[ 9 luglio 2018 ]
Doveroso segnalare questo importante contributo, tanto più perché l'ha pubblicato il manifesto. A conferma che c'è vita a sinistra....
«Invocare fronti antifascisti in assenza di fascismo è fuorviante e consolatorio; le sue implicazioni politiche (Union sacrée repubblicana) sarebbero esiziali. Si tratterebbe, fra l’altro, di una singolare forma di fascismo, senza squadre armate, senza partito unico, in un paese dove si vota quasi ogni domenica e dove i più grandi organi di stampa sono avversi al governo, dove la tv pubblica è un monocolore del principale partito di opposizione e la tv privata è proprietà di un altro partito fuori della maggioranza».
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di Gianpasquale Santomassimo
Si ha l’impressione che, lasciati alle spalle i proponimenti iniziali, della sconfitta del 4 marzo si sia attenuata o smarrita l’eco a sinistra. E anche le rovinose sconfitte successive, non suscitano reazioni oltre la riaffermazione sostanziale della giustezza della propria linea. Non viene detto esplicitamente, ma è implicito nella riproposizione delle certezze del passato recente e nello stesso modo di valutare il successo degli avversari.
Se ci si convince di vivere in un paese fascista e razzista (inserito a sua volta in un continente ancor più razzista, se la questione dei migranti è la cartina di tornasole di tutto il resto) la cosa non potrà che risolversi nella proposizione di una sorta di «suprematismo morale» da parte di una minoranza che considera il resto del mondo «disumano», che crede di detenere in esclusiva intelligenza e umanità, che nega alla stragrande maggioranza del popolo italiano ed europeo.
Una minoranza che sembra aver smarrito perfino la curiosità intellettuale di studiare con serietà gli avversari e le loro motivazioni, di comprenderne natura e logica, che è o dovrebbe essere compito preliminare di ogni battaglia politica, accontentandosi di ripetere luoghi comuni stereotipati e consolatori.
Un facile alibi per questo atteggiamento è sicuramente rappresentato dall’onnipresenza mediatica dei proclami di Matteo Salvini, che è ormai invadente e pervasiva quanto quella che fu di Matteo Renzi.
CON UNA DIFFERENZA fondamentale, però: Renzi si rivolgeva a una Italia in gran parte immaginaria, fatta di «eccellenze», brevetti, «startup», benestanti felici coi figlioli all’Erasmus. Salvini invece si rivolge a un’Italia fin troppo reale, impoverita e incattivita, che esprime un bisogno di protezione e sicurezza. Sicurezza che è una dimensione globale e avvertita come tale dalla popolazione, che significa in primo luogo sicurezza del lavoro e nel lavoro, sicurezza sul terreno della salute e dell’assistenza, e che solo in ultima analisi significa anche tutela dell’ordine pubblico.
A mio avviso il vero fenomeno che abbiamo di fronte è quello di una gigantesca sostituzione di rappresentanza sociale, che sta colmando i vuoti che da almeno due decenni la sinistra aveva lasciato e che ora sta giungendo a compimento.
È un fenomeno che rischia di assumere una dimensione epocale (non solo italiana) e di segnare una fase non breve della nostra storia. Non giunge per la verità inatteso, anzi si può considerare per qualche aspetto uno sbocco tardivo, venendo dopo un quarto di secolo di impoverimento costante, di erosione tangibile delle garanzie dello stato sociale, di stagnazione permanente e di perdita di prospettive credibili per le generazioni più giovani.
Temo che anche il mitico «nuovo centrosinistra», che viene spesso evocato con poca fantasia, sia ormai una prospettiva usurata, sia perché è stata una politica ormai rigettata dagli elettori, sia perché la nuova alleanza di governo è già, in termini sociali, una replica dell’alleanza tra classi e ceti, tra aree diverse della popolazione, tra interessi che possono convergere e che furono propri di quella esperienza.
OVVIAMENTE CON FORTI influenze della destra nel discorso pubblico e nel senso comune, perché questa è l’aria che si respira, molto diversa da quella degli anni Sessanta. Ma senza un segno univoco di destra, con una compresenza di tematiche su cui si potrebbe convenire e di propositi inquietanti: in effetti revisione della legge Fornero, del Jobs act, della «Buona Scuola», reddito di cittadinanza, erano provvedimenti che «la sinistra» avrebbe dovuto assumere per riacquistare un minimo di credibilità presso quelli che in un tempo lontano furono i suoi serbatoi elettorali. E anche andare in Europa con la spina dorsale, senza essere succubi di mitologie illusorie, sarebbe stata cosa buona e giusta.
LE INDUBBIE VENATURE razziste che emergono nel discorso pubblico sono conseguenza abbastanza inevitabile dell’egemonia consegnata alle destre. Vanno rifiutate e combattute, possibilmente senza continuare a schierarsi col potere oppressivo di Bruxelles. Ma sarebbe anche lecito interrogarsi su quanto le questioni riconducibili al «razzismo» abbiano un peso effettivo nei comportamenti elettorali di una platea così vasta, e personalmente estenderei il dubbio anche alla questione dei migranti, forse non così cruciale nel motivare le scelte rispetto a quanto suggerirebbe la propaganda ossessiva di Salvini e di altri governanti in Europa.
In ogni caso, continuare a trattare Di Maio e Salvini da ignoranti o trogloditi è sbagliato e sterile.
Invocare fronti antifascisti in assenza di fascismo è fuorviante e consolatorio; le sue implicazioni politiche Union sacrée repubblicana) sarebbero esiziali. Si tratterebbe, fra l’altro, di una singolare forma di fascismo, senza squadre armate, senza partito unico, in un paese dove si vota quasi ogni domenica e dove i più grandi organi di stampa sono avversi al governo, dove la tv pubblica è un monocolore del principale partito di opposizione e la tv privata è proprietà di un altro partito fuori della maggioranza.
Con buona pace di Umberto Eco, il fascismo non è una categoria dello spirito ma è un fenomeno storico dalle caratteristiche ampiamente studiate e discusse, e va evitato l’abuso di «false analogie» di cui un tempo eravamo abituati a diffidare.
Aggiungerei che ricondurre automaticamente ogni forma di razzismo al fascismo è un dispositivo mentale che semplifica e banalizza entrambi i termini in questione. Non tiene conto fra l’altro della lunga tradizione coloniale, e in essa del ruolo delle democrazie coloniali, le più radicali e risolute nella pratica della discriminazione e dell’apartheid.
Se si vuole tornare a parlare alle masse popolari che ci hanno abbandonato, la prima regola sarebbe di non insultarle accusandole di fascismo o razzismo.
QUESTA NUOVA DESTRA si potrà combattere solo contendendole la capacità di parlare ai ceti popolari. Servirebbe un vero Partito del lavoro, collegato a sindacati, organizzazioni esistenti, corpi intermedi. Purtroppo è qualcosa a cui la sinistra nel suo complesso appare oggi del tutto inadeguata, tanto nel balbettio di una sinistra «riformista» artefice della situazione nella quale ci troviamo, quanto negli automatismi di una sinistra «radicale» che non riesce a dismettere l’abitudine di immaginarsi solo come assemblaggio di minoranze e monoculture, incapace di rivolgersi alla società italiana nel suo complesso.
Tutta la sinistra, moderata, radicale o antagonista, è stata percepita dalla maggioranza dei cittadini come estranea o nemica. Se non si parte da questa dolorosa consapevolezza sarà molto difficile proporsi di voltare pagina e ripensare tutto, con umiltà.
Presidiare il tre-quattro per cento, destinato a farsi sempre più precario, può risolversi alla fine in uno sforzo inutile e superfluo, perché le classi popolari troveranno comunque il modo di farsi rappresentare, con o senza una sinistra.
da il manifesto
6 commenti:
Ma del manifesto è meglio dubitare sempre.
Ieri in prima pagina, nella foto, tra tutte le persone che avrebbe potuto nominare o megllio non nominare per non sminuire nessuno, ha nominato Luigi Ciotti cioè il quisling dela sovrastruttura imperialistica e capitalistica.
Di analisi così a sinistra se ne sono lette tante e finiscono sempre con condizionali volatili e senza costrutto. Cioè nel nulla. Servono invece, per contendere l'egemonia alla destra, formazioni politiche che si impegnino su temi concreti sui quali la destra non potrebbe competere perchè finirebbe a trovarsi in conflitto ideologico. Ne cito ad esempio due uno sul fronte interno ed uno su quello esterno:
- una battaglia durissima per denunciare lo scippo del referendum sull'acqua e pretendere la gestione pubblica di questo bene essenziale liquidando le utility a partecipazione privata che su di esso lucrano montagne di denaro e che hanno provocato rincari indecenti sulle bollette.
- la denuncia di quello che accade in Nigeria un paese di quasi duecento milioni di abitanti e principale sorgente di disperati che migrano vero l'Europa causata dalla devastazione sia ecologica che sociale operata dalle multinazionali del petrolio, tra le quali la nostra Eni. Si deve porre al centro dell'attenzione questo sfruttamento coloniale indegno e la rapina che ne consegue pretendendone la fine, altro che le idiozie di Salvini "aiutiamoli a casa loro".
La denuncia durissima del referendum sull'acqua quando la bolletta dell'acqua non riesci pagarla anche se è pubblica è un tema che per quanto giusto è fortemente secondario. E' il solito tema che potrebbe essere impugnato anche da D'Alema o Civati. Lo stesso dicasi per la denuncia di quanto accade in Nigeria, chi non riesce a metter insieme il pranzo con la cena finisce col convincersi, e non del tutto a torto, che la sinistra anteponga i problemi della Nigeria a quelli suoi.
Quella indicata da RobertoG è proprio una delle strade centrosinistrate con cui le belle analisi finiscono nel nulla.
Per me che sono disoccupato chi fa queste scelte di priorità, mettendo questioni pur giuste ma secondarie al centro come se fossero quelle primarie, abita proprio su un altro pianeta molto più lontano di Marte. Forse perché non ha gli stessi bisogni primari che ho io.
Caro anonimo quella delle privatizzazioni (l'acqua è solo un esempio) è uno dei meccanismi principali attraverso i quali si alimenta il parassitismo delle classi dominanti a spese di quelle subalterne: gli investimenti a carico della collettività ed il ritorno in tasca ai ricchi. Si tratta di assistenzialismo, per ricchi appunto a scapito di risorse che potrebbero essere utilizzate per il lavoro ed altri fini sociali. La giusta lotta per l'indipendenza politica ed economica se poi non si aggiustano queste storture finirebbe per risultere del tutto inutile.
Quanto al fatto che cessare le rapine occidentali a discapito di paesi come la Nigeria non sia una priorità, questo significa semplicemente che l'immigrazione di massa non sia per te un problema e che questo non abbia alcuna significariva implicazione sulle nostre vite. E qui non c'è molto altro da aggiungere.
Infine, visto che fai insinuazioni maliziose ti rendo edotto che se tu sei disoccupato io appartengo alla "nobile" categoria degli esodati per giunta separato, con un figlio disoccupato e l'altra precaria part time. Tanti saluti.
Sono l'anonimo del 9 luglio 15.10
La questione della nazionalizzazione di ampi settori è importante ma è stata volutamente frammentata in tanti piccoli microtemi che perseguiti singolarmente vanno incontro a sconfitta sicura. L'acqua pubblica è uno di questi microtemi, è stato perseguito singolarmente e nella sostanza perso nonostante la vittoria referendaria. Del resto il campo di gioco lo ha deciso il nemico. Noi però mica possiamo continuare così, saremmo dei cattivi generali.
Il problema della Nigeria è giusto, ed è causato dall'imperialismo. Ma noi che non possiamo fermare l'imperialismo cosa facciamo? Strilliamo finché non ci ascoltano tutti o proviamo a smascherare il falso umanitarismo dell ong?
L'articolo parla di una "Italia fin troppo reale, impoverita e incattivita, che esprime un bisogno di protezione e sicurezza", le tematiche che tu suggerisci sono tematiche che la sinistra, specialmente quella radicale, fa sue da sempre. Questo non ha impedito che tale sinistra andasse a spiaggiarsi (e PaP ne è l'esempio più evidente) proprio perché quell'"Italia fin troppo reale, impoverita e incattivita" non le ha ascoltate ed ha ragione. Perché solo dei pessimi generali politici possono pensare di partire da microtemi frammentati come l'acqua per arrivare a vincere la guerra o di poter attaccare l'imperialismo direttamente senza passi intermedi.
Cosa facciamo? Continuiamo cosi? A gente "che esprime un bisogno di protezione e sicurezza" parliamo della Nigeria e di acqua pubblica?
Io in effetti avevo ipotizzato che tu fossi fra i garantiti, mi ero sbagliato. Però nonostante questo vedo fai tue quelle priorità e quelle parole d'ordine che stanno portando la sinistra a scomparire. Nonostante il mio errore penso a maggior ragione che abitiamo su due pianeti diversi.
Io in vita mia ho già votato per Bertinotti e per Veltroni, non ripeterò lo stesso errore di nuovo.
x anonimo
Molto brevemente:
- A me pare che alle persone occorra fornire anzitutto un'informazione corretta sulle varie questioni (cosa che i media di regime si guardano bene dal fare) e quindi soluzioni concrete soprattutto sui temi che li riguardano da vicino improntate però alla giustizia sociale perchè altrimenti tanto vale andarsi a iscrivere tutti in massa al partito di Salvini.
- A Bertinotti e miserabili consimili interessava farsi belli occupando posizioni politically correct e senza mai mettere però in discussione il sistema stesso all'interno del quale si erano ritagliati il loro orticello.
- Pap mi paiono dei movimentisti dediti più all'umanitarismo che a combattere il capitalismo. Farebbero prima ad iscriversi alla Caritas anzichè fare politica.
La chiudo qui perchè se tanto non ci si intende non è il caso di infastidire ulteriormente il moderatore.
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