Ancora lui
di Leonardo Mazzei
Se l'ONU è stato ancora una volta il luogo dell'ipocrisia «umanitaria», la decisione italiana è stata esplicitamente presa in nome degli interessi nazionali minacciati. Ma minacciati da chi? Evidentemente dall'attivismo di Francia e Gran Bretagna. E' così che il governo Berlusconi ha deciso di lanciarsi nell'avventura: l'Italia sarà pienamente coinvolta nell'aggressione alla Libia, per potersi poi sedere al tavolo dei vincitori dove si decideranno i futuri assetti di quel paese.
Tutto ciò è chiaro anche ai ciechi, di questo si discute sulle pagine dei quotidiani, altro che «guerra umanitaria»! Ma c'è una parte del parlamento che finge di non saperlo e che motiva il suo sì alla guerra con argomenti che non stanno in piedi. Sono gli stessi che rasero al suolo la Jugoslavia nel 1999 con il pretesto della «pulizia etnica». Dopo la loro guerra, la pulizia etnica - quella vera contro i serbi - è avvenuta con la protezione dei soldati della Nato, mentre gli Usa costruivano in Kosovo la loro mega-base di Camp Bondsteel.
Oggi ci risiamo. Ma qualcuno può ancora credere alle menzogne spudorate degli imperialisti? Chi mai si preoccupa delle vittime civili dei bombardamenti in Afghanistan, di quelle dei droni in Pakistan, della repressione nello Yemen e in Bahrein, per non parlare della Palestina? Nessuno può crederci, ma qualcuno ha tutto l'interesse di far finta di crederci. Questo qualcuno alberga a «sinistra».
Se la linea interventista è passata in parlamento lo si deve soltanto all'appoggio entusiastico del Pd, visto che la Lega, non partecipando al voto, si è di fatto dissociata dalla decisione dell'esecutivo. Sfidando il comune senso del ridicolo, lasciamo perdere quello del pudore, Bersani ha perfino criticato il ritardo della decisione dell'ONU. E risorgendo come una specie di ministro degli esteri «ombra», D'Alema ha invocato il pieno coinvolgimento della NATO.
Il bipartitismo sconfitto nel paese è rinato sotto il segno della guerra. L'asse è quello tra Pdl e Pd, dietro al quale non possono che seguire pedissequamente le frattaglie centriste. E' un asse benedetto dal pieno coinvolgimento del Quirinale. E' un asse che rafforza lo stesso Berlusconi, che si trova davanti una «opposizione» tanto accanita sulle escort quanto accondiscendente sulla guerra.
Lo ripetiamo: non sappiamo ancora che guerra sarà. La risoluzione ONU ammette ogni genere di azione, tutto in pratica potrà essere bombardato, basterà dire che ciò è servito ad impedire nuove vittime civili. La risoluzione, però, esclude occupazioni militari, una condizione evidentemente posta dai paesi che pure hanno acconsentito a farla passare con l'inutile ed ipocrita voto di astensione. Ora i casi sono due: o tutto si risolve con un accordo tra le potenze imperialiste ed il clan Gheddafi, oppure sarà ben difficile che gli aggressori possano fare a meno di scendere sul terreno.
Nel primo caso avremmo certamente l'uscita di scena del rais, accompagnata però dal mantenimento di un ruolo preminente del suo clan; il tutto nella cornice di un nuovo equilibrio tribale, dove più che le inevitabili concessioni alla Cirenaica, conterebbero le garanzie offerte alle potenze occidentali. Potenze che poi regolerebbero al loro interno i conflitti sotterranei sullo sfruttamento petrolifero del paese.
Nel secondo caso avremmo invece un'escalation del conflitto dagli esiti tutt'altro che certi, rendendo ancora più chiara la matrice imperialista della guerra che si sta preparando in queste ore. Sta qui la ragione della relativa prudenza americana di queste settimane. Nella visione globale degli USA, la Libia non ha la stessa importanza dell'Iraq o dell'Egitto, ed i fronti aperti sono già tanti. Ecco perché, salvo sorprese dell'ultimora, gli americani sembrano voler lasciare questa volta la prima linea alle vecchie potenze coloniali europee.
E' chiaro che sia in un caso che nell'altro la guerra ha solo motivazioni di interesse economico e geopolitico. E' una guerra di rapina, non per aiutare il popolo libico, ma per depredarlo meglio, ancor di più di quanto è già avvento con il regime di Gheddafi. E' alla luce di queste considerazioni che va valutata la vergognosa posizione del centrosinistra.
Scriviamo «centrosinistra» e non solo Pd, non soltanto perché l'Idv non può salvarsi la faccia con la non partecipazione al voto, ma per la posizione assunta da Nichi Vendola. Costui ha la fortuna di non essere attualmente in parlamento, ma non ha potuto esimersi dal dire la sua. Lo ha fatto col suo solito stile, del dire e non dire, dell'evitare sempre posizioni chiare e nette, ma questa volta la ciambella gli è venuta davvero male.
Citiamo dall'ANSA di ieri, 18 marzo: «"Dobbiamo lavorare per impedire il massacro dei civili in Libia ma dobbiamo anche evitare che in Libia si replichino copioni tragici, che hanno visto soluzioni militari precipitare in pericolosi e terribili pantani". Il governatore della Puglia, Nichi Vendola, commenta così la decisione dell’Onu di prevedere la ‘no-fly zone’ in Libia. "Dobbiamo impedire – aggiunge – che Gheddafi completi la sua macelleria civile ma dobbiamo anche vigilare con cautela che l’opzione militare non si trasformi in qualcosa di imprevedibile. Serve davvero infinita saggezza da parte di tutti"».
Traduciamo? Vendola approva la risoluzione dell'ONU, approva dunque l'operazione militare, solo non vorrebbe perdere troppi voti. Vorrebbe una guerra senza morti, un bombardamento senza vittime, una NATO «umanitaria». In una parola, vorrebbe ciò che è impossibile. Dalla sua dichiarazione ben si comprende che se fosse stato in parlamento avrebbe aggiunto il suo sì a quello dell'alleato Pd, alla faccia del suo pacifismo un tanto al chilo.
Diciamolo con chiarezza: se l'atlantismo del Pd è vergognoso, la disonestà intellettuale del governatore pugliese è difficilmente battibile. E se l'Italia di oggi è davvero un «povero paese», ciò non dipende dal solo Berlusconi, il quale resta lì dov'è anche grazie alla pasta di cui son fatti i suoi presunti «oppositori».
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