[ 15 marzo 2018 ]
Secondo Fausto Bertinotti si tornerà al voto molto presto, poiché la rivolta anti-élite, pur legittima, è ancipite, ha due teste che puntano in opposta direzione. Bertinotti afferma infine, di M5S e Lega, che la pars destruens è condivisibile, la pars construens è inadeguata, dato che nessuno dei due movimenti propone un "diverso modello di sviluppo". E dunque? Dunque occorre, aggiungiamo noi, prepararsi ad una fase di alta instabilità ed a costruire un partito populista di sinistra e di massa.
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« D. Partiamo dal voto.
R. La vittoria di M5s e Lega è la manifestazione di una rivolta lungamente covata, inespressa, impossibilitata a emergere per la mancanza di soggetti politici capaci di darle forma.
Fino al 4 marzo. E gli altri?
Il voto ha affossato gli ultimi residui di tradizione politica del paese, Forza Italia e Pd, per quanto essi stessi frutto di una lunga metamorfosi rispetto a quello che c'era prima.
Partito democratico e Forza Italia sono al capolinea?
Secondo me sì. Poi le burocrazie possono sopravvivere a tutto. Ma come costruzioni inerti.
Restano dunque Lega e M5s. Come le definirebbe?
Due realtà politiche concorrenti, formatesi sull'onda di una pressione politica antielitaria. Tutte e due affondano le radici del loro successo nell'attraversamento del guado che ha segnato il passaggio dal precedente sistema politico a quello in cui ci troviamo, ancora non bene delineato.
Come vede il loro antielitarismo?
E' ambiguo. Contiene un elemento importante: la critica a un potere ormai privo di legittimazione democratica. La mozione antielitaria di Lega ed M5s è fondata e positiva, il dubbio è che questa rivolta oscuri, invece che portare alla luce, la contesa sul vero problema di fondo: il modello di sviluppo.
In altri termini, che cosa rischia di sfuggire?
La diseguaglianza, che è il cuore del problema. Non solo la diseguaglianza è stata il grande assente della campagna elettorale; ci dicono continuamente che il 5 per cento della popolazione italiana possiede il 30 per cento della ricchezza del paese e mille altri dati di questo tipo, solo che tutti questi dati vengono resi inerti; restano confinati alla sfera della comunicazione, non toccano quella della politica. Non era mai accaduto. Una volta le classi politiche cercavano di far vedere in ogni modo che avevano ridotto le diseguaglianze, oggi non più.
La politica è finita in una bolla?
Sto dicendo proprio questo. Quindi lo scontro con le élites è del tutto fondato, poiché le élites sono le principali responsabili della bolla, ma l'offensiva, giustificata, contro di esse finisce per essere l'alfa e l'omega del conflitto politico.
M5s e Lega, le due forze concorrenti, possono trovare una sintesi sotto il comandamento della governabilità?
No. Il blocco sociale del Sud è necessariamente portatore di una richiesta basata sull'avere, perché è povero e sconfitto. Quello del Nord chiede di essere protetto contro una minaccia: il rischio che la ricchezza prodotta sia redistribuita ad altri, il rischio che gli immigrati rappresentano per la sicurezza e il lavoro e così via.
Gli elettori del Nord hanno votato anche contro i poteri ordoliberali europei.
Vero. Da un lato questi ceti vedono bene che le grandi forze del capitalismo finanziario globale, le stesse che legittimano le oligarchie europee, hanno prodotto un processo di spoliazione e diffuso la povertà. Dunque la critica a quest'oligarchia è condivisibile e ha un fondamento sociale riscontrabile, ma al tempo stesso mette in luce la natura ambigua dei due movimenti, perché invece di sfidare quell'oligarchia sulla base di una visione alternativa di società, di classe dirigente e di modello di sviluppo, fanno della dimensione local-nazionale una struttura protettiva. La pars destruens è condivisibile, la pars construens è inadeguata.
Dunque se un patto M5s-Lega non è possibile?
Penso che andremo al voto rapidamente, perché la rivolta non è compiuta e se si arrestasse potrebbe rovesciarsi contro coloro che la rappresentano. A questa condizione se ne aggiunge una seconda. Essendo concorrenti, ognuna delle due forze può pensare allo showdown definitivo: oggi abbiamo vinto entrambi, ma uno solo deve uscire vincitore.
Io credo che nessuno dei due voglia fare il governo. La contraddizione tra gli interessi di cui sono portatori e la necessità di istituzionalizzarsi è troppo profonda.
Ma quale sarà la risposta dell'establishment a questa situazione?
Dal nostro presidente della Repubblica fino alle classi dirigenti reali, cioè quelle non politiche, l'Europa dispiegherà come mai prima d'ora tutte le ragioni della "stabilità". Vedo aumentare lo scontro tra la logica della resa dei conti e quella della cosiddetta responsabilità.
Vuol dire che la partita non è decisa.
Non lo è perché il partito della stabilità è molto debole. Per forza, è stato lui a produrre le forze dell'instabilità! L'aver inseguito la stabilità anche con il forcipe, il rifiuto di andare alle elezioni quando sembravano necessarie, l'invenzione di un governo Monti, aver difeso a oltranza le dottrine del debito e del fiscal compact ha prodotto quello che vediamo. Come si concilia con il fiscal compact la piattaforma del candidato ministro del Lavoro di M5s, Pasquale Tridico?
Non si concilia proprio. Bertinotti, manca la sinistra.
E' così purtroppo. E' la prima volta che accade nella storia della Repubblica e le conseguenze sono enormi: la mancanza di un vero soggetto politico di sinistra colloca i bisogni sociali, le pulsioni, le speranze di una vasta parte di popolo fuori da una qualsiasi proiezione politica. Una sinistra politica vera attraverserebbe M5s e Lega svelando le loro contraddizioni.
Da dove può venire una nuova sinistra?
Non da un'ennesima riedizione dei suoi vecchi confini politici, perché quel popolo si è decomposto. Può venire solo dall'esterno. Ma non parliamone ora, per favore. E' un altro capitolo».
* Fonte: Politica
2 commenti:
Un tempo qualcuno lo chiamava sprezzantemente parolaio rosso. Senza dubbio, il Nostro si lanciava in incredibili discorsi più vicini alla psichedelia di Aldous Huxley che a quello che ci si aspetterebbe da un leader politico.
Ma ora, complice il non essere più nel mezzo dei giochi unito ad una vecchiaia che, per fortuna, non sembra essere anche declino senile ma piuttosto saggezza frutto dell'esperienza, Bertinotti s'è trasformato in un commentatore lucido, acuto e, ultimo ma non ultimo, pure caratterizzato da un linguaggio scorrevole, incisivo, accessibile a tutti senza però mai sbracare.
Certo, emergono ancora qua e là alcuni tic figli di certe vecchie impostazioni, ma in due minuti ha fatto una fotografia della situazione efficace. Invece, l'altroieri origliavo da un'altra stanza quel teatrino grottesco di Floris su La7, una specie di "Macao" - qualcuno se lo ricorda? - di Gianni Boncompagni. E, fra i circa settanta diversi ospiti che si avvicendavano come le ragazze di "Non è la Rai" - sempre per restare a Boncompagni - c'era questo bamboccio biondo, con la barbetta e ben vestito, che però suona come Valerio Mastandrea quando parla. E daje che diceva complessità, complessità, complessità, fra uno stacco d'inquadratura e l'altro che ci mostrava l'inquietante tecnocrate sociopatica Fornero oppure il meglio figo del Partenone, alias il Bruce Willis dell'Ellade, alias Varoufakis che, con tono ieratico e giubbotto di pelle, ci diceva tramite interprete quanto facciano paura 'sti populisti...
Ho inforcato le cuffie e mi sono messo a sentire Sade per calmare i nervi - e pure per coprire il fracasso "florisiano" che veniva dalla tv. Sennò quel cazzo di schermo lo facevo volare fuori dalla finestra.
Comunque, tornando sul pezzo, Bertinotti intuisce correttamente un fatto importante: che ora la patata bollente ce l'hanno in mano 5 Stelle e Lega e questo potrebbe logorarli molto presto. Del resto, aggiungo io, è un dato di fatto che dal '94 ad oggi ogni maggioranza uscita da un'elezione, sia stata battuta in quella successiva, sia che fosse anticipata che dopo i cinque anni canonici. Qualcosa vorrà pur dire.
Altra possibilità interessante è il possibile scontro decisivo 5 Stelle - Lega. Ora, contando che potrebbero accordarsi in proposito, fanno una legge elettorale alla francese ed entro l'autunno uno dei due vince chiaramente, avendo pure spazzato via Pd e Forza Italia. Cosa che, per quanto mi ripugni un sistema di voto del genere, sarebbe in sé positiva, perché metterebbe fuori dai giochi certi ingombranti cadaveri ed in più aprirebbe uno scenario di "accelerazione" della crisi di questo paese, vuoi perché i vincitori si riveleranno tanto deludenti quanto incapaci, vuoi perché il malcontento crescerà ancor di più. Allora, per chi si farà furbo, sarà questione di passare all'incasso.
Ammetto che fa una certa impressione leggere Fausto Bertinotti che sia contemporaneamente comprensibile e condivisibile.
L'intervista si conclude con un interrogativo che lascia in sospeso la risposta: "Da dove può venire una nuova sinistra? Non da un'ennesima riedizione dei suoi vecchi confini politici, perché quel popolo si è decomposto. Può venire solo dall'esterno. Ma non parliamone ora, per favore. È un altro capitolo".
Attendiamo con ansia di scoprire l'altro capitolo scritto dalla persona che mostra grande acume interpretativo del presente politico ma che comunque faticherà a far dimenticare di essere stato uno dei protagonisti del fallimento della sinistra, anche per via di un certo inguaribile elitismo della sua classe dirigente, e quindi per la sua deriva anti-popolare e lontana da ogni forma propria di populismo politico.
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