[ 25 luglio 2018 ]
«Coazione a ripetere»: l'interessante caso di Rifondazione Comunista
Ragazzi, stavolta spacchiamo il mondo! Ma, mi raccomando, con prudenza che intanto ci sono l'europee. E' questo il succo della risoluzione approvata dal Comitato Politico Nazionale (Cpn) del Prc il 15 luglio scorso. Un testo che suscita financo una certa tenerezza.
E' commovente, infatti, vedere la dedizione con la quale un partito prepara le sue nuove sconfitte. Toccante la fedeltà al principio del cambiare tutto per non cambiare nulla. E' da un decennio, del resto, che funziona così. Con tre precise costanti. In primo luogo, si cambia ogni volta nome e simbolo. In secondo luogo, si mettono insieme cani e porci. In terzo luogo, la "proposta politica" (vogliamo essere buoni) si riduce alla solita lista della spesa.
Inutile dire come queste tre costanti ne portino con sé altre due: risultati elettorali sempre più declinanti, riflessioni post-voto che ripropongono per il futuro lo stesso schema appena bocciato nelle urne dal destino cinico e baro che si accanisce, chissà perché, su tanta fantasia.
In psicoanalisi si chiama «coazione a ripetere». Un fenomeno così descritto dal Dizionario di medicina della Treccani:
«Tendenza incoercibile, del tutto inconscia, a porsi in situazioni penose o dolorose, senza rendersi conto di averle attivamente determinate, né del fatto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze».
Lasceremo subito la psicoanalisi per tornare alla politica, ma bisogna ammettere che questa descrizione del fenomeno ci parla assai bene del rapporto tra il Prc e le elezioni. Naturalmente, il problema riguarda l'intera sinistra sinistrata, non solo dunque Rifondazione, che ne è però l'esempio più fulgido ed istruttivo.
Ma veniamo al contenuto del documento del Prc. Dopo alcuni discorsi sul nuovo governo, di cui parleremo più avanti, si arriva al passaggio dello «spacchiamo il mondo» di cui abbiamo detto all'inizio.
Leggiamo:
«C’è bisogno oggi più di ieri della costruzione di un polo della sinistra che, come abbiamo sempre detto, sia alternativo a tutti gli schieramenti in campo, che rifiuti radicalmente la riproposizione di alleanze con il PD, le riedizioni del cosiddetto centrosinistra, sotto nuovi titoli come il “fronte repubblicano”, o sotto eventuali nuove leadership, secondo le operazioni politico-giornalistiche periodicamente riproposte».
Dunque, almeno nelle intenzioni dichiarate, niente "fronte repubblicano", e ciò è bene. Niente centrosinistra e nuove alleanze con il Pd — e vorremmo anche vedere con questi chiari di luna! Facile però dirlo adesso che il centrosinistra non c'è più, meglio sarebbe stato farlo quando (dal 1996 al 2008) si potevano evitare i danni invece compiuti all'ombra di Prodi.
Ma lasciamo perdere — in realtà non lasceremo mai perdere su questo punto! — e guardiamo avanti. Dopo un simile proclama alla "solo noi" uno si aspetterebbe un nutrito programma di mobilitazione e di lotta, mentre arrivano subito e di buona lena le europee, intese come l'elezione del pittoresco parlamento di Strasburgo.
Il Cpn, ribadite le solite buone intenzioni sull'obiettivo di raggruppare tutte le forze anticapitaliste ed antiliberiste di sinistra, ovviamente con spirito non elettoralista (ma quando mai!), al fine di costruire un "quarto polo" (attenzione, perché a forza di perdere terreno si potrebbe arrivare anche al quinto o sesto), senza dimenticarsi di dire che questa nuova soggettività avrà da essere ampia ma pure «rivoluzionaria e di rottura», giunge infine alla proposta concreta. Questa:
«L’obiettivo del PRC-SE è l’avvio di un largo processo che oltre a Potere al popolo coinvolga altre soggettività come Altra Europa, Città in Comune, Diem25, Dema, liste e esperienze locali, settori di movimento e della sinistra sociale e politica che sono interessati alla costruzione di un’alternativa ai poli esistenti e ad una prospettiva comune sul piano europeo ed anche nazionale. In questa direzione si sta sviluppando una positiva interlocuzione con l’esperienza napoletana di Luigi De Magistris a partire dalla comune convinzione che nel nostro paese c’è bisogno di una proposta di netta rottura sul piano programmatico e del profilo politico quanto capace di essere inclusiva e larga».
Dunque, in primo luogo anche l'esperienza di Potere al popolo, almeno per il Prc, è già sul viale del tramonto, in buona compagnia con l'Arcobaleno, la Federazione della sinistra, Rivoluzione civile e L'Altra Europa con Tsipras. Su questa strage di soggetti mai nati l'elenco parla da solo. Eppure ad ognuno di questi passaggi si era giurato sul fatto che quella sarebbe stata la volta buona...
In secondo luogo, si notano due interessanti sottolineature: 1) la sigla PRC-SE, a rimarcare l'appartenenza a quella Sinistra Europea che la sinistra francese di Melenchon non accetta; 2) la sottolineatura in grassetto del ruolo di De Magistris, individuato evidentemente come possibile futuro leader se l'ennesimo aborto venisse per caso stavolta evitato.
In terzo luogo, e questa è la cosa più importante, la lista delle soggettività indicate contiene approcci così diversi alla questione europea, da rendere impossibile ogni parola chiara — che difatti non è neppure accennata — sul futuro dell'UE. Eppure è questo il tema all'ordine del giorno, e non solo in Italia. Eppure l'Europa fibrilla, e l'UE si mostra sempre più sfilacciata sia che si parli di regole di bilancio come di migranti. Eppure l'Italia, a causa del voto del 4 marzo e della nascita del governo gialloverde, è al centro di questo terremoto che scuote le fondamenta della costruzione europea.
Certo, il Cpn dichiara di lavorare per una:
«Lista unitaria in Italia che raccolga tutte le soggettività di sinistra e di movimento che si collocano sul piano della critica radicale dei trattati europei e dell’UE».
«Critica radicale»? Per la verità a noi questo sembrerebbe il momento della lotta. Va beh, chi s'accontenta gode, ma i trattati non li difende più nessuno. Per arrivare fin lì non c'è davvero bisogno del quarto polo. E' che bisognerebbe andare più avanti: mettere in discussione l'appartenenza all'Ue e all'euro, battersi per la sovranità del nostro Paese, costruire una sinistra patriottica che sappia coniugare la lotta di liberazione nazionale con una nuova e credibile prospettiva socialista. E nel frattempo non chiamarsi fuori dallo scontro in atto tra il campo populista e quello dell'oligarchia, che è poi lo scontro centrale e decisivo di questa fase storico-politica.
Chiediamo troppo? Ovviamente sì, trattandosi del Prc. Ma il problema è che su tutto ciò non c'è proprio nulla nel documento del Cpn. Neanche l'inizio di un ragionamento, come se lo sconquasso in corso fosse fuori dal campo visivo degli estensori di quel testo. E se il troppo non va chiesto, il nulla ci pare decisamente surreale.
E, a proposito di cose surreali, ci sia concessa una breve digressione prima di arrivare alle conclusioni.
Siccome, a dispetto di tutto, i segnali del mondo reale arrivano anche dalle parti della sinistra sinistrata, la risoluzione del Cpn non può nascondere un'interessante contraddizione sul tema del governo. Mentre da un lato si parla di un
«governo egemonizzato da un partito di destra che fa di razzismo e xenofobia il principale veicolo di consenso»,
secondo una lettura corrente (leggere qui Paolo Ferrero) che arriva ad accomunare il governo Conte a fascismo e nazismo; dall'altro il Cpn dichiara che:
«La nostra opposizione deve sfidare i partiti del nuovo governo sul rispetto delle promesse elettorali sui temi sociali, dall’abolizione della legge Fornero al reddito di cittadinanza e alla lotta alla precarietà».
Caspita! Anche i rifondaroli si rendono conto della necessità di incalzare — come diremmo noi — il governo gialloverde! Bene, anzi benissimo, ma si è mai vista una sinistra che incalza il fascismo, se non addirittura (Ferrero docet) il nazismo? Ve lo immaginate Gramsci che propone di incalzare il governo Mussolini affinché realizzasse le sue promesse sociali? Suvvia, qui qualcosa non torna. Anzi, diciamo pure che siamo alla schizofrenia. Il che non è neppure male, perché testimonia almeno la cattiva coscienza di certe affermazioni apodittiche (il fascismo, il fascismoo, il fascismooo!) di cui perlomeno inconsciamente si avverte l'avventatezza.
Però, alla fine, bisognerà pur decidersi, perche qui i casi sono due e solo due: o siamo davvero al fascismo, e allora lo si combatte con tutti i mezzi, o — come noi pensiamo — siamo invece di fronte ad una cosa ben diversa (chiamiamola per comodità "populismo"), che può essere incalzata affinché realizzi la parte buona delle cose che propone.
Chiusa questa parentesi torniamo alla questione delle europee.
Senza dubbio la proposta del Prc è debole. Essa cerca di fare i conti con i numeri — le firme per presentarsi, ma soprattutto i voti per ottenere seggi — prefigurando il solito contenitore in cui tanti possano in qualche modo collocarsi. Ma l'esperienza insegna come quasi mai i grandi contenitori politici restituiscano grandi consensi elettorali. Tanto più se la necessità di contenere tutti finisce per sterilizzare il messaggio di ognuno.
E che in questo caso vada a finire così è cosa su cui scommetteremmo alla Snai, se quest'ultima quotasse il "quarto polo". Come potranno convivere l'europeismo di ritorno dei seguaci italiani di Varoufakis e i tre no (all'UE, all'euro e alla Nato) di Eurostop proprio non si capisce. Di più, come potranno stare insieme le stesse posizioni del Prc e di Potere al popolo con l'europeismo più tradizionale, ma spinto, degli spezzoni dell'ex Sel che non vorranno seguire i bersaniani nel loro mesto ritorno all'ovile? Certo, pudicamente, di tutto ciò il Cpn non parla, ma se le cose hanno un senso è chiaro che anche gli ex Sel verranno accolti, esattamente come nel 2014. Una situazione che finirà per innescare un'altra mina: quella di Potere al popolo, che proprio mentre sta iniziando il tesseramento, il Prc vorrebbe spedire in soffitta. Quando si dice la confusione!
Di questo aspetto si preoccupa anche il Cpn, che scrive:
«Non ci nascondiamo difficoltà, incomprensioni, differenze, dissensi e in alcune realtà anche attriti. Rappresentano criticità evidenti la propensione di alcuni settori alla chiusura nelle interlocuzioni sul piano sociale, sindacale e di movimento, a non relazionarsi con altri percorsi, il concepire Pap come un nuovo partito piuttosto che come un movimento aperto e unitario...»
Insomma, nuove fratture sono in vista. Se l'accelerazione impressa dal Prc pone grossi problemi ad Eurostop ed ai promotori di Potere al popolo, lo stesso può dirsi per alcune realtà minori, come Senso Comune, interessate al blocco configuratosi a livello europeo con la cosiddetta Dichiarazione di Lisbona, sottoscritta ad aprile da J-L Mélenchon (France Insoumise), Pablo Iglesias (Podemos) e la portoghese Catarina Martins (Bloco de Esquerda).
Certo, le divisioni esistenti potrebbero in teoria portare anche a più liste. Ma, come sostenuto in un articolo di sollevAzione del 6 luglio scorso, è assai più probabile che prevalga la spinta «all'inciucio elettoralistico, a costruire un'Armata Brancaleone — in poche parole una versione 2.0 de L'Altra Europa con Tsipras. Un blocco elettorale che farà dell'opposizione frontale al "fascio-leghismo" la sua cifra principale, e nella quale quindi, il pur sfumato patriottismo repubblicano alla Mélenchon verrà non solo annacquato, ma soppresso in nome, ancora una volta dell'altreuropeismo...».
Che dire in conclusione? Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Un po' scherzando e un po' no abbiamo parlato di "coazione a ripetere", fenomeno nel quale la pulsione di morte — che nella sinistra sinistrata è davvero forte — gioca il suo ruolo nel tentativo di sopprimere le apprensioni di ogni cambiamento.
Sarà un caso, ma ad ogni periodica esortazione alla riflessione, segue immancabilmente il riproporsi del sempre uguale, sia nell'analisi (sempre abborracciata ed auto-giustificativa) come nella proposta (mai innovativa e coraggiosa). Cosa debba ancora succedere affinché la sinistra sinistrata inizi ad uscire da questa specie di gabbia psico-politica proprio non sappiamo. Per la verità qualche idea ce l'avremmo, ma non credo che verrebbe da quelle parti ascoltata.
Quel che ci sentiamo di suggerire è invece solo una cosa. Per favore, stavolta niente nomi altisonanti. E' sufficiente l'acronimo EE. Un tempo si sarebbe pensato agli Escursionisti Esteri, oggi basta e avanza per l'Elettoralismo Estremista di costoro. Perché elettoralismo abbiamo cercato di spiegarlo. Ma anche estremista, nel duplice senso di un estremismo parolaio che vorrebbe coprire, senza mai riuscirci, un opportunismo elettorale peraltro fallimentare; ed in quello di un elettoralismo davvero estremo, sempre pronto al peggior pasticcio pur di generare le solite illusioni. Con i risultati che tutto conoscono. Auguri!
3 commenti:
In malignità…
Allora, l'età media ha superato gli anta da moltissimi decenni a quanto si vede dalle foto.
Mi pare che le salette (va beh che questo non è un congresso con moltissimi delegati per carità) sono sempre più piccole rispetto a dieci anni fa e potremmo continuare all'infinito.
Mi pare ormai che tutto il circo della sinistra radicale ufficiale stia diventando una setta stile testimoni di Geova o lotta comunista (almeno questi ultimi qualche analisi seria la fanno).
Credo che alla fine, dobbiamo dircelo, questi gruppi prima tirano le cuoia e meglio è, perché ormai sono solo dannosi.
Mi chiedo se serva effettivamente seguire questi congressi, perché anche se ci fosse una svolta, sarebbe veramente una svolta?
Visti certi personaggi, che sono sempre gli stessi o figli ideologici (non inteso nel senso buono) di chi lo ha preceduto, credo ci sia ben poco da fare.
Ormai sono composti da leader atomizzati anche loro, ognuna col suo pensiero e la propria fila di seguaci, infatti tutti si dividono (per cosa poi…).
Non mi interessa nulla di Rifondazione. Del resto, credo non interessi poi a molti nel mondo reale. Sembra piuttosto chiaro che l'autore dell'articolo nutra un rancore molto antico e profondo nei confronti di questo soggetto politico. Che comunque, per quanto moribondo, ancora esiste sul panorama elettorale. Un rancore, dicevo, che lo porta a rimproverare indubbi sbagli commessi dieci e anche vent'anni fa. E però atrocità ben peggiori da addebitare a Cinque Stelle e Lega, sia antichi che recenti, sembrano non essere pervenute, come succedeva con le temperature di Campobasso.
Detto questo, un solo starnuto di questo governo nella direzione "sbagliata" e subito spread a 600 punti, decine di miliardi in più da raccattare per potersi rifinanziare a tassi d'interesse allucinanti e la possibilità, da parte dell'organo di governo della BCE, di paralizzare letteralmente con un clic tutte le operazioni delle banche italiane, che sono già le più gravate nel mondo da NPL (fatta eccezione per l'India) e, ad ogni "starnuto" già si trovano in difficoltà sempre più grandi perché i titoli italiani perdono valore e questo crea loro enormi difficoltà nell'utilizzo dei meccanismi LTRO e TLTRO.
Questo, e soltanto questo, è quello che conta veramente. Quello di cui ha senso parlare. Quello che bisogna assolutamente sapere. Il resto è fuffa. Tanto i "decreti carità" del giovanotto Di Maio, quanto il "celodurismo" a favore di telecamere del padano Salvini - molto meno simpatico del più ruspante e genuino Senatùr Bossi - contano zero.
Un mattacchione ha sintetizzato così la situazione tragicomica in cui ci troviamo:
Se sei a Seveso nel 1976 e dici che i polli e i raccolti stanno benissimo, sei del PD; se sai che vanno molto male ma dai la colpa ai ladri di polli e vuoi concimare meglio, sei del 5S; se sai che è un disastro, ma temporeggi perché ti hanno nominato Assessore, sei Borghi/Bagnai.
Non solo, e tutte le giunte locali (regioni, province, comuni) in cui hanno governato insieme al centro-sinistra? Collusi con le classi dominanti locali, senza spostare nulla da un punto di vista di classe, gli assessori di area rifondarola si sono dimostrati piu' realisti del re.
Facesseto attenzione i giovani di pap, porteranno all'ammasso pure loro. Mi auguro che questo pap non sia una testa di ponte di De Magistris
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