[ 21 marzo 2010 ]
UN PRONOSTICO SUL DOPO-BERLUSCONI
di Moreno Pasquinelli
Sarebbe tuttavia un errore pensare che questo commiato avverrà in maniera indolore, che il berlusconismo possa scomparire lasciando sul tappeto solo il cadavere politico del suo artefice. Affinché questo accada occorre una condizione, che esso decida di farsi sommessamente da parte. Ma che vada a finire in questa maniera noi dubitiamo. Berlusconi ha già fatto capire che non ha alcuna intenzione di togliersi di mezzo, o di venir fatto fuori da una congiura di Palazzo, né di farsi cuocerea fuoco lento. La sua migliore arma essendo l'attacco, ha già annunciato la strada perigliosa che intende perseguire: presidenzialismo e riforma della Giustizia: cioè scardinamento finale della Costituzione e definitiva messa in mora della democrazia parlamentare.
L'animale ferito ha insomma fatto intendere che vuole giocarsi il tutto per tutto. Tanto peggio tanto meglio. Mors tua vita mea. Non è quindi difficile prevedere che i prossimi mesi e anni saranno segnati da uno scontro furibondo tra le diverse cosche politiche e tra gli apparati istituzionali. La guerra strisciante in atto da un ventennio tra le diverse fazioni che compongono l'oligarchia dominante va precipitando nella battaglia finale e decisiva.
E come in ogni grande battaglia campale due sono gli eserciti (con annesse riserve e forze di complemento), due i piani di battaglia. Di contro al berlusconismo non c'è più l'Unione prodiana, il centro-sinistra. Che esso sia risorto in occasione delle imminenti elezioni regionali, non deve trarre in inganno. Quella roba lì è morta e sepolta. I rimasugli della "sinistra radicale" e il Dipietrismo vengono mesfistofelicamente aggregati e utilizzati con già in programma la loro defenestrazione. Ben diverso il disegno in via di attuazione: ed esso è un governo super-capitalista di unità nazionale o di emergenza istituzionale destinato a fare due cose fondamentali: rimettere ordine nella sfera politica e in quella economico-sociale. Cosa questo significhi è presto detto: un sistema istituzionale che consolidi, sul solco traccato dalla seconda Repubblica, il suo carattere oligarchico, partitocratico e autoritario (un presidenzialismo senza Berlusconi), e un programma di misure sociali d'urgenza e draconiane per salvare il capitalismo italico dal rischio di bancarotta e i cui costi saranno le masse popolari a pagare.
Agli oligarchi che stanno congiurando per togliere di mezzo Berlusconi non sfugge che di tempo a disposizione ce n'è poco. La recessione, l'impoverimento di gran parte della popolazione, il risveglio operaio come pure il crescente malumore tra le fila del ceto medio e della stessa borghesia —tutti quei fattori primari che sono alla base della crisi del berlusconismo— hanno dato non solo un'accelerazione alla crisi politica, ma l'hanno resa ancor più ingarbugliata e acuta.
Non va confuso il Pdl col blocco sociale che esso rappresenta. Il Pdl è infatti solo la rappresentazione momentanea, o se si preferisce la maschera, che quel blocco sociale ha indossato dopo la scomparsa della prima repubblica, nella limacciosa e interminabile fase di passaggio della seconda e dalla quale siamo destinati ad uscire presto, in un modo o nell'altro. Ma qual'è il blocco sociale di cui stiamo parlando? Le anime belle che fanno del rispetto delle regole (ma quali esattamente?) l'alfa e l'omega della politica, i sacerdoti dell'immaginaria etica borghese politicamente corretta che fu, mettono in risalto del berlusconismo i suoi aspetti goliardici, populistici, cesaristi, cialtroneschi, mariuoli. Non sarà un caso che in questa rappresentazione ci si rispecchi buona parte del popolo, a dimostrazione che Berlusconi è il miglior interprete della più volgare italianità.
Ma non è questo il vero punto di forza del berlusconismo. La sua forza è che ha saputo mettere assieme il diavolo con l'acqua santa, coalizzare, com'era riuscito a suo tempo solo a Mussolini (vi ricordate l'accozzaglia che di nome faceva "Blocco nazionale anti-bolscevico"?) padroni e servi, capitalisti e operai, furbetti del quartierino e morti di fame, ex-comunisti ed ex-fascisti, beghine e fanatici del progresso all'americana, sanfedisti e pagani. Il tutto nella più classica e schmittiana logica "amico-nemico", sapendo indicare a questa paccottiglia sociale vittimista irrancidita da un crisi che viene da molto lontano, il bersaglio, il nemico, i colpevole delle loro disgrazie. Gli oligarchi del capitalismo, la casta dei burocrati politici, i magistrati, i sindacati, i comunisti, gli immigrati. Proponendo una visione sociale che è un instabile combinato composto di corporativismo e egoismo sociale americanista, di liberismo e assistenzialismo, di apperente meritocrazia col più becero pietismo per "i meno fortunati".
Si illude chi ritiene che fatto fuori il berlusconismo questo blocco sociale evapori. In un contesto di crisi sistemica che annuncia un periodo durissimo di austerità, e che quindi sarà segnato da aspri conflitti sociali per decidere chi debba accollarsi il grosso dei costi della crisi medesima e come verrà ripartita la calante ricchezza sociale disponibile, questo blocco sociale è destinato a radicalizzare le sue posizioni e cercherà una nuova forma politica.
Al periodo post-berlusconiano in cui stiamo entrando, che sarà segnato dall'inasprimento dei contrasti ad ogni livello, corrisponderà un post-berlusconismo come movimento politico-sociale, che sarà più radicale, populista e aggressivo di quello che l'ha tenuto in grembo in questi anni.
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