una "sinistra" che si sono alternate nel governo al servizio dei poteri economici, conservando la monarchia come elemento agglutinante e meccanismo di "moderazione", vale a dire la garanzia ultima che mai i "limiti" del patto sarebbero stati violati. Il discorso di Felipe González funzionò con molto successo: avviare la modernizzazione capitalistica del paese avendo come guida e il Mercato comune europeo. Quella era l'unica possibile politica di sinistra. Tutto il resto era marginalità, dogmatismo e conservatorismo.
Sin dal primo momento il problema che IU si trovò di fronte era come smontare un discorso, una teoria e una pratica che erano presentati come di sinistra e che invece erano politiche di destra, sempre più di destra, sostenute una parte sostanziale del media. L'idea centrale era quella del programma, programma e ancora programma. Si trattava, concretamente e dal basso, di definire proposte, tentare strategie e sviluppare discorsi in grado di costruire un'altra forza politica e sociale, un movimento capace di costruire un'altra politica e altre forme per esercitarla, più precisamente, nuovi modi di fare politica come strumento che renda possibile una politica alternativa a quella neoliberista dominante.
Qui era tutto, e questo discutemmo in profondità. Il declino della socialdemocrazia, la crisi della forma-partito, la riflessione approfondita sui nuovi movimenti sociali (il pacifismo, il femminismo, l'ecologia politica) e il loro ruolo nella costruzione di un'alternativa a ciò che esiste; la crisi della politica e della sua connessione con l'Europa neoliberista; i cambiamenti nel capitalismo e la transizione al post-fordismo; le nuove forme organizzative e l'importanza dell'azione collettiva per l'azione cosciente. Si potrebbe continuare. Un progetto innovativo, radicale e alternativo che si misurava nell'azione e che combinò con molta saggezza critica, alternative e nuove forme di organizzazione politica. Tutto questo, è bene sottolinearlo, prima della "caduta del muro" e il crollo del comunismo storico.
Questo non è il momento di spiegare la storia e una ritirata tanto dura. Se qualcosa ci dice l'esperienza, la nostra esperienza, è che le uniche battaglie che in realtà si perdono sono quelle che non si conducono, e che nulla muore completamente quando si hanno profonde radici sociali, volontà e coraggio morale. Oggi IU, ancora una volta, ha un'occasione storica. Abbiamo resistito in condizioni molto difficili e il progetto è ancora vivo, spesso a dispetto di noi stessi. Però, ancora una volta, emergono vecchi atavismi e i rischi di un tatticismo sempre più cieco, con il pretesto ora, solo ora, a difendere una sigla che nessuno mette in dubbio, in momenti —qui l'enorme contraddizione— in cui il progetto storico IU può diventare maggioritario.
A questo punto non possiamo ingannarci ne ingannare. Allora come oggi i problemi, i dilemmi, le contraddizioni di IU e di una parte sostanziale della sinistra europea, rimangono (quasi) sempre gli stessi: alternativa (al sistema) o alternanza (nel sistema); volontà della maggioranza o forza complementare del social-liberalismo: rottura democratica o ennesima restaurazione borbonica; andare verso il nuovo che cresce e si sviluppa o continuare sulla vecchia strada delle piccole rendite di potere e di posizione nell'attesa di un giorno finale che non arriverà o che si manifesterà col suo lato peggiore.
Uno dei più profondi insegnamenti che Julio Anguita ha dato e continua a dare alla politica, è stata la coerenza tra quello che ha fatto e quello che ha detto, l'etica pubblica come valore e cifra di una pratica che vuole essere liberatoria. La vostra IU, quella tutti noi, è ancora viva perché ci ha fatto tutti più degni, ha dato voce a chi non l'aveva e sempre si è definita un progetto di Paese fondato sull'idea di una società di uomini e donne liberi e uguali impegnati per l'emancipazione: le Res pubblica. Confondere questo con il logo elettorale ci fa piccoli e inutili». 29 agosto 2014
* Manolo Monereo, noto intellettuale spagnolo, dirigente di Izquierda Unida e del Frente Civico. Ha partecipato al Forum europeo svoltosi ad Assisi dal 20 al 24 agosto scorsi, ed è uno dei firmatari della Dichiarazione congiunta delle sinistre anti-euro.
** Traduzione a cura della Redazione
4 commenti:
Quanto somiglia al dibattito interno all'attuale PRC qui da noi!!
Che le Sinistre siano ormai allo sbando è in atto da tempo e ciò perché il Marxismo aveva uno scopo che è stato conseguito. La problematica internazionale è ora altra e la lotta di classe programmata a suo tempo per indirizzare il Golem delle masse sfruttate e diseredate contro i "nemici "in una certa fase della Storia non serve più.
Ora i "nemici" sono i BRICS, non più le dittature centro europee degli anni '30 e '40. Il Sistema ha assunto fisionomie ben definite: è un sistema maturo per assumere ill controllo mondiale, E sarà agevole ora che le Nazioni non ci sono quasi più.
Non ho capito il pensiero dell'anonimo delle 14:27 ,credo che il pensiero di Marx sia più attuale che Mai. Ciò che sta accadendo dimostra chiaramente come il Capitalismo per le sue stesse contraddizioni Non può che implodere . Lo dimostrano anche le Medicine Keinesiane che hanno retto fino a quando non sono state abolite le cure dal liberismo .Oggi parlare di sinistra , sindacati e cose del genere fa girare le spalle perché i cittadini sono stati ingannati e ci vorrà molto tempo per ricostruire ,ma in aiuto verrà proprio l'implosione del Capitalismo .la tragedia purtroppo e' che i primi a soccombere saranno sempre i più deboli come sempre.
E' anche una questione tecnico-economica oltre che ideologico-politica.
I "signori della moneta" hanno capito che la moneta stessa è un'arma potentissima che, una volta che la sua emissione sia in balia di monopoli privati (ovviamente capitalistici)" si è padroni anche della politica. IL sistema da combattere e da scalzare sarebbe stato qualche decennio fa proprio questo. Il gravissimo errore delle sinistre è stato quello di sottovalutare la cessione delle Banche Centrali alle banche private anziché tenersi ben stretto il privilegio della sovranità monetaria.
Chi aveva capito ed ha tentato di opporsi a questo truffaldino sistema di prevaricazione è stato "fatto fuori" tempestivamente. Vedi Lincoln, J.F.Kennedy. e recentemenye Gheddafi e Saddam- Forse persino Tremonti ha rischiato di rimetterci le penne e, almeno politicamente, è stato fatto fuori anche lui.
Questo sarebbe il problema essenziale da risolvere per salvare il Popolo, ma il Popolo (assieme purtroppo a tanti politici da strapazzo) è troppo "bue" (nella maggioranza, si capisce) per comprendere una questione del genere .
Marx c'entra fino ad un certo punto.
Posta un commento