[ 3 ottobre 2017]
Ci pare necessario ricapitolare la posizione generale di Programma 101 sul conflitto in corso in Spagna:
«Gli incidenti che hanno segnato la giornata del “referendum” sull’indipendenza della Catalogna sono di pessimo augurio. Non si può restare indifferenti e senza legittima rabbia a guardare manifestanti pacifici aggrediti dalle forze di polizia, che hanno causato decine di feriti. Non si può restare insensibili alla vista delle urne elettorali confiscate e gettate per terra da quegli stessi poliziotti. Questi incidenti non potranno far altro che radicalizzare ulteriormente la rivendicazione di indipendenza, e testimoniano la perdita di legittimità del governo di Madrid. Perché la Storia, e specialmente la Storia del 20° secolo, ha il suo peso nelle relazioni tra Madrid e Barcellona. Non possiamo fingere che non ci siano state la guerra civile o gli anni di repressione durante il Franchismo.
Dall’autonomismo all’indipendenza
Ci si può chiedere da dove venga questa rivendicazione di indipendenza. Infatti all’inizio degli anni 2000 i partigiani dell’indipendenza erano evidentemente minoritari. Oggi non è più così. Il 19 settembre avevo organizzato su Radio-Sputnik un dibattito tra Gracia Dorel Ferré, storica, esperta della Catalogna, e Jean-Jacques Kourliandsky, ricercatore sulle questioni iberiche (di America Latina e Spagna) [1] presso l’Istituto di Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS). Kourliandsky aveva insistito sul fatto che i ripetuti rifiuti da parte del governo centrale spagnolo di concedere alla Catalogna ciò che il Paese Basco, e l’intera regione della Valencia, avevano raggiunto, avrebbe portato a una radicalizzazione del sentimento autonomista e anche a un genuino desiderio di indipendenza. Ciò è stato dimostrato dalle grandiose manifestazioni delle ultime settimane, che hanno radunato oltre un milione di persone su una popolazione totale di 7,5 milioni (un po’ come se in Francia ci fosse una manifestazione di 9 milioni di persone).
La responsabilità del governo di Madrid è dunque pesante. Si tratta, per essere precisi, delle violenze perpetrate dalla polizia nella giornata di domenica 1° ottobre. Ma si tratta anche, e forse soprattutto, delle varie forme di rifiuto da parte di Madrid verso le richieste avanzate dalle autorità democraticamente elette a Barcellona. L’indipendenza della Catalogna, se ci sarà, sarà soprattutto il prodotto dell’atteggiamento franchista del governo Rajoy, come ha ben sottolineato Grace Dorel-Ferré. Potremo allora dire che saranno state la sua stupidità e la sua brutalità ad avere innescato il movimento indipendentista.
Il peso della Storia
La questione del regionalismo, e soprattutto del regionalismo catalano, ha attraversato la storia della Spagna moderna. Assieme alla parte industriale dei Paesi Baschi, la Catalogna rappresenta il punto di ingresso della modernità industriale in Spagna all’inizio del 19° secolo. La Catalogna è tuttora una delle regioni più ricche e dinamiche della Spagna, rappresenta circa il 20% del PIL spagnolo e, grazie alle esportazioni e allo sviluppo del settore turistico, sta assistendo a un dinamismo che è l’opposto della crisi vissuta da altre regioni spagnole. Ma, cosa più importante, i catalani ritengono di essere stati maltrattati dai governi spagnoli, e soprattutto dai governi franchisti.
Va ricordato che la questione dell’indipendenza catalana era già sorta alla vigilia della guerra civile [2]. Il presidente del distretto catalano, Lluis Companys, nel 1936 decise di restare all’interno dello Stato spagnolo, allora repubblicano, perché quest’ultimo aveva riconosciuto i diritti della Catalogna. Durante la guerra civile la Catalogna fu alla testa della resistenza contro il franchismo e i suoi alleati, cioè contro la Germania di Hitler (come ci ricorda la Legione Condor) e contro l’Italia di Mussolini. Esiliato in Francia dopo la sconfitta,
Lluis Companys fu consegnato dalla Gestapo al regime franchista, che lo torturò e lo uccise nella fortezza di Montjuic il 15 ottobre 1940 [3]. La Catalogna pagò un prezzo tremendo per la sua opposizione al franchismo, e la sua ribellione fu repressa nel sangue.
Il riconoscimento delle specificità catalane fu tardivo e si ebbe solo con l’avvento della democrazia. Ma questo riconoscimento fu fragile. Il “partito popolare”, che dovrebbe rappresentare la cosiddetta destra “moderata”, e che ha al suo interno numerosi nostalgici del franchismo, non ha mai davvero accettato la specificità catalana. In generale la Spagna non ha il tipo di storia unitaria che è propria, ad esempio, della Francia. La Provenza, la Catalogna e i Paesi Baschi hanno tradizioni indipendentiste ben consolidate.
La costituzionalità, la legittimità e la sovranità
Il referendum del 1° ottobre solleva di conseguenza numerose questioni. La corte costituzionale spagnola lo ha dichiarato “illegale”. Ma questo significa solo che il governo di Madrid non ha l’obbligo di riconoscere il risultato che ne verrà. Ciò non giustifica affatto la dimensione e la brutalità della repressione che è stata messa in atto.
Al di là di questo si pone il problema della legittimità di questo referendum e del suo rapporto con la questione della sovranità popolare in Spagna. La sovranità dello Stato spagnolo deriva dal compromesso raggiunto durante il processo di democratizzazione che ha fatto seguito alla morte di Franco. I catalani hanno ragione a pensare che la cancellazione del loro statuto, avvenuto nel 2010, sia stata una misura che ha dato letteralmente fuoco alle polveri, rimettendo in discussione quel compromesso. Dopo che è avvenuto un tale scontro nello spazio politico, l’unica risposta possibile è l’elezione di un’assemblea costituente. Di sicuro non la repressione, che semmai può solo aggravare le cose. Il rifiuto di indire un’assemblea costituente, o quantomeno una commissione costituente, ha minato la legittimità del potere spagnolo. La violenza a cui abbiamo assistito durante questa giornata di domenica 1° ottobre lo ha demolito. Le immagini dei manifestanti pacifici attaccati e feriti faranno, e hanno già fatto, il giro del mondo.
La questione dell’indipendenza della Catalogna ha poco a che vedere con la legge costituzionale, arrivati a questo punto. È diventata soprattutto una questione politica, perché la sovranità è anche questo: il primato della politica sullo stato di diritto. Siamo ovviamente in una condizione di extremum necessitatis. Solo un’azione politica potrà risolvere la situazione attuale. Ovviamente non sarà possibile negare ancora a lungo ai catalani di tenere legittimamente quel referendum che essi chiedono, e che Madrid ha fatto di tutto per impedire. Solo il voto potrà decidere se i catalani vorranno continuare a condividere il proprio destino con il resto della Spagna oppure no. Ma ciò che è chiaro è che il comportamento avuto da Madrid ha reso più difficile raggiungere un compromesso accettabile.
La questione a cui ci troviamo di fronte oggi non è più, dunque, se sostenere l’idea di una Catalogna indipendente. La questione è quella di difendere il fondamento stesso della democrazia. E a difesa di quest’ultimo,in Catalogna è necessario un vero referendum, un referendum di cui tutti si impegnino a riconoscere l’esito. Questo è l’unico antidoto all’inizio di una nuova guerra civile. Che il governo francese non lo abbia ancora capito dimostra la degenerazione del senso civico del nostro Primo Ministro e del Presidente».
Ci pare necessario ricapitolare la posizione generale di Programma 101 sul conflitto in corso in Spagna:
(1) si riconosce in linea di principio il diritto di ogni nazione storica alla autodeterminazione;
(2) questo riconoscimento non implica tuttavia il sostegno a priori alla secessione, che dipende invece da concreti fattori politici (che natura avrà il nuovo eventuale stato? quale sarà il suo posizionamento geopolitico, ecc.)
(3) la causa principale dell'attuale conflitto sta nel fatto che la Spagna è uno Stato plurinazionale (la Catalogna è una nazione storica) mentre la sua Costituzione, seguendo le orme del centralismo franchista, non riconosce questo carattere plurinazionale e federale;
(4) le scaturigini del conflitto risiedono infatti nel rifiuto da parte del regime di Madrid di accettare lo Statuto Catalano del 2006 che definiva "nazione" quella catalana con pari dignità rispetto alle altre;
(5) la soluzione auspicabile è quindi non la secessione della Catalogna bensì la trasformazione della Spagna in uno Stato federale, democratico, repubblicano e sovrano;
(6) mentre condanniamo la prepotenza autoritaria di Madrid respingiamo il disegno delle élite catalane di secedere dalla Spagna per diventare il 29° Stato nella Unione europea, sarebbe come passare dalla padella alla brace;
(7) data la natura oligarchica e neoliberista nell'Unione europea, che priva gli Stati della loro sovranità politica ed economica, non c'è infatti nel suo seno alcuna possibilità per i popoli di esercitare la propria autodeterminazione;
(8) i popoli di Spagna, maciullati dalle politiche austeritarie della Ue, hanno due nemici comuni: l'Unione europea e le classi dominanti spagnole (catalana compresa) che fanno a gara nell'obbedire ai dettami eurocratici. E' nell'interesse dei popoli spagnoli uscire dall'Unione europea e coabitare con pari diritti in un forte e sovrano Stato federale di Spagna.
* * *
«Gli incidenti che hanno segnato la giornata del “referendum” sull’indipendenza della Catalogna sono di pessimo augurio. Non si può restare indifferenti e senza legittima rabbia a guardare manifestanti pacifici aggrediti dalle forze di polizia, che hanno causato decine di feriti. Non si può restare insensibili alla vista delle urne elettorali confiscate e gettate per terra da quegli stessi poliziotti. Questi incidenti non potranno far altro che radicalizzare ulteriormente la rivendicazione di indipendenza, e testimoniano la perdita di legittimità del governo di Madrid. Perché la Storia, e specialmente la Storia del 20° secolo, ha il suo peso nelle relazioni tra Madrid e Barcellona. Non possiamo fingere che non ci siano state la guerra civile o gli anni di repressione durante il Franchismo.
Dall’autonomismo all’indipendenza
Ci si può chiedere da dove venga questa rivendicazione di indipendenza. Infatti all’inizio degli anni 2000 i partigiani dell’indipendenza erano evidentemente minoritari. Oggi non è più così. Il 19 settembre avevo organizzato su Radio-Sputnik un dibattito tra Gracia Dorel Ferré, storica, esperta della Catalogna, e Jean-Jacques Kourliandsky, ricercatore sulle questioni iberiche (di America Latina e Spagna) [1] presso l’Istituto di Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS). Kourliandsky aveva insistito sul fatto che i ripetuti rifiuti da parte del governo centrale spagnolo di concedere alla Catalogna ciò che il Paese Basco, e l’intera regione della Valencia, avevano raggiunto, avrebbe portato a una radicalizzazione del sentimento autonomista e anche a un genuino desiderio di indipendenza. Ciò è stato dimostrato dalle grandiose manifestazioni delle ultime settimane, che hanno radunato oltre un milione di persone su una popolazione totale di 7,5 milioni (un po’ come se in Francia ci fosse una manifestazione di 9 milioni di persone).
La responsabilità del governo di Madrid è dunque pesante. Si tratta, per essere precisi, delle violenze perpetrate dalla polizia nella giornata di domenica 1° ottobre. Ma si tratta anche, e forse soprattutto, delle varie forme di rifiuto da parte di Madrid verso le richieste avanzate dalle autorità democraticamente elette a Barcellona. L’indipendenza della Catalogna, se ci sarà, sarà soprattutto il prodotto dell’atteggiamento franchista del governo Rajoy, come ha ben sottolineato Grace Dorel-Ferré. Potremo allora dire che saranno state la sua stupidità e la sua brutalità ad avere innescato il movimento indipendentista.
Il peso della Storia
La questione del regionalismo, e soprattutto del regionalismo catalano, ha attraversato la storia della Spagna moderna. Assieme alla parte industriale dei Paesi Baschi, la Catalogna rappresenta il punto di ingresso della modernità industriale in Spagna all’inizio del 19° secolo. La Catalogna è tuttora una delle regioni più ricche e dinamiche della Spagna, rappresenta circa il 20% del PIL spagnolo e, grazie alle esportazioni e allo sviluppo del settore turistico, sta assistendo a un dinamismo che è l’opposto della crisi vissuta da altre regioni spagnole. Ma, cosa più importante, i catalani ritengono di essere stati maltrattati dai governi spagnoli, e soprattutto dai governi franchisti.
Va ricordato che la questione dell’indipendenza catalana era già sorta alla vigilia della guerra civile [2]. Il presidente del distretto catalano, Lluis Companys, nel 1936 decise di restare all’interno dello Stato spagnolo, allora repubblicano, perché quest’ultimo aveva riconosciuto i diritti della Catalogna. Durante la guerra civile la Catalogna fu alla testa della resistenza contro il franchismo e i suoi alleati, cioè contro la Germania di Hitler (come ci ricorda la Legione Condor) e contro l’Italia di Mussolini. Esiliato in Francia dopo la sconfitta,
Lluis Companys fu consegnato dalla Gestapo al regime franchista, che lo torturò e lo uccise nella fortezza di Montjuic il 15 ottobre 1940 [3]. La Catalogna pagò un prezzo tremendo per la sua opposizione al franchismo, e la sua ribellione fu repressa nel sangue.
Il riconoscimento delle specificità catalane fu tardivo e si ebbe solo con l’avvento della democrazia. Ma questo riconoscimento fu fragile. Il “partito popolare”, che dovrebbe rappresentare la cosiddetta destra “moderata”, e che ha al suo interno numerosi nostalgici del franchismo, non ha mai davvero accettato la specificità catalana. In generale la Spagna non ha il tipo di storia unitaria che è propria, ad esempio, della Francia. La Provenza, la Catalogna e i Paesi Baschi hanno tradizioni indipendentiste ben consolidate.
La costituzionalità, la legittimità e la sovranità
Il referendum del 1° ottobre solleva di conseguenza numerose questioni. La corte costituzionale spagnola lo ha dichiarato “illegale”. Ma questo significa solo che il governo di Madrid non ha l’obbligo di riconoscere il risultato che ne verrà. Ciò non giustifica affatto la dimensione e la brutalità della repressione che è stata messa in atto.
Al di là di questo si pone il problema della legittimità di questo referendum e del suo rapporto con la questione della sovranità popolare in Spagna. La sovranità dello Stato spagnolo deriva dal compromesso raggiunto durante il processo di democratizzazione che ha fatto seguito alla morte di Franco. I catalani hanno ragione a pensare che la cancellazione del loro statuto, avvenuto nel 2010, sia stata una misura che ha dato letteralmente fuoco alle polveri, rimettendo in discussione quel compromesso. Dopo che è avvenuto un tale scontro nello spazio politico, l’unica risposta possibile è l’elezione di un’assemblea costituente. Di sicuro non la repressione, che semmai può solo aggravare le cose. Il rifiuto di indire un’assemblea costituente, o quantomeno una commissione costituente, ha minato la legittimità del potere spagnolo. La violenza a cui abbiamo assistito durante questa giornata di domenica 1° ottobre lo ha demolito. Le immagini dei manifestanti pacifici attaccati e feriti faranno, e hanno già fatto, il giro del mondo.
La questione dell’indipendenza della Catalogna ha poco a che vedere con la legge costituzionale, arrivati a questo punto. È diventata soprattutto una questione politica, perché la sovranità è anche questo: il primato della politica sullo stato di diritto. Siamo ovviamente in una condizione di extremum necessitatis. Solo un’azione politica potrà risolvere la situazione attuale. Ovviamente non sarà possibile negare ancora a lungo ai catalani di tenere legittimamente quel referendum che essi chiedono, e che Madrid ha fatto di tutto per impedire. Solo il voto potrà decidere se i catalani vorranno continuare a condividere il proprio destino con il resto della Spagna oppure no. Ma ciò che è chiaro è che il comportamento avuto da Madrid ha reso più difficile raggiungere un compromesso accettabile.
La questione a cui ci troviamo di fronte oggi non è più, dunque, se sostenere l’idea di una Catalogna indipendente. La questione è quella di difendere il fondamento stesso della democrazia. E a difesa di quest’ultimo,in Catalogna è necessario un vero referendum, un referendum di cui tutti si impegnino a riconoscere l’esito. Questo è l’unico antidoto all’inizio di una nuova guerra civile. Che il governo francese non lo abbia ancora capito dimostra la degenerazione del senso civico del nostro Primo Ministro e del Presidente».
Riferimenti bibliografici
[2] Alquézar, R., Esquerra Republicana de Catalunya: 70 anys d’història (1931-2001). Barcelona, Columna, 2002.
[3] Benet, J., Lluís Companys, presidente de Catalunya fusilado. Barcelona, Península, 2005
6 commenti:
Fatela finita con le sciocchezze
Qui c'è un popolo che si è ribellato prendendo le manganellate
E' sufficiente
Sui motivi non dobbiamo giudicare noi che siamo esterni, sono beghe iberiche che, per chi conosce un minimo la penisola, sono abbastanza impasticciate per potersi fare una opinione precisa dall'esterno
A noi interessa che il popolo abbia fatto sentire la sua voce e abbia dimostrato che con la disobbedienza civile si riesce a mettere in scacco il potere centrale nonostante le forze di polizia.
Chi non lo capisce è solamente un pavido che teme di doversi mettere in gioco.
Magari extremus
Segnaliamo all'anonimo di cui sopra, che ci consiglia di "farla finita" che consideriamo una enorme "sciocchezza l'idea che essendo noi "non iberici" non avremmo titolo ad esprimere un giudizio. Giudizio, facciamo notare, che viene dopo anni di collaborazione e lavoro comune con compagni catalani e spagnoli. Segnaliamo infine che la nostra posizione è la stessa di tanti organismi sociali e politici spagnoli e catalani.
Evidentemente non vi rendete conto che una secessione o anche un nuovo statuto più vantaggioso sarebbero uno sprone per tutti i popoli europei a ribellarsi contro il potere centrale.
Dovesse finire in una repressione violenta il vantaggio per dare un impulso alle proteste popolari in UE sarebbe ancora maggiore.
Dovrebbe essere evidente ma stranamente non lo è...
in catalogna dicono pubblicamente che vogliono essere indipendenti dalla spagna ed entrare a far parte dell'UE ma secondo alcuni questo dovrebbe favorire una ribellione contro il potere centrale...quale?
ma questi soggetti sono dei troll o pensano veramente quel che scrivono?
Luca Tonelli tu sei il prototipo del pazzo anti europeista. Pensi che la gente nasce con lo spirito infuso no euro oppure brucia all'inferno. La gente non è baciata dallo spirito santo ma va spiegato loro la verità. Per farlo bisogna stare DENTRO la protesta catalana e sottrarla alle dirigenze euriste. Lo sciopero di martedì dimostra una base di classe forte.
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