[ 16 marzo 2018]
Pubblichiamo il secondo documento approvato dalla II. Assemblea del Movimento Popolare di Liberazione-Programma 101 svoltasi il 10 e l'11 marzo.
Avevamo già pubblicato la risoluzione
SOVRANITÀ E SOVRANISMI: SI CHIUDE UN CICLO. Segnaliamo infine che è disponibile in formato pdf l'opuscolo: TESI E DOCUMENTI PROGRAMMATICI 2011-2018
Pubblichiamo il secondo documento approvato dalla II. Assemblea del Movimento Popolare di Liberazione-Programma 101 svoltasi il 10 e l'11 marzo.
Avevamo già pubblicato la risoluzione
SOVRANITÀ E SOVRANISMI: SI CHIUDE UN CICLO. Segnaliamo infine che è disponibile in formato pdf l'opuscolo: TESI E DOCUMENTI PROGRAMMATICI 2011-2018
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(1)
GLOBALIZZAZIONE AL TRAMONTO
Il
lungo ciclo che va sotto il nome di “globalizzazione”, toccato il suo punto più
alto con la dissoluzione dell’URSS e la trasformazione della Cina in grande
potenza capitalistica, si avvia al suo tramonto. Se il processo di
globalizzazione dispiegata è riuscito a dilagare anche nel nostro Paese, è
perché le élite sono riuscite a nascondere la sua natura liberista e classista
dietro alla maschera del progressismo cosmopolitico. Una delle chiavi di volta
di questa narrazione ideologica è infatti la distopia di una irenica repubblica
capitalistica mondiale. Il superamento degli stati nazionali era ed è non solo
auspicato, ma considerato inevitabile. La stessa Unione europea veniva e viene
ancora presentata ai cittadini come una tappa in questa direzione.
(2)
LA CONTRADDIZIONE PRINCIPALE DI QUESTA
FASE
Cosa
effettivamente è accaduto con la globalizzazione? Attraverso un processo
ineguale ma combinato, abbiamo un ordine imperialistico policentrico per cui un pugno di potenze hanno non solo preservato, ma rafforzato le loro prerogative
sovrane, mentre la grande maggioranza degli stati nazionali ha progressivamente
perduto sovranità, cedendola ai primi e/o, come nel caso dell’Unione europea,
ad organismi oligarchici sovranazionali. Di qui la contraddizione principale di
questa fase: quella tra il pugno di paesi dominanti e le nazioni dipendenti e
semi-dipendenti le cui forze produttive sociali non possono più crescere a
causa dei ceppi che le incatenano —dinamica che all’interno della Ue vede contrasti tra i paesi “core” e quelli bollati già “periferici” e, dalla Bce,
denominati “vulnerabili”. Questa contraddizione principale si porta appresso un
secondo aspetto: l’opposizione, all’interno degli stessi paesi soggiogati, tra
la grande maggioranza dei cittadini e le frazioni più potenti e globaliste
delle borghesie autoctone le quali, come nuove borghesie compradores, fungono da
intermediari della rapina ai danni delle nazioni.
(2)
UNIONE EUROPEA E GRANDE GERMANIA
L’Unione europea, edificata con
l’ambizione di dare vita al principale polo imperialistico mondiale
(nell’illusione che gli USA avrebbero accettato di spartire il mondo in more uxorio) traballa per diverse
ragioni, una delle quali è che essa ha accresciuto gli squilibri tra gli stati,
tra il centro tedesco e le diverse sue “periferie” le quali, private delle loro
sovranità, possono sviluppare solo quelle forze produttive sociali funzionali
alla macchina mercantilistica tedesca ed ai conglomerati finanziari carolingi.
Il predominio della Grande Germania riunificata, stato-potenza egemone della
Ue, siccome tende per sua natura a germanizzare, a soggiogare le altre nazioni,
è concausa del tramonto della Ue ed accentua il contrasto tra le spinte
centrifughe e quella centripeta. Ultimo ma non meno importante: il predominio
tedesco ha il fiato corto perché la Germania, oggi come ieri, è incapace di
trasformare il suo predominio in vera egemonia continentale.
(4)
IL DESTINO DELL’ITALIA
Anche
l’Italia ha subito questo processo di desovranizzazione e spoliazione, reso
possibile dall’abdicazione delle élite intellettuali nostrane e
dall’accettazione del comando esterno da parte della grande borghesia italiana.
Esse hanno consegnato alla Germania ed alle sue agenzie eurocratiche le
decisive leve di comando. Il
parlamento è diventato un simulacro, i politici di regime dei Gauleiter, mentre
lo Stato, già sovrintendente territoriale dello spazio giuridico imperiale a
guida geopolitica americana, è diventato locale custode del protettorato
tedesco. In queste condizioni, se non spezza la catena euro-liberista, l’Italia
corre addirittura il rischio di spezzarsi come nazione unitaria, con un Nord
agganciato alla locomotiva tedesca e il Mezzogiorno lasciato alla deriva, in
mano al capitalismo mafioso.
(5)
IL RITORNO DEGLI STATI NAZIONE
Il
tramonto della globalizzazione non solo frena le ambizioni imperialistiche
tedesche, alimenta la spinta opposta, quella che vede gli stati nazionali
recuperare le loro sovranità, erigere proprie barriere difensive contro il
libero scambismo selvaggio ed il mercantilismo che sono i vettori del dominio
dei grandi conglomerati finanziari. Quando un edificio crolla restano le sue
fondamenta. La dissoluzione della Ue dimostrerà che gli stati nazionali su cui
si sorregge restano per i popoli la sola base per ricostruire le loro società.
Il ritorno degli stati nazione sulla scena ha molteplici ragioni, guai a non
comprenderle. Esse sono molteplici: economiche, geopolitiche,
storico-culturali, religiose e psicologiche. Due spiccano su tutte: da una parte
le forze produttive dei paesi dipendenti (eccetto quelle che avanzano e fanno
profitti grazie alla globalizzazione) tendono ad autodifendersi invocando la
protezione statuale; dall’altra le masse popolari (tranne i settori che
traggono a loro volta vantaggi perché al servizio delle frazioni globaliste
della borghesia) invocano sicurezza, lavoro, dignità, stato sociale.
(6)
IL RISVEGLIO DEI NAZIONALISMI
Questo
conflitto, manifestazione della contraddizione di fase principale, spiega il
risveglio dei nazionalismi, sia in versione fascistoide che liberista, tutti
accomunati da comuni denominatori revanchisti, autoritari e xenofobi. Il
nazionalismo avanza perché fa incontrare e offre un orizzonte di senso a queste
due spinte. Ne ricava maggiore forza grazie ad una narrazione opposta a quella
cosmopolitica: contro l’umiliazione esibisce la volontà di riscatto,
all’atomizzazione sociale oppone l’identità collettiva, contro lo spaesamento
globalista insiste sul senso di appartenenza alla patria, alla società multietnica
oppone il mito della nazione come comunità, al disordine oppone l’ordine.
L’ostinazione delle élite eurocratiche a proseguire sulla strada della
centralizzazione e della demolizione degli stati nazionali, lungi
dall’indebolire i nazionalismi, li alimenta. Come in ogni grande crisi, in ogni
fase di passaggio da un regime ad un altro, vale il principio per cui le
energie scatenate dagli interessi sociali e di classe sono condannate a
volatilizzarsi se non vengono incanalate, indirizzate strategicamente. E’ qui
che entrano in gioco le ideologie, le visioni del mondo, le idee forti,
religiose o secolarizzate che siano. Il nazionalismo, in società dominate dal
nichilismo valoriale, è un’idea forte destinata ad accrescere la sua presa sulle
larghe masse, anzitutto sui settori sociali più deboli, proprio quelli che
dovrebbero fungere da forza motrice della trasformazione socialista della
società. Contrastare dunque i nazionalismi avanzanti ma come?
(7)
SEPARARE QUINDI UNIRE
Le
sinistre occidentali, sistemiche e radicali, avendo avallato o addirittura
sostenuto la globalizzazione e il disegno euro-liberista, hanno contribuito a
spianare la strada a questi nazionalismi e saranno messe all’angolo. Con il suo
internazionalismo dottrinario, col suo lottaclassismo
prepolitico anche l’estrema sinistra si è resa corresponsabile. Non si
contrastano i nazionalismi facendo esorcismi, demonizzandoli, facendo
dell’internazionalismo un totem e della nazione un tabù. Una via sicura per
lasciare campo libero alle destre nazionaliste è consegnare loro il monopolio
della battaglia patriottica, facendo spallucce davanti al ritorno sulla scena
degli stati nazione, peggio ancora, apparendo subalterni alle élite
neoliberiste, che restano il nemico principale dei popoli. Errore madornale,
dunque, condannare come univocamente reazionarie le pulsioni sociali e ideali
che alimentano i nazionalismi. Occorre invece distinguere e separare il
carburante, le spinte sociali e
ideali che alimentano i nazionalismi — la difesa delle forze produttive
nazionali dalla predazione imperialistica esterna ed il desiderio di sentirsi
parte di una comunità solidale — dalle formazioni nazionaliste che puntano a
diventare il comburente. Bisogna quindi tenere assieme questione nazionale,
questione di classe e questione democratica, insistendo sul principio che non
ci sarà emancipazione sociale senza liberazione nazionale.
(8)
PATRIOTTISMO REPUBBLICANO
Per
contrastare i nazionalismi si deve sfidarli sul terreno dell’egemonia: mito
buono contro mito cattivo, radici rivoluzionarie contro quelle reazionarie,
narrazione sana contro narrazione tossica, identità etnica contro identità
politica, comunità forte contro comunità debole. Al mito cattivo dell’Italia
guerriera, annessionista, fascista e imperiale, noi opponiamo quello buono
dell’Italia come faro di civilizzazione universale, ruolo che la nostra Patria
ha saputo esibire nei momenti più alti della storia mondiale. Alle radici
reazionarie del nazionalismo, proprie delle destre che ebbero la meglio dopo il
Risorgimento e che le classi dominanti utilizzarono per giustificare, oltre
agli innumerevoli crimini contro il popolo, i propri appetiti imperialistici,
noi opponiamo quelle rivoluzionarie e democratiche dei padri nobili ed ai
martiri della Patria. Alla narrazione nazionalista che esalta le gesta
dell’Italia monarchica e fascista, con tutto il loro corollario di nefandezze,
noi opponiamo il patriottismo popolare che dalle correnti democratiche del
Risorgimento passa al movimento operaio, e di lì alla Resistenza antifascista
che riscatterà l’onore del Paese e che s’incarnerà nella Costituzione
repubblicana. All’identità etnica fondata sul sangue, sul suolo e sul destino,
noi opponiamo quello della Patria come associazione politica di liberi e
uguali, quale che sia la loro “razza”, provenienza, confessione ideologica o
religiosa. Debole e fallace è la comunità dilaniata dai contrasti sociali, di
casta, di classe, etnici, e dove ristrette élite hanno il monopolio delle leve
di comando. Forte è invece quella patria dove sovrano è il popolo, dove i più
forti non opprimono i deboli, dove non ci sono privilegi e conflitti sociali,
dove lo Stato garantisce la sicurezza generale e difende come inviolabili i
diritti di libertà della persona e delle minoranze.
(9)
RIVOLUZIONE DEMOCRATICA
Non
passerà molto tempo che il futuro del paese sarà deciso dallo scontro tra i due
fronti opposti: quello del nazionalismo reazionario e imperialista (sia esso
dominato da neoliberisti o neofascisti) e quello del patriottismo repubblicano
e internazionalista. Occorre dunque costruire un grande partito (con i suoi
diversi strumenti) che intercetti i sentimenti nazionali risorgenti tra il
popolo e riesca ad indirizzarli verso il solo esito che potrà determinare la
grande svolta, la sollevazione popolare. Abbiamo segnalato i due aspetti della
contraddizione: le destre vorranno tenerli separati in modo oppositivo, facendo
leva sul primo a spese del secondo. Noi dobbiamo invece tenerli concatenati:
sollevazione per liberare il Paese dal dominio esterno e lotta per strappare il
potere alle élite dominanti senza la cui collaborazione fattiva questo dominio
non ci sarebbe. Sarà quindi, quella italiana, una rivoluzione democratica e
patriottica. Sorgerà per tempo, prima di un altro 8 settembre, un nuovo
Comitato di Liberazione Nazionale? Riusciremo ad evitare di cadere, come
successo in Grecia, in un regime di protettorato? Forse no, forse, come altre
volte capitato al nostro Paese, la
sollevazione seguirà la catastrofe nazionale e il popolo dovrà ricostruire il
Paese sulle sue macerie. Sia come sia noi dobbiamo fare la mossa strategica da
cui tutto il resto dipende, diventare i campioni della battaglia patriottica
contro l’aristocrazia finanziaria predatoria esterna e le élite economiche e
politiche italiane ad esse asservite. Solo a questa condizione potremo far sì
che la rivoluzione democratica e costituzionale possa costituire il punto
d’appoggio per quella socialista, visto che solo un Paese socialista potrà essere
davvero sovrano.
1 commento:
Vi siete totalmente dimenticati di dire una sola parola "di classe" e sulle classi sociali. Ammesso che quella di classe sia contraddizione secondaria, come si delinea oggi? Che ruolo ha la borghesia, non solo la grande, nella prostituzione verso l'UE-Germania? Che ruolo hanno i proletari nelle poche lotte che ci sono? Chi le fa queste lotte?
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