[ 24 marzo 2018]
Fabio Campedelli ha commentato così il mio post "Tutto il resto è noia":
«Resta sempre il fatto che quando compri all'estero (materie prime ad esempio) compri sempre in valuta estera. Allora gli USA non dovrebbero aver alcun problema, visto che la loro valuta è quella di riferimento.»
Questo commento, in un post che criticava l'approccio economicistico al problema dell'uscita dall'euro, per sottolineare, invece, che il problema è soprattutto - se non esclusivamente - politico (e purtroppo anche militare), mi ha sorpreso. Non me ne voglia l'amico Fabio, ma devo ricordargli che un paese come il nostro, in surplus primario, in attivo di bilancia dei pagamenti e con un patrimonio di ricchezza privata tra i più grandi del mondo, in caso di uscita dall'euro non dovrebbe confrontarsi con le conseguenze di una fragilità economica e finanziaria strutturali, bensì con le reazioni politiche e militari di chi, da ciò, verrà danneggiato.
A dimostrazione di ciò, segnalo un articolo di Difesaonline.it dal titolo "PERFORMANCE-BASED LOGISTICS: LA RIVOLUZIONE LOGISTICA DI BOEING". L'autore, Matteo Acciaccarelli, ci parla della "collaborazione sempre più forte e dinamica tra Boeing e Aeronautica Militare Italiana" rinforzata da un accordo di fornitura di aerei Boeing KC-767 che implica, come commenta «Il presidente di Boeing Italia, Antonio De Palmas... quanto siano importanti i ritorni correlati per l’Italia in questa collaborazione: "Abbiamo quasi 50 persone che lavorano direttamente al programma, di cui 30 legati all’industria nazionale necessari per svolgere una parte di manutenzione."»
In sostanza si tratta di questo: l'aeronautica italiana, avendo acquistato un certo numero di esemplari del KC-767, delega la loro manutenzione alla stessa Boeing. Il che significa che l'operatività di questi aerei è nelle mani dei nostri alleati americani.
Nulla da eccepire? Davanti alla constatazione che non abbiamo sovranità militare, che non abbiamo una politica estera, che le nostre decisioni politiche interne sono guidate da Bruxelles, mentre un esercito di fondi speculativi si sta preparando per un nuovo saccheggio, ci dobbiamo ancora preoccupare del fatto che per comprare all'estero serve valuta estera? Ma non è forse vero che abbiamo già una valuta che è una valuta estera?
Il problema è politico, è sempre stato politico. E militare. Abbiamo fatto bene a conoscere alcuni meccanismi economici che sono stati usati come trappola, e bene faremo ad approfondire la conoscenza degli strumenti politici che dovremo usare per uscirne, come pure a entrare nell'ottica che, essendo lo scontro anche militare, saremo costretti a cercare alleanze, ma continuare a investire ogni energia nella ricerca di soluzioni di tecnica economica e finanziaria è solo un modo per sedare l'ansia che ci coglie davanti all'enormità del problema. Che è uno solo, riassumibile in questa domanda:
Siamo un popolo che vuole governarsi da solo?
Fonte: l'Ego della rete
Fabio Campedelli ha commentato così il mio post "Tutto il resto è noia":
«Resta sempre il fatto che quando compri all'estero (materie prime ad esempio) compri sempre in valuta estera. Allora gli USA non dovrebbero aver alcun problema, visto che la loro valuta è quella di riferimento.»
Questo commento, in un post che criticava l'approccio economicistico al problema dell'uscita dall'euro, per sottolineare, invece, che il problema è soprattutto - se non esclusivamente - politico (e purtroppo anche militare), mi ha sorpreso. Non me ne voglia l'amico Fabio, ma devo ricordargli che un paese come il nostro, in surplus primario, in attivo di bilancia dei pagamenti e con un patrimonio di ricchezza privata tra i più grandi del mondo, in caso di uscita dall'euro non dovrebbe confrontarsi con le conseguenze di una fragilità economica e finanziaria strutturali, bensì con le reazioni politiche e militari di chi, da ciò, verrà danneggiato.
A dimostrazione di ciò, segnalo un articolo di Difesaonline.it dal titolo "PERFORMANCE-BASED LOGISTICS: LA RIVOLUZIONE LOGISTICA DI BOEING". L'autore, Matteo Acciaccarelli, ci parla della "collaborazione sempre più forte e dinamica tra Boeing e Aeronautica Militare Italiana" rinforzata da un accordo di fornitura di aerei Boeing KC-767 che implica, come commenta «Il presidente di Boeing Italia, Antonio De Palmas... quanto siano importanti i ritorni correlati per l’Italia in questa collaborazione: "Abbiamo quasi 50 persone che lavorano direttamente al programma, di cui 30 legati all’industria nazionale necessari per svolgere una parte di manutenzione."»
In sostanza si tratta di questo: l'aeronautica italiana, avendo acquistato un certo numero di esemplari del KC-767, delega la loro manutenzione alla stessa Boeing. Il che significa che l'operatività di questi aerei è nelle mani dei nostri alleati americani.
Nulla da eccepire? Davanti alla constatazione che non abbiamo sovranità militare, che non abbiamo una politica estera, che le nostre decisioni politiche interne sono guidate da Bruxelles, mentre un esercito di fondi speculativi si sta preparando per un nuovo saccheggio, ci dobbiamo ancora preoccupare del fatto che per comprare all'estero serve valuta estera? Ma non è forse vero che abbiamo già una valuta che è una valuta estera?
Il problema è politico, è sempre stato politico. E militare. Abbiamo fatto bene a conoscere alcuni meccanismi economici che sono stati usati come trappola, e bene faremo ad approfondire la conoscenza degli strumenti politici che dovremo usare per uscirne, come pure a entrare nell'ottica che, essendo lo scontro anche militare, saremo costretti a cercare alleanze, ma continuare a investire ogni energia nella ricerca di soluzioni di tecnica economica e finanziaria è solo un modo per sedare l'ansia che ci coglie davanti all'enormità del problema. Che è uno solo, riassumibile in questa domanda:
Siamo un popolo che vuole governarsi da solo?
Fonte: l'Ego della rete
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