[ 4 luglio 2018]
AD OGGI I 5 SCAGLIONI DELL'IRPEF |
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Tra flat tax ed austerità fiscale un'alternativa c'è
Settembre non è lontano, e la discussione sulla prossima Legge di Bilancio è già cominciata. Le scelte del governo andranno valutate anzitutto dallo schema macro-economico proposto, in pratica dall'entità della rottura con i vincoli europei, quelli accettati dai governi precedenti. Ci sarà un'inversione vera rispetto alle politiche austeritarie, o si andrà avanti con il modello renziano della richiesta di "maggiore flessibilità"? In realtà, la seconda possibilità equivarrebbe ad un prematuro suicidio politico. Ci sembra perciò improbabile, ma vedremo.
Se sarà rottura, saranno concretamente sul tavolo tante cose: dalla Fornero, alle prime misure a sostegno dei redditi delle fasce più povere; dal rilancio della domanda interna e degli investimenti pubblici, fino al possibile intervento sull'Irpef. E' di quest'ultima questione che ci occupiamo in questo articolo.
Chi scrive ha già detto in abbondanza sull'assoluta negatività della flat tax. Ora, è vero che l'ipotesi contenuta nel programma di governo si articola su due aliquote anziché una, ma la sostanza non cambia. Possiamo anche immaginare come qualcuno nel governo - in un'ottica liberista, ma comprensibile - veda la flat tax come strumento utile ad attrarre capitali nel momento in cui ci si prepara allo scontro con l'UE. Ma rimane la negatività sociale, ed in ultimo anche economica, di una tassazione così appiattita. E rimane l'assoluta incostituzionalità di un progetto che colpirebbe a morte quanto previsto dall'art.53 sulla progressività del sistema tributario
Detto questo, sbaglieremmo però a limitarci ad un semplice no a quanto scritto nel cosiddetto "contratto". «Di fronte a questo disegno la risposta più tragica è quella che viene dalla "sinistra" europeista, che nella sostanza sa solo replicare che le tasse non si possono in alcun modo ridurre in ossequio alle regole del Dio Euro». Così scrivevamo un anno fa, quando la flat tax era solo una proposta che non sembrava avere grandi possibilità di realizzazione. Una considerazione ancor più attuale oggi, quando la discussione va facendosi invece concreta.
Ma dove sta scritto che l'alternativa sia solo tra la liberista flat tax e, dall'altro lato, il proseguimento di un'austerità fiscale che certo non fa bene all'economia italiana? Attenzione, insomma, a non cadere nel tranello delle èlite. L'ipotesi di ridurre la pressione fiscale agendo sull'Irpef non è sbagliata in sé. Sbagliato è il come ci si propone di farlo.
Entriamo dunque nel merito. La flat tax è sbagliata ed indifendibile per almeno tre motivi: la sua iniquità sociale, la sua incostituzionalità, la sua inadeguatezza ai fini macroeconomici per cui è stata pensata. Sui primi due punti non c'è bisogno di particolari discorsi. Sul terzo va detto che l'idea di dare di più a chi più ha, poiché spendendo di più gioverebbe all'economia in generale, non ha alcun riscontro concreto. Anzi, è piuttosto vero il contrario, poiché - per evidenti motivi - sono proprio le fasce più ricche quelle che tendono a tesaurizzare il maggior reddito anziché spenderlo. L'esatto contrario di quel che avviene negli strati più poveri della popolazione. Ne consegue che anche dal punto di vista macroeconomico, non solo dunque da quello della giustizia sociale, proprio questi ultimi debbano essere privilegiati da una politica fiscale che voglia rilanciare la domanda interna.
Questo in generale, ma certo non abbiamo la pretesa che questa nostra visione possa diventare la linea del governo. Il quale però dovrà stare bene attento ad una mossa che finirebbe per eroderne pesantemente gli stessi consensi, tutt'oggi in forte crescita. Anche il governo ha dunque bisogno di cambiare strada, abbandonando e rivedendo in profondità quanto scritto nel programma concordato a maggio.
Veniamo allora ad una modesta proposta capace di tenere assieme gli effetti macroeconomici pensati da chi insiste sulla flat tax, con le esigenze politiche, economiche e sociali già richiamate.
La premessa è che - purché accompagnata da un insieme di misure anti-austeritarie e da uno sganciamento dai vincoli europei a tutela della spesa sociale - una significativa riduzione dell'Irpef possa effettivamente avere un positivo effetto-choc sull'economia italiana. La proposta è quella di abbassare mediamente di 5 punti (magari in due tranche di 3 punti il primo anno, di altri 2 il secondo) tutte le attuali aliquote dell'Irpef.
Tenendo presente che ogni punto di riduzione equivale a circa 8 miliardi di euro, avremmo così un abbattimento della pressione fiscale di un punto e mezzo il primo anno, di due e mezzo il secondo, facendola così scendere al 40% sul Pil rispetto all'attuale 42,5%.
Abbiamo parlato di abbassamento medio di 5 punti, perché al fine di mantenere una decente progressività la riduzione dovrebbe privilegiare le fasce più basse. Ad esempio, lo schema potrebbe essere questo:
- scaglione fino a 15mila euro: passare dal 23 al 15%
- scaglione tra 15mila e 28mila euro: passare dal 27 al 21%
- scaglione tra 28mila e 55mila euro: passare dal 38 al 33%
- scaglione tra 55mila e 75mila euro: passare dal 41 al 38%
- scaglione oltre i 75mila euro: passare dal 43 al 40%
In questo modo, ad una generalizzata riduzione delle tasse, corrisponderebbe il mantenimento del principio della progressività del prelievo fiscale, che anzi si rafforzerebbe in qualche misura, portando il differenziale tra la fascia più bassa e quella più alta al 25% rispetto al 20% attuale.
Questa proposta contiene anche il vantaggio della semplicità. Che non è poca cosa, visto che invece l'idea della flat tax viaggia assieme ad un'ipotesi - al momento tutt'altro che chiara - di abbattimento di gran parte dei benefici fiscali (deduzioni e detrazioni) previsti dall'attuale legislazione.
Non che intervenire su questa autentica giungla sia in sé sbagliato. Anzi, vi sono benefici che assomigliano tanto ad ingiustificabili privilegi, ma ve ne sono anche altri assolutamente positivi e da mantenere. Si pensi, solo a titolo di esempio, a quelli che favoriscono le ristrutturazioni edilizie e gli interventi antisismici. Si tratta dunque di una materia ampia e complessa, sulla quale appare più opportuno un intervento meglio ponderato.
Stesse considerazioni vanno fatte sul proposito di passare da una tassazione personale ad una su base famigliare. Questo non perché un tale intendimento sia da rifiutarsi a priori, ma perché una soluzione frettolosa ad una questione così delicata rischierebbe di aprire un contenzioso giuridico sulla materia. E non se ne avverte proprio il bisogno.
La nostra modesta proposta - certo in sé non esaustiva della vasta materia fiscale (oltretutto non c'è solo l'Irpef!) - ha il vantaggio dell'immediata applicabilità, del non esporsi a ricorsi, dell'essere inattaccabile sul piano politico, togliendo all'opposizione sistemica Pd-Forza Italia ogni possibile argomento.
Forse qualcuno dovrebbe riflettere meglio.
6 commenti:
Per chi apre una nuova azienda con un minimo
numero di dipendenti io metterei tasse 0
il primo anno 5% il secondo 10% il terzo, ecc.
Per incentivare la nascita di nuove aziende.
Tanto se un'azienda non esiste o esiste ma
non paga le tasse è la stessa cosa. Anzi,
non paga le tasse ma fa mangiare i dipendenti.
Caro Leonardo, mi sembra che questa proposta non vada assolutamente bene. Mentre da un lato afferma critiche del tutto condivisibili alla flat tax, dall'altro cerca un compromesso con l'idea che si debbano ridurre le imposte sui redditi delle persone fisiche. Sotto sotto c'è l'idea, ritengo, che una uscita dall'euro va comunque bene, e che se il buco creato dalla flat tax ci porta in quella direzione, ben venga. Ma io ho l'impressione che le cose possano andare anche diversamente. A parte la dichiarata volontà di gialli e verdi di non uscire, almeno al momento ,dall'euro e dai vincoli europei, è possibile che la UE non veda affatto di cattivo occhio la proposta di flat tax, perché va nella direzione giusta (neoliberista) della Ue. E lo sfondamento dei limiti Ue non è esclusso affatto- per quanto mi consta- dai trattati europei SE questo è dovuto a riforme strutturali- e la flat tax E' una riforma strutturale. In ogni caso è possibile che la Ue dica: "Vabbè, voi italiani siete dei ragazzacci, ma per questa volta chiudiamo un occhio..." lasciandoci cornuti della flat tax e bastonati dalla permanenza nell'euro.
Per arrivare ad una ipotesi di riforma del sistema fiscale occorre anzitutto individuare le origini della crisi italiana: e questo, ovviamente, è l' Euro; in permanenza dell' euro, abbiamo una carenza di investimenti come causa strutturale e una sopportabilità sociale come situazione socio-politica.
Va anzitutto detto che data la situazione dell'economia e delle infrastrutture pubbliche NON E' REALISTICA una diminuzione della spesa pubblica e dunque una riduzione rilevante delle entrate fiscali.
In secondo luogo che, per rilanciare gli investimenti occorre che ci siano più risorse per chi gli investimenti li fa, e dunque, se possibile, PER LE IMPRESE, NON PER I RICCHI...! Quindi, se una riduzione del carico fiscale fosse possibile, cominciare dalle imposte inefficienti e inique come l' IRAP, da quelle inefficienti come l' Ires, da quelle inflazionistiche, inefficienti, regressive come l' Iva e altre accise e così via.
Bisognerebbe chiedersi perché, nel capitalismo neoliberista, siano venute di moda imposizioni fiscali del tipo "flat tax", che da un punto di vista strettamente capitalistico, sono irrazionali. Ricordo che in paesi come l' Italia e gli Usa, negli anni '70, c'erano aliquote fiscali marginali dell' Irpef superiori al 70%.
Io credo che ciò sia dovuto ad una trasformazione in senso neofeudale del capitalismo manageriale, sia dovuto cioè alla progressiva espropriazione del controllo del capitale da parte della casta dei manager; il controllo del capitale non è più, in definitiva, degli azionisti, ma di una casta più o meno collusa di manager o di grandi capitalisti multinazionali. Questi preferiscono una bassa imposizione sul reddito rispetto a sgravi alle imprese.
Va però ricordato che per lavoratori autonomi, liberi professionisti, imprenditori individuali (cioè per la base sociale reale del nuovo governo)non c'è differenza fra reddito individuale e reddito d'impresa. Si tratterebbe perciò di giungere ad una separazione anche per questi soggetti fra capitale personale e capitale dell'impresa. Credo però (non sono ben informato) che alcune misure degli ultimi governi siano andate in questa direzione: per esempio la possibilità di costituire srl individuali con capitale "un euro".
In conclusione: non c'è, a mio avviso, nessun compromesso possibile con l'idea di "flat tax", né con l'idea di riduzione dell' Irpef. E' una delle tante droghe che si diffondono nella crisi del capitalismo. Droga del resto importata dal faccendiere Siri (prima ancora che dalla lega) dagli Stati Uniti.
La questione della ristrutturazione del sistema fiscale (che secondo me va collegata ad una AUTORIFORMA della Pubblica Amministrazione) è un problema centrale del quale è opportuno che la nostra organizzazione faccia una riflessione approfondita.
A.C. (Siena)
Caro A.C.,
condivido in pieno quel che dici nelle conclusioni sulla necessità di affrontare la questione della ristrutturazione complessiva del sistema fiscale.
Il tema del mio articolo era però volutamente più circoscritto, legato all'attualità del dibattito sull'Irpef.
Prima di tutto alcune cose sparse: nel progetto del governo la riduzione dell'Ires c'è, come pure la sterilizzazione (senza misure compensative) dell'aumento dell'IVA.
Ma è vero come nel governo prevalga di gran lunga una visione fondamentalmente neoliberista di matrice anglosassone, da qui anche la pessima idea della flat tax. Che però - attenzione! - è invece inaccettabile dal punto di vista dell'ordoliberismo di matrice tedesca.
In conclusione, io non penso che l'UE "chiuderà un occhio". Tuttavia, anche questo non giustifica in alcun modo la scelta della flat tax. E difatti il mio articolo prevede il mantenimento (ampliandolo un po') dell'attuale progressività.
Resta un ultimo punto: la compatibilità di un taglio dell'Irpef con il mantenimento della spesa sociale, che noi vorremmo pure migliorare.
Come avrai visto la mia proposta è graduale, da realizzarsi cioè in due anni, anche per valutare - dopo il primo passo - gli effetti macroeconomici del primo taglio. In secondo luogo, credo che si potrebbero poi recuperare almeno una decina di miliardi (ma probabilmente assai di più) con un intervento ben ponderato su detrazioni e deduzioni. In terzo luogo, la riduzione complessiva proposta varrebbe"solo" due punti e mezzo di pil. Certo, in cifra assoluta non poco: 40 md al posto dei 50 del progetto Siri. Tuttavia, anche dopo questa robusta sforbiciata la pressione fiscale rimarrebbe al 40% del pil, nettamente al di sopra della media Ocse, e superiore anche a quella della Germania. Dunque compatibile con un robusto stato sociale e con una spesa pubblica per investimenti adeguata.
detrazioni e deduzioni non vanno toccate perchè incidono percentualmente più sulle classi a basso reddito! che di irpef già pagano pochissimo (grazie alla no tax zone).
gino.
Credo che questa proposta presenti innanzitutto il pregio di difendere quel minimo di redistributiva progressività fiscale ( e lungimiranza finanziaria) sopravvissuta a decenni di riforme liberistiche , progressività che è uno degli ultimi presidi di "economica" civiltà costituzionale non rottamati dallo strumento di governo eurista.
Quindi, visto anche che l'assalto liberista pare non concedere tregua neppure sul terreno sovranista, credo che una ricalibratura delle aliquote irpef come ipotizzata nell'articolo rappresenterebbe oggi una buona linea di difesa nei confronti di una flat tax (più o meno flat) che costituirebbe una capitolazione "tendenzialmente" eterna.. ricordo come gli stessi miei intellettuali progressisti eurocritici di riferimento usassero ripetere che, in questa fase storica, ogni riforma strutturale è virtualmente "per sempre", poichè le classi dominate sono state indbolite e non potranno, per molto tempo, riconquistare ciò che è stato loro preso. Anche per questo, non riesco a vedere nella flat tax - una storica riforma strutturale, non una misura congiunturale - un male minore, transitorio, utile a scacciare un male maggiore inferto da un nemico principale. Come già osservato da altri in questo sito, credo sia probabile che esponenti genuinamente antieuristi, ma pur sempre liberisti, della maggioranza speculino sul fatto che il programmato nuovo vincolo fiscale interno, essendo molto costoso , possa risultare finanziariamente incompatibile con il vecchio vincolo monetario esterno. Mi pare però evidente che costoro mirino a far pagare al popolo, che già ha pagato il prezzo maggiore per il salvataggio dell'euro, anche il prezzo di un eventuale funerale dell'euro stesso, ed il prezzo del conseguente battesimo di una nuova lira, che nascerebbe fiscalmente "vincolata"..
Credo quindi sarebbe un bene se il governo - imprevedibilmente, credo- decidesse di accantonare la tossica ricetta dell'ist. Bruno Leoni, e approcciasse un'eventuale riforma IRPEF seguendo le indicazioni e perseguendo gli obiettivi elencati in questo articolo.
AntoB
Buona l'idea dell'abbassamento delle aliquote per i redditi medio bassi, MA, andrebbero al contempo introdotte nuove e maggiori aliquote per gli scaglioni di reddito superiori ai 75.000 euro, magari del 50 e 55 %, per cotro bilanciare la diminuzione del gettito fiscale, che in fin dei conti , con una Nefasta flata tax, o con le riduzioni delle aliquote indicate da Mazzei, corrisponderebbe AD UNA RIDUZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI, E CIOÈ AD UNA PESANTE RIDUZIONE DEL REDDITO DISPONIBILE DELLE CLASSI SUBALTERNE CON REDDITI MEDIO BASSI.
La logica della flat tax o di riduzione delle aliquote sulle imposte indirette per i Redditi Medio Alti, è pienamente coerente con la logica del turbo capitalismo di rapina.
La flat atax nasce dal logiche turbo capitalistiche strmpalate che in buona parte hanno origine da :
https://it.wikipedia.org/wiki/Curva_di_Laffer
Un'ameriKanata, insomma.
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