1. La mobilitazione identitaria contro gli immigrati quale leva principale per poter garantire una maggioranza al regime neoliberale
2. Il declino del Partito Sociademocratico in quanto partito dei lavoratori è stato bloccato grazie ai voti dei Verdi
3. Un FPÖ moderato come appendice (quasi) dell’ÖVP
4. Il fenomeno Kurz come bolla mediatica
5. Il sistema politico resta sostanzialmente stabile
6. Pilz nel ruolo di opposizione sociale?
7. I falliti: Düringer e il KPÖ
La mobilitazione sciovinista-identitaria
Lo sciovinismo contro gli immigrati poveri, i culturalmente diversi e soprattutto quelli con marcate caratteristiche esteriori è diventato una costante. Il fatto che parti del sistema lo usino politicamente a loro favore anche. Con queste elezioni è stato tuttavia raggiunto un nuovo livello. Da un lato, l’accoglienza in un anno di circa un 1% di rifugiati (in rapporto alla popolazione totale) ha rappresentato un cambiamento effettivo del regime migratorio a lungo termine. Dall’altro, l’ÖVP (Partito Popolare Austriaco, ndr), e fino ad un certo punto anche Pilz, hanno preso parte alla campagna sciovinista identitaria, fatto che fino ad ora era riservato essenzialmente all’FPÖ (Partito della Libertà Austriaco, ndr).
Questo cambiamento ha portato i media di sistema, uno dei principali strumenti di potere, a muoversi sulla stessa lunghezza d’onda. In precedenza i media si erano auto-incensati con la cultura dell’accoglienza. Ma ecco improvvisamente sparire le immagini dei bambini siriani annegati e le notizie sulle capacità d’integrazione dell’educata classe media araba, e riapparire le immagini del vecchio nemico, il violentatore dalla pelle scura e il terrorista islamico.
Kurz ha riconosciuto in questo cambiamento la sua opportunità ed è saltato sul carro dell’FPÖ. I resti della caritas, dell’amore cristiano per il prossimo sono stati abortiti e sostituiti dall’odio identitario contro l’islam. In un certo senso è il ritorno alle radici antisemite dei Cristiano Sociali, almeno per quanto concerne la sua struttura. La classe media piagata da paure esistenziali richiede un nemico e questi sono ora i musulmani. Kurz ha reso questa posizione accettabile anche agli strati superiori della società.
Su questo tema l’SPÖ (Partito Socialdemocratico d'Austria, ndr) non ha una posizione chiara. Da un lato, la corrente della classe media viennese (erroneamente definita dai media di sinistra in quanto è disposta ad una coalizione solo con l’ÖVP e non con l’FPÖ) non è pronta cedere; dall’altro, scalpitano soprattutto quelle parti dell’SPÖ che sono vicine agli apparati repressivi e che desiderano una nuova partecipazione al governo. Preso tra queste due posizioni l’SPÖ era come paralizzato. Ha cercato vergognosamente di mantenere le misure sociali per assicurare l’immigrazione, pur senza difenderla in modo attivo. E molte volte ha ceduto, come sulla legge che ridefinisce per l’Islam le regole per l’esercizio del diritto di professione religiosa, il divieto di indossare una copertura totale del viso (legge nota come “legge anti-Burka”) o l’appello in favore di uno stato di polizia contro una presunta minaccia rappresentata dai migranti.
Il cuore del problema, cioè il fatto che il regime del libero mercato lascia il movimento dei fattori produttivi unicamente in mano al mercato (cioè ai proprietari), non è stato ovviamente affrontato da nessuno. Una posizione d’opposizione può solo essere quella di richiedere la fine del libero mercato e della globalizzazione. Di ridare al sud globale le sue possibilità di sviluppo. Di regolare l’economia attraverso lo stato nell’interesse della maggioranza. Ciò vuol dire anche limitare la migrazione economica in modo da impedire che i salari scendano ancora. Contemporaneamente è però anche necessario adottare misure per far risalire socialmente coloro che già si trovano qui e consentirne l’integrazione nell’opposizione socio-democratica attraverso l’autodeterminazione culturale.
Il collasso dell’SPÖ è stato evitato?
Molti pensavano che l’SPÖ, seguendo il trend europeo, avrebbe subito un sostanziale collasso. Considerando che la sua clientela storica è tra quelle maggiormente colpite dalla contro riforma in atto, sarebbe anche stato logico. La dismissione graduale del compromesso sociale viene moderato e amministrato dall’SPÖ. Ciò ovviamente logora la base.
Ed effettivamente l’SPÖ ha perso consensi nei distretti operai. Secondo il giornale Der Standard, l’FPÖ ha tra i lavoratori una maggioranza assoluta ed è passata da un terzo dei voti dell’ultima volta ai due terzi attuali. Tuttavia, l’SPÖ ha potuto compensare tale perdita cannibalizzando i voti dei Verdi della classe media liberale cittadina. Nelle fortezze radical chic viennesi ha addirittura registrato una crescita a due cifre.
La classe media cittadina è affetta da un’incontrollabile paura socio-culturale nei confronti di un governo Nero-Blu [ÖVP-FPÖ]. Essa è convinta che soltanto l’SPÖ possa porre un freno all’ascesa dei Blu. Si tratta di un’illusione della classe media, un’illusione dai tratti reazionari in quanto lega l’SPÖ ad una grande coalizione con l’ÖVP. Questa posizione, che di fatto rappresenta la sola moderazione della controriforma, è tra l’altro proprio il motivo che ha permesso all’FPÖ di ottenere l’aggancio con gli strati subalterni della popolazione.
In base a queste considerazioni è da temere che l’SPÖ non sia né pronto né capace di svolgere un ruolo di opposizione, così come non lo fu un decennio fa sotto il precedente governo Nero-Blu. Se Kurz e Strache, contrariamente a quanto preannunciato, lasceranno intatti i benefici del partenariato sociale dell’apparato dell’SPÖ e continueranno con uno smantellamento lento, non ci sarà alcuna resistenza sociale. Non è tuttavia da escludere che i Nero-Blu nell’euforia della vittoria decidano di ignorare la consolidata prassi politica austriaca e di aggredire l’apparato dell’SPÖ ed è possibile che questo provochi una certa resistenza. Non è tuttavia certo che l’SPÖ sappia come fronteggiare l’attacco.
L’FPÖ come apportatore di maggioranza per l’ÖVP?
Rispetto agli anni precedenti, l’FPÖ ha ammorbidito in questa campagna elettorale l’elemento sociale che aveva ripetutamente usato soprattutto a Vienna. Simbolicamente questo cambiamento è rappresentato dal rifiuto di una tassa sull’eredità. Va inoltre considerata la coalizione Nero-Blu nell’Alta Austria che governa con un programma completamente neoliberale. Tutto ciò è un chiaro segnale all’ÖVP che si è pronti a sottomettersi.
Strache deve avere tuttavia ancora in mente il disastro della prima coalizione nero-blu che portò ad una divisione e al declino dell’FPÖ. Allora, come ricompensa per aver dato la maggioranza all’ÖVP, i Blu poterono servirsi a piene mani (vedi l’affare Grasser). Stavolta Strache vuole però aumentare il prezzo politico in modo da non apparire come il burattino della Raiffeisen & Co. E il modo più semplice è sul piano della simbologia politica identitaria contro i mussulmani e i migranti. Per quanto tempo potrà andare avanti così?
A parte un certo effetto frenante le classi subalterne cittadine hanno sicuramente anche delle aspettative sociali nei confronti dell’FPÖ. In pochi anni, le aspettative deluse potrebbero portare alla perdita del sostegno plebiscitario. Strache non è Grasser né Riess-Passer. Egli s’inventerà una qualche bolla di sapone in modo da distanziarsi da Kurz e in ultima istanza potrebbe anche tirare il freno.
Il fenomeno Kurz
Il successo elettorale di Kurz con un netto 7,5% in più è effettivamente stupefacente. Non soltanto perché da decenni l’ÖVP è partito di governo, ma anche perché ormai mostrava evidenti segni di usura. Una prima interpretazione del fenomeno Kurz è certamente l’ininterrotto potere mediatico con il quale è stato messo in scena come se si trattasse di un vento fresco di rinnovamento. Questa spiegazione non è però sufficiente.
Una seconda spiegazione è la già accennata campagna identitaria anti-islamica, che ha trovato terreno fertile nelle classi medie cittadine e soprattutto in quelle della provincia.
Terzo, Kurz non è particolarmente conservatore. Il vecchio ÖVP era per la società austriaca troppo reazionario. Anche per questo motivo è stato possibile riguadagnare consensi nelle città.
A parte questo non c’è molta nuova sostanza per il vecchio regime neoliberale. Se Kurz dovesse incontrare difficoltà o addirittura resistenza, potrebbe addirittura perdere il sostegno all’interno del proprio partito. Egli ha infatti scavalcato il tradizionale sistema dell’equilibrio di potere legato ai reciproci ricatti e ha imposto il suo dominio personale. Alcuni vorranno vendicarsi quando il tempo sarà maturo.
Stabilità
Nonostante tutte le apparenze di crisi dobbiamo tuttavia riconoscere che i risultati elettorali documentano in ultima istanza la stabilità del sistema. Non soltanto è aumentata la partecipazione elettorale, ma addirittura i due terzi dei votanti hanno sostenuto i partiti del sistema neoliberale. Se consideriamo l’FPÖ anch’esso come un partito di regime, anche se in modo indiretto, i consensi totali raggiungo oltre il 90%. Con un po’ d’indulgenza si può considerare Pilz come il salvatore dell’onore socialdemocratico. Tuttavia anche lui è un fervente sostenitore dell’Unione Europea. Di fatto da eleggere non c’era nessuna opposizione al regime.
Pilz
Pilz merita comunque uno sguardo più attento. Egli ha avuto il ruolo del secondo becchino dei Verdi. Il primo è stato l’SPÖ.
Egli aveva concepito per i verdi una via d’uscita di tipo populista di sinistra dal ghetto del benessere urbano della sinistra liberale. Questa via d’uscita aveva due componenti. Primo: richieste socialdemocratiche simili a quelle dell’SPÖ, assolutamente compatibili per lui, come anche per l’SPÖ, con l’Unione Europea. Secondo: attacchi continui a Erdogan e all’islam politico. Questo secondo aspetto raccoglie in modo raffinato, senza essere apertamente sciovinista, un effettivo malumore di base anti-islamico e antiturco. Lo sciovinismo culturale di destra ha così trovato un suo corrispettivo secolare, liberale di sinistra. Nelle città l’esperimento ha ben funzionato.
Poiché l’SPÖ e l’ambito liberale di sinistra urbano (quello che si identifica nello slogan “Contro i fascisti dell’FPÖ”) non sono capaci di fare una resistenza sociale, questo ruolo poté essere impersonato da Pilz. Non che questo possa avere un influsso significativo sugli apparati del movimento operaio istituzionalizzato o che abbia un radicamento organico negli strati sociali subalterni. Tuttavia Pilz ha buon naso nel captare gli umori popolari. Se si dovesse sviluppare una latente prontezza alla resistenza, egli potrebbe allora tentare di riempire questo vuoto. Pilz ha accesso ai media e un discreto apparato organizzativo. Non bisogna aspettarsi troppo, ma potrebbe essere più che niente.
Düringer e il KPÖ
In generale i piccoli partiti e altri vari tentativi organizzativi rappresentano un importante metro di misura della situazione politica.
La lista elettorale di Düriger, la GILT [“Meine Stimme GILT” – Il mio voto conta] è stato un interessante esperimento che è possibile definire, in senso largo, populista di sinistra. Düringer si è però rifiutato di presentare una vera alternativa politica. Il rifiuto dei partiti e della politica in generale è stato preso alla lettera e non interpretato come espressione del rifiuto dei partiti di regime tipico degli ambienti di opposizione. La lista non ha perciò presentato alcun programma politico, ma ha tenuto un atteggiamento neutrale per non spaventare potenziali elettori. Alla fine non è stato altro che un calcio in culo cabarettistico al liberismo di sinistra. Decisamente troppo poco. Con un programma politico socialdemocratico elaborato in un processo costitutivo il risultato sarebbe stato migliore, anche se Pilz gli avrebbe comunque rubato la scena.
Considerando la totale mancanza di una sinistra d’opposizione e una situazione sociale che gli stessi media hanno tematizzato e descritto come incrinata, sarebbe stato logico aspettarsi una avanzata del KPÖ (Partito Comunista d'Austria, ndr). È successo il contrario. Condividendo lo stesso tipo di ambito dei Verdi, ne ha subito lo stesso effetto frenante. Meglio sostenere l’SPÖ o Pilz per non disperdere i voti. A parte il nome, il KPÖ non si differenzia in alcun modo dal liberismo di sinistra. La sua sopravvivenza è dovuta unicamente al mantenimento del nome, una sorta di imbroglio di marca.
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