FIOM: «Siamo contro ma votiamo a favore»
La Conferenza stampa di Maurizio Landini dopo il referendum alla ex-Bertone
Marchionne, dice Landini, si aspettava, che le maestranze della ex-Bertone, col referendum, si "sarebbero autolicenziati loro, col loro voto". Questo in effetti, non è avvenuto, visto che il SI alla proposta FIAT è stato plebiscitario. E' avvenuto tuttavia che la stragrande maggioranza dei dipendenti ha deciso per l'autoschiavismo.
Come altrimenti definire l'esito della vicenda? Landini e la FIOM si arrampicano sugli specchi per imbellettare quanto è accaduto, ovvero per invertirne il segno. Senza successo. I funambolismi tattici e argomentativi lasciano il tempo che trovano. La FIOM può dire ciò che vuole, resta il fatto che dove aveva la maggioranza assoluta degli iscritti, ha accettato il medesimo "ricatto" che a Pomigliano e a Mirafiori. Che poi la FIOM formalmente non legittimi con la sua firma il piano FIAT, che adica alle vie giudiziarie, o che i delegati FIOM della RSU sia siano dimessi in massa così da imporre la rielezione della RSU, non cambia la sostanza. E la sostanza di cui sopra.
La Conferenza stampa di Maurizio Landini dopo il referendum alla ex-Bertone
Marchionne, dice Landini, si aspettava, che le maestranze della ex-Bertone, col referendum, si "sarebbero autolicenziati loro, col loro voto". Questo in effetti, non è avvenuto, visto che il SI alla proposta FIAT è stato plebiscitario. E' avvenuto tuttavia che la stragrande maggioranza dei dipendenti ha deciso per l'autoschiavismo.
Come altrimenti definire l'esito della vicenda? Landini e la FIOM si arrampicano sugli specchi per imbellettare quanto è accaduto, ovvero per invertirne il segno. Senza successo. I funambolismi tattici e argomentativi lasciano il tempo che trovano. La FIOM può dire ciò che vuole, resta il fatto che dove aveva la maggioranza assoluta degli iscritti, ha accettato il medesimo "ricatto" che a Pomigliano e a Mirafiori. Che poi la FIOM formalmente non legittimi con la sua firma il piano FIAT, che adica alle vie giudiziarie, o che i delegati FIOM della RSU sia siano dimessi in massa così da imporre la rielezione della RSU, non cambia la sostanza. E la sostanza di cui sopra.
Alla vicenda ex-Bertone fa il paio quella di Melfi, dove la maggioranza dei delegati FIOM della RSU, col plauso della Camusso, ha scritto una lettera aperta a Landini nella quale difende il proprio operato, ovvero di avere firmato un accordo aziendale che introduceva il sistema Ergo-Uas, chidendo appunto alla direzione FIOM di tornare sul suo NO.
Nel luglio dell'anno scorso scrivevamo
«Morale della favola. Non avremo la guerra mondiale sul caso FIAT, alla fine la burocrazia della FIOM, pur non firmando niente, chiuderà non uno, ma due occhi, evitando di mettere i bastoni tra le ruote al tritasassi padronale». (UN PRONOSTICO (SCOMODO) SULLA VICENDA FIAT).
La chiave per capire la mossa del cavallo della FIOM alla ex-Bertone è questa: a Marchionne i dirigenti sindacali hanno mandato a dire: "Accettiamo la schiavizzazione degli operai, il modello Ergo-Uas, ecc., ma a patto che ci legittimi come soggetto negoziale e la fai finita con la linea dell'esclusione". Marchionne non aspettava altro e siccome ha ottenuto una vittoria, si mostrerà magnanimo.
Intendiamoci. Qui non si tratta di urlare al "tradimento" del burocrate Landini. O di ridurre tutto a giochetti politici tra componenti della CGIL. Né di spiegare l'accaduto col fatto che.. Si sapeva che Landini è di Sel".
L'apparente paradosso è che i massimi dirigenti FIOM hanno dovuto cedere alla pressione dei loro stessi delegati, i quali, a loro volta, hanno ceduto al "buon senso" dei lavorarori che essi rappresentano. Il "buon senso" per cui, un lavoro qualsivoglia è sempre meglio del non-lavoro, della fame. Landini, con appiccicoso eufemismo, chiama questo cedimento obliquo al ricatto FIAT "intelligenza dei lavoratori".
La qual cosa ci conduce a due riflessioni e ad una domanda.
La prima riflessione è di principio, la seconda riguarda il momento in cui siamo.
La prima è che un "sindacato di classe" non può esistere senza un "partito di classe", ovvero senza un ancoraggio ad un programma e ad una strategia di fuoriuscita dal capitalismo, e dunque ad una comunità politica effettivamente rivoluzionaria.
La seconda è che quello che che abbiamo chiamato "risveglio operaio" è ancora debole, precario, revocabile; che la resistenza operaia è ben lungi dal possedere la consistenza necessaria.
La domanda è questa: siamo proprio sicuri che ciò che resta della vecchia generazione operaia, ciò che di meglio ci lascia in eredità il vecchio movimento operaio e sindacale, possiede ancora una spinta davvero propulsiva?
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