[ 11 giugno 2018 ]
Meglio non caricare di eccessivi significati le elezioni comunali svoltesi ieri. Troppo diverse, com'è noto, le dinamiche tra elezioni amministrative locali e politiche nazionali. Il solo dato dell'affluenza alle urne lo conferma: il 4 marzo scorso votarono il 73,1% dei cittadini, ieri nemmeno il 62%.
Le élite, che si aspettavano un'inversione di tendenza rispetto all'ondata dei voti protesta, sono rimaste deluse. Al netto di elezioni che premiano di norma notabilato e clientele locali (spesso nascoste dietro a liste civiche trasversali), il voto di ieri ha confermato che i partiti sistemici (su tutti Pd e Forza Italia) annaspano nella loro crisi e in termini assoluti perdono voti. Discorso che vale anzitutto per i berluscones che nella maggioranza dei casi tracollano a favore della Lega di Salvini. L'avanzata della Lega, com'era ampiamente previsto, è quindi il dato eclatante.
Non cambia quindi niente per le sorti del governo giallo-verde, che ha passato indenne la nottata — sarebbe del resto stato ben strano il contrario, visto che è in carica da qualche giorno.
Non dorma tuttavia, questo governo, sonni tranquilli. Non è la guerriglia sui diritti civili che i grandi mezzi di comunicazione hanno già scatenato che Di Maio e Salvini debbono anzitutto temere (a meno che non commettano errori clamorosi).
Il pericolo viene dalle congiure dei poteri forti (bancocratici ed eurocratici). Essi si metteranno infatti di traverso in caso il governo decida di mettere in atto le promesse misure di politica economica per porre fine all'austerità.
Come abbiamo detto. Sbagliato consegnare cambiali in bianco a Di Maio e Salvini. Ancor peggio dichiarargli un'opposizione a prescindere, come han già deciso i poteri forti.
Come afferma l'appello che convoca l'assemblea del 16 giugno a Roma si deve chiedere al governo M5s-Lega, se vuole davvero fare gli interessi del popolo lavoratore, che realizzi:
Meglio non caricare di eccessivi significati le elezioni comunali svoltesi ieri. Troppo diverse, com'è noto, le dinamiche tra elezioni amministrative locali e politiche nazionali. Il solo dato dell'affluenza alle urne lo conferma: il 4 marzo scorso votarono il 73,1% dei cittadini, ieri nemmeno il 62%.
Le élite, che si aspettavano un'inversione di tendenza rispetto all'ondata dei voti protesta, sono rimaste deluse. Al netto di elezioni che premiano di norma notabilato e clientele locali (spesso nascoste dietro a liste civiche trasversali), il voto di ieri ha confermato che i partiti sistemici (su tutti Pd e Forza Italia) annaspano nella loro crisi e in termini assoluti perdono voti. Discorso che vale anzitutto per i berluscones che nella maggioranza dei casi tracollano a favore della Lega di Salvini. L'avanzata della Lega, com'era ampiamente previsto, è quindi il dato eclatante.
Non cambia quindi niente per le sorti del governo giallo-verde, che ha passato indenne la nottata — sarebbe del resto stato ben strano il contrario, visto che è in carica da qualche giorno.
Non dorma tuttavia, questo governo, sonni tranquilli. Non è la guerriglia sui diritti civili che i grandi mezzi di comunicazione hanno già scatenato che Di Maio e Salvini debbono anzitutto temere (a meno che non commettano errori clamorosi).
Il pericolo viene dalle congiure dei poteri forti (bancocratici ed eurocratici). Essi si metteranno infatti di traverso in caso il governo decida di mettere in atto le promesse misure di politica economica per porre fine all'austerità.
Come abbiamo detto. Sbagliato consegnare cambiali in bianco a Di Maio e Salvini. Ancor peggio dichiarargli un'opposizione a prescindere, come han già deciso i poteri forti.
Come afferma l'appello che convoca l'assemblea del 16 giugno a Roma si deve chiedere al governo M5s-Lega, se vuole davvero fare gli interessi del popolo lavoratore, che realizzi:
«1. Abolizione della legge Fornero;Vedremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi di che pasta è fatto questo governo e se davvero si muoverà per andare incontro alla domanda di cambiamento. Una cosa è certa: c'è un solo modo per vincere il sabotaggio dei poteri forti, la più ampia mobilitazione popolare.
2. Abolizione del Job’s Act e lotta al lavoro precario;
3. Ripristino e ricreazione di spazi di democrazia effettiva, oltre le scadenze elettorali, per una partecipazione crescente della grande maggioranza della popolazione del nostro paese alla gestione delle società e della propria vita;
4. Grande piano di spesa pubblica in vista della piena occupazione, per la cura del territorio e la bonifica dell’ambiente, per una sanità universale efficiente, per la rinascita della scuola e dei saperi, per la difesa dei beni comuni.
5. Un reddito di cittadinanza che assicuri una vita dignitosa ai cittadini privi di lavoro;
6. Riconquista della sovranità nazionale e democratica, contro l’Europa della finanza, contro la Nato per un’Italia che ripudia la guerra».
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