[ 11 febbraio 2019 ]
Comunicato n. 3 - 2019
Giovedi scorso, 7 febbraio, alla Camera dei deputati si è svolta la conferenza stampa di presentazione del Manifesto per la sovranità costituzionale.
Comunicato n. 3 - 2019
Giovedi scorso, 7 febbraio, alla Camera dei deputati si è svolta la conferenza stampa di presentazione del Manifesto per la sovranità costituzionale.
Il giudizio del Comitato centrale di Programma 101.
Manifesto per larga parte condivisibile (vi ritroviamo analisi e proposte che per primi abbiamo avanzato) la qual cosa conferma che dalle nostre parti c’è vita, che inizia a delinearsi, pur tra tante difficoltà, l’area che chiamiamo della “sinistra patriottica”.
Perché il documento è condivisibile, è presto detto.
Oltre alla difesa della Costituzione del ’48, esso non è reticente sul punto strategico decisivo e considerato un inviolabile tabù sia dalla sinistra liberista che da quella radicale: la centralità, in questa fase storica di crisi della globalizzazione e dell’Unione europea, della questione nazionale, quindi della battaglia per la sovranità nazionale. Di qui il dovere, per una sinistra popolare, di proporre un patriottismo democratico come arma non solo contro l’élite liberista e cosmopolitica ma pure come mezzo per contrastare il risorgente nazionalismo populista. Così come sono condivisibili le considerazioni sulla primazia dello Stato sul mercato; quelle per un controllo sul movimento dei capitali; quelle sui rischi per l’unità nazionale derivanti dal “regionalismo differenziato”; quelle sul principio che i flussi migratori debbono essere regolati (di qui la critica alle sinistre “no border”); quelle sul concetto che non tutti i bisogni individualistici indotti dal mercato sia diritti; infine quelle sui rischi delle tecno-scienze e l’esigenza e di un controllo democratico sull’uso dei saperi.
Ma allora dove casca l’asino?
Casca perché questo Manifesto è reticente su alcuni punti cruciali, ovvero non da le risposte che qui e ora ci servono sul piano strategico e tattico per uscire dal minoritarismo o dalla mera testimonianza ideale.
Il Manifesto pecca insomma di astrattismo politico.
(1) Manca un’analisi della crisi di egemonia dell’élite neoliberista, quindi del fenomeno controverso e composito dei “populismi”, qui in Italia anzitutto del Movimento 5 Stelle e poi della Lega a trazione salviniana.
(2) Manca un giudizio sulla svolta politica del 4 marzo 2017: è essa irreversibile, destinata a produrre effetti sul lungo periodo sul piano sociale, politico e istituzionale, oppure si tratta solo di una momentanea parentesi?
(3) E’ del tutto assente (reticenza imperdonabile) un giudizio sul governo giallo-verde: durerà o cadrà? E se cadrà, per sue contraddizioni interne o sotto l’attacco dell’élite eurocratica? E siccome questo attacco è in pieno svolgimento (anzitutto contro i Cinque Stelle) può la sinistra patriottica restare equidistante?
(4) Non c’è traccia, nel Manifesto, del “Fattore S”, ovvero alla Sollevazione popolare, quindi del protagonismo delle masse. Reticenza assai grave, anche visto quanto sta accadendo in Francia col movimento dei Gilet gialli. Si pensa forse che l’attuale pace sociale è definitiva? Oppure no? Ed allora come una sinistra patriottica deve prepararsi alla bisogna e battersi per l’egemonia in seno alla rivolta popolare? L’impressione è che la strategia sia tutta schiacciata sui piani elettorale e istituzionale.
(5) La conferma che il Manifesto è debole sul piano politico-strategico viene dall’assenza di ogni discorso sulle alleanze (tattiche e strategiche). A meno che non si pensi alla propria autosufficienza, l’uscita dalla gabbia eurocratica, lo sganciamento della globalizzazione neoliberista, sono battaglie titaniche che implicano la costruzione di un potente fronte di lotta. Quanto ampio? Quali classi sociali e partiti può includere? Non è un caso che non si parli, come noi facciamo, di un Comitato di liberazione nazionale.
(6) Come minimo singolare è l’assenza totale di una proposta di politica internazionale. Quella cosa che da tempo ha preso il nome di geopolitica. Mancanza assai grave se si pensa alle svolte avvenute nei diversi teatri globali e dei rischi crescenti di conflitti deflagranti e di nuove aggressioni imperialiste (Venezuela). Da che parte stanno i promotori del Manifesto? Sono essi indifferenti allo scontro sempre più duro tra potenze? Come pensano debba collocarsi il nostro Paese una volta liberatosi dal giogo euro-tedesco? Dovrà anche uscire dalla NATO o fare da sponda alla casa Bianca trumpiana?
(7) Veniamo infine alla lacuna più sorprendente: da nessuna parte si scrive che l’Italia deve uscire dall’eurozona e dall’Unione. Da nessuna parte si proclama a chiare lettere la necessità dell’Italia di battere moneta propria attraverso una banca centrale pubblica. Una mancanza che anche a noi ha lasciato di stucco. Data questa assenza, mentre tutti, da sinistra a destra, si trastullano nell’illusione di poter “cambiare i Trattati”, la prospettiva (di sapore gollista) di una Confederazione europea di nazioni sovrane ha un aspetto davvero sinistro.
Nessuno è perfetto, diranno alcuni. Sì, qui nessuno è perfetto, ma dalla perfezione all’insufficienza c’era ampio spazio per fare qualcosa di meglio.
Il Manifesto si conclude con l’auspicio che “la discussione e l’approfondimento dei temi sopra indicati deve essere funzionale alla formazione di un nuova forza politica”, un nuovo partito.
Malgrado il Manifesto in questione non sia una base politica e strategica sufficiente per un partito nuovo, socialista, patriottico e rivoluzionario, condividiamo l’auspicio e ci auguriamo che nei prossimi mesi sia possibile un confronto politico aperto e costruttivo. La qual cosa implica non solo onestà intellettuale ma pure un giusto metodo per risolvere la differenze e trovare l’auspicabile sintesi unitaria.
* * *
Abbiamo preso visione del Manifesto per la sovranità costituzionale, frutto dell’intesa tra tre gruppi: Patria e Costituzione, Senso Comune e Rinascita!. Manifesto per larga parte condivisibile (vi ritroviamo analisi e proposte che per primi abbiamo avanzato) la qual cosa conferma che dalle nostre parti c’è vita, che inizia a delinearsi, pur tra tante difficoltà, l’area che chiamiamo della “sinistra patriottica”.
Perché il documento è condivisibile, è presto detto.
Oltre alla difesa della Costituzione del ’48, esso non è reticente sul punto strategico decisivo e considerato un inviolabile tabù sia dalla sinistra liberista che da quella radicale: la centralità, in questa fase storica di crisi della globalizzazione e dell’Unione europea, della questione nazionale, quindi della battaglia per la sovranità nazionale. Di qui il dovere, per una sinistra popolare, di proporre un patriottismo democratico come arma non solo contro l’élite liberista e cosmopolitica ma pure come mezzo per contrastare il risorgente nazionalismo populista. Così come sono condivisibili le considerazioni sulla primazia dello Stato sul mercato; quelle per un controllo sul movimento dei capitali; quelle sui rischi per l’unità nazionale derivanti dal “regionalismo differenziato”; quelle sul principio che i flussi migratori debbono essere regolati (di qui la critica alle sinistre “no border”); quelle sul concetto che non tutti i bisogni individualistici indotti dal mercato sia diritti; infine quelle sui rischi delle tecno-scienze e l’esigenza e di un controllo democratico sull’uso dei saperi.
Ma allora dove casca l’asino?
Casca perché questo Manifesto è reticente su alcuni punti cruciali, ovvero non da le risposte che qui e ora ci servono sul piano strategico e tattico per uscire dal minoritarismo o dalla mera testimonianza ideale.
Il Manifesto pecca insomma di astrattismo politico.
(1) Manca un’analisi della crisi di egemonia dell’élite neoliberista, quindi del fenomeno controverso e composito dei “populismi”, qui in Italia anzitutto del Movimento 5 Stelle e poi della Lega a trazione salviniana.
(2) Manca un giudizio sulla svolta politica del 4 marzo 2017: è essa irreversibile, destinata a produrre effetti sul lungo periodo sul piano sociale, politico e istituzionale, oppure si tratta solo di una momentanea parentesi?
(3) E’ del tutto assente (reticenza imperdonabile) un giudizio sul governo giallo-verde: durerà o cadrà? E se cadrà, per sue contraddizioni interne o sotto l’attacco dell’élite eurocratica? E siccome questo attacco è in pieno svolgimento (anzitutto contro i Cinque Stelle) può la sinistra patriottica restare equidistante?
(4) Non c’è traccia, nel Manifesto, del “Fattore S”, ovvero alla Sollevazione popolare, quindi del protagonismo delle masse. Reticenza assai grave, anche visto quanto sta accadendo in Francia col movimento dei Gilet gialli. Si pensa forse che l’attuale pace sociale è definitiva? Oppure no? Ed allora come una sinistra patriottica deve prepararsi alla bisogna e battersi per l’egemonia in seno alla rivolta popolare? L’impressione è che la strategia sia tutta schiacciata sui piani elettorale e istituzionale.
(5) La conferma che il Manifesto è debole sul piano politico-strategico viene dall’assenza di ogni discorso sulle alleanze (tattiche e strategiche). A meno che non si pensi alla propria autosufficienza, l’uscita dalla gabbia eurocratica, lo sganciamento della globalizzazione neoliberista, sono battaglie titaniche che implicano la costruzione di un potente fronte di lotta. Quanto ampio? Quali classi sociali e partiti può includere? Non è un caso che non si parli, come noi facciamo, di un Comitato di liberazione nazionale.
(6) Come minimo singolare è l’assenza totale di una proposta di politica internazionale. Quella cosa che da tempo ha preso il nome di geopolitica. Mancanza assai grave se si pensa alle svolte avvenute nei diversi teatri globali e dei rischi crescenti di conflitti deflagranti e di nuove aggressioni imperialiste (Venezuela). Da che parte stanno i promotori del Manifesto? Sono essi indifferenti allo scontro sempre più duro tra potenze? Come pensano debba collocarsi il nostro Paese una volta liberatosi dal giogo euro-tedesco? Dovrà anche uscire dalla NATO o fare da sponda alla casa Bianca trumpiana?
(7) Veniamo infine alla lacuna più sorprendente: da nessuna parte si scrive che l’Italia deve uscire dall’eurozona e dall’Unione. Da nessuna parte si proclama a chiare lettere la necessità dell’Italia di battere moneta propria attraverso una banca centrale pubblica. Una mancanza che anche a noi ha lasciato di stucco. Data questa assenza, mentre tutti, da sinistra a destra, si trastullano nell’illusione di poter “cambiare i Trattati”, la prospettiva (di sapore gollista) di una Confederazione europea di nazioni sovrane ha un aspetto davvero sinistro.
Nessuno è perfetto, diranno alcuni. Sì, qui nessuno è perfetto, ma dalla perfezione all’insufficienza c’era ampio spazio per fare qualcosa di meglio.
Tommaso Nencioni, Stefano Fassina e Ugo Boghetta alla conferenza stampa |
Il Manifesto si conclude con l’auspicio che “la discussione e l’approfondimento dei temi sopra indicati deve essere funzionale alla formazione di un nuova forza politica”, un nuovo partito.
Malgrado il Manifesto in questione non sia una base politica e strategica sufficiente per un partito nuovo, socialista, patriottico e rivoluzionario, condividiamo l’auspicio e ci auguriamo che nei prossimi mesi sia possibile un confronto politico aperto e costruttivo. La qual cosa implica non solo onestà intellettuale ma pure un giusto metodo per risolvere la differenze e trovare l’auspicabile sintesi unitaria.
Il Comitato centrale di P101
9 febbraio 2019
7 commenti:
Non so se avete notato.
Ugo Boghetta di Rinascita, il 9 febbraio stroncava la manifestazione pagliacciata della triplice sindacale.
Ma a quella manifestazione non solo c'era Stefano Fassina.
Senso Comune , da parte sua tesseva le lodi della manifestazione pagliacciata.
Posizioni opposte.
Ed ecco che ieri Boghetta fa marcia indietro
Giuste le osservazioni dell'anonimo 08:54. Leggo adesso che "La CGIL, la CISL e la UIL si pongono a difesa a tutto campo del bene primario dell'indipendenza della Banca.".
Ed ancora ci sono persone che non capiscono? Ed ancora sulla pagina di Boghetta qualcuno commenta: "La CGIL con Landini ha la possibilitá di cambiare rotta e ci vuole tempo". Ceeerto, come no, ci vuole tempo per bollire la rana lentamente.
Giovanni
Ieri Fassina è stato intervistato a "di martedì" sul suo nuovo progetto politico "Manifesto per la sovranità costituzionale". A precisa domanda di Floris, Fassina ha risposto che: "noi non vogliamo uscire né dall'Euro né dall’Unione Europea". Direi che Fassina si è completamente dimenticato che l'euro è una moneta a debito (come il franco coloniale) e quindi è una truffa per definizione. Vorrei ricordare che l'appartenenza all'Eurozona implica che lo Stato deve "comprare" dalle banche la moneta (che potrebbe stampare benissimo direttamente e gratis) emettendo titoli di stato. Le banche pagano questi titoli con dei click di computer (non ce li pagano in lingotti d'oro, tanto per chiarire) e questi click diventano il nostro debito pubblico. Quindi alla scadenza dobbiamo rimborsare questi click emettendo nuovi titoli, ma nel frattempo dobbiamo anche pagare gli interessi. Dal 2002 con l'euro abbiamo pagato più di 1.500 Mld di interessi, ma altrettanti ne abbiamo pagati dal 1981 al 2001 a causa dello sciagurato "divorzio" della Banca d’Italia deciso da Ciampi e Andreatta, che invece di fare gli interessi dello Stato e del "Popolo Sovrano" hanno fatto gli interessi delle banche e delle élite finanziarie. Perciò l’Euro, che a tutti gli effetti è la continuazione della “Lira straniera” di Ciampi e Andreatta, può definirsi come “LA TRUFFA DEL SECOLO”.
Poi, siccome il Debito Pubblico non può che aumentare a causa degli interessi, interviene la Commissione Europea a dirci che non possiamo fare deficit. Tutto calcolato per impoverire lo Stato (che quindi non può più intervenire nell’economia) e quindi per favorire le élite finanziarie e i capitalisti che possono comprarsi a prezzi di saldo tutti i beni e le aziende pubbliche e private (anche queste impoverite dalla crisi).
Quindi la soluzione è semplice: REINTRODURRE SUBITO LA MONETA SOVRANA NAZIONALE sotto forma di biglietti di Stato emessi dalla Zecca e moneta elettronica di Stato emessa direttamente dal Governo. Se non farà così il Governo fallirà perché non avrà i soldi per fare nulla. Per risollevare l'Italia ci vogliono manovre in deficit dell'8% per 10 anni (altro che il 2%); ma questo si può fare solo con la moneta sovrana ed eliminando il pareggio di bilancio. Non è neppure necessario uscire subito dall'euro perché quando gli italiani vedranno gli straordinari effetti positivi della moneta sovrana sul PIL, l'occupazione, il reddito delle famiglie, ecc., l'euro cadrà da solo perché tutti gli italiani capiranno che è una truffa. Governo, prendi il coraggio a due mani e fai quello che ti chiedono tutti gli italiani che non hanno buttato via il cervello.
Un commento sul documento di P 101
Nei punti uno, due e tre, in sostanza il cc di P 101 rimprovera al Manifesto per la sovranità costituzionale di non dare un giudizio sulla formazione del governo giallo-verde. Ma Fassina ha già manifestato aperture nei confronti del progetto di bilancio del governo Conte, apprezzamento delle pur limitate misure di welfare. Nell’intervista al Fatto Quotidiano riferisce di essersi già opposto alla lettera della Commissione Ue contro il governo Berlusconi; e dunque di non essere disponibile ad essere strumento dei poteri forti internazionali.A me sembra che basti.E’ evidente che il giudizio, o un eventuale sostegno a questo governo debbano essere condizionate alle scelte che questo governo opera e opererà in materia economica o in politica internazionale. Le incertezze di questo governo su molti di questi aspetti, in queste ore la posizione sul colpo di stato di Guaidò, mettono in evidenza la necessità di una forza socialista e sovranista.
Al punto (4) il documento rimprovera il manifesto di non avere attenzione per il protagonismo delle masse, cioè alla “Sollevazione popolare” come esemplificata dalla rivolta dei “gilet gialli”. Ma secondo P 101 il problema della emancipazione delle masse, della ridiscussione del rapporto di dipendenza del lavoro dal capitale, il protagonismo delle masse nella costruzione di una società e di uno stato consiste nella discesa in piazza di persone che protestano…? Una cosa è la protesta importante e giustificata dei pastori sardi, che però non ambiscono a rappresentare una alternativa per la società italiana, un’altra è l’idea che una serie di persone scese in piazza, in rappresentanza di una congerie di istanze diverse, possa costruire una alternativa generale sulla base del comune denominatore della “protesta”. Il “movimentismo” è una delle facce del liberalismo. Non è altro che la versione di sinistra della “mano invisibile” di Adam Smith, e nasce dalla stessa filosofia. E l’aspetto liberale di questo discorso non stà tanto nel mito religioso della “mano invisibile” che pur unifica i movimentisti ai liberisti: ma ancora più a fondo, nell’idea di “partire dai bisogni”, cioè dalla contrapposizione del nocciolo duro dei bisogni individuali contro i vincoli posti dalla realtà sociale.
Il socialismo reale ha storicamente impedito ogni forma di sindacalismo indipendente. Si è costituito con la repressione della rivolta di Kronstadt ed è stato demolito dalla nascita del sindacato indipendente “Solidarnosc”. E purtroppo questo non è un caso dovuto alla ottusità dei gruppi dirigenti sovietici, ma una necessità.Il socialismo nasce dalla idea di “necessità”, il sindacalismo dalla idea di “bisogni”. Il socialismo nasce dal riconoscimento dei nostri “legami” con le necessità del Bene Comune, il liberalismo dalla sua negazione. Vorreste dunque che Fassina diventasse un liberale…?
Al punto (5) lamentate l’assenza di un discorso sulle “alleanze” tattiche e strategiche e rivendicate la passata proposta di un Comitato di Liberazione nazionale che riuniva forze diverse da coinvolgere nella resistenza a Euro e ue.
Ho l’impressione che l’idea di “alleanze” di P 101 sia quella di cerchi concentrici a diverso livello di “verità”. Un nocciolo duro convinto delle eterne verità del “socialismo”, un primo cerchio di alleanze con quelli convinti di un socialismo democratico e con qualche carattere liberale, poi un terzo cerchio che comprende i sostenitori di un welfare di tipo keinesiano, un quarto cerchio che comprende i lavoratori autonomi che votano lega o i sostenitori a 5 stelle, un quinto cerchio…
A.C. (continua)
(continua)
Non è questo il modo con cui possiamo presentarci alla società italiana. Quello che dovremmo fare è progettare un modello di socialismo valido per l’oggi, e su quello confrontarci con tutti. La radicalità della proposta non è un ostacolo alla relazione con la società, se quella radicalità non è infondata. Per fare un esempio, una volta abbandonata la confusione terzinternazionalista fra pianificazione e monopolio statale dei mezzi di produzione, è possibile far comprendere a larghe masse di cittadini e di imprese un progetto di PIANIFICAZIONE economica. Perché la pianificazione, oltre che il modello generale di intervento sulla realtà della specie “Uomo”, è un METODO. La questione della proprietà delle imprese è un problema diverso. Ovvio riconoscere la necessità della proprietà statale in alcuni settori strategici: dall’energia, all’acqua, alle banche, alle assicurazioni, alle reti, alle telecomunicazioni, alla televisione, al settore militare e si potrebbe continuare. Ma questo confligge solo con la “libertà” di alcuni grandi capitalisti in genere a carattere multinazionale. La libertà di impresa si svolge sempre, anche nel paese più liberista, all’interno di un rigoroso sistema normativo imposto dallo Stato, e alle sue modalità è indifferente. L’idea di “pianificazione” e quella di “libertà di impresa” non sono vicendevolmente incompatibili. All’idea di partecipazione dei lavoratori e di autogestione è probabile che quelle imprese siano meno “aperte”, ma potremo rivolgerci a 23 milioni di lavoratori…
Al punto (6) lamentate “l’assenza totale di una proposta di politica internazionale”, e continuate: “Come deve collocarsi l’ Italia una volta liberatasi dal giogo euro-tedesco…? Dovrà uscire anche dalla Nato o fare da sponda alla Casa Bianca trumpiana…?
Ora, compagni di P 101, cerchiamo di capirci: qual è il significato generale del processo internazionale in corso…? A mio avviso, la fine epocale del liberalismo in tutte le sue forme: da quella della destra liberista a quella della sinistra liberal. La sinistra liberal si è dimostrata certo quella più capace di proporre una “narrazione” per il capitalismo nella sua fase globalista, e infatti ha preso il potere dopo la fine del blocco sovietico. I “diritti umani” sono la bandiera che ha potuto agitare, la demolizione di tutte le identità-nazionali, sessuali, religiose- il suo progetto politico. La sinistra liberale si è rivelata come l’unico soggetto capace di sostenere i contenuti più estremi del liberalismo, fino alla propria negazione. Perché quando si rivendica l’eutanasia per i sani, l’aborto di bambini capaci di vivere, il mutamento di sesso per i minorenni, oppure si organizzano le censure contro il pensiero non abbastanza liberale, è evidente che la “libertà” è diventata una nuova forma di totalitarismo.
A.C. (continua)
Chris Bannon sembra ad oggi l’unico che abbia capito la dimensione mondiale ed epocale di questo momento storico. Ovviamente, non è lui (o Trump) la soluzione: non è restaurando l’antico ordine liberal-conservatore che si risolve la crisi. Ma se noi demoliamo la sinistra liberale, o meglio, se noi portiamo a compimento il processo già in corso di separazione mondiale fra socialisti e sinistra liberale ci troveremo spesso accanto a conservatori che hanno dei progetti diversi dai nostri. Se lotteremo contro l’aborto al 9° mese ci troveremo accanto chi è contro l’aborto sempre; se siamo contro l’utero in affitto ci troveremo accanto a chi ritiene magari l’omosessualità una malattia da curare; se siamo contro l’eutanasia per i sani ci troveremo accanto chi è per l’accanimento terapeutico, e così via.
P 101 vorrebbe che Fassina optasse apertamente per l’uscita dalla Nato? A me sembra mal posto il problema. Noi dobbiamo partire dal punto di vista nazionale, e comprendere prima, e poi spiegare, che il nostro punto di vista nazionale è universale. (Certo, una volta chiarito che il protezionismo è una misura eccezionale e non ordinaria) Perciò il nostro discorso di riconquista della sovranità monetaria, economica, politica è un progetto che si rivolge a tutti i popoli del mondo, un progetto universale. E’ da qui che conviene partire parte, non sovrapponendo questioni su questioni, perché questo indebolisce inevitabilmente la nostra forza. Infatti, il calcolo delle probabilità ci insegna che se a una istanza che convince il 40% se ne aggiunge un’altra che convince un altro 40%, i convinti di entrambe saranno il 16%. Quindi: non dobbiamo fare il gioco inutile dei settari, quello del “più uno”, ma comprendere e dare alle nostre battaglie, che partono dal nostro interesse nazionale, un significato universale. Poi, nel loro svolgimento, ci troveremo anche ad affrontare nodi più rilevanti, che oggi non ci possiamo porre, come quello della appartenenza alla Nato.
(continua) A.C.
(continua)
Al punto (7) si nota che in nessun luogo si parla della uscita dall’ Eurozona e dalla Ue. Ora, non mi sembra proprio così. Fassina ha detto, nell’intervista al Fatto Quotidiano, che non crede né nella prospettiva degli Use, né nella democratizzazione della Ue. Ha inoltre affermato di rifiutare il principio della libera circolazione di Merci, servizi, persone e capitali. Se questo non è uscire dalla Ue, che cos’è…?
E’ vero d’altronde che non si è espresso sulla uscita dalla zona euro. Alla domanda del giornalista del Fatto Quotidiano: “Nella vostra ottica di sovranità costituzionale, c’è bisogno del ritorno ad una moneta nazionale?” Ha risposto: “C’è bisogno che la moneta nazionale sia al servizio dei principi costituzionali, cosa che oggi non è”. Una frase senza senso, un modo per aggirare il problema.
Ma in certi momenti una risposta senza senso è sempre meglio che una risposta sbagliata. Chi vorrebbe che Fassina dicesse “Sì, siamo per l’uscita immediata da euro e ue” immagina l’uscita come un salto. E’ come se qualcuno avesse chiesto nel ‘36 a Togliatti: ma lei è a favore dell’insurrezione armata? In quel periodo Togliatti, anziché pensare all’insurrezione armata, scriveva, per la cronaca, l’”Appello ai fratelli in camicia nera”. Qualche anno dopo, guidava invece la resistenza. Oppure sarebbe stato come chiedere ai Savoia se avessero voglia di far guerra all’impero austro-ungarico quando non ce ne erano le condizioni. Anziché come un salto, occorre perciò pensare la riconquista della nostra sovranità come un processo, fatto di 100.000 momenti attraverso i quali riconquistiamo la nostra autodeterminazione: intervento sulle multinazionali; difesa della proprietà nazionale delle imprese; difesa delle imprese statali; riforma della Pubblica Amministrazione; democratizzazione degli enti locali ecc. La questione dei vaccini, per esempio, imposta dalle multinazionali del farmaco, vi sembra che c’entri qualcosa con la sovranità, oppure no…?Forse sarebbe il caso, su questo, di chiedere l’opinione anche a Fassina.
E questo processo può avere in qualche momento delle accelerazioni o dei salti determinati dalla situazione contingente.
Per essere indipendenti, bisogna essere indipendentisti, pensa qualcuno. Invece è il contrario: per essere indipendentisti, bisogna essere indipendenti. Ci vogliono delle condizioni lungamente preparate prima, perché le forze sociali comprendano che possiamo fare a meno di Euro e Ue. La stessa Ue è un processo durato decenni, e l’ Euro è stato preparato fina dal ’92, anzi prima è stato sperimentato come Sme dal ’79. Per uscire dovrebbe bastare la parola…?
In conclusione, mi sembra che il progetto del manifesto per la Sovranità Costituzionale sia la più importante novità della situazione politica italiana; e che sia positivo su tutti i punti determinanti. P 101 deve partecipare a questo processo, nella propria autonomia ma anche non inventando rivendicazioni bislacche come quelle indicate ai punti 4,5 e 6.
Alessandro Chiavacci
p.s. Mi scuso per aver occupato ben 4 messaggi per questo post, ma qualche malfunzionamento del software del blog mi ha costretto a tagliarlo più volte. E spero che il risultato finale sia chiaro.
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