[ 3 ottobre 2017 ]
Quando pensammo, nell'estate scorsa, all'incontro che si svolgerà a Roma il 13 ottobre — ne approfittiamo per salutare Francesca Donato, di Eurexit, che si aggiunge agli altri ospiti: Luciano Barra Caracciolo, Sergio Cesaratto, Alfredo D’Attorre, Stefano Fassina, Massimo Garavaglia, Antonio Maria Rinaldi e Marco Zanni — sapevamo che sarebbe "caduto a fagiolo".
Quando pensammo, nell'estate scorsa, all'incontro che si svolgerà a Roma il 13 ottobre — ne approfittiamo per salutare Francesca Donato, di Eurexit, che si aggiunge agli altri ospiti: Luciano Barra Caracciolo, Sergio Cesaratto, Alfredo D’Attorre, Stefano Fassina, Massimo Garavaglia, Antonio Maria Rinaldi e Marco Zanni — sapevamo che sarebbe "caduto a fagiolo".
Avevamo infatti messo nel conto che la Legge di bilancio avrebbe costituito il passaggio decisivo che avrebbe condizionato, se non proprio determinato, l'evoluzione del quadro politico e quindi la sorte del governo e del Paese. Erano, al tempo, numerosi coloro che ci davano addosso dicendoci che avevamo le traveggole. Mo si vede chi avesse ragione...
Ma andiamo avanti. Dicevamo che c'erano tre e solo tre possibilità: (1) cedimento di M5S e Lega con tanto di capitolazione ai diktat eurocratici; (2) accordo di compromesso tra governo giallo-verde e Ue, una tregua insomma, che avrebbe spostato in avanti lo scontro; (3) il governo avrebbe tenuto la schiena diritta, quindi andando in rotta di collisione con i tecnocrati europei.
Il giudizio durissimo di Bruxelles sul Def smentisce (meglio così) i timori che esprimevo il 26 settembre, quando pareva che sarebbe passata la linea della Quinta Colonna capeggiata da Tria.
«Dobbiamo evitare che l'Italia reclami trattamenti speciali che se concessi a tutti porterebbero alla fine dell'euro. L'esecutivo di Roma si sta allontanando dalle regole di bilancio che abbiamo concordato tutti insieme, non vorrei che dopo la crisi greca dovessimo trovarci ad affrontare una crisi italiana».
Parole pesanti, quelle di Junker, come pietre. La pistola alla tempia del governo giallo-verde è puntata. Che sia una pistola carica è evidente dalle reazioni della finanza speculativa —vendite di titoli bancari italiani e quindi aumento dello spread. Che a Bruxelles siano disposti a premere il grilletto vedremo nelle prossime settimane.
Riprecisiamo la linea di P101: non siamo entusiasti per quanto annuncia la Nota di aggiornamento al Def, ma certo c'è, come col Decreto Dignità, un cambio di rotta rispetto alle politiche ordoliberiste d'austerità sin qui seguite su dettato Ue. Giusta quindi la difesa del governo, nella prospettiva che nella Legge di bilancio gli annunci e certe linee guida vengano messe nero su bianco e che il Parlamento le difenda, anzi, le renda stringenti e più profonde.
Le prime risposte di esponenti del governo indicano che la rotta di collisione con la Ue, a questo punto, sembra difficilmente evitabile. Mentre Claudio Borghi va diretto al punto affermando che sarebbe meglio uscire dall'euro, Salvini ha risposto per le rime a Junker, e Di Maio non è stato meno determinato ed ha alluso alla possibilità di mobilitare i cittadini.
Mobilitare il popolo, lo andiamo dicendo da tempo. Questa è la vera arma per non soccombere, per resistere e vincere.
4 commenti:
Per ciò che riguarda l'ipotesi della "mobilitazione popolare" io credo che si debba essere realisti e non ci si debba illudere troppo. Un conto è prendere atto che il Popolo abbia manifestato il proprio legittimo malcontento votando in un certo modo alle ultime elezioni (...ma DELEGANDO Ad ALTRI il compito di "cambiare le cose")... TUTT'ALTRA COSA è sperare che il Popolo diventi DIRETTAMENTE PROTAGONISTA del "Cambiamento" rispondendo ad una "chiamata alla mobilitazione" e prendendo direttamente parte a un eventuale "scontro/lotta".
Affinché ciò accada occorrerebbe la presenza di una COSCIENZA POLITICA e di una PIENA CONSAPEVOLEZZA DELLA REALTÀ che, almeno fino ad oggi, soprattutto tra gli under 30, non mi sembra essere così forte. (Purtroppo tra i giovani le "priorità" sono altre: conciliare le sedute in palestra con quelle del visagista, controllare le notifiche su Facebook, vedere cosa succede al grande fratello, trovare i soldi per comprare l'ultimo modello dell'iPhone ecc...)
Francesco F. - Manduria (TA)
caro Francesco,
in verità i popoli, ed anche le classi sociali, scatenano spesso le loro energie, senza possedere né coscienza né chiara consapevolezza di scopi, né una direzione all'altezza. Spesso reagiscono a svolte scioccanti, che possono avare diverse cause.
Sarebbe meglio che entrasssero in scena con "piena consapevolezza", certo.
Oggi non c'è questa coscienza, né un partito rivoluzionaria che abbia possibilità di incidere davvero sui processi sociali.
ma non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.
Quando grandi masse escono dallo stato di quiete e si gettano nella mischia; nel fuoco della battaglia, maturano molto velocemente.
vada come vada noi li dovremo esserci.
Piemme
Il problema dei giovani. Il problema è che nel mondo di prima la formazione dei giovani avveniva all'interno di rapporti con la comunità di appartenenza, il padre portava il figlio a lavorare con sé, il giovane nel paese o quartiere veniva a contatto con artigiani e commercianti ed imparava il mestiere, una piccola parte (privilegiata) studiava.
Nel mondo moderno fortemente terziarizzato questo non puo avvenire se non in maniera molto minore. Gli impiegati non possono portare in figli al lavoro con sé e le professioni artigiane incidono molto meno. La loro educazione è lasciata alla scuola e fortemente influenzata dai mezzi di comunicazione di massa. Questo significa senza mezzi termini che la loro educazione è caduta pienamente nelle mani dell'oligarchia globalista.
Tuttavia questo fenomeno non è permanente né la sua dissoluzione può essere graduale. Riporto un passo di una teoria della comunicazione che ho recentemente trovato vagabondando in rete: teoria della convergenza simbolica. Tratta del ciclo di vita dei simboli nel nostro immaginario. Ha un nome accattivante ma non lasciamoci influenzare da questo, traduco il singolo passo che ci interessa di più ovvero il principi di rapida implosione:
Stage 5: Terminus
La fine di una visione retorica. Il principio di rapida implosione asserisce che una visione retorica inflessibile non declinerà gradualmente, ma imploderà su sé stessa quando la combinazione di problemi, incapacità di spiegare il rapido cambiamento, e motivi contraddittori diventeranno troppi affinché la visione possa trattarli.
Mi pare che sia ciò che è accaduto alle precedenti elezioni, penso che continuerà ad accadere intervallando gradualità a repentine implosioni. Il fatto che noi si provenga da un periodo di gradualità ed immutabilità porta a pensare ancora in maniera graduale e scoraggiarsi, questo tutto sommato è naturale ma continuo a ritenerlo inesatto.
Giovanni
Ovviamente è tutto subordinato al fatto che avvenga qualcosa che causa il "rapido cambiamento". Possibile solo se loro tengano duro sulla manovra e se l'UE la boccia. Solo questo ci darebbe quella necessaria "soluzione della continuità" che può smuovere le cose. Qui sta il busillis.
Dopo la bufera di ieri le acque sembrano temporaneamente calme ma siamo ancora in mezzo al guado, avantindré, vedremo.
Giovanni
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