[ 27 ottobre 2018 ]
Mentre la Commissione europea e Draghi bocciano senza appello la "manovra" del governo giallo-verde, il "partito dello spread" (confindustria, banchieri, Pd, Forza Italia) paventa l'imminente disastro dell'Italia.
Abbiamo chiesto all'economista Ilaria Bifarini un giudizio di merito sulla Legge di bilancio del governo giallo-verde.
Mentre la Commissione europea e Draghi bocciano senza appello la "manovra" del governo giallo-verde, il "partito dello spread" (confindustria, banchieri, Pd, Forza Italia) paventa l'imminente disastro dell'Italia.
Abbiamo chiesto all'economista Ilaria Bifarini un giudizio di merito sulla Legge di bilancio del governo giallo-verde.
1. Cosa pensa della Legge di Bilancio? C’è una svolta, oppure no,
rispetto ai governi precedenti?
La svolta è prevalentemente di tipo
ideologico, finalmente viene affermato senza timore quanto la teoria economica e
l’evidenza empirica riscontrano da tempo: continuare sul sentiero di austerità
imposto da Bruxelles non solo è inefficace, ma deleterio per le economie dei Paesi.
Le politiche di contenimento fiscale, infatti, come riconosciuto in uno studio
dello stesso Fondo monetario internazionale, provocano un aumento della
povertà, in termini di disoccupazione e disuguaglianza. Esse inoltre non permettono di
contenere il debito pubblico, come dimostrato dal caso greco e dall’Italia
stessa, innescando un peggioramento del Pil, che è il denominatore del debito
pubblico. Rinnegare queste misure fallimentari a favore di politiche
anticicliche di tipo keynesiano, che aumentino la spesa pubblica in un periodo
di crisi della domanda, è l’unica possibilità per invertire rotta e tornare a
crescere.
2. Quali sono, a suo parere, i punti forti e quelli più critici
della manovra?
L’aver impedito l’aumento dell’Iva,
imposta diretta sul consumo che colpisce ogni cittadino, è stato un atto di
grandissima responsabilità da parte del governo. La manovra, tuttavia, proprio per
i limiti imposti dai vincoli di bilancio, risulta molto contenuta in termini di
investimenti in spesa pubblica produttiva.
3. L’intervento sulla Fornero ha un grande valore simbolico. Ma in
che misura potrà creare posti di lavoro per i giovani?
E’ difficile fare delle previsioni
attendibili su quello che sarà il “turnover” nel mondo del lavoro, vista
l’entità dell’attuale e perdurante crisi. Tutto dipenderà da quanto si riuscirà
a rilanciare la domanda e a creare un clima di fiducia favorevole agli
investimenti.
Purtroppo ci sono molte forze avverse che operano affinché non
venga scalfito lo status quo e non vengano intaccati gli interessi finanziari e
internazionali che ne derivano.
4 Molti hanno dei dubbi sul Reddito di cittadinanza, preferendo piuttosto
politiche per il rilancio degli investimenti. A noi però non sembra che le due
cose siano in contraddizione. Ci sbagliamo?
In realtà le due cose non sono per
natura contraddittorie, ma dovrebbero anzi andare di pari passo. Perché un
reddito di cittadinanza possa funzionare, occorrerebbe creare lavoro attraverso
il rilancio degli investimenti pubblici, a partire dalle infrastrutture e dalla
manutenzione del territorio di cui abbiamo tanto e urgente bisogno. Ciò
permetterebbe di incrociare domanda e offerta di lavoro pubblico produttivo,
con lo strumento del reddito di cittadinanza utilizzato come una sorta di
paracadute temporaneo. In presenza di tali condizioni e con un’attenta e
lungimirante gestione, si potrebbe innescare quel circolo virtuoso capace di riportare il Paese
alla crescita, sfruttando così l’effetto moltiplicatore di una spesa pubblica
mirata. Il rischio che ciò non si verifichi è reale. Tuttavia il reddito di
cittadinanza, oltre a mantenere una promessa elettorale, rappresenta una
boccata d’ossigeno per i numerosi, troppi poveri e giovani disoccupati nel
nostro paese. Il limite di questa manovra è che è troppo contenuta, nonostante
le reazioni dell’Unione Europea.
5. Lo scontro con l’Unione europea ha raggiunto livelli mai visti.
Difficile che finisca a tarallucci e vino. Politicamente sarà decisiva la
determinazione delle forze della maggioranza, ma economicamente quali sono le
misure più urgenti da prendere per salvaguardare l’economia dal Paese?
L’Italia può contare su una bilancia
commerciale positiva e alquanto stabile, a differenza di altri Paesi. Occorre
salvaguardare a tutti i costi il made in Italy e il nostro tessuto industriale.
Ben vengano le relazioni con gli Usa di Trump e la Russia di Putin, verso la quale
sono stati persi alcuni miliardi di Euro di export a causa delle sanzioni
volute da Bruxelles. Avere dei partner internazionali di peso permette
all’Italia di non rimanere isolata e di farsi portavoce di quell’inversione di
rotta economica rispetto al modello unico neoliberista abbracciato dall’UE che
altrove è già stata avviata.
6. La principale arma contro l’Italia è lo spread. Per contrastare
questo spauracchio, per non essere dipendenti dai mercati finanziari, in che
misura potranno essere utili nuovi strumenti tesi a favorire la rinazionalizzazione
del debito (Btp indirizzati alle famiglie, Cir o altro)?
Occorre rivedere il meccanismo d’asta
usato per il collocamento dei BTP. Attualmente la modalità del “prezzo
marginale d’asta” comporta che i titoli vengano assegnati al prezzo più basso
offerto, e quindi al tasso più alto. Ciò comportata un costo del debito
pubblico
elevatissimo. Inoltre, si potrebbe copiare il modello tedesco, dove
esiste un importante sistema di banche pubbliche e la Bundesbank interviene
direttamente nelle aste dei titoli pubblici. Il sistema di gestione del debito
pubblico italiano va rivisto, esistono ampi margini di miglioramento e non mancano
al Paese bravi tecnici in grado di proporre soluzioni alternative.
7. Con lo scontro politico in corso il tempo delle scelte decisive
sull’euro sembra avvicinarsi rapidamente. Qual è la sua opinione in proposito?
L’euro è stata una scelta sciagurata e
il prezzo che paghiamo è elevatissimo. Il fallimento dell’euro è evidente per
tutti i paesi che ne fanno parte.
Persino la stessa Germania, che grazie alla creazione della moneta unica
ha accumulato il surplus commerciale in termini assoluti maggiore al mondo (con
effetti distorsivi sulle altre economia), rispetto alle economie non Euro registra
una crescita molto debole, oltre un forte aumento della povertà e della
disuguaglianza tra la popolazione.
L’Italia, per una serie di fattori, è stata
una delle principali vittime degli effetti negativi e delle distorsioni legate
alla privazione della sovranità monetaria. Rimanere nell’Euro significa
prolungare una dolorosa e deprimente agonia, rendendo impossibile il ritorno
alla crescita economica. Ad ogni modo, non credo che l’uscita sarà imminente e
comunque non per volontà di questo governo, molto ligio al proprio contratto
che lo tiene unito. Inoltre, attraverso un bombardamento mediatico e una
propaganda capillare, si è creato il tabù dell’uscita dall’euro, addirittura
definito da più voci autorevoli come “irreversibile”. Eppure, per farci
cambiare prospettiva, basterebbe pensare che meno di vent’anni fa ogni paese
dell’Europa aveva la sua moneta e che in tutto il mondo solo l’Africa ex
coloniale adotta una unione monetaria tra paesi differenti. Uscire dall’euro
non è solo auspicabile, ma doveroso per il benessere economico delle popolazioni.
* Intervista a cura di SOLLEVAZIONE
1 commento:
LA UE NON HA VINTO, HA STRAVINTO. LEGGETE GRILLO.
https://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=2113
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