"Gheddafi non può scappare, in questo bunker c'è la sua vita" |
di Alberto Negri*
Chi non lo abbandonerà nel bunker saranno le Amazzoni, la guardia del corpo femminile che si immolò per salvargli la pelle in un attentato alla Sirte. Gheddafi è all'ultimo atto: ha ragione Robert Fisk sull'Independent ad affermare che non è un Re Lear pronto a fare cose che "dovranno empire di terrore la terra". Ma forse ha torto quando lo dipinge come un attore comico che a fine carriera decide di recitare in una tragedia: non avrebbe preso il potere a 27 anni e attraversato tutte le temperie, compreso il bombardamento di Reagan, se fosse soltanto una marionetta. È stato un leader, un capo militare, anche un terrorista, al quale la Libia andava stretta e che ama i coup de théatre, come è accaduto ieri quando ha arringato la folla sulla Piazza Verde.
Gheddafi ha avuto una sua grandezza. Veniva da un punto sperduto nel deserto della Sirte: fu il primo della sua tribù a studiare. A 17 anni salì in piedi su una cattedra del liceo per esortare i compagni a seguire Nasser, l'eroe che si propose di emulare. Fu espulso: a Misurata cominciò a reclutare i giovani più intelligenti e coraggiosi che poi fecero il colpo di stato del 1969 contro il debole re Idris.
Sollevò le speranze di un popolo, aveva ambizioni intellettuali, al punto di elaborare nel Libro Verde la "terza teoria universale", in contrapposizione sia al comunismo che al capitalismo. L'Islam, interpretato in maniera molto laica, doveva essere il propellente per lanciarla nel mondo arabo-musulmano. Fu anche un utopista: il potere direttamente al popolo, in un sistema che non era né il socialismo né la democrazia rappresentativa. Certo un fallimento: alla fine della Libia sono rimaste le cabile e le storiche divisioni tra Tripolitania e Cirenaica. Voleva lottare contro la mahsoubia, il nepotismo e la corruzione, poi c'è cascato in pieno.
E adesso che giunge l'ora scendiamo nel bunker. È sotto, probabilmente, alla caserma di Bab al-Aziziyya, sventrata il 15 aprile 1986 dai caccia di Reagan. Qui tutto è trasformato in museo, compreso il lettino della figlia adottiva Hanna, 16 mesi, uccisa dalle schegge, conservato sotto una teca di vetro. È qui che si è fatta riprendere la figlia Aisha, mostrando le rovine in tv: «Ecco - ha detto - io resto qui, come allora, con mio padre». Sono state forse le uniche parole significative del clan: Gheddafi ha vissuto in questa ossessione, nella memoria di quelle notti asserragliato con la famiglia ad aspettare le bombe. «Dove eravate voi?», ha detto rivolto a nuove generazioni che non lo capiscono e vogliono ben altro che la retorica guerresca.
Gheddafi non può scappare, in questo bunker c'è la sua vita. Saddam Hussein fuggì nel buco di Tikrit - ma vi ricordate il fornello a gas, le coperte, la barba lunga - perché aveva un buon motivo: condurre la guerra agli americani. Gheddafi non può fare la guerra al suo popolo semplicemente perché pensa di essere lui tutto il popolo libico, la Libia stessa.
Gheddafi è stato un giovane ufficiale animato dalla febbre di cambiare il mondo. La febbre si è tramutata in follia, in recita, e ora, che siamo all'ultimo atto, in disperazione e debolezza crudele. In queste settimane di inutile sangue sparso non si sentiva un dittatore ma l'educatore di una scolaresca renitente: ha pronunciato mille volte la parola bambini ribelli, giovani drogati. Con i massacri ha fatto un male estremo, senza rimedio, ma ha pure ucciso se stesso, l'ultimo barlume di quel capitano di cui per molto tempo dopo il colpo di stato non si conosceva neppure il nome. Se fosse rimasto così, solo un nome, sarebbe entrato nella galleria degli eroi arabi, ora è già un ritratto tra i peggiori dittatori della storia mediterranea.
Fonte: Il sole 24 0re
2 commenti:
il sole 24ore se non sbaglio è il foglio del capitalismo straccione italiano, che per anni ha mercanteggiato in convenienti affari con l'ex colonia incurante dei crimini che venivano lì perpetrati; ultimi in ordine di tempo quelli riguardanti i tanti immigrati trucidati nei lager del deserto con il colpevole silente assenzo del governo italiano e la soddisfazione del nazirazzista maroni che gioiva del fatto che la sporca canaglia pezzente africana non arrivava più a lambire il suolo italico, rendendo così più problematico l'iquinamento islamico della cristiana e pagana lombardia; rivolgo una domanda alla redazione di rivoluzione democratica: stante ancora l'invadenza prepotente dell'imperialismo nazista a stelle e strisce, questa definizione, peraltro condivisibile, è dei compagni che redigono il blog, vladimir ilic lenin quale lettura darebbe delle imponenti rivolte popolari, che si sono verificate in meno di un mese in africa dall'inizio di quest'anno?; accomunerebbe le rivoluzioni tunisina ed egiziana ai sommovimenti di massa in libia?; o forse dato che di rivoluzioni se ne intendeva, sulla libia darebbe una lettura più complessa ed articolata, tenendo appunto conto della pervicace tendenza ad estendere il proprio dominio imperiale da parte degli stati uniti d'america?; non sorge il dubbio che in libia si stia assistendo ad un remake peraltro gia visto in jugoslavia ed in iraq, remake da proiettare al più presto in iran?; sono certo che rivoluzione democratica rifuggirà dal farsi intruppare nell'armata della guerra umanitaria, della guale si stanno già predisponendo le armi, politiche, culturali di propaganda ed anche quelle micidiali che seminano morte e distruzione; anche all'america di obama non importa un bel nulla della democrazia in libia; gli yankees sono esclusivamente interessati alle preziose risorse energetiche africane, al dominio imperiale della zona che permetta di cancellare la speranza del popolo palestinese alla liberazione di tutto il loro territorio.
Il 25 febbraio Pasquinelli scriveva su questo blog: «A scanso di equivoci: saremo domani, in caso di occupazione militare NATO, dalla parte di coloro che li combatteranno, allo stesso modo di come oggi il nostro cuore batte per gli insorti che vogliono farla finita con un'autocrazia che, abbandonate le sue velleità antimperialiste, ha fatto della Libia una colonia indiretta dell'Occidente, il Bengodi di una camarilla corrotta e corruttrice. Ma come? ci si chiederà? Oggi siete contro i fedelissimi di Gheddafi e domani a favore? Certo che sì, poiché con l'intervento della NATO la natura del conflitto muterà: da conflitto sociale e politico interno diverrà internazionale, da lotta per il potere in Libia si trasformerà in una lotta per il predominio, o meglio per conservare il traballante predominio, della Santa alleanza USA-Israele-Ue in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Oggi gli insorti, combattendo come in Tunisia e in Egitto contro un'oppressione interna soffocante, sono dalla parte della ragione. Se domani dovessero diventare una pedina o un arnese dei campioni dell'oppressione mondiale, passerebbero dalla parte del torto. Mentre chiunque domani combattesse contro le truppe d'occupazione imperialiste sarebbe dalla parte della ragione universale e meriterebbe di essere sostenuto, come avvenne in Jugoslavia, in Iraq, in Afghanistan».
Per quanto riguarda la natura della sollevazione in Libia e in che misura sia diversa p analoga a quelle tunisina o egiziana, scriveremo quanto prima
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