[ 12 giugno 2018 ]
«Sovranità nazionale non è una brutta parola o un concetto fascista, significa capacità decisionale, ovvero il fondamento della democrazia»
«Sovranità nazionale non è una brutta parola o un concetto fascista, significa capacità decisionale, ovvero il fondamento della democrazia»
L'amico Enrico Grazzini non è un partigiano dell'italexit. Ritiene auspicabile, praticabile e risolutiva l'emissione di una moneta fiscale complementare all'euro. Questione controversa assai, che già altre volte abbiamo affrontato su questo blog. Quanto afferma Grazzini — per quanto scritto prima che nascesse il governo M5s-Lega — è tuttavia altamente istruttivo...
* * *
Lo spread sta salendo e gli attacchi speculativi sul debito di stato italiano potrebbero causare la crisi di tutta l'eurozona. Balliamo ai bordi di un precipizio. E questo perché? Paradossalmente perché qui in Italia è assolutamente proibito parlare di un Piano B, ovvero di un piano di emergenza in caso di …. crisi dell'eurozona!
Probabilmente il governo giallo-verde (sul quale personalmente sono assai critico) non avrebbe resistito a lungo perché il suo programma e i due partiti legati da un contratto sarebbero stati troppo in contraddizione. La flat tax fa a pugni con il reddito di cittadinanza. Ma rifiutare di fare nascere un governo legittimato dal voto di milioni di italiani solo perché non è allineato con Berlino è stato molto, ma molto più che un errore. Il massimo garante dell'unità nazionale di fatto ha diviso l'Italia.
Ora il rischio è che il Paese sia gettano nel caos. Forse qualcuno crede che Carlo Cottarelli, santificato da tutta la grande stampa italiana, possa risolvere il problema di un debito pubblico che da anni sta crescendo solo per ripagare gli interessi sul debito stesso? Mattarella ritiene che mandare in Parlamento un governo già sfiduciato in partenza possa calmare in qualche misura la speculazione finanziaria? In questa situazione di irresponsabilità, di grande incertezza e di contrasti istituzionali mai visti prima in Italia, la speculazione si scatenerà e non si placherà certamente.
La vere domande sono queste: siamo già in una repubblica presidenziale o siamo ancora una repubblica parlamentare? Chi è il vero sovrano in Italia? Il popolo — come afferma la Carta Costituzionale — o invece il governo tedesco e la grande finanza che specula sullo spread? La risposta ai lettori, e poi magari di nuovo agli elettori.
* Fonte: Micromega
NOTE
[1] Financial Times “German economists join forces against eurozone reform” 22 maggio 2018
[2] Enrico Grazzini, Micromega.net “Tra globalizzazione e protezionismo. Il pensiero di J. M. Keynes, Susan Strange e Dani Rodrik su interesse nazionale e democrazia”
[3] Enrico Grazzini, Micromega.net “Tutti i conti dell'Italexit: nessuna catastrofe se l'Italia esce dall'euro”
[4] Luciano Gallino Micromega.net: “Una moneta fiscale per uscire dall'austerità senza spaccare l'euro”; e poi Enrico Grazzini, Micromega.net“Perché la moneta fiscale è meglio dell’Italexit”
[5] Enrico Grazzini, Micromega.net “Nazionalizzazione del debito pubblico e buoni fiscali per rilanciare l'economia senza austerità”
[6] Giovanna Faggionato, Lettera43 “Unione bancaria, la Germania ottiene l'esenzione per 14 istituti” 25 maggio 2018
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Lo spread sta salendo e gli attacchi speculativi sul debito di stato italiano potrebbero causare la crisi di tutta l'eurozona. Balliamo ai bordi di un precipizio. E questo perché? Paradossalmente perché qui in Italia è assolutamente proibito parlare di un Piano B, ovvero di un piano di emergenza in caso di …. crisi dell'eurozona!
Per il Presidente della Repubblica Italiana (e per l'establishment e i media dominanti), l'euro è un totem sacro e intoccabile di fronte al quale occorre prostrarsi in religioso silenzio: e quindi per Mattarella non è stato possibile nominare un ministro, come Paolo Savona, che ha presentato un suo piano per evitare la definitiva rovina dell'Italia nel caso che l'eurozona entri in crisi. L'Italia rispetta come un dogma la moneta unica dell'eurozona a guida germanica. Al contrario, per la Germania l'euro non è irreversibile, non fa necessariamente parte del fatale destino comune dei popoli e dei Paesi europei. In Germania oggi si discute apertamente di creare delle nuove regole per fare uscire dall'eurozona chi non si adegua alle norme e ai vincoli dettati da Berlino e da Bruxelles.
«L'eurozona ha bisogno di creare delle procedure per affrontare in maniera ordinata la possibile insolvenza (ovvero il fallimento, ndr) di uno stato e l'eventuale recesso di uno stato dall'eurozona».
Questa frase è contenuta in un documento ufficiale firmato qualche giorno fa da 154 influenti economisti tedeschi contro le proposte di riforma dell'eurozona da parte del presidente francese Emmanuel Macron. [1]
Gli economisti — tra cui Hans-Werner Sinn, forse il più influente economista tedesco, apertamente euroscettico — si sono espressi contro le riforme proposte da Macron, che vanno nel senso della creazione di un bilancio comune dell'eurozona. Le 154 personalità della scienza economica teutonica non vogliono che il loro governo accetti qualsiasi soluzione che in futuro possa portare a una condivisione dei debiti, pubblici o bancari.
Quindi sono contro la proposta di Macron di trasformare il Meccanismo Europeo di Stabilità (il cosiddetto "Fondo Salvastati") da organismo intergovernativo quale è a organo comunitario di protezione in caso di crisi del debito sovrano o bancario. E si schierano contro la nomina di un ministro europeo della finanze.
Che cosa prevedono invece i professori tedeschi di economia? L'uscita dall'eurozona dei paesi che hanno difficoltà a pagare i loro debiti mediante procedure concordate. Ovvero la fine dell'irreversibilità dell'euro. Del resto il partito che sta crescendo di più in Germania è Alternative für Deutschland, Alternativa per la Germania, che prevede apertamente di ritornare al marco.
Da parecchio tempo — e in particolare da quando l'ex ministro delle finanze Wolfgang Schäuble nel pieno della crisi dell'euro propose che la Grecia lasciasse l'eurozona — i politici e gli economisti tedeschi discutono ufficialmente della necessità di un piano B per l'eurozona: questo piano dovrebbe prevedere la possibilità da parte di uno stato di uscire dall'euro in modo ordinato cosicché il governo tedesco non debba sopportare nessun costo per “salvarlo”. E così che le banche tedesche non subiscano perdite. L'euro va bene fino a quando porta acqua — come è avvenuto finora — al mulino dell'economia tedesca, altrimenti si può mollare.
Nella loro logica anti-cooperativa e miope (anzi, cieca), il governi tedeschi popolar-socialisti mantengono una loro coerenza. La Germania si muove seguendo i suoi immediati interessi nazionali senza curarsi delle conseguenze sui suoi “partner” europei. Da sempre vota contro le manovre di espansione monetaria promosse da Mario Draghi, presidente della BCE, per “salvare l'euro”. Da sempre — nel nome della lotta all'inflazione e della stabilità monetaria — impedisce ogni manovra che possa espandere l'economia e diminuire così il peso dei debiti, pubblici e privati. In questa maniera (deliberatamente o no, poco importa) spinge i paesi periferici dell'eurozona — Italia compresa — verso una crisi certa e sicura.
La Germania comanda la UE infischiandosene delle regole. Ha un saldo commerciale positivo dell'8% sul PIL, e questo danneggia ovviamente i partner europei: ma la Commissione UE non osa fiatare. Durante la crisi lo stato tedesco ha finanziato le sue banche con soldi pubblici per 250 miliardi di euro, ma poi ha cercato di impedire a noi — nel nome della lotta agli “aiuti di stato” — di impiegare relativamente pochi miliardi per salvare le nostre banche e i nostri risparmiatori.
In Italia però siamo ammalati di europeismo “senza se e senza ma”; il sistema politico italiano si è “dimenticato” di difendere i legittimi interessi nazionali e gli interessi dei cittadini e delle imprese italiane. Finora i governi italiani (appoggiati da una sinistra ingenua, illusa e collusa, per quanto poco conti) si sono inchinati ai diktat tedeschi con il pretesto del fantasmagorico mito dell'Europa unita. Hanno ceduto la sovranità nazionale — che non è una brutta parola o un concetto fascista, ma che significa capacità decisionale, ovvero il fondamento della democrazia — a organismi intergovernativi dominati da uno stato estero che si basa, tra l'altro, su una economia e una finanza che competono direttamente con le nostre imprese e con le nostre banche.
Solo dei partiti fuori dall'establishment — come 5 Stelle e Lega — potevano tentare di liberarsi dal dogma dell'euro a tutti i costi; e solo la consapevolezza dell'interesse nazionale può rimettere in discussione la nostra subordinazione a direttive europee che hanno aggravato pesantemente la crisi della finanza pubblica e le crisi bancarie. Le colpe dell'eccesso di debito pubblico e dei crack bancari sono certamente della nostra classe dirigente politica ed economica, ma le politiche dell'eurozona e la speculazione finanziaria non fanno altro che gettare benzina sul fuoco e aggravare irrimediabilmente i problemi.
Non occorre essere dei fanatici nazionalisti e dei patriottardi sciovinisti per augurarsi che anche l'Italia cominci finalmente a salvaguardare il suo interesse nazionale! e a preparare finalmente piani di emergenza. [2] E' irresponsabile non scrivere un Piano B. Siamo già troppo in ritardo.
Il Presidente della Repubblica ha rifiutato di nominare Paolo Savona ministro dell'economia. Quale il motivo apparente? E' una colpa grave avere affermato che bisogna prepararsi alla crisi dell'euro? Sul piano formale non posso esprimermi, ma sul piano sostanziale il Presidente ha commesso un errore clamoroso ed ha esercitato i suoi poteri in maniera esorbitante.
Personalmente ritengo che l'uscita unilaterale dell'Italia dall'euro — che ha consistenti avanzi di bilancia commerciale e di bilancio pubblico, e che quindi non ha necessità assoluta dei mercati per finanziarsi — sia in teoria possibile, ma che genererebbe anche una nuova dura e dolorosa crisi che sarebbe preferibile evitare; inoltre l'Italexit avrebbe un esito molto incerto. [3]
L'alternativa di gran lunga più concreta ed efficace è che, come suggeriva il compianto Luciano Gallino, lo stato emetta una moneta fiscale complementare all'euro pur rispettando i vincoli dell'eurozona. [4] Un'altra proposta promossa da Paolo Savona e Michele Fratianni è di “togliere” per quanto possibile il debito pubblico dal mercato finanziario e di collocarlo invece in una banca pubblica, ovvero di nazionalizzarlo. Una proposta interessante e da esplorare urgentemente. [5]
Occorre una svolta decisa nei confronti di Berlino e dell'eurozona, anche se la strada è certamente in salita, è rischiosa e pericolosa. Se continueremo a seguire le politiche di austerità euro-tedesche la crisi italiana è certa e sicura. Tutta la stampa finanziaria internazionale spiega che la moneta unica è fragile, che funziona male, e che l'eurozona potrebbe spaccarsi alla prima crisi finanziaria. L'Italia invece continua a seguire ciecamente i precetti di Berlino.
L'ultimo esempio di quanto la Germania imponga agli altri il rispetto delle regole che però non valgono per sé è rivelato da Lettera43:
Gli economisti — tra cui Hans-Werner Sinn, forse il più influente economista tedesco, apertamente euroscettico — si sono espressi contro le riforme proposte da Macron, che vanno nel senso della creazione di un bilancio comune dell'eurozona. Le 154 personalità della scienza economica teutonica non vogliono che il loro governo accetti qualsiasi soluzione che in futuro possa portare a una condivisione dei debiti, pubblici o bancari.
Quindi sono contro la proposta di Macron di trasformare il Meccanismo Europeo di Stabilità (il cosiddetto "Fondo Salvastati") da organismo intergovernativo quale è a organo comunitario di protezione in caso di crisi del debito sovrano o bancario. E si schierano contro la nomina di un ministro europeo della finanze.
Che cosa prevedono invece i professori tedeschi di economia? L'uscita dall'eurozona dei paesi che hanno difficoltà a pagare i loro debiti mediante procedure concordate. Ovvero la fine dell'irreversibilità dell'euro. Del resto il partito che sta crescendo di più in Germania è Alternative für Deutschland, Alternativa per la Germania, che prevede apertamente di ritornare al marco.
Da parecchio tempo — e in particolare da quando l'ex ministro delle finanze Wolfgang Schäuble nel pieno della crisi dell'euro propose che la Grecia lasciasse l'eurozona — i politici e gli economisti tedeschi discutono ufficialmente della necessità di un piano B per l'eurozona: questo piano dovrebbe prevedere la possibilità da parte di uno stato di uscire dall'euro in modo ordinato cosicché il governo tedesco non debba sopportare nessun costo per “salvarlo”. E così che le banche tedesche non subiscano perdite. L'euro va bene fino a quando porta acqua — come è avvenuto finora — al mulino dell'economia tedesca, altrimenti si può mollare.
Nella loro logica anti-cooperativa e miope (anzi, cieca), il governi tedeschi popolar-socialisti mantengono una loro coerenza. La Germania si muove seguendo i suoi immediati interessi nazionali senza curarsi delle conseguenze sui suoi “partner” europei. Da sempre vota contro le manovre di espansione monetaria promosse da Mario Draghi, presidente della BCE, per “salvare l'euro”. Da sempre — nel nome della lotta all'inflazione e della stabilità monetaria — impedisce ogni manovra che possa espandere l'economia e diminuire così il peso dei debiti, pubblici e privati. In questa maniera (deliberatamente o no, poco importa) spinge i paesi periferici dell'eurozona — Italia compresa — verso una crisi certa e sicura.
La Germania comanda la UE infischiandosene delle regole. Ha un saldo commerciale positivo dell'8% sul PIL, e questo danneggia ovviamente i partner europei: ma la Commissione UE non osa fiatare. Durante la crisi lo stato tedesco ha finanziato le sue banche con soldi pubblici per 250 miliardi di euro, ma poi ha cercato di impedire a noi — nel nome della lotta agli “aiuti di stato” — di impiegare relativamente pochi miliardi per salvare le nostre banche e i nostri risparmiatori.
In Italia però siamo ammalati di europeismo “senza se e senza ma”; il sistema politico italiano si è “dimenticato” di difendere i legittimi interessi nazionali e gli interessi dei cittadini e delle imprese italiane. Finora i governi italiani (appoggiati da una sinistra ingenua, illusa e collusa, per quanto poco conti) si sono inchinati ai diktat tedeschi con il pretesto del fantasmagorico mito dell'Europa unita. Hanno ceduto la sovranità nazionale — che non è una brutta parola o un concetto fascista, ma che significa capacità decisionale, ovvero il fondamento della democrazia — a organismi intergovernativi dominati da uno stato estero che si basa, tra l'altro, su una economia e una finanza che competono direttamente con le nostre imprese e con le nostre banche.
Solo dei partiti fuori dall'establishment — come 5 Stelle e Lega — potevano tentare di liberarsi dal dogma dell'euro a tutti i costi; e solo la consapevolezza dell'interesse nazionale può rimettere in discussione la nostra subordinazione a direttive europee che hanno aggravato pesantemente la crisi della finanza pubblica e le crisi bancarie. Le colpe dell'eccesso di debito pubblico e dei crack bancari sono certamente della nostra classe dirigente politica ed economica, ma le politiche dell'eurozona e la speculazione finanziaria non fanno altro che gettare benzina sul fuoco e aggravare irrimediabilmente i problemi.
Non occorre essere dei fanatici nazionalisti e dei patriottardi sciovinisti per augurarsi che anche l'Italia cominci finalmente a salvaguardare il suo interesse nazionale! e a preparare finalmente piani di emergenza. [2] E' irresponsabile non scrivere un Piano B. Siamo già troppo in ritardo.
Il Presidente della Repubblica ha rifiutato di nominare Paolo Savona ministro dell'economia. Quale il motivo apparente? E' una colpa grave avere affermato che bisogna prepararsi alla crisi dell'euro? Sul piano formale non posso esprimermi, ma sul piano sostanziale il Presidente ha commesso un errore clamoroso ed ha esercitato i suoi poteri in maniera esorbitante.
Personalmente ritengo che l'uscita unilaterale dell'Italia dall'euro — che ha consistenti avanzi di bilancia commerciale e di bilancio pubblico, e che quindi non ha necessità assoluta dei mercati per finanziarsi — sia in teoria possibile, ma che genererebbe anche una nuova dura e dolorosa crisi che sarebbe preferibile evitare; inoltre l'Italexit avrebbe un esito molto incerto. [3]
L'alternativa di gran lunga più concreta ed efficace è che, come suggeriva il compianto Luciano Gallino, lo stato emetta una moneta fiscale complementare all'euro pur rispettando i vincoli dell'eurozona. [4] Un'altra proposta promossa da Paolo Savona e Michele Fratianni è di “togliere” per quanto possibile il debito pubblico dal mercato finanziario e di collocarlo invece in una banca pubblica, ovvero di nazionalizzarlo. Una proposta interessante e da esplorare urgentemente. [5]
Occorre una svolta decisa nei confronti di Berlino e dell'eurozona, anche se la strada è certamente in salita, è rischiosa e pericolosa. Se continueremo a seguire le politiche di austerità euro-tedesche la crisi italiana è certa e sicura. Tutta la stampa finanziaria internazionale spiega che la moneta unica è fragile, che funziona male, e che l'eurozona potrebbe spaccarsi alla prima crisi finanziaria. L'Italia invece continua a seguire ciecamente i precetti di Berlino.
L'ultimo esempio di quanto la Germania imponga agli altri il rispetto delle regole che però non valgono per sé è rivelato da Lettera43:
«Dopo mesi di negoziati, è stato approvato il pacchetto dell'Unione bancaria sui requisiti di capitale che gli istituti di credito della UE dovranno possedere per far fronte a eventuali perdite. E la Germania, nonostante un'iniziale opposizione della Francia, è riuscita a esentare dalle norme, e precisamente dalla direttiva e dal regolamento Ue sui requisiti di capitale, ben 13 sue banche di sviluppo regionali e una seconda banca di sviluppo nazionale». [6]Tuttavia il presidente Mattarella boccia Savona perché è critico sull'euro e perché non vuole subordinarsi a uno stato straniero che ha già massacrato la Grecia (e che ora rifiuta l'Europa solidale di Macron!).
Probabilmente il governo giallo-verde (sul quale personalmente sono assai critico) non avrebbe resistito a lungo perché il suo programma e i due partiti legati da un contratto sarebbero stati troppo in contraddizione. La flat tax fa a pugni con il reddito di cittadinanza. Ma rifiutare di fare nascere un governo legittimato dal voto di milioni di italiani solo perché non è allineato con Berlino è stato molto, ma molto più che un errore. Il massimo garante dell'unità nazionale di fatto ha diviso l'Italia.
Ora il rischio è che il Paese sia gettano nel caos. Forse qualcuno crede che Carlo Cottarelli, santificato da tutta la grande stampa italiana, possa risolvere il problema di un debito pubblico che da anni sta crescendo solo per ripagare gli interessi sul debito stesso? Mattarella ritiene che mandare in Parlamento un governo già sfiduciato in partenza possa calmare in qualche misura la speculazione finanziaria? In questa situazione di irresponsabilità, di grande incertezza e di contrasti istituzionali mai visti prima in Italia, la speculazione si scatenerà e non si placherà certamente.
La vere domande sono queste: siamo già in una repubblica presidenziale o siamo ancora una repubblica parlamentare? Chi è il vero sovrano in Italia? Il popolo — come afferma la Carta Costituzionale — o invece il governo tedesco e la grande finanza che specula sullo spread? La risposta ai lettori, e poi magari di nuovo agli elettori.
* Fonte: Micromega
NOTE
[1] Financial Times “German economists join forces against eurozone reform” 22 maggio 2018
[2] Enrico Grazzini, Micromega.net “Tra globalizzazione e protezionismo. Il pensiero di J. M. Keynes, Susan Strange e Dani Rodrik su interesse nazionale e democrazia”
[3] Enrico Grazzini, Micromega.net “Tutti i conti dell'Italexit: nessuna catastrofe se l'Italia esce dall'euro”
[4] Luciano Gallino Micromega.net: “Una moneta fiscale per uscire dall'austerità senza spaccare l'euro”; e poi Enrico Grazzini, Micromega.net“Perché la moneta fiscale è meglio dell’Italexit”
[5] Enrico Grazzini, Micromega.net “Nazionalizzazione del debito pubblico e buoni fiscali per rilanciare l'economia senza austerità”
[6] Giovanna Faggionato, Lettera43 “Unione bancaria, la Germania ottiene l'esenzione per 14 istituti” 25 maggio 2018
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