San Francesco e il lupo di Gubbio
di Moreno Pasquinelli
di Moreno Pasquinelli
Nota è la storia, per altri leggenda,
di come San Francesco ammansì il feroce Lupo di Gubbio.
Si narra che a Gubbio «Un
lupo grandissimo, terribile e feroce, che non solo divorava gli animali, ma anche
gli uomini, al punto che i cittadini avevano una gran paura, poiché si
avvicinava spesso alla città. Tutti uscivano armati dalla città, come se
andassero a combattere e, nonostante ciò, se qualcuno da solo si imbatteva in
lui non era in grado di difendersi. Così per paura del lupo essi giunsero al
punto che nessuno osava uscire dalla città».
Quindi S. Francesco gli si parò
davanti e ammansì il lupo convincendolo a non fare più del male.
La storia afferma che «Il lupo
visse due anni a Gubbio come un animale domestico di porta in porta senza far
male a nessuno e senza che nessuno ne facesse a lui, nutrito generosamente
dalla gente, senza che nessun cane gli abbaiasse. Due anni dopo morì di
vecchiaia. I cittadini si rammaricarono molto, perché vedendolo andare mansueto
per la città, si ricordavano meglio della virtù e della santità di San
Francesco». [XXI racconto dei Fioretti]
Che si aggirasse per Gubbio un
lupo, premesso che non sempre la verità è quella scritta nelle sentenze, questo
è da vedere. Una cosa è certa invece: Perugia e Roma è infestata di lupi...
mannari. Mentre non c'è tra noi, ora che l'onore di Orfeo Goracci, di
Maria Cristina Ercoli e di altri compagni è stato massacrato, alcun San
Francesco di cui ricordare la santità. I posteri ricorderanno solo la crudeltà
del branco che gli si è avventato addosso.
La splendida Gubbio |
Non parliamo solo dei quattro o
cinque piddini "vessati" dalle cui denunce l'inchiesta horribilis
ha preso le mosse. Non parliamo solo dei pubblici ministeri e del Gip, né solo della
lumpen-nomenklatura del Palazzo
regionale che si straccia le vesti in nome della questione morale ma per fare di
Goracci un capro espiatorio e così assolvere tutti i propri peccati.
Costernati, parliamo dei
pusillanimi che dirigono Rifondazione comunista. Non è bastato loro aver
sospeso Goracci con le prime avvisaglie di tempesta, averlo poi de facto espulso, aver spinto affinché
il Consiglio regionale lo depennasse come un mafioso, aver commissariato il Circolo "goracciano"
Lenin di Gubbio (era questo il covo dell'Associazione per delinquere?). Tutto
questo non è stato sufficiente. Son giunti alla pacchianata dell’annuncio di
costituzione di parte civile, sulla cui aberrazione abbiamo scritto ieri.
Piccini, piccini, anzi nani, essi
han forse pensato di prendere due piccioni con una fava: mettere il loro
partito al riparo dall'inchiesta e salvare le sue posizioni istituzionali — da
cui in effetti il partito dipende, oramai, ben più che dalla vivacità e partecipazione
dei militanti. Di doppio qui non c’è nulla, poiché quadruplo è il loro
clamoroso errore.
Cosa pensi il sottoscritto dell’inchiesta perugina i lettori sanno. Riconfermo
il giudizio, a maggior ragione dopo aver letto la paccottiglia, in stile Maria
De Filippi, dell’Ordinanza di custodia cautelare. E’ sintomatico che dopo aver
letto le carte la stessa armata dei colpevolisti a prescindere, ha abbassato la
cresta, e i toni. Qui è dei dirigenti, nazionali e regionali di Rifondazione
che parliamo.
Il primo loro grave errore è che,
inchinandosi servilmente davanti allo specioso teorema accusatorio di certi
magistrati, senza neanche attendere l’opinione della difesa, hanno calpestato,
assieme al principio della presunzione d’innocenza, lo stesso Stato di diritto,
che a parole dicono di difendere. Confondendo lo Stato di diritto manco col diritto dello Stato, ma col potere delle
Procure.
Il secondo errore di costoro è che,
mettendosi in ginocchio davanti a dei piemme in cerca d'autore hanno
contribuito a commissariare l’intera giunta regionale, che ora non è che un protettorato
della Procura, preda di certi magistrati-giustizieri che col loro operato
velleitario ritengono di essere non tanto i guardiani della legge ma i veri depositari e sovraordinatori della
sovranità politica.
Lasciando che i corpi degli
inquisiti venissero sbranati nello scannatoio mediatico, lapidati da un
opinione pubblica telecomandata, questi dirigenti han dimostrato di essere
ostaggi di questa medesima melassa fluttuante e populista —per la precisione
del potente partito di Repubblica e
de Il Fatto quotidiano vittime del riflesso condizionato di un
giustizialismo d'accatto, per cui, se osi attaccare l'operato di questa o
quella Procura sei di fatto un
berlusconiano.
Maria Cristina Ercoli |
Il quarto e ultimo errore consegue
dai primi tre. Abbandonando a se stessi gli inquisiti, schieratisi con l’elmetto
a fianco del partito contro un’altra parte del partito, essi
hanno intimidito gli iscritti, messo a tacere sul nascere ogni sussulto critico
e garantista. Hanno ceduto l’indipendenza del partito, abbattuto le sue
proprie paratie protettive e posto il Prc, più ancora di quanto non lo sia ora,
sotto la tutela ricattatoria del moribondo sistema partitico.
Di questi errori gravissimi il Prc pagherà
le salate conseguenze. Il rotondo 25% ottenuto da Rifondazione eugubina alle
elezioni regionali del 2010 (dopo che il partito arcobalenico era affondato nel
2008 al misero 3,1%) sarà un lontanissimo ricordo, e le chiappe, i dirigenti,
alla fine, non salveranno nemmeno quelle.
Ho sin qui parlato di errori
politici gravi. La cosa peggiore compiuta dai moralisti è invece morale: l’aver
abbandonato non solo Orfeo Goracci e i suoi compagni al loro destino, l’essersi
stropicciati le mani per averli visti finire in galera.
Neanche un barlume di umanità, di
solidarietà con chi sta dietro le sbarre, con chi ha condiviso decenni di battaglie
sociali e politiche. Il sentimento cieco di rivalsa contro un pezzo di partito
disobbediente, quali che possano essere stati gli errori, ha prevalso su ogni
altra considerazione. Gettati in pasto alla “giustizia” dei giustizieri.
Mi vengono in mente le parole di Paolo di Tarso:
«Dunque, alle prese con cause giudiziarie su affari di vita
quotidiana, andate ad insediare come giudici proprio quelli che non contano
nulla nella chiesa. Così non c’è tra voi nessuna persona saggia capace di far
da arbitro tra fratello e fratello? Invece un fratello intenta una causa
giudiziaria l’uno contro l’altro, e questo davanti a infedeli! Perché non
subire piuttosto ingiustizia? Perché non vi lasciate piuttosto defraudare? Vi
dico: vergognatevi!»
[Prima Lettera ai Corinzi]
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