[ 29 ottobre 2018 ]
Il rifiuto italiano di piegarsi ai diktat della Commissione europea e lo scontro che ne deriva è una delle questioni più dibattute in Germania. Il sito tedesco Makroskop ha rivolto a Leonardo Mazzei [nella foto] alcune domande.
Il rifiuto italiano di piegarsi ai diktat della Commissione europea e lo scontro che ne deriva è una delle questioni più dibattute in Germania. Il sito tedesco Makroskop ha rivolto a Leonardo Mazzei [nella foto] alcune domande.
Qui sotto l'intervista.
D. Come funziona in Italia l’asta dei titoli di stato?
* * *
D. La commissione europea ha rifiutato il
budget italiano definendolo una
“deviazione senza precedenti” dai patti. Perché questa durezza?
R. La
"deviazione senza precedenti" è un'esagerazione evidente. Negli
ultimi quarant'anni solo 4 volte il rapporto deficit/pil è stato più basso del
2,4% previsto dal governo per il 2019. Anche nei due anni della massima
austerità (governo Monti) questo rapporto fu al 3%. La posizione della
Commissione europea, che oggi è arrivata a bocciare il Documento programmatico di bilancio italiano, si spiega solo
politicamente. Si vuole colpire in maniera dura un governo che, pur senza
attuare una netta svolta verso politiche espansive (come sarebbe stato invece
necessario), ha deciso però un'inversione di tendenza rispetto alle politiche
austeritarie.
D. La risposta italiana sembra ferma. È
inevitabile una escalation?
R. La
maggioranza di governo non può permettersi una retromarcia. Sarebbe un disastro
politico. Essa sta cercando di realizzare dei risultati concreti - pensioni,
reddito delle fasce più povere, fisco - senza arrivare allo scontro frontale
con l'UE. Ma questa ricerca di un compromesso non è stata accolta a Bruxelles,
anzi. L'escalation sembra dunque l'ipotesi più probabile.
D. Rimane
comunque uno spazio per un compromesso? Conte ha detto che forse posticiperanno
alcune spese. Un cambio di alcuni decimali non sembra decisivo.
R. In
teoria un compromesso è sempre possibile. Praticamente, però, lo ritengo
piuttosto difficile. Aggiustare i conti in
progress è del tutto irrealistico. Se la Legge di bilancio dovesse passare
così come sembra che verrà proposta (il testo non è stato ancora trasmesso al parlamento),
non vedo come si potrebbero modificare le norme su pensioni e Reddito di
cittadinanza dopo la loro approvazione. Certo, si potrebbe sempre agire sul
fisco, ad esempio aumentando l'IVA, ma per i Cinque Stelle, ed ancora di più
per la Lega, questo è un autentico tabù.
La disoccupazione nella Ue: dal blu (bassa) al rosso (altissima) |
D. Non
potrebbe darsi che la posizione italiana sia un bluff tipo Tsipras per arrivare
ad un compromesso?
R. Ci
sono sicuramente forze nel governo che lavorano in questo senso. Non solo la
componente che fa riferimento a Mattarella, ma pure settori dei due partiti di
maggioranza. Si tratta però di correnti ad oggi minoritarie. La vera posta in gioco
non sono ovviamente i decimali del deficit, ma chi comanda in Italia: il
governo che ha la maggioranza dei voti e dei seggi parlamentari, o la
Commissione europea attraverso i suoi diktat? Il tema vero è quello della
sovranità. E' per questo che reputo difficile una fine "a la
Tsipras". In questo contesto un eventuale compromesso avrebbe comunque una
natura assai temporanea.
D. C’è
qualche segnale che il governo minacci l’annullamento del fiscal compact?
R. Segnali
formali no. Ma è chiaro che in gioco è proprio questo. Del resto tutti sanno
che il fiscal compact, così com'è, è semplicemente inapplicabile.
D. Tanti dicono che il gabinetto Conte non
sia preparato per un conflitto
duro. Che ne pensa?
R. Beh,
certo non è questo un governo bolscevico! Tante sono le debolezze, oggettive e
soggettive. Quelle soggettive derivano dalla natura stessa delle forze
populiste, dalle loro contraddizioni interne, per M5S da una discreta
inesperienza. Quelle oggettive dipendono dal fatto che le forze sistemiche
asservite all'UE controllano ancora decisivi baluardi del potere: la Presidenza
della repubblica, la Banca d'Italia, il ministero dell'Economia, la quasi
totalità dell'apparato tecnocratico (ministeri e non solo), la grande stampa al
gran completo. Un problema dell'attuale compagine governativa è che vi sono al
suo interno troppe illusioni, sia sulla possibile crescita economica, che
sull'esito delle prossime elezioni europee. Illusioni che portano ad una certa
sottovalutazione degli effetti concreti della guerra dichiarata da Bruxelles. Reggere
lo scontro in questo quadro sembra impossibile. Ma c'è un'arma che finora non è
stata utilizzata, quella della mobilitazione popolare. Se lo scontro andrà
avanti esso non potrà essere giocato solo nei palazzi del potere. Se così fosse
la sconfitta sarebbe certa.
D. L’arma
finale della UE è la BCE e il suo controllo della liquidità. Il
governo saprà rispondere?
R. Non
siamo al governo e non possiamo avere certezze su questo. E' chiaro che se
dovessimo arrivare a quel punto, la prima risposta sarebbe quella - per sua
natura temporanea, ma indispensabile - dell'emissione di una moneta parallela a
circolazione interna. Proposte in questo senso ne circolano diverse, tra queste
quella dei Mini-Bot cara agli economisti della Lega. Dopo averne parlato in
abbondanza al momento della formazione del governo, sul punto c'è adesso un
silenzio irreale: il terrore dello spread tiene ormai le bocche cucite. Ma tutti
sanno come stanno le cose, e nel governo non mancano di certo le competenze su
questo. Si tratta solo di vedere se vi sarà il coraggio politico di avviare
quella che sarebbe l'ultima fase della vita dell'euro, almeno in Italia.
D. Come funziona l'indipendenza della Banca
Italia dal governo? Chi nomina i suoi membri?
R. Come
noto, il principio dell'"indipendenza" delle banche centrali è un
cardine dell'ideologia e della politica neoliberista. In Italia questo
principio si è affermato nel 1981, quando si è realizzato il cosiddetto
"divorzio" tra Banca d'Italia e Tesoro. E' stato quello l'inizio del
boom del debito pubblico, messo in quel modo nelle mani dei mercati finanziari
globali. Oggi lo statuto della Bce dice chiaramente che le banche centrali
nazionali dell'Eurozona "non possono
sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari,
dai governi degli stati membri né da qualsiasi altro organismo". Il
Consiglio superiore della Banca d'Italia (13 membri) viene eletto dai possessori
delle quote di partecipazione detenute da banche ed assicurazioni aventi sede
nel Paese. Questo Consiglio esprime un parere sulla nomina del governatore, che
viene poi nominato dal Presidente della repubblica su proposta del Presidente
del Consiglio dei ministri.
D. Il
terrore dello spread potrebbe rovesciare il sostegno politico popolare
del governo?
R. L'arma
dello spread è potente. Lo è soprattutto per l'uso che ne fanno i media.
Sottovalutarla sarebbe un grave errore. In definitiva è questo l'unico
strumento in mano alle èlite capace di incrinare il sostegno popolare al
governo. Tuttavia, quando si annuncia quotidianamente il disastro, e questo non
arriva, la verità sull'uso politico dello spread - come fu largamente nel 2011
- comincia a farsi strada. Ma non c'è da illudersi. Se a Bruxelles e
Francoforte si deciderà di spingere sullo spread, solo decisioni rapide e
decise potranno mantenere compatto il blocco sociale che sostiene il governo.
D. Quale forma tecnico-legale potrebbe
assumere una uscita dall'Euro? Quali passi formali saranno necessari? Mattarella
può bloccarla?
R. Sugli
aspetti tecnico-legali il discorso sarebbe davvero lungo. Ma è chiaro che se la
Bce toglie liquidità, se le banche entrano in crisi a causa del deprezzamento
dei titoli di stato e delle norme dell'Unione bancaria, si entra in uno stato
d'emergenza. Teoricamente l'uscita dall'euro potrebbe essere concordata con
l'insieme dell'Eurozona, praticamente è ben difficile che ciò avvenga.
Nell'emergenza nessuno potrà impedire all'Italia di adottare le misure
necessarie per mettere in sicurezza la propria economia, tra queste la moneta
parallela e la nazionalizzazione del sistema bancario. Tutte cose inaccettabili
per l'UE. A quel punto non resterebbe che formalizzare l'uscita dall'euro. In
quanto a Mattarella, è vero che potrebbe decidere di non firmare questi atti,
ma questo aprirebbe un conflitto di potere con il parlamento pressoché
irrisolvibile. Al momento decisivo - come si è visto nella crisi di fine maggio
sulla formazione del governo - qualcuno dovrà mollare, stavolta però senza la
possibilità di alcun compromesso.
D. Come funziona in Italia l’asta dei titoli di stato?
R. Per
le aste esistono diverse modalità. Ma per le scadenze superiori all'anno
(essenzialmente Btp) vige il sistema dell'"asta marginale". E' un
sistema che favorisce gli acquirenti, dove il prezzo (e dunque il tasso di interesse)
viene fissato di fatto dall'ultimo acquirente, quello che fa l'offerta più
svantaggiosa per lo Stato. E' un sistema assurdo, che consente alle banche di
accordarsi tra loro, diverso da quello in vigore in altri paesi europei (tra
cui la Germania), ma che ci viene imposto dalle norme (europee e nazionali) che
impediscono alla Banca d'Italia di monetizzare il debito, fungendo così da
"acquirente di ultima istanza".
D. Uscire
dall'Euro e rimanere nella UE sarebbe possibile?
R. Giuridicamente
sì, politicamente non se vedrebbe il senso. Tanto più dopo una rottura che
incrinerebbe praticamente tutte le certezze sul futuro dell'Unione. Questo non
esclude affatto che nuove forme di collaborazione tra gli Stati europei possano
e debbano essere trovate in futuro. Ma ogni cosa ha il suo tempo.
D. Ha sempre parlato di un governo tripartito.
Quale forma politica potrebbe prendere una uscita considerando che il terzo
partito sta anche nei partiti della coalizione?
R. Qui
entriamo ovviamente nel regno dell'ignoto. In generale non è questo il governo
più adatto a gestire la rottura. E certo non si vede come la sua componente
"mattarelliana" e filo-euro possa rimanere al suo posto giunti al
momento decisivo. E' tuttavia ben noto - per restare all'attualità si pensi
alla Brexit - come i processi storici possano spesso svolgersi in maniera
contraddittoria, talvolta perfino a dispetto delle capacità e delle volontà
degli attori che ne sono protagonisti. Noi crediamo alla necessità di un nuovo
Cln (Comitato di liberazione nazionale), come quello che guidò politicamente la
resistenza al nazifascismo. Un'alleanza, sia pure temporanea, che unisca tutte
le forze democratiche convinte della necessità di una nuova resistenza
(stavolta all'UE), che porti alla liberazione del nostro Paese dalla dittatura
dell'euro e del suo sistema.
D. E la Sinistra Patriottica? Ha un ruolo in
questo processo?
R. Purtroppo
noi agiamo in un quadro dove il grosso delle forze di sinistra ha rinunciato al
tema della sovranità nazionale. Il campo è stato così lasciato ad un populismo
di destra (la Lega) e ad uno fondamentalmente di sinistra (M5S), ma spesso
confuso nei suoi obiettivi. Fortunatamente, nell'ultimo periodo, il tema del
patriottismo democratico, contrapposto al nazionalismo sciovinista, comincia a
farsi strada in alcuni ambienti di sinistra. Ma è ancora poco ed i tempi sono
stretti. Il rafforzamento della Sinistra Patriottica, il suo deciso
posizionamento nel campo populista, è tuttavia l'unica strada per far sì che il
processo di rottura con l'UE abbia un segno democratico, popolare e fortemente
orientato alla difesa degli interessi delle classi popolari. L'alleanza
populista al governo non è d'acciaio, è permeabile alle spinte dal basso; il
blocco sociale che la sostiene è il nostro: semplificando, quello di chi ha
pagato maggiormente la crisi. E' possibile dunque intervenirvi ed avere un
ruolo non marginale. Le difficoltà sono tante, ma non c'è altra strada per una
sinistra consapevole della posta in gioco.
1 commento:
cesaratto crede che salvino9 con l'uscita dall'euro nazionalizzino il sistema bsancario italiano? roba che manco un bambino di 8 anni
Posta un commento