[ 6 marzo 2018 ]
Comunicato n.2 – 2018 di Programma 101.
(1) Rispetto alle elezioni del 2013 il PD perde 2 milioni e mezzo di voti. I Cinque stelle ne guadagnano altrettanti. Forza Italia cala di altri due milioni. La Lega ne ottiene quattro in più. Queste le quattro cifre più importanti del terremoto elettorale del 4 marzo. Un terremoto che seppellisce in un colpo solo, la“Seconda Repubblica”, le due principali forze sistemiche (il Pd e Forza Italia), e la speranza delle élite euriste di un governo Renzusconi di legislatura. Un terremoto, infine, che ci consegna un Paese spaccato in due, con il vagone del Centro-nord agganciato alla locomotiva tedesca e quello del Centro-sud lasciato alla deriva. Un Paese che rischia dunque, se non esce dalla gabbia euro-liberista, di cessare di essere una nazione unitaria.
(2) Quella di queste élite è in effetti una vera e propria disfatta. Esse hanno puntato sulla tenuta del loro principale agente, il PD, e questo è stato invece il principale bersaglio della rivolta elettorale. Erano certe della egemonia del loro blocco sociale, che invece non c’è più. Hanno concentrato tutta la loro enorme potenza di fuoco contro la minaccia dei “populisti”, e questi hanno invece vinto la sfida. Una sconfitta, quella delle élite, che ci dà speranza. Una vittoria, quella di M5S e Lega, che date le dimensioni, ci inquieta, poiché premia gruppi dirigenti opportunisti e trasformisti.
(3) Un populismo a due teste, quello del M5S e della Lega, la cui eventuale alleanza è ciò che le oligarchie euriste e le asservite élite italiane temono come la peste. Ove Lega e M5S offrissero invece la loro disponibilità a qualche forma di pacificazione nazionale e di sodalizio per stabilizzare la crisi di regime, si dimostrerebbe quanto temiamo : che sia la Lega che il M5S non sono populismi eversivi dell’ordine neoliberista e che il rischio è che essi finiscano per diventare due ruote di scorta dei dominanti, due stampelle per impedire il collasso del regime.
(4) Le élite infatti, nel tentativo di conservare ben salde nelle loro mani le decisive leve del potere, dovranno evitare che l’instabilità italiana diventi benzina sul fuoco della crisi europea, tenteranno quindi in ogni modo di addomesticare questi populismi, sterilizzando le spinte antieuriste che li hanno portati alla vittoria. Condividere coi populismi (quantomeno uno dei due) la stanza dei bottoni è un prezzo che le élite sono disposte a pagare non solo per evitare pericolosi scossoni, ma perché sanno che questa è la terapia per corromperli e quindi neutralizzarli.
(5) Qualcosa i gruppi dominanti dovranno concedere, ma concederanno solo quanto non infrange le compatibilità eurocratiche e neoliberiste: un po’ di reddito di cittadinanza, forse un po’ meno tasse, di sicuro più stato di polizia, una stretta sull’immigrazione. Il tutto graduando e non invertendo il percorso ordoliberista, sempre ubbidendo al pilota automatico ed ai predoni dell’alta finanza. Ove, per quanto anemica, continuasse questa “ripresa”, il tentativo delle élite potrebbe non risultare disperato, addirittura avere successo. Esso potrebbe fallire solo se sopraggiungesse uno nuovo collasso economico-finanziario che richiedesse nuove terapie d’urto, o in caso di una sollevazione popolare generale.
(6) I prossimi mesi confermeranno che non è dalle urne che potrà arrivare una svolta risolutiva per il popolo lavoratore, per i giovani, per gli esclusi, per il Paese. I dominanti sono infatti sempre riusciti a svuotare o deviare ogni rivolta passiva, qual è quella che si manifesta col voto. Una rivolta attiva, per quanto necessaria, sembra oggi improbabile visto che non abbiamo più un Popolo di cittadini, ma una moltitudine plebea priva di coscienza e di coraggio. Altre dure prove gli italiani dovranno subire e affrontare affinché si alzino in piedi. Non saranno né il M5S né la Lega a ricostruire un Popolo ed a fornirgli una guida in tempi tempestosi. Loro sono tanto più forti quanto più la plebe si lamenta in ginocchio.
(7) Punite per aver abbracciato il globalismo cosmopolitico e immigrazionistico delle élite le sinistre stanno morendo. Non vale nemmeno la pena celebrarne i funerali. Il tempo è prezioso. Utilizziamolo per costruire una sinistra nazional-popolare, patriottica, libertaria. Questa la missione che abbiamo davanti per evitare la barbarie liberista e disumanizzante. Questa la sola missione per cui valga la pena combattere.
Comunicato n.2 – 2018 di Programma 101.
(1) Rispetto alle elezioni del 2013 il PD perde 2 milioni e mezzo di voti. I Cinque stelle ne guadagnano altrettanti. Forza Italia cala di altri due milioni. La Lega ne ottiene quattro in più. Queste le quattro cifre più importanti del terremoto elettorale del 4 marzo. Un terremoto che seppellisce in un colpo solo, la“Seconda Repubblica”, le due principali forze sistemiche (il Pd e Forza Italia), e la speranza delle élite euriste di un governo Renzusconi di legislatura. Un terremoto, infine, che ci consegna un Paese spaccato in due, con il vagone del Centro-nord agganciato alla locomotiva tedesca e quello del Centro-sud lasciato alla deriva. Un Paese che rischia dunque, se non esce dalla gabbia euro-liberista, di cessare di essere una nazione unitaria.
(2) Quella di queste élite è in effetti una vera e propria disfatta. Esse hanno puntato sulla tenuta del loro principale agente, il PD, e questo è stato invece il principale bersaglio della rivolta elettorale. Erano certe della egemonia del loro blocco sociale, che invece non c’è più. Hanno concentrato tutta la loro enorme potenza di fuoco contro la minaccia dei “populisti”, e questi hanno invece vinto la sfida. Una sconfitta, quella delle élite, che ci dà speranza. Una vittoria, quella di M5S e Lega, che date le dimensioni, ci inquieta, poiché premia gruppi dirigenti opportunisti e trasformisti.
(3) Un populismo a due teste, quello del M5S e della Lega, la cui eventuale alleanza è ciò che le oligarchie euriste e le asservite élite italiane temono come la peste. Ove Lega e M5S offrissero invece la loro disponibilità a qualche forma di pacificazione nazionale e di sodalizio per stabilizzare la crisi di regime, si dimostrerebbe quanto temiamo : che sia la Lega che il M5S non sono populismi eversivi dell’ordine neoliberista e che il rischio è che essi finiscano per diventare due ruote di scorta dei dominanti, due stampelle per impedire il collasso del regime.
(4) Le élite infatti, nel tentativo di conservare ben salde nelle loro mani le decisive leve del potere, dovranno evitare che l’instabilità italiana diventi benzina sul fuoco della crisi europea, tenteranno quindi in ogni modo di addomesticare questi populismi, sterilizzando le spinte antieuriste che li hanno portati alla vittoria. Condividere coi populismi (quantomeno uno dei due) la stanza dei bottoni è un prezzo che le élite sono disposte a pagare non solo per evitare pericolosi scossoni, ma perché sanno che questa è la terapia per corromperli e quindi neutralizzarli.
(5) Qualcosa i gruppi dominanti dovranno concedere, ma concederanno solo quanto non infrange le compatibilità eurocratiche e neoliberiste: un po’ di reddito di cittadinanza, forse un po’ meno tasse, di sicuro più stato di polizia, una stretta sull’immigrazione. Il tutto graduando e non invertendo il percorso ordoliberista, sempre ubbidendo al pilota automatico ed ai predoni dell’alta finanza. Ove, per quanto anemica, continuasse questa “ripresa”, il tentativo delle élite potrebbe non risultare disperato, addirittura avere successo. Esso potrebbe fallire solo se sopraggiungesse uno nuovo collasso economico-finanziario che richiedesse nuove terapie d’urto, o in caso di una sollevazione popolare generale.
(6) I prossimi mesi confermeranno che non è dalle urne che potrà arrivare una svolta risolutiva per il popolo lavoratore, per i giovani, per gli esclusi, per il Paese. I dominanti sono infatti sempre riusciti a svuotare o deviare ogni rivolta passiva, qual è quella che si manifesta col voto. Una rivolta attiva, per quanto necessaria, sembra oggi improbabile visto che non abbiamo più un Popolo di cittadini, ma una moltitudine plebea priva di coscienza e di coraggio. Altre dure prove gli italiani dovranno subire e affrontare affinché si alzino in piedi. Non saranno né il M5S né la Lega a ricostruire un Popolo ed a fornirgli una guida in tempi tempestosi. Loro sono tanto più forti quanto più la plebe si lamenta in ginocchio.
(7) Punite per aver abbracciato il globalismo cosmopolitico e immigrazionistico delle élite le sinistre stanno morendo. Non vale nemmeno la pena celebrarne i funerali. Il tempo è prezioso. Utilizziamolo per costruire una sinistra nazional-popolare, patriottica, libertaria. Questa la missione che abbiamo davanti per evitare la barbarie liberista e disumanizzante. Questa la sola missione per cui valga la pena combattere.
5 marzo 2018
29 commenti:
Ringrazio anticipatamente la redazione, sono un vecchio compagno sempre presente ma ormai disilluso da anni!
Molti compagni han festeggiato perchè casa Pound non è entrata in Parlamento ma secondo me non hanno capito molto della dinamica, anzi niente, e mi riallaccerò alla domanda che vi formulo.
Questo è l'unico blog, lo seguo oramai ogni giorno da mesi apro e mi ci ritrovo quasi totalmente, il mio primo intervento è questo, ho letto con attenzione estrema le ricerche e precise divulgazioni da posizioni socialiste del compagno Pasquinelli, del compagno Feretti su Casa Pound e Lega Salvini, soprattutto il secondo spiegava che a suo avviso più la Lega che Casa pound recupera l'identità profonda del fascismo regime e mi ci ritrovo dato il riferimento preciso che veniva fatto al nazionalismo Greco di estrema destra reazionaria e clericale nei vari commenti dallo stesso e di sicuro qui in Italia la Lega è più vicina, per non parlare di molti regimi dell'europa est che hanno a tal punto tratti abbastanza fascisti. Dunque, dico che non c'è niente da festeggiare per la sconfitta di casa pound e mi riallaccio a questo comunicato: io sono del parere che la natura sostanziale del voto al Movimento 5 stelle e soprattutto alla Lega è invece eversiva. La prima di carattere positivo, la seconda no ma questo è altro discorso. Voi siete del parere che le classi dirigenti dei due movimenti fermino questo vento antieuropeo che si alza dall'Italia. Qui vedremo le loro capacità effettive, anche giocando su tavoli internazionali (non dimentichiamo Trump e la Brexit); ritenfùgo però che la natura del voto indichi che il popolo lavoratore italiano esiste eccome, non è in ginocchio, ma semmai attende un'altra classe dirigente qui chiamata di Sinistra nazionalpopolare...ma allora sta a noi farci trovare pronti!!! grazie ancora per tutti i vostri contributi
Tristi ma efficaci considerazioni queste del vostro comunicato.
Intanto voglio, per passare dal serio al faceto, voglio segnalarvi che Ingroia sta dando i numeri.
Dopo il miserabile fiasco elettorale sentite che scrive!!
"Ora che siamo a conoscenza dei risultati definitivi possiamo fare una prima analisi. Il risultato, sia della Lista del Popolo che complessivo, è quello previsto. Sapevamo che la nostra presenza in un quarto dei collegi circa ci avrebbe penalizzato impedendoci di raggiungere il quorum. Nelle condizioni date non potevamo fare di più. Il quadro generale è ancora più ingovernabile del previsto. Nessuno ha vinto e molti hanno perso: hanno perso certamente Renzi, Berlusconi, LeU, PaP e CasaPound . Non hanno vinto M5S e Lega, che sono cresciuti ma che non possono governare, tranne decretare la loro fine se si mettono insieme. Noi non abbiamo praticamente partecipato perché esclusi brutalmente alla partenza. Ma un dato è certo: mettendo insieme i voti antisistema la percentuale arriva a circa il 60%, per non contare astenuti e schede bianche. Questo è il dato che ci fa capire che la nostra analisi è giusta. Si tornerà a votare presto e quella sarà la nostra opportunità ! Avremo il tempo di organizzarci, non in soli due mesi. Avanti! La galoppata è appena iniziata!"
Diego
Le elite non sono semplicemente un'oligarchia parassitaria "al di sopra del mondo", tipo casta sacerdotale, ma agenti dominanti innervati nella riproduzione capitalistica.
La composizione sociale di questo voto, le istanze dicono chiaramente che la crisi ha colpito diversamente il nord dal sud. Esemplificando da un lato ha fatto presa l'abolizione della fornero, la flat tax, la sicurezza, dall'altro "la fame" e il reddito minimo di ciitadinanza.
Non si tratta di trasformare la plebe in un popolo di cittadini, daltronde queste elezioni riaprono la questione meridionale che non puo' essere ridotta ad un patriottismo omologante di sapore risorgimentale. Ma evidenziano la difficolta' della costruzione di un blocco storico anticapitalista che non puo' avere un mero carattere identitario, ma fondarsi su punti di rottura programmatici: sinistra popolare, uscita unilaterale dall'euro, socialismo.
non ci sarà alcuna alleanza 5sion-lega. L'indipendentista giorgetti, che ha fatto liste e scelto i pappamentari, ha detto chiaro e tondo nel salotto di vespa, che al sud vogliono il reddito di cittadinanza e al nord lavoro. Vedo meglio alleanza col pd e con gli inutili leu. E lo vedremo presto all'elezione del presidente del senato...
Il problema strutturale è la conflittualità fra classe meida e lavorstori
Se non si affronta questo punto, che è precisamente quello su cui fanno leva le oligarchie per mantenere il loro dominio, una risposta politica popolare sarà impossibile
La spaccatura nord sud lo dimostra in maniera plastica
L'elettorato è volubile. Renzi aveva 11 mln di voti nel 2014 oggi metà... quindi c'è spazio perché la situazione è comunque fluida e probabilmente resterà tale per molto tempo.
Però per favore lasciate perdere gente come Chiesa vi prego!
caro Diego,
Ingroia, in fatto di "dare i numeri", è in buona compagnia.
Leggete quel che si racconta Cremaschi
http://www.eurostop.info/cremaschi-sui-risultati-elettorali-forza-diversa-adesso-avanti/
Vorrebbero fare il governo col PD ma Renzi resiste alla sua rottamazione. Costui mi è sempre sembrato simile a Il moralista. Il tramonto del PD potrebbe presentare delle somiglianze col finale del film.
Riprendo, sollecitato, dalle considerazioni esposte qua.
Le considerazioni fatte qui nei punti 6 e 7 mi sembrano fondamentali. In altre parole, abbiamo un ordinamento fondato sul lavoro, ma non esistono partiti dei lavoratori. Abbiamo, quanto meno, una certa rappresentanza nazional-indipendentista, ma non esiste una reale rappresentanza del lavoro.
Questo è tragico ed è sintomatico dell'attuale elefante nel corridoio: siamo in un regime totalitario.
Ho provato ad affrontare dei dialoghi con la "destra sovranista" ma è stato fiato sprecato: la cecità ideologica e l'odio anticomunista rende praticamente impossibile affrontare il problema del totalitarismo liberale e della diretta connessione tra socialismo e democrazia.
Il lavoro e la dignità dell'uomo si possono difendere solo portando coscienza politica.
Questa coscienza politica può essere portata solo sviluppando nell'avanguardia dei lavoratori coscienza nazionale prima e coscienza di classe poi.
La coscienza nazionale salda interessi divergenti di ceti subalterni che magari hanno interessi a breve in conflitto nell'arena politica nazionale.
I lavoratori sviluppano già, in questa fase di lotta per l'indipendenza nazionale (come quella per l'emancipazione dall'imperialismo europeista) una certa fiducia nella propria capacità critica nell'individuare sui grandi temi le politiche per perseguire i propri interessi materiali.
Questo processo, lo sviluppo di codice linguistico comune, nuovi segni identitari, singole battaglie portate avanti insieme, trovano specialmente in Internet una piazza che sostituisce la piazza e la grande fabbrica. (E, se interessa, potremo ritornare su questo argomento)
Quest'avanguardia eterogenea - che promuove un pensiero collettivo che si forma in una dialettica contro l'invasore colonialista e il collaborazionismo - sviluppa, durante gli anni di lotta, una sua soggettività storica.
La coscienza diventa quindi il primo sforzo totalizzante della prassi.
Un esempio su antagonismo e falsa coscienza: l'europeismo ha lo stesso, preciso, identico, ruolo oppressivo del nazismo. I partiti europeisti svolgono quindi il ruolo di forze collaborazioniste analogamente a quelle fasciste. Tutte le grandi forze di sinistra sono europeiste ma, allo stesso tempo, si dichiarano... antifasciste.
(Voglio dire: "l'altra Europa" che dovrebbe dare una sverniciata di rosso all'imperialismo di Bruxelles, assomiglia "all'altro fascismo", alla RSI...)
Il buonismo-moralistico cerca di offuscare questo lapalissiano fatto.
Che enorme problema coscienziale produce tutto ciò?
Perché l'avanguardia che porta coscienza nazionale possa portare anche coscienza di classe, questa deve portare CHIARI messaggi di natura socialista da accompagnare alle istanze nazional-indipentiste.
Settant'anni tra guerra fredda e totalitarismo liberale, necessitano un "demercificazione" delle coscienze: coscienze completamente alienate dal liberalismo. Il punto fondamentale è che l'avanguardia democratica CHIARISCA le categorie volte all'acquisizione di coscienza completamente svuotate dal liberalismo.
L'identità vuole l'unità e l'unità vuole l'identità.
La categoria "sinistra" è portatrice di falsa coscienza: è una categoria inutilmente divisiva. Marx era di "sinistra"?
Non è una questione "filosofica" o "ideologica": è una questione filologica.
La teoria politica, come ricordava Lenin, deve generare analisi funzionali alla prassi e, quindi, « deve produrre risultati misurabili con precisione »
Questo è materialismo dialettico.
Non si può pensare alcuna presa di coscienza socialista se non si inizia dalle basi: la categorie marxiane.
Cosa diceva Lenin di chi ragionava di politica senza ragionar per classi?
Ospitare un autore come il Ferretti che filologicamente è un liberale (non è un'opinione), che cita esclusivamente storici liberali, giuristi liberali e politologi reazionari e che si definisce in qualche modo "marxista", porta falsa coscienza. Mette una "falsa bandiera" rossa su un pensiero conservatore. (Che è quello che poi ha fatto Spinelli con il Manifesto di Ventotene).
Va bene: ma se si vuole portare coscienza democratica e socialista bisogna sottolineare che "l'importante contributo" è portato da un liberale.
Chissenefrega se è un "socialista liberale": anche Spinelli lo era... infatti fu sbattuto fuori a calci nel sedere dal PCI.
Un "socialista liberale" è un liberale, fa in ultimo gli interessi del capitale. Un "liberale sociale" - che in realtà hanno un senso politico solo "al centro dell'impero" - fa gli interessi del lavoro.
Insomma non esiste un partito dei lavoratori e non esiste una scuola di partito: bisogna organizzare su PUNTI e PRINCIPI TEORICI IRRINUNCIABILI e CONDIVISI un'attività formativa che faccia le veci della scuola di partito.
È tutto da riscrivere e tutto da rifare. Inventando qualcosa di nuovo? NO!
Non era la dottrina marxiana scorretta: è stato scorretto il suo stravolgimento (non tanto per demerito delle generazioni politiche passate, quanto per la propaganda totale fatta dalla reazione atlantica che ora sappiamo avere impestato volontariamente TUTTA la cultura da cui è nato il socialismo).
Vanno insegnate di nuovo ciò che c'era già e che è stato culturalmente distrutto dal liberalismo atlantico.
Voglio dire: se non si comprende il socialismo non si comprende neanche la Costituzione italiana.
Mah...
La grande crisi finanziaria internazionale è scoppiata come un bubbone nel 2008, ma già da più d'un anno, sia in America che altrove, si avevano avvisaglie di gravi squilibri nel settore bancario e finanziario. Pensiamo allo schianto della banca Northern Rock in Inghilterra in pieno 2007 o ancora allo scoppio della bolla immobiliare in Irlanda (che ha appena ricominciato a gonfiarsi oscenamente...). Il 2009 vide le prime recessioni conclamate delle economie maggiori e scoppia il bubbone greco. Il 2010 vede l'entrata a pieno regime del Trattato di Lisbona e cominciano a venire al pettine i problemi dell'area euro. Il 2011 è l'annus horribilis della letterina della BCE, e si registrano finalmente i primi fermenti sociali (Indignados, Occupy) per quanto privi di strategia e alquanto folkloristici.
Il resto ce lo ricordiamo più o meno tutti.
La morale è: se in dieci anni facendo il conto più lungo o quantomeno in sette anni volendo partire solo dalla letterina di Mario Draghi, non si è riusciti a mettere in piedi un cazzo di soggetto politico indipendente da tutti gli altri e dotato di seguito di massa, allora il treno è stato perso e ciao a tutti.
Un'osservazione: va bene che ai consigli d'amministrazione delle grandi banche d'affari internazionali e agli hedge fund sarebbe più andato a genio un gabinetto Pd-Fi più tecnici vari, ma a giudicare dalla reazione sui mercati finanziari al risultato elettorale, nessuno s'è messo in allarme. Pare che la Notte degli Oscar abbia fatto molta più notizia in giro per il mondo, qualche scossetta ieri a Piazza Affari, ma oggi è tornato tutto a posto e lo spread sui titoli di stato è più basso di sei mesi fa, cioè in pieno governo Gentiloni, uno apprezzatissimo nei posti che contano perché tira dritto educatamente e senza pagliacciate contrariamente a Renzi.
Poi oggi Confindustria e Marchionne fanno sapere che tutto va bene.
Insomma, che il voto sia stato di "rivolta", vabè, è evidente. Ma chi ha ricevuto questo voto non ha alcuna intenzione di "rivoltarsi" proprio per niente. La Lega è partito di regime da un quarto di secolo. I Cinque Stelle devono ancora completare il loro addomesticamento, ma sono sulla buona strada.
Alla fine, comunque, credo che il segnale vero colto da questo articolo sia la spaccatura secca Nord-Sud. E, mentre il prode Salvini pensa alle future tasse sui robot e al prossimo condono fiscale e quel ragazzotto di Di Maio vagheggia la repubblica dei cittadini, gli elementi strutturali di divario sono ormai irreparabili. La May, nel mezzo del pandemonio-Brexit, riceve il principe saudita per discutere di affari da stramiliardi di dollari, Macron, mentre vagheggia di spezzettare le ferrovie francesi, organizza China Connect domani e dopodomani a Parigi per fare accordi pazzeschi sulle tecnologie e l'economia del futuro con l'economia più grande del pianeta nei decenni a venire. Noi resisteremo fieramente con le fabrichètte ed i magazzèni dei vari cummènda della Bassa Padana, dove gli operai potranno allegramente infortunarsi o ammalarsi per esposizioni a sostanze nocive ed altra merda, mentre il dazio anti-robot di Salvini, col prestigioso sostegno accademico di CBA ed AB, ci aiuterà a conservare il nostro idillio. Tutto questo dopo che l'uscita dall'eurozona dell'Italia l'avranno decisa e consumata a Bruxelles senza troppi scazzi. Questo signore o altri suoi colleghi a un Salvini, un Di Maio o un altro simile epigono di Alvaro Vitali lo disintegrano in 0,2 secondi con i raggi laser che gli escono dagli occhi. E non resta manco la cenere. Stesso dicasi per loro eventuali "sostegni accademici".
Insomma. La situazione è disperata, ma almeno la soddisfazione di vedere Renzi lanciare i gioccatoli contro il muro nel mezzo d'un attacco isterico me la sono presa!
BAZAAR
scrivi, come tuo solito, cose dense, oserei dire dirimenti.
Provo a dire al volto poche cose.
Sulla sostanza del tuo discorso sai bene che siamo in sintonia.
Sostanza: si serve un partito che sia una leva per un'alternativa socialista di società.
Tanto più perché siamo dentro alla crisi irreversibile dell'universo liberale.
Che fare? Come costruirlo? Da cosa cominciare?
Tu scrivi:
«Insomma non esiste un partito dei lavoratori e non esiste una scuola di partito: bisogna organizzare su PUNTI e PRINCIPI TEORICI IRRINUNCIABILI e CONDIVISI un'attività formativa che faccia le veci della scuola di partito.»
E va bene, mettiamoci al lavoro per una scuola per educare militanti e fare partito.
Ma...
Ma non si può pensare di costruire un tale partito solo per via accademia o associazione culturale o confraternita intellettuale. Serve sì un cervello, ma senza gambe organizzative non si va lontano. Servono nuclei di partito militanti, costruire trincee, occupare postazioni, e difenderle con le unghie e coi denti. Occorre sperimentare, contro la marea ostile, punti di resistenza territoriale, costruire bande partigiane, quindi tenerle in stretto collegamento.
Ci occorre insomma un organismo che sappia al contempo svolgere due funzioni:
(1) centro di strategia, elaborazione programmatica, scuola teorica e
(2) un perno organizzativo attorno al quale collegare i diversi nuclei organizzativi o bande partigiane.
En passant: di questo discuteremo a stretto giro alla II Assemblea di P101.
Bazaar, sei un po' ignorante però.
Ferretti cita Tronti, Carl Schmitt, Sternhell.
Tu citi Hegel e Keynes, liberali veri.
@Moreno
Dalla sintesi che fai direi che ci siamo capiti perfettamente. Non ho nulla da aggiungere se non a viva voce.
@Anonimo
Perdonami la pedanteria e l'intransigenza: Ferretti ha scritto cose surreali. Ma non è questo il punto: e anche te non fai una gran figura a non averlo almeno in parte colto. Un mio caro amico tra i massimi filologi del periodo storico in esame, sgomento dopo aver letto l'articolo, mi scrive: « Poveri noi! il fascismo è stata una forma di dominio politico borghese? »
« Un eclettismo dei più spensierati, montando sul quale si criticano presunte “contraddizioni” teoriche e ideologiche altrui. Ma misurate sul metro di quale ideologia e di quale teoria se tutto quel che il nostro riesce a mettere insieme è un’insalata mista liberaloide (Sternhell è un liberale, De Felice è un liberale, Cassese è un liberale, Buchignani è un liberale, l’unico di cui non sono sicuro è Webster, ma visto che è stato allievo di Salvemini…)? Se quello è il metro, a risultare coerenti ci sarebbe di che preoccuparsi.
Si beve tra l’altro tutto d’un fiato la propaganda ruralista e corporativista fascista laddove tutta, ma tutta, la storiografia economica, dal vecchio Castronovo a Segreto oggi, per tacere dei semplici dati quantitativi, ha sempre detto il contrario, cioè che furono i grandi monopoli finanziari e dell’industria di base, in modo peraltro del tutto analogo a quel che avveniva all’epoca negli altri paesi capitalistici, a beneficiare della politica economica fascista! Presenta un’immagine del fascismo autonomo, organizzatore e piccolo borghese, che finisce con l’essere accattivante, un neofascista potrebbe riconoscercisi tranquillamente. Naturalmente allo scopo deve dire che Gramsci non aveva capito niente (e quindi neanche il Togliatti delle Lezioni sul fascismo), mentre l’analisi dei rapporti fra le classi di Marx invece va buttata via anch’essa (le fesserie sulla Comune…riprende pure, più o meno velatamente, le accuse di blanquismo inventate da Bernstein).
Infatti la risposta alla domanda che ho posto all’inizio è evidentemente “no”.
Per carità, tutto si può sostenere. Ma definirsi marxisti rovesciando tutte le classiche interpretazioni comuniste (che ovviamente consideravano la natura piccolo borghese del fascismo solo forma, non sostanza del fascismo), ignorando completamente le critiche della storiografia, non solo marxista, rivolte agli autori citati (ti ho accennato alle tonnellate di critiche a De Felice, evidentemente ormai neanche meritevoli di menzione, ma anche su Sternhell vd. almeno: https://philitt.fr/2015/01/26/entretien-avec-serge-berstein-sternhell-montre-son-indifference-aux-regles-elementaires-de-la-recherche-historique/ ), rinvenendo in una particolare sostanza ideologica (il primato dell’ideologia e l’autonomia del politico senza neanche un cenno ai coevi meccanismi di accumulazione! Non ci si crede…) il dato primario del fenomeno, risulta solo ridicolo e ipocrita.
L’impressione è che tanta disinvoltura, se non è frutto di semplice confusione (ed è ben possibile), sia mossa dallo scopo di bassa cucina politica di sostenere che la piccola borghesia, cioè la Lega (su, non nascondiamoci dietro il proverbiale dito), sia sempre intrinsecamente fascista (si vede che ormai quella che sarebbe l’accusa fondata, cioè di essere liberale, suona come un complimento…). Lo scopo evidente è scavare un fossato fra piccola borghesia e lavoratori. Queste sono posizioni politiche non marxiste, ma lasalliane e settarie [...]
"L'esperienza dello squadrismo, la concezione e l'organizzazione del partito-milizia, i simboli e i riti della sacralizzazione della politica, il mito e le istituzioni dello Stato totalitario sono elementi costitutivi essenziali dell'ideologia fascista, in misura maggiore e più decisiva di quanto non lo sia l'eredità, più o meno spuria, della revisione antimaterialista del marxismo e del nazionalismo sindacalista rivoluzionario." Questo è Emilio Gentile, che sta facendo a fette Sternhell, avanzando un’interpretazione dell’ideologia fascista, che, oltre a non trovarvi quella dignità intellettuale che Sternhell ritiene di scoprirvi (e che infatti piace molto ai neofascisti: es.: http://ilcovo.mastertopforum.net/le-radici-dell-ideale-fascista-secondo-zeev-sternhell-vt2405.html ), è molto più facile da portare a coerenza, come direbbe Basso, con i movimenti strutturali dell’epoca (per esempio mentre sul presunto sorelismo di Mussolini si può elucubrare finché si vuole (ma almeno il recente intervento di Gervasoni, filologicamente attentissimo, andrebbe menzionato), sui finanziamenti allo squadrismo, e la loro connessione con la restaurazione europea post-bellica, gli spazi per amene chiacchierate è minore). In più è pure mainstream. » Il grassetto è mio.
Per me è un'altra questione che si chiude qua.
Quando cito Lenin per cui il materialismo storico necessita che si producano analisi in cui i risultati siano « misurabili con precisione », lo faccio per ricordare che le scienze sociali sono fondamentali tanto per l'interpretazione storica, quanto per l'analisi politica.
Tutto la critica marxiana all'economia politica è fondata sull'analisi della totalità tramite la dialettica: infatti mi chiedo poi quale "liberale" abbia mai citato Hegel come proprio autore influente. Mi chiedo come lo Stato etico possa essere mai compatibile con lo Stato minimo. Sono ovvietà. Proprio le basi.
Keynes non era poi un filosofo politico: era un economista e politologicamente si riconduce pacificamente sulla tradizione del liberalismo sociale anglosassone che inizia con JS Mill e converge economicisticamente (ovvero a livello di analisi di "struttura", che è quella più importante per portare coscienza secondo il materialismo dialettico) al socialismo ortodosso di Kalecki.
Per questo è importante l'iniziativa che delinea Moreno.
Saluti.
Non ci siamo Bazzar.
Sternhell non è un liberale ma un marxista libertario. Einaudi, Croce e Von Hayek erano antifascisti. De Felice era di formazione socialista, al massimo un social-liberale ma io non credo proprio che De Felice fosse fascista.
Bordiga era liberale? Guarda che diceva:
Maggio 1936: "Se in questo momento debbo scrivere ciò che penso si direbbe che la mia non è una presa di coscienza ma che mi sono venduto. Mussolini è l'unico che ha distrutto tutti i vecchi idoli: socialismo, massoneria, liberalismo, democrazia, pacifismo. Mussolini è un trionfatore, le folle adorano i trionfatori. Ecco ciò che non si può confessare".
Ottobre 1936: "Mussolini ha realizzato delle vecchie fisime sindacaliste rivoluzionarie ciò che si può realizzare in Italia, Mussolini ha creato e realizzato ciò che i compagni di destra, così succubi al capitale americano e inglese, si sarebbero guardati bene dal realizzare in Italia! Meglio Mussolini..."
Testimonianza di Paone, su una dichiarazione Bordiga 1944: "caro compagno, ricordati che il fascismo può essere pure una manifestazione contingente del capitale, ma qualcosa di autonomo Mussolini lo ha fatto, mentre Mosca ci ha legato mani e piedi alla conservazione borghese e al primo nemico che i comunisti rivoluzionari debbono attaccare: l'imperialismo americano! Io non voglio legarmi a loro. Togliatti e i suoi sono solo dei venduti da strapazzo..."
Secondo la testimonianza di Fortichiari, Repossi e Lanfranchi, che inviarono a Napoli Arcuno tentando di coinvolgere nella lotta antifascista, Bordiga auspicava (e la auspicherà fino al 1945) la vittoria di Mussolini quale "socialsindacalista autoritario" (questa la definizione del leader bordighista sul fascismo regime), poichè se fossero arrivati gli Alleati a dettare legge in Italia, avrebbero instaurato un totalitarismo permanente da cui mai più ci saremmo liberati (Cfr lettera di Arcuno a Togliatti, Marzo 1945).
Dunque non solo Bordiga, negando la tesi facilona e semplicistica di fascismo metamorfosi del liberalismo, anticipa nei colloqui con i suoi la tesi di Sternhell sull'originario sindacalismo populista di Mussolini, ma aveva anche compreso che il nemico autentico era l'americanismo. Bordiga era liberale? Secondo Bordiga, ahimè, proprio il keynesismo era la vera sostanza del liberalismo sociale modernista.....
Quanto a Hegel Bazzar, ti invito a leggere il De Ruggero e l'interpretazione che tu dai dell'hegelismo politico è la medesima del filosofo fascista dello Stato etico Giovanni Gentile. Inoltre, leggi anche i testi di Losurdo su Hegel dove rivendica il liberalismo hegeliano. Ma Giovanni Gentile è sulla tua stessa linea. Giovanni Gentile lo ricordi? Forse era un fascista eh.... Scava scava che troviamo. Quali ardite operazioni filosofiche vai aprendo.
Attenzione, poi Bazzar, tu citi Gervasoni e Gentile Emilio, per i quali, sull'onda del De Felice, Mussolini non fu un produttivista piccolo-borghese e capitalista a difesa della piccola proprietà (come Sternhell e Cassese spiegano), ma proprio un neo-giacobino di sinistra.
Non sono assolutamente d'accordo, ma ti scavi la zappa da solo così....
caro Bazaar,
sarebbe bene che mi passi il tuo indirizzo di posta elettronica.
Nel caso invialo qui:
sollevazione@gmail.com
Ci son cose di cui si deve discutere e che non possono subire la tortura dello spazio commenti
@anonimo
Ci mancava giusto Hegel accostato al totalitarismo fascista e abbiamo tutta la formulazione ideologica neoliberale (cfr. Popper). Complimenti.
I liberali sostennero l'ascesa del fascismo, da Einaudi a von Mises, maestro di Hayek. Lasciamo perdere quel bonzo di Croce, per carità.
(Ci mancava poi il "marxismo libertario", come se Marx non lo fosse. Un'altra etichetta della propaganda neoliberale atlantica che cercava di associare il marxismo allo stalinismo)
Non se ne può più di questa inane tassonomia del pensiero politico, senza un minimo di fondamento critico su categorie condivise: ognuno che dice la sua porcata in nome del "fare le cose con la propria testa". Questo relativismo dell'opinione che mi ricorda tanto la Tirannia dei valori di Schmitt: ognuno spara la sua e, in questa atomizzazione, l'unica opinione che rimane è quella finanziata dal capitale.
Infatti sono tutti neoliberali.
Insomma, mi pare non abbia proprio capito nulla e sta facendo una gran confusione, non ci sono proprio gli strumenti: lasci perdere la "filosofia", sovrastruttura che senza le scienze sociali è puro onanismo (cfr. Marx). La storia del pensiero va conosciuta. Losurdo la conosce: purtroppo ha la tipica propensione alle scienze sociali propria dei filologi marxisti che non seguono il metodo di Marx. Infatti a livello di prassi si vedono i contributi suoi ed dei suoi allievi (che pure la menano col "materialismo storico" senza avvicinarsi manco per sbaglio alle scienze empiriche che questo "materialismo" lo studiano...).
Questo è uno dei motivi per cui sono decenni che i lavoratori prendono bastonate.
Ha sentito cosa ha detto ieri la Fornero?
Non è un gioco: questi ci stanno dicendo in faccia che ci vogliono sterminare. Basta per dio con queste cazzate.
Spero che frequenterà i gruppi di studio di P.101.
Compagni il dibattito è molto interessante, per i trattati e gli studi filologici abbiamo tempo, forse sarebbe meglio concentrarsi sul significato del terremoto elettorale e su come costruire una sinistra patriottica !
Bazzar, è inutile parlare in questi termini ignorando totalmente la filosofia politica.
Passa sopra a Gentile (neohegeliano italiano discepolo di Spaventa e Jaja, iperhegeliani!!!) con tale argomentazione banale che nemmeno un liceale oserebbe ......
Popper non fa testo, le ho citato Losurdo che è marxista (o è liberale anche lui). Inoltre lei passa sopra con altrettanta superficialità alle radici neo-protestanti e oggettivamente "moderniste", europeiste, gobettiane del pensiero di Basso, ma tant'è, digiuno com'è di prospettive gnoseologiche, ci può stare.
Inoltre, mi ha citato Castronovo ma ha evitato di notare che Castronovo (al quale ritengo più oggettivo Cassese in ultima analisi, dato l'economicismo impolitico del suddetto)documenti che già dagli anni '30 (dopo il Concordato in sostanza) la grande industria italiana filoanglosassone, filoUsa e massonica vide in Mussolini il nemico (cosa che dice Bordiga) e operò per buttarlo giù senza una guerra però; la guerra di Mussolini (veda Fortunato Minniti) fu anche la guerra contro la grande borghesia italiana che oggettivamente appoggerà i partigiani in tutta la guerra civile. Lo trova anche ben testimoniato nel taccuino di un borghese di Conti, radicalmente antifascista.
Ancora: lei ha citato Gervasoni, che considera Mussolini un giacobino tout court (follia veramente fascisteggiante per me, ma lei apprezza...) ma nell'insieme però, veda Francia in nero, ritiene Sternhell il più acuto interprete del fascismo.
Un po' di chiarezza non guasta.
@anonimo
Non fa altro che peggiorare la sua situazione: però è talmente esemplificativo del modo di argomentare della sinistra neoliberista, traditrice della classe lavoratrice e cosmopoliticamente collaborazionista, che è alla fine utile darle l'asfaltata finale.
A maggior ragione a causa di ciò che la questione elettorale pone come enorme problema.
Certo, ci sono sicuramente chili di orgoglio, ma la questione rimane: cfr. le critiche dell'hegeliano Marx all'idealismo tedesco per capire l'assurdità di mettere al confronto la filosofia della Storia in cui si muove Marx (volta alla prassi tramite il materialismo e le scienze sociali) e l' « onanismo » messo a sovrastruttura dell'autoritarismo totalitario.
La critica che ho fatto a Lusurdo - che è sì un marxista, nel senso di uno storico e filosofo HEGELO-marxiano - non può ancora coglierla.
In breve il suo pensiero è assolutamente apprezzabile da qualsiasi nostalgico, da qualsiasi cattolico nazionalista o da qualsiasi liberale classico: infatti per lei Heyek che sostenne Pinochet era... "antifascista".
Senza volerlo è riuscito a dimostrare la saldatura tra liberalismo classico, fascismo e totalitarismo: purtroppo ci troviamo su due fronti opposti, e non capisco perché frequenta questi spazi.
Per chiarire oltre ogni dubbio l'infondatezze, l'inorganicità, l'incoerenza delle sue argomentazioni e la conseguente pericolosissima deriva ideologica falso-coscienziale, tocca pure constatare l'aggravante di voler trollescamente sussumere il desiderio di fare « chiarezza »: che vergogna: « le radici neo-protestanti ***oggettivamente*** "moderniste", europeiste, gobettiane del pensiero di Basso ».
Sembra il gemello di Ferretti: grazie per aver aiutato a squarciare l'abisso di coscienza della sinistra post-moderna.
Saluti.
Ma guardi che è stato lei a citare Hegel (liberale, protestante e machiavellico) quale maestro, poi ora fa marcia indietro sull'interpretazione del Losurdo, che peraltro è assai vicina a quella di uno schmittiano come Tronti. Sulla radice liberale dell'hegelismo continua a sorvolare, ma fatto sta che tutto l'hegelismo napoletano (e ripeto tutto) si considerava liberale. Ora lei dirà che non lo erano; lo vada a spiegare a loro.
Le parlo di Einaudi e Von Hayek e lei mi tira fuori Pinochet che si considerava franchista. Ora, anche i sassi sanno che Franco perseguitò il falangismo cattolico spagnolo (secondo Sternhell, più vicino al fascismo) dal 1956 in avanti (apertura all'Occidente e all'Opus Dei) e chiuderà ogni canale con il Portogallo lusitanista.Pinochet, peraltro, sostenne l'Inghilterra contro l'Argentina in un momento geopolitico delicatissimo in cui anche il Peronismo (non fascista ma più vicino al fascismo di Pinochet, non c'è dubbio..) - sia di destra sia di sinistra - prese una posizione di collaborazione con la Giunta militare (molti montoneros in esilio tornarono per combattere).
Dunque, è proprio fuori strada.
Mi ha citato Gervasoni (per cui Mussolini non è di destra, non è sorelliano ma un neogiacobino di sinistra blanquista) e ora non risponde sul merito.
Dimenticavo, su Basso: la sua formazione fu neo-protestante e progressista, in Conscientia. Dunque il fatto teorico è oggettivo.
Se la sinistra non si libera DEFINITIVAMENTE e totalmente del suo retroterra progressistico, illuministico, sviluppista, deterministico, non ha più alcuna speranza di vita. D'altronde, meglio sia morta questa sinistra borghese e progressitica. Per lei la religione è sovrastruttura e falsa coscienza; Stalin nel dicembre '41 dovette arrivare alla resa dei conti con il materialismo e una volta per tutte invitò il socialismo a liberarsi di questa "paccottiglia demoniaca ateistica...sì demoniaca!"https://books.google.it/books/about/Stalin_e_il_patriarca.html?id=hgvHbwAACAAJ&redir_esc=y&hl=it
@anonimo
Guardi, su Losurdo non ho fatto alcuna "marcia indietro": non ha letto o capito ciò che ho scritto; così come non ha letto o capito le osservazioni sull'importanza di Hegel nel pensiero e nel metodo marxiano: devo desumere che Marx fosse liberale?
Lasci stare per carità Basso che con Gramsci è il più grande studioso italiano di marxismo del '900: solo il fatto che lo abbia potuto scambiare per un europeista avrebbe dovuto almeno un minimo trattenerla, farle sorgere qualche dubbio.
Francamente davo per scontato che un antifascista fosse di conseguenza antagonista di Franco o Pinochet (tendenzialmente meglio disposto verso Allende). Ma devo dire che con lei sto sconfinando in un territorio sconosciuto della tassonomia politologica...
Usiamo due paradigmi contrapposti, possiamo andar avanti all'infinito: cerchiamo di far un un punto della situazione. Si collochi ideologicamente lei.
A sinistra bisogna rinunciare al "progressismo"? e lei vuole definirsi un "marxista"? si definisce "compagno" e posta su Sollevazione? io sono lievemente confuso (a proposito della produzione di "coscienza").
Ora: poiché la storia del pensiero politico, filosofico ed economico la conosco piuttosto bene nei suoi capisaldi essenziali, le posso dire che conosco piuttosto bene anche la letteratura reazionaria.
Lei è vagamente uno schmittiano come Gianfranco Miglio: sì, come Basso ha portato la Luxemburg in Italia, Miglio ha portato Carl Schmitt (che, non a caso, era federalista).
Se usasse la dottrina marxiana converrebbe con me che i catto-nazionalisti ed i reazionari anti-liberali, contestavano le sovrastrutture liberali (tra cui il modernismo e il positivismo economicista), non chiaramente la struttura in classi. Ovvero erano ostili per definizione al progressismo sociale e all'emancipazione dei subalterni, e quindi de facto stampella ideologica del capitalismo liberale.
Se l'ho capita: lei vuole invece una sinistra liberal ma antimodernista, nicciana, e che guardi magari a De Maistre o Schmitt. Magari anche a Burke o Spencer.
Ma non voglio farle dire cose che non pensa: come si definirebbe lei? e a che movimento storico di pensiero si ritiene vicino? è sicuro di volersi comunque presentare come marxista o, quanto meno, come socialista? Non è lei forse più precisamente vicino a quel pensiero che viene definito "rosso-bruno"?
Grazie.
Mi sembra che una situazione del genere si sia già verificata nella storia. Fu quando certi teologi bizantini si scannavano sul sesso degli angeli mentre i cannoni ottomani sbriciolavano senza pietà le mura di Costantinopoli. Alla fine dell'assedio, immagino che i teologi siano finiti come spiedini. Sapete, l'uso turco dell'impalatura...
Ma quella forse è una leggenda metropolitana. Quello che ho visto nei commenti precedenti è una roba che non sarebbe uscita neanche da un festino acido con Jim Morrison e Syd Barrett ospiti d'onore. Ma esiste davvero. Sta qua sopra. Tutti lo possono leggere.
Andiamoci piano tutti quanti. Forse è bene ricordare che oltre alla politica c'è altro nella vita, per quanto questa vita sia sporca e infame.
Facciamoci due risate prima di finire al manicomio. Non prendiamoci troppo sul serio, che già lo prendiamo troppo sul serio tutti i giorni. E non credo debba spiegare dove lo prendiamo.
Bravo Bazzar, finalmente inizia a ragionare.
Rispondo
Il "comunismo" in Italia è stata una immane e totale catastrofe sul piano della prassi politica. Basso era di radice protestante, c'è poco da girarci attorno. Come Gobetti, pensava che il male italiano fosse la mancata Riforma...pensi che roba! Non gli bastò il Risorgimento anglotedesco e massonico! Ammiro ben più di più le forme di Socialismo "reazionario" e non ateistico (Stalin 41-53, Cambogia democratica, maoismo antiamericano e antisovietico ecc). rossobruno è proprio il termine coniato dalle Oligarchie Massoniche Liberali Euroatlantiche: come mai lo usa????? Dovrebbe parlare di comunismo platonico e metafisico, o comunismo francescano o comunismo cristiano ma usa proprio quel termine. Avrebbe potuto dire come Preve faceva, nè destra nè sinistra, qualora fosse veramente antipopperiano e antiliberale come dice di essere ma non lo fa....
No, è diverso. Lei lasciava intendere che Pinochet, che arrestò e uccise dei neofascisti cileni, fosse fascista. Il chè è falso.
Gianfranco Miglio era un grande intellettuale, che stimo molto. Purtroppo era uno scienziato della politico, non un politico. Io non credo che il federalismo sia una forma di liberalismo, ma non possiamo aprire anche questa pagina perchè diverrebbe infinita la questione. Dovrebbe studiare (se conosce il francese) le analisi ultime della Società di studi Robespierre la quale evidenzia che il giacobinismo fu un fenomeno interno, non rivoluzionario, rispetto al liberismo e al liberalismo. Il fine dei "rivoluzionari" era annientare i corpi intermedi e i ceti, erano dei modernizzatori dogmatici e fanatici. Veda la Legge Chapelier (1791). Il centralismo in Italia fu Crispi e Giolitti; non erano forse liberali?
Schmitt è stato il più grande filosofo della politico del '900, teorico della democrazia antiliberale ed illiberale, dell'autentica democrazia plebiscitaria e organica. alla fine della vita si dichiarò "Marxista" (Espresso 1971 intervista).
De Maistre, Nietzche, Burke; sembra un'insalata russa. Mettiamo assieme tutto così? Non si può! No, occorre studiare il pensiero politico francese di metà e fine 800. E' tutta lì la storia "sovversiva" del '900. I tedeschi sono antipolitici.
La storia della prassi politica ha mostrato che Pol Pot (era un liberale?) fu un buddhista theravadin quando prese il potere in Cambogia (e metteva al muro gli atei e gli induisti), Mao Zedong un taoista (e metteva al muro i confuciani), i vietnamiti confuciani ortodossi (e mettevano al muro atei e progressisti occidentali) ecc. E' molta complessa la storia, ma buttiamo al mare le menzogne della Sinistra borghese progressista
@Syd Barret
« Forse è bene ricordare che oltre alla politica c'è altro nella vita »
È evidente che non sei disoccupato.
Sessantottino?
Vedi di portare rispetto: in primis a te stesso. Il tuo senso di inadeguatezza dovrebbe essere gestito con più umiltà.
È evidente che non hai mai letto un dibattito tra coloro che le rivoluzioni le han fatte davvero, altrimenti sapresti almeno che la teoria è già prassi.
Ed il problema delle ultime generazioni non sono proprio i "cannoni" ottomani...
Ad ogni modo, dovrebbe essere interessante capire cosa unisce oltre il pacere della "compagnia", per potersi chiamare "compagni". Solo buon vino e roba buona?
A me interessa cosa abbia in testa l'anonimo gemello di Ferretti.
Il problema non è che c'è altro oltre la politica: il problema è che è altro la politica oltre che il tifo alla squadra del cuore e le chiacchiere al bar dello sport.
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