[ 25 giugno 2018 ]
CHI NON RISPETTA LE REGOLE?
Italia, Germania, le doppie morali dell'euro
di Sergio Cesaratto
Dalla prefazione e dall'introduzione
Questo libretto trae origine da una conferenza dal medesimo titolo tenuta il 25 gennaio 2018 presso l’Università di Friburgo in Brisgovia, la splendida cittadina nel Sud della Germania, organizzata dagli amici (tedeschi) della locale Società Dante Alighieri assieme all’Università Albert-Ludwigs di Friburgo. ...
Il filo rosso del libro
Il ragionamento che svilupperemo nel libro può essere così sintetizzato. Vi sono delle “regole del gioco”, ben note all’analisi economica, che rendono un’unione monetaria sostenibile. Tali principi prescrivono che gli squilibri esterni (delle partite correnti) fra i Paesi di un’area valutaria vadano regolati col concorso sia dei Paesi in avanzo che dei Paesi in disavanzo. Queste regole sono analoghe a quelle già imperfettamente applicate nel sistema aureo, un sistema monetario internazionale a cui l’euro è considerato affine. Con la copertura di precetti monetaristi, le regole nei fatti adottate nell’Eurozona sono invece altre, e sono in buona misura quelle desiderate dalla potenza europea dominante, in maniera tale che la moneta unica non ne contraddica il modello economico mercantilista. Il fatto che tali regole non abbiano funzionato nello stabilizzare l’area euro è condiviso; ma perché sbagliate, oltre che contorte, o perché non rispettate? Il processo di riforma delle regole, attualmente in corso, sembra basarsi sulla seconda tesi.
Nel primo capitolo cominceremo col domandarci perché il nostro Paese si sia imbarcato nella moneta unica. Troveremo la risposta nell’argomentazione, patrocinata in particolare da economisti ed esponenti politici dell’area del centrosinistra, che il Paese sarebbe stato in grado di regolare i propri conflitti e un uso considerato troppo spregiudicato del bilancio pubblico solo attraverso l’importazione di regole dall’esterno. Il Paese sembra però aver pagato duramente tale scelta, in termini economici e sociali, attraverso un rigore fiscale che ne ha minato domanda interna e produttività, e da ultimo i medesimi conti pubblici.
Nel secondo capitolo mostreremo come la violazione di corrette regole del gioco abbia generato la crisi dell’Eurozona, sebbene tale inosservanza abbia all’inizio portato momentanei vantaggi ad alcuni Paesi europei, nell’illusione che con la moneta unica gli squilibri di partite correnti fossero irrilevanti.
Nel terzo capitolo illustreremo perché il modello tedesco sia incompatibile con le regole del gioco, anzi sia fondamentalmente basato sulla trasgressione di tali principi. Ciò non sorprende, in quanto quello che definiremo “mercantilismo monetario” tedesco è precisamente l’opposto della cooperazione richiesta in un’unione monetaria mutualmente vantaggiosa, dunque sostenibile. Tratteremo poi dei diversi vantaggi che la Germania ha tratto dalla moneta unica, spesso applicando una morale per sé e una per gli altri, e della sua scarsa memoria storica. In virtù della moneta unica la Germania ha rafforzato il proprio modello realizzando una “super competitività”, ciò che rende oggi difficile il riequilibrio dell’Eurozona, perfino se Berlino cominciasse ad accettare regole del gioco più leali.
Nel quarto capitolo effettueremo un viaggio nel surreale, esaminando le proposte di riforma degli ordinamenti che regolano la politica fiscale dell’Eurozona. Alle timide aperture di Macron verso una governance fiscale comune, la Germania sembra aver risposto con la proposta di un irrigidimento delle regole esistenti. Le proposte tedesche si basano sul principio che il settore privato debba subire perdite nel caso di un intervento finanziario europeo a favore di un Paese membro in difficoltà. Con uno sguardo all’Italia, questo significa rendere il suo debito pubblico più rischioso, e dunque maggiormente insicuro e instabile. Il nostro suggerimento è che il Paese ponga un veto a tali irresponsabili progetti, tracciando una “linea del Piave” nell’obiettivo della stabilizzazione del debito pubblico. Se, da un lato, un’effettiva riforma dell’Eurozona richiederebbe un’unione politica, dall’altro nelle conclusioni ricordiamo le ragioni per cui tale unione non sia un obiettivo concepibilmente in vista. Purtroppo il modello tedesco appare di ostacolo anche a ragionevoli e meno ambiziose proposte.
Come nella conferenza, ho cercato di fondare le mie affermazioni sulla migliore e più aggiornata letteratura internazionale, ove possibile citando autori tedeschi. Mi riferirò qui e là alle mie Sei lezioni (Cesaratto 2016), dove ho spiegato in termini accessibili alcuni aspetti più tecnici della crisi europea e, soprattutto, illustrato l’esistenza di impostazioni eterodosse in economia politica (a cui mi riferirò qui col termine “post-keynesiane”).
3 commenti:
Le conseguenze delle regole dell'accordo di cambi fissi denominato euro sono quelle che tutti abbiamo sotto gli occhi non perché quelle regole siano sbagliate, contorte o non rispettate.
Quelle regole invece sono state concepite proprio affinché dessero i risultati che hanno dato.
Tra le tante, la testimonianza di Attali al proposito è esemplare.
Arrivati al punto in cui ci troviamo, riterrei raccomandabile per chiunque iniziare almeno ad accettare, e quindi a descrivere, le cose per quelle che sono.
Altrimenti non se ne esce, cosa già di per sé non facile.
Quanto al secondo capitolo, "ci sarà una crisi", disse Prodi, "e misure politicamente inaccettabili si renderanno necessarie".
Ce lo hanno ripetuto in tutte le salse, questi criminali, cosa andiamo cercando ancora?
Sapvevano quello che facevano, perché, chi dava gli ordini e cosa ci guadagnavano.
Hanno prodotto danni peggiori di quelli di una guerra mondiale perduta, come dimostrano le statistiche di produzione industriale ed emigrazione.
Ormai manca soltanto un altro Piazzale Loreto.
Quando hanno detto "ci sarà una crisi" è perché pensavano che al sopraggiungere della crisi gli USA avrebbero avuto la forza per obbligare le varie nazioni europee, Germania in primis, a fare l'unione definitiva. Hanno dunque pensato che fosse sufficiente e vincente scalare i ranghi della struttura tecnocratica della costituenda NATO economica, agendo soltanto nell'economico e spoliticizzandosi. Del resto questa teneva anche a bada le pretese delle classi subalterne, per essi era perfetto.
Papà USA avrebbe pensato a tutto, bastava servirlo, pensò la nostrana borghesia compradora. Anche a mettere a posto la Germania. Ma non è andata così.
Gli USA avrebbero dovuto essere ancora più forti ora che nel 1989, visto che allora non ci riuscirono, questo sarebbe stato possibile solo abbattendo ogni altro competitore nello scacchiere internazionale, Russia e Cina in primis.
Hanno fatto male i loro calcoli politici, cose che capitano ai ragionieri delle tecnocrazie.
Posta un commento