[ 1 agosto 2017 ]
Siccome la sinistra figlia del '900 ha cambiato natura, c'è chi sostiene che sia scomparsa ogni dicotomia destra-sinistra. La tesi implica che al "pensiero unico" dominante corrisponderebbe un "partito unico" però come Giano bifronte.
In verità questa dicotomia c'è. Esiste una linea di confine che separa la neo-sinistra post-liberale, americanizzata e mondialista dalla destra. Se oggi questa linea di demarcazione è sfuggente, è perché quest'ultima non ha ultimato la sua mutazione, quella che la conduce dal neoliberismo a ciò che è destinata a diventare: un mostro reazionario, nazionalista e revanchista. Scopo di questo breve saggio è mostrare che la metamorfosi della sinistra è invece già compiuta, che il suo essere ha già preso la forma che corrisponde alla sua essenza.
In verità questa dicotomia c'è. Esiste una linea di confine che separa la neo-sinistra post-liberale, americanizzata e mondialista dalla destra. Se oggi questa linea di demarcazione è sfuggente, è perché quest'ultima non ha ultimato la sua mutazione, quella che la conduce dal neoliberismo a ciò che è destinata a diventare: un mostro reazionario, nazionalista e revanchista. Scopo di questo breve saggio è mostrare che la metamorfosi della sinistra è invece già compiuta, che il suo essere ha già preso la forma che corrisponde alla sua essenza.
Analogia biologica
La genetica ci insegna che ciò che sta nel Dna è destinato a prevalere in ultima istanza. E qual è questo DNA della sinistra visto che non è più lo stesso di quello originario? La dico in questo modo: la sinistra esistente è un organismo geneticamente modificato. Ma ci sono modificazioni e modificazioni. Ogni organismo vivente le conosce nel tempo. Che tutto sia sottoposto a mutamento incessante, è infatti la legge primaria che regola il cosmo.
La sinistra storica non poteva restare abbarbicata ad un teorema fondazionale che si è rivelato fallace.
Il teorema poggiava su cinque assiomi principali: (1) l'idea di un progresso lineare e incessante dell'umanità; (2) l'apologia dello sviluppo delle forze produttive scatenate dal capitalismo, ed in particolare l'idolatria del progresso tecno-scientifico; (3) la tesi che ad un certo punto proprio il capitalismo sarebbe diventato un freno a questo sviluppo; (4) l'asserzione che da questa "contraddizione" tra forze produttive e rapporti sociali capitalistici sarebbe sorta un'epoca di mutamenti rivoluzionari; (5) quindi l'enunciato per cui la classe operaia industriale, e solo essa, aveva la missione universalistica e internazionalistica di portare l'umanità nel "regno della libertà" prendendo in mano il testimone del progresso abbandonato dalla borghesia.
DNA RICOMBINANTE |
In politica, quando un teorema si rivela sbagliato, lo si deve sostituire con uno adeguato. Occorre quindi, per restare alla analogia biologica, intervenire sul proprio DNA. Se non lo fai, i fatti lo faranno al posto tuo. Nella sfera sociale però non funziona come in natura. Essendo questa un campo segnato dai conflitti e dagli antagonismi sociali, parlare di "fatti" chiama in causa soggetti e volontà, significa che il debole soccombe al più forte, che chi non si autodetermina è determinato, che chi non si auto-modifica viene modificato.
In buona sostanza è accaduto che le élite dominanti, che nel frattempo esse per prime si erano auto-trasformate —passaggio al capitalismo casinò sul piano della struttura economico-sociale, all'egemonia del pensiero unico globalista-neoliberista sul quello ideologico—, non solo hanno battuto in breccia i dominati; esse, ricorrendo ai loro ingegneri genetici, sono riuscite a manipolare il DNA della sinistra che organizzava e rappresentava i dominati. Il risultato è che abbiamo una SINISTRA TRANSGENICA, un organismo nel cui patrimonio genetico sono stati inseriti dei geni estranei. DNA ricombinante è chiamata una sequenza di DNA ottenuta artificialmente dall'incrocio di materiale genetico di origini differenti.
Prima di individuare quali sono dunque state queste modificazioni genetiche va segnalato che questi ingegneri non potevano manipolare arbitrariamente, a caso. Essi, ricorrendo a tecniche di manipolazione raffinatissime, dovevano introdurre alcune sequenze artificiali nei posti giusti della catena genetica innestandole su sequenze esistenti che fossero compatibili. Ci torneremo.
Sinistra americanizzata
La sequenza di DNA estraneo consiste in un potente segno simbolico sorretto da un dogma metafisico. Questo segno, assurto a vero e proprio nomos della terra ha un nome ed un cognome: globalismo cosmopolitico. Il dogma è la credenza che la globalizzazione avrebbe prevalso poiché essa risponde ad un ordine storico-naturale inesorabile per cui sarebbe non solo vano opporvisi, bensì reazionario. Per questa credenza la globalizzazione sarebbe un fenomeno che non lascia scampo a ciò che ostacola la sua marcia trionfante, esso può solo essere diversamente orientato ("dal basso", "da sinistra", "con etica", "democraticamente", et similia).
Sorvoliamo su questa concezione fatalistica che scambia la storia con la natura —che è solo un alibi, una foglia di fico per nascondere la propria pornografica resa—, veniamo al segno simbolico, che si è poi imposto come nomos sotto le mentite spoglie di globalismo giuridico.
Come prima cosa va detto che ciò di cui stiamo parlando ha un luogo di nascita: gli Stati Uniti d'America. Una società che per svariate e profonde ragioni (non ultima la weberiana radice calvinista) si è rivelata decisamente refrattaria alle tendenze socialiste in ogni loro declinazione, compresa quella evangelico-fabiana inglese. In questo senso Preve definiva la società nord-americana una ideocrazia. Non è indifferente che il globalismo cosmopolitico sia nato negli USA, per la ragione che nel suo dilagare planetario esso si è manifestato come processo di americanizzazione sociale, quindi dei costumi, delle consuetudini sociali, della psicologia di massa, della coscienza. Il crollo catastrofico dell'URSS ha accelerato questo processo di americanizzazione dell'Occidente, che è consistito nell'innesto, nei corpi sociali nativi, di virus che hanno finito per sradicare, fino a quasi cancellare, memoria di sé dei diversi popoli, tradizioni comunitarie e sociali, identità etniche e nazionali. I risultati di questa colonizzazione sono numerosi. I tradizionali demos nazionali e democratici sono stati vampirizzati da nuove oligarchie, viviamo in società tossiche, segnate dall'individualismo morboso e da un'atomizzazione che ha distrutto i più elementari legami sociali, primo fra tutti la solidarietà di classe.
Ecco spiegato l'apparente paradosso per cui, più le élite stuprano i popoli e le loro tradizioni, più avanza il mostro del nichilismo. "Dio è morto, tutto è possibile". Più s'avvicina il tramonto della fede globalista, più dall'alto scende la nuova metafisica dei valori cosmopolitici, più nel basso avanza una repulsione di quei valori. Questa repulsione veste i panni del nichilismo, di un anarchico relativismo a-morale. Oggi come ieri questo nichilismo porta in grembo il suo apparente opposto: un moralismo fondamentalista e autoritario. Ci si avvicina ovunque al "momento Polany": quando l’economia capitalistica deborda fino a straziare la vita comunitaria, la società reagisce domandando protezione contro gli effetti più devastanti del mercato. Giunta a quel punto le società europee ebbero due sole possibili uscite: socialismo o fascismo. Chi è certo che questa alternativa non ricapiti... scagli la prima pietra.
Torniamo a questa americanizzazione. Il capitolo conclusivo è rappresentato dall'ultima patologia di massa, quella che corrisponde alla Nerd Generation. Sintomatico il fatto che questa definizione, inizialmente dispregiativa (qualificava i giovani fissati coi i marchingegni tecnologici, chiusi nel mondo virtuale e con scarsa o nulla propensione alla socialità) sia divenuta in un solo decennio segno benigno di orgoglio e addirittura di identità di una intera generazione. Così, dove più fioriscono i "diritti umani" e quanto più splende l'universalismo occidentalista, più appassiscono gli umani rapporti, le relazioni sociali e comunitarie.
Questo processo di americanizzazione sociale non sarebbe dilagato nel nostro Paese se la sinistra storica non avesse deciso di americanizzarsi sua sponte. L'emblema di questa americanizzazione è stata l'inusitata metamorfosi del più potente Partito Comunista occidentale il quale, tagliati i ponti con l'URSS e come fosse stato vittima della sindrome di Stoccolma, finì per infatuarsi del proprio carceriere. Dall'accettazione della NATO all'approdo al liberalismo a stelle e strisce il percorso fu breve, sacramentato addirittura nel nome Partito Democratico. Questo salto della quaglia ideologico (che non ha coinvolto solo ristrette cupole dirigenti ma la stessa base sociale) ha fatto da apripista all'adesione alle dure politiche sociali neoliberiste. Sempre determinate scelte di campo sociali e politiche sono precedute da svolte nel campo del pensiero.
Globalismo cosmopolitico
Dopo le tremende turbolenze rivoluzionarie che hanno segnato il '900, i dominanti avevano un'esigenza primaria, neutralizzare la potenza del loro principale e più temibile avversario: il marxismo. Per farlo si doveva demolire il suo paradigma: l'idea dell'antagonismo tra capitale e lavoro salariato. Si doveva insomma cacciare dalla testa di milioni di proletari l'idea che la loro lotta di classe fosse giustificata, dunque legittima perché universalistica la loro missione storica. Riesumare il corpo morto del corporativismo reazionario fascista non era pensabile. Era del resto necessaria una narrazione "progressista", diversa da quella brutalmente neoliberista, cavallo di battaglia della moderna destra. Era necessario che la zecca ideologica liberale mettesse in circolazione una moneta di nuovo conio.
Sono almeno quattro i capisaldi ideologici in forza dei quali il post-liberalismo nord-americano è riuscito a colonizzare l'immaginario collettivo occidentale, vampirizzando la sinistra italiana.
(1) Al materialismo storico marxista (centralità dei rapporti sociali di produzione) ed al realismo politico di matrice leniniana veniva opposta una "metafisica dei valori morali", certo di radice cristiana, ma che aveva in Immanuel Kant la sua musa ispiratrice. Sulla scia della massima kantiana «dal valore all'essere, non già dall'essere al valore», l'etica veniva disconnessa da ogni fondamento storico-sociale. Alla teleologia marxista che concepiva il comunismo come destino ultimo e
necessario dell'umanità, si opponeva una teologia provvidenzialistica, l'idea della "progressiva realizzazione dei valori della ragione come processo della realtà" (Wilhelm Windelband). Il più classico ideologismo proto-borghese opportunamente riverniciato, che non si sarebbe propagato tanto velocemente se i nuovi potentissimi miliardari californiani di Google, Apple, Amazon e Microsoft, non fossero diventati guru e testimonial di questo pensiero post-liberale.
(2) Scendendo dal cielo dell'etica all'inferno della politica questo ha significato che il discorso marxista —priorità degli interessi sociali, conflitto di classe come motore della dinamica sociale— veniva rimpiazzato dalla "religione dei diritti". La metafisica dei valori morali figliava così l'idolatria dei "diritti umani". Al vincolo solidale basato sul far parte di un fronte di lotta contro un comune nemico, subentravano uno sdolcinato filantropismo umanitario (vedi la fiaba immigrazionista) e l'etica della tolleranza (di qui l'idea che il nuovo soggetto portatore di libertà e liberazione fosse non più l'hegeliano servo, bensì la costellazione delle minoranze a vario titolo discriminate). Non più il socialismo ma la "società multietnica", non l'eguaglianza sociale come sommo bene ma il melting pot, la contaminazione, venivano considerati i fini supremi. Determinante nella conformazione di questo discorso era la commistione tra la tradizione del ruvido libertarismo nord-americano intrecciato ai modi di vedere e le pratiche della beat generation, poi quella hippie. Legittimi sono stati considerati tutti i desideri (senza distinzione tra quelli genuini e quelli alienanti e/o indotti, artificialmente fabbricati dal sistema) dell'individuo, considerato però non come un "animale politico" comunitario, ma come essere auto-centrato, chiuso nella sua assoluta singolarità.
Iraq: tortura nel carcere americano di Abu Ghraib |
Si imponeva la dottrina del globalismo giudiziario o internazionalismo giuridico. Uno sciame di giuristi europei (J. Habermas e N. Bobbio in prima fila) snocciolava per l'Impero i nuovi dogmi della dottrina: "ingerenza umanitaria", "polizia internazionale", "corte penale mondiale", "crimini contro l'umanità", "genocidio".
Dalla teoria alla pratica il passo fu breve: venivano ingaggiate le cosiddette "guerre umanitarie", prima per squartare la Iugoslavia —con il governo di Massimo D'Alema in prima fila nell'aggressione— poi per annichilire l'Iraq. Seguendo le orme del nazismo i combattenti che resistevano erano bollati come "ribelli", quindi privati dello status e delle protezioni spettanti ai combattenti nemici. Abu Ghraib e Guantanamo sono testimonianza imperitura che il pacifismo cosmpolitico era ed è la nuova maschera del vecchio mostro imperialistico e della reale natura del suo disegno: gli unici Stati-nazione cui era consentito sopravvivere erano quelli che accettavano di cedere la loro sovranità mentre chi si fosse opposto, bollato come "stato canaglia", doveva essere spazzato via. Il paradigma imperiale neo-con della "guerra di civiltà" non era forse il figlio legittimo del clintonismo?
(4) Il quarto caposaldo ideologico di questo pensiero globalista post-liberale è il culto dello sviluppo tecnologico considerato univocamente come vettore di progresso sociale e civile. Un culto che diventa in molti casi vera e propria adorazione della scienza e delle sue applicazioni tecniche. Due sono in particolare i precipitati di questo approccio fideistico: da una parte, l'apologia della rete (World Wide Web) quindi di Internet, dall'altra l'esaltazione dell'intelligenza artificiale e la sua utilizzazione nei più disparati campi della società. Qui la convergenza tra le élite mondialiste post-liberali e la sinistra nelle sue più svariate articolazioni diventava pressoché totale.
La rete veniva gradita, anzi amata, in quanto potenza dissolutrice di identità nazionali, delle peculiari tradizioni sociali (considerati ostacoli del progresso), la rete quindi strumento di "contaminazione" e commistione tra le diverse culture, dove l'obbiettivo è una nuova, unica e "superiore" identità universale —melting pot appunto, ma ovunque crogiuolo fallito, visto che le etnie non si mescolano, coabitano ma non convivono e stanno anzi in cagnesco.
Che questa furia distruttrice di tradizioni e identità storiche sia in verità una forma coatta di occidentalizzazione, che per questo si traduca nella realtà in un apartheid imperialistico su scala globale, nel dare vita a nuove divisioni comunitarie e confessionali, non fa problema a questi apologeti della mondializzazione. Si tratterebbe di resistenze reazionarie destinate a soccombere.
Come non fa problema che l'intelligenza artificiale, in quanto promossa e utilizzata da gigantesche multinazionali, lungi dall'essere neutrale, porti in fronte spavaldamente, il suo segno tirannico e di classe.
"Prima delle automobili c'erano le carrozze trainate da cavalli. E' il progresso bellezza!". Quante volte, vestendo i panni di veri vate della splendente "civiltà del progresso perpetuo", abbiamo sentito questo mantra uscire dalla bocca dei portavoce della cupola plutocratica...
Sinistra transgenica
Avendo fatto suoi questi quattro capisaldi, la sinistra storica europea, sia di origine socialdemocratica che comunista, ha finito per diventare un fac-simile del post-liberalismo globalista e oligarchico americano. Uno soltanto il tratto che consente di distinguere la sinistra liberale europea da quella madre: da noi il mondialismo, col suo sacrificio delle sovranità popolari, è avvenuto in nome di un radicale fondamentalismo europeista. Quando la traballante Unione, sotto i colpi della storia, passerà a miglior vita, saranno celebrati i funerali di questa neo-sinistra sistemica.
Quella "radicale", quella che non sarà capace di voltare per tempo le spalle della distopia del globalismo cosmopolitico, in quanto sinistra estrema della costellazione sistemica, è condannata alla stessa sorte. Tsipras, con la sua umiliante capitolazione, ha cominciato a scavare la tomba dove sarà seppellito il suo cadavere.
In cosa è infatti radicale la sinistra che annaspa ai bordi di quella sistemica? Cosa abbiamo al netto dei piagnistei catto-socialdemocratici contro il neoliberismo?
Stessa convinta accettazione della globalizzazione ("dal basso"); dell'Unione europea ("dei popoli"); stessa apologia della nuova tratta degli schiavi" ( "accoglienza"); medesimo rifiuto dello Stato-nazione ("internazionalismo-no-border"); identico "estremismo dei diritti umani"; stessa fede nelle nuove tecnologie considerate addirittura mezzo di liberazione (esaltazione del "lavoro cognitivo" e del connesso "nomadismo sociale").
Avevamo affermato che gli stregoni della genetica politica non potevano introdurre random sequenze artificiali nella catena genetica della sinistra, che dovevano invece innestarle riampiazzando sequenze esistenti che fossero compatibili.
Torniamo dunque ai cinque assiomi del teorema fondazionale del DNA della sinistra e vediamo in cosa è consistita la manipolazione genetica.
Primo assioma.
L'idea di un progresso lineare e incessante dell'umanità. Se prima l'eguaglianza sostanziale e l'eliminazione della divisione in classi antagoniste erano le due pietre angolari per giudicare la qualità del progresso, gli ingegneri del pensiero hanno inserito al loro posto quella che abbiamo chiamato "metafisica dei valori morali", quindi i "diritti umani e civili".
Secondo assioma.
L'apologia dello sviluppo delle forze produttive scatenate dal capitalismo, ed in particolare l'idolatria del progresso tecno-scientifico. Qui gli ingegneri non hanno avuto particolari difficoltà nella manipolazione. La "quarta rivoluzione industriale" —il digitale e l'informatica (supercomputer, robot intelligenti, fino alla neuro-tecnologia e alla ri-scrittura del codice genetico)— modificherà radicalmente il modo in cui viviamo, lavoriamo e ci relazioniamo. Il nuovo mondo sarà magnifico.
Terzo assioma.
La tesi che ad un certo punto proprio il capitalismo sarebbe diventato un freno a questo sviluppo. Anche qui l'innesto non ha creato particolari criticità. Le nuove élite dominanti hanno apertamente accolto le spinte della rivolta sociale e generazionale degli anni '60 e '70 contro il capitalismo fordista e la società patriarcale coi suoi residui bacchettoni e puritani. La fede nella scienza al posto di quella religiosa, l'innovazione al posto della tradizione, l'etica individualistica al posto di quella sociale.
Quarto assioma.
L'asserzione che dalla "contraddizione" tra forze produttive e rapporti sociali capitalistici sarebbe sorta un'epoca di mutamenti rivoluzionari. Gli ingegneri han dovuto rimuovere il concetto dialettico di "contraddizione", quindi quello della rivoluzione sociale, rimpiazzandoli con quelli di evoluzione e di riforma, fondendoli in quello della "crescita" —vero e proprio mantra che ci riporta al primo assioma.
Quinto assioma.
L'enunciato per cui la classe operaia industriale, e solo essa, aveva la missione universalistica e internazionalistica di portare l'umanità nel "regno della libertà" prendendo in mano il testimone del progresso abbandonato dalla borghesia. L'internazionalismo proletario proposto da Marx era figlio della sua epoca, ovvero saliva sulle spalle dell'universalismo di matrice cristiana e di quello illuminista, non è stato difficile cancellarlo e sostituirlo con il cosmpolitismo globalista. Ma non è il proletariato, qui la manipolazione è stata audace, il soggetto che raccoglie il testimone del progresso ma, appunto, l' élite aristocratica e visionaria degli ottimati, di cui la Silicon Valley è tempio supremo. E' così che la marxiana "libertà universale" (e qui entra in gioco l'orwelliana neo-lingua) è divenuta oppressione generale, erga omnes.
E' possibile che questa sinistra, davanti al tracollo della globalizzazione, ritorni sui suoi passi? Noi pensiamo che no, non è possibile. Al contrario, più avanzeranno le nuove destre nazionaliste e autoritarie, più essa sarà sotto minaccia, più si aggrapperà al corpo moribondo del globalismo cosmopolitico. Gli ultimi mohicani aderenti alle sette della sinistra antica si attaccheranno a loro volta alla sua sottana.
Non occorre essere profeti per immaginare che solo una sinistra patriottica e democratica potrà domani arginare e vincere il pericolo di un nuovo fascismo. Che questa sinistra patriottica possa in futuro svolgere questa sua missione dipende da molti fattori, ma tutti dipendono dalla decisione con cui i suoi minoritari nuclei attuali sono capaci di recidere per sempre ogni legame con la neo-sinistra mondialista suonandogli il memento mori.
20 commenti:
Analisi poderosa in forma di saggio lucida e condivisibile,come sempre, salvo per un aspetto cruciale della vicenda storica di quella che è inquadrata universalmente con il termine(abusato)di "sinistra"e che ha rivestito invece,secondo me,un'importanza non secondaria nella presunta "evoluzione"da formazione "di classe"ad una più compiutamente globalista e reazionaria in senso pieno:IL SUO ESSERE GIA'IN NUCE un orgamismo la cui modificazione non ha richiesto grandi alterazioni nella sua essenza,avendo essa già come tratto costitutivo,almeno in Italia,quello della "pacificazione",della risoluzione "armoniosa"(sempre a favore delle classi dominanti) dell'inevitabile conflitto capitale/lavoro subito rimosso come antistorico,della "concertazione"poi attuata sempre a danno dei lavoratori,insomma con dei tratti decisamente liberali e liberisti ante litteram(do you remember i governi di solidarietà nazionale?),insomma del RUOLO suo proprio effettivamente svolto a fianco delle classi dominanti(su questo Costanzo Preve ha scritto pagine memorabili).Quando negli anni '70 le élites dominanti attuarono una offensiva su larga scala contro la stessa idea di democrazia SAPEVANO BENISSIMO che avrebbero trovato di fronte un nemico disarmato ideologicamente(le élites non sono stupide e se sanno di perdere non confliggono)) ma soprattutto POLITICAMENTE,disarmato da quella stessa "sinistra"che MAI E POI MAI è stata quella che diceva di essere.Luciano
“Il marxismo sostituisce a ogni nazionalismo l'internazionalismo, la fusione di tutte le nazioni in una unità superiore. (...) Il proletariato non può appoggiare nessun consolidamento del nazionalismo, anzi, esso appoggia tutto ciò che favorisce la scomparsa delle differenze nazionali, il crollo delle barriere nazionali, tutto ciò che rende sempre più stretto il legame fra le nazionalità, tutto ciò che conduce alla fusione delle nazioni”
Vladimir Lenin - L'autodecisione delle nazioni
“Chi ama la propria nazione può solo provare il suo amore mediante i sacrifici che è pronto a fare per essa.”
Adolf Hitler - La mia battaglia
“La borghesia ha giocato nella storia un ruolo altamente rivoluzionario(..)Con grande dispiacere dei reazionari essa ha sottratto all'industria il suo fondamento nazionale.(..) Le separazioni e gli antagonismi nazionali dei popoli vanno scomparendo sempre più già con lo sviluppo della borghesia, con la libertà di commercio, col mercato mondiale, con l'uniformità della produzione industriale e delle corrispondenti condizioni d'esistenza. Il dominio del proletariato li farà scomparire ancor di più”
K.Marx – IlManifesto ,
“Primo pilastro fondamentale dell'azione fascista è l'italianità”
Benito Mussolini , Trieste , 1920 .
Ipsi dixerunt! Ergo, verum est? Posteribus ardua sententia...
Anonimo delle 15:08
Guarda amico mio che se tu in Unione Sovietica andavi a dire alla gente comune che il sentimento patriottico per la madre Russia era fascismo ti ridevano in faccia.
Pochi popoli sono patriottici come i Russi, con la Zar, con il comunismo e con Putin.
I cubani la stessa cosa.
D'altra parte è ormai appurato che la gente di sinistra non è all'altezza né intellettuale né morale di questo frangente storico.
Una volta lo ero pure io ma oggi mi sento leggermente in imbarazzo a dire che appartengo a un'area politica composta o da traditori (PD) o da rinchi
@anonimo delle 15.08: un pensiero tuo proprio riesci a svilupparlo,o ti trinceri sempre dietro citazioni che riprendi e squaderni in modo pappagalesco?Ti capisco,i "sinistrati"essendo a corto di argomenti e avendo accettato a suo tempo, esaltandola, "la durezza del vivere",devono ora aggrapparsi alle citazioni libresche che non costano nulla ma soprattutto non hanno l'obbligo di fare i conti con la DUREZZA DEI FATTI, che invece smentirebbero immediatamente cotanta profondità di pensiero(altrui).
Non sempre, contrariamente a quanto alcuni ritengono, dietro agli anonimi si nascondono troll o cretini.
Il commento di cui sopra, è di un cretino che gioca a fare il troll.
Porta una citazione di Lenin contro i nazionalismi dalla quale uno sprovveduto potrebbe ricavare l'idea che Lenin fosse contrario alle lotte nazionali. Ma da dove è tratta la citazione? da un celeberrimo testo dal titolo (appunto!) "L'autodecisione delle nazioni", dove Lenin, in dura polemica con Rosa Luxemburg che rifiutava ogni appoggio alle lotte nazionali, opponeva, al contrario: (1) il dovere dei rivoluzionari, di occupare la prima linea nelle lotte di liberazione nazionale; (2) che nell'epoca imperialistica queste lotte sarebbero diventate uno dei fronti fondamentali di battaglia e (3) gravissimo errore condannare ogni nazionalismo, diceva sempre Lenin, per il quale ci sono nazionalismi reazionari (quelli delle nazioni e dei popoli dominanti e imperialisti) e nazionalismo progressivi e legittimi, quelli dei popoli che subivano il gioco delle nazioni predatrici che sfruttavano i popoli più deboli.
In questo Lenin si riccollegava alla tradizione dei movimenti democratici dell'800 che tutti sostenevano la lotta del popolo polacco contro la Russia zarista, ma più specificamente al Carlo Marx maturoro, strenuo difensore della lotta del popolo irlandese per l'indipendenza dal dominio inglese. Per non parlare della difesa della resistenza accanita del movimento cinese Taiping (185o-64) contro le potenze coloniali occidentali.
Lenin aveva ragione, aveva visto lungo. Il '900 è stato segnato in profondo da rivoluzioni come quelle Cinese, Vietnamita o Cubana, che furono anzitutto guerre popolari di liberazione nazionale. "Patria o Muerte"! Tonto lo recordaré?
Per quanto concerne la frase di Marx tratta da Il Manifesto non ho nulla da aggiungere a quanto ho scritto nel mio breve saggio. Il Manifesto è intriso di una visione deterministica e progressiva della storia che si è rivelata del tutto fallace, dunque della cieca fiducia nelle forze produttive utilizzate dal capitalismo. L'internazionalismo di questo Marx è non solo astratto, è appunto prigioniero del cosmpolitismo di matrice illuminista e borghese.
Per quanto riguarda le citazioni fasciste, beh, stendiamo un velo pietoso.
Il cretino evidentemente nulla sa della origini storiche del patriottismo, che stanno appunto nella Rivoluzione francese. Non sa che il patriottismo nasce come icona e simbolo sovversivo dei movimenti rivoluzionari che combattevano contro le diverse potenze reazionarie e monarchiche. Patrioti si consideravano Pisacane e Mazzini. Ed erano patrioti che allo stesso tempo chiamavano alla fratellanza tra i popoli. Il cretino è all'oscuro del fatto che nella seconda metà dell'Ottocento le borghesie gravide di imperialismo, sostituirono a quel patriottismo internazionalista e democratico, il loro nazionalismo di grandi potenze. Non sa, il cretino, che il fascismo e il nazismo, si ricollegarono alle radici nazionaliste delle destre storiche imperialiste, e giammai al patriottismo democratico delle origini, quello di Fichte o di Pisacane o Mazzini.
Come dice l'adagio: inutile spiegare la musica ai sordi e i colori ai ciechi...
Moreno Pasquinelli
Testo profondo e lineare. Ma la storia della sinistra italiana é storia di americani azione ab origo, partiamo dai partigiani gappisti con stelle inglesi sul petto e ci siamo ritrovati rizzo e d'alema a bombardare i serbi nel Kosovo.
Sì, magari se il signor Psquinelli evitasse di dire che si rifà a Mazzini.
E la questione del patriottismo non la si può rigirare come ci pare e piace.
C'è il patriottismo filologico del signor Pasquinelli e c'è il pateiottismo che sente la gente comune con il quale chi è davvero anti sistema cerca di ricreare una coscienza politica degli sfruttati contro gli sfruttatori.
E alla gente Mazzini non piace, Fichte non lo ha letto (non lo ha letto nemmeno Pasquinelli), infine nessuno in Italia non solo non sa cosa dicesse di concreto zpisacane ma non sa nemmeno che abbia mai scritto un libro.
Cosa vuole fare MP, lo spettacolino o buole colaizzare davvero un fronte che si rivolga a un popolo psrlando la sua stesssa lingua?
Si informi meglio MP che il patriottismo basato sulle identità nazionali nasce IN OPPOSIZIONE al cosmopolitismo della rivoluzione BORGHESE francese.
Il patriottismo dei popoli europei, quello che ancora OGGI la gente è in grado di sentire con il cuore, è intimamente romantico e non illuminista, è irrazionalista e non razionalista clme sono purtroppo i comunisti che hanno la disgrazia di riuscire a pensarsi - come identità popitica - solo in quanto discendenti di un filosofo terribilmente sistematico per di più economista.
Oggi ci vuole altro ed è un "altro" che la destra è in grado di capire molto meglio della sinistra.
I risultati concreti in termini di consenso elettorale parlano chiaro ma c'è gente che proprio non ci sente.
Attenzioni a citare Mazzini poi, vi sono tendenze imperialista prefasciste nel suo pensiero
@MP ,
faccio solo notare
a) che l’ "identità nazionale" è un topos neofascista -
b) che tutta la tradizione di sinistra ( Marx in primis ) è erede dell'Illuminismo come lo sono i liberali ; e che al contrario sono i reazionari ( fascisti in primis ) i nemici dell’Illuminismo ;
c) che il “Patria o Muerte” di Fidel Castro non ha proprio nulla di marxiano , ma è tratto dal peronismo ( nulla di male ad imitare il peronismo , ma qui Marx e la sinistra non c’entrano nulla ) .
d) che la Rivoluzione francese i valori della nazionalità iniziarono a imporsi su quelli cosmopoliti dell’uomo e del cittadino , tre anni dopo l’89 , a partire dal 1792 nella fase controrivoluzionaria di guerra che portò poi al Terrore , fase che reintrodusse la schiavitù abolita tre anni prima .
"MAZZINI FASCISTA" E I NOSTRI MENTECATTI SINISTRATI
La legge non ammette ignoranza, si dice.
Dovrebbe essere così anche in politica.
Haimé, l'analfabetismo è una delle cause per cui la vecchia sinistra sta tirando le cuoia e partorisce il globalismo, da quello imperialistico (Piddinia) a quello cosmo-internazionalista a cavallo tra negri-pensiero e museo delle cere dei comunisti duri e puri.
Confondere il patriottismo di Mazzini con il nazionalismo è la spia più evidente dell'insipienza di una sinistra senza più radici. Non si confonda l'idea di Patria di Mazzini con quella di "sangue e suolo" di matrice tedesca (vedi Herder).
Diamo quindi, per gli asini, una piccola pillola del pensiero mazziniano:
«La patria è una comunione di liberi e d'eguali affratellati in concordia di lavori verso un unico fine. (...) La patria non è un aggregato, è un'associazione. Non v'è patria dove l'uniformità di quel diritto è violata dall'esistenza di caste, di privilegi, d'ineguaglianze».
Mazzini da insomma, al concetto di patria, un significato giacobino e democratico. Oppone la patria del popolo alla patria dei re e sottolinea che in una vera patria tutti i cittadini devono avere uguali diritti, politici e sociali. Una patria che escluda i poveri o le donne o i neri viene meno ai suoi principi. (Lettera a Emilia Venturi, 2 maggio 1870, in Scritti editi ed inediti, vol. LXXXIX, pp. 152-159).
«La patria non è un territorio; il territorio non ne è che la base. La patria è l'idea che sorge su quello; è il pensiero d'amore, il senso di comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio. Finché uno solo fra i vostri fratelli non è rappresentato dal proprio voto nello sviluppo della vita nazionale — finché uno solo vegeta ineducato fra gli ineducati — finché uno solo, capace e voglioso di lavoro, langue per mancanza di lavoro, nella miseria — voi non avrete la patria come dovreste averla, la patria di tutti, la patria per tutti». (Giuseppe Mazzini, Fede e Avvenire, in Scritti politici, Torino 1972. p. 885).
Moreno Pasquinelli
Ps
Quanto a Fichte, non ho letto tutto, qualcosa sì, tra cui I discorsi alla nazione tedesca. Nei quali critica certo l'illuminismo astratto e raziocinante, ma non tradisce affatto lo spirito cosmopolitico proprio dei Lumi. Si può criticare la sua visione sulla missione spiritualistica e salvifica del popolo tedesco, ma questa resta dentro una cornice aperta all'amore per tutta l'umanità. Altro che il nazionalismo sciovinista e razzista che crescerà sotto Bismark alla fine dell'ottocento e che finirà per partire il nazismo.
@anonimo delle 12.55 , tu scrivi :
“Si informi meglio MP che il patriottismo basato sulle identità nazionali nasce IN OPPOSIZIONE al cosmopolitismo della rivoluzione BORGHESE francese.
Il patriottismo dei popoli europei, quello che ancora OGGI la gente è in grado di sentire con il cuore, è intimamente romantico e non illuminista, è irrazionalista e non razionalista clme sono purtroppo i comunisti che hanno la disgrazia di riuscire a pensarsi - come identità popitica - solo in quanto discendenti di un filosofo terribilmente sistematico per di più economista
Oggi ci vuole altro ed è un "altro" che la destra è in grado di capire molto meglio della sinistra.”
Guarda che Sollevazione va nella tua stessa direzione : forse ti è sfuggito , ma qui si invoca tante volte l’identità nazionale e altre cosucce che non sono esattamente di sinistra…
All'ammiratore di mussolini e hitler che ha commentato/inquinato questo post dico due cose.
1.I tuoi capi storici sono finiti così: mussolini a penzoloni a piazzale Loreto sconfitto dai veri patrioti di allora, i partigiani. hitler suicida mentre l'Armata Rossa (che combatteva la grande guerra patriottica) liberava Berlino dalla follia nazista. Spero ora ti sia chiara la differenza tra il nostro patriottismo e il nazionalismo nazi-fascista.
2. Che le forze di estrema destra xenofobe e lepeniste stiano trionfando in Europa mi sembra una visione un tantino unilaterale. Unidos-PODEMOS in Spagna, il nuovo corso del Labour Party guidato da Corbyn in Gran Bretagna, l'ascesa di France Insoumise in Francia, dimostrano che laddove la sinistra non ha paura di assumere un discorso populista, dove si pone come alternativa radicale al sistema oligarchico attuale, riesce a riconquistare consensi tra le classi subalterne e tra le giovani generazioni. La partita è aperta.
@anonimo delle 15.08
Siamo nel 2017 , posso fregarmene di quello che diceva Marx , o ti offendo ? Ce la fai a dire qualcosa di tuo , o devi per forza ricopiare il pensiero altrui ?
A me non interessa essere di destra o di sinistra . Ci sono dei problemi ? Bene , vediamo di risolverli con senso pratico usando la nostra testa..
C'è un problema di sicurezza e di disoccupazione . Secondo te possiamo continuamente farci invadere da extracomunitari traghettati dai taxi del mare finanziati da Soros per distruggere la nostra identita'? Il buon senso dice di NO ! Pensi che sono un rossobruno ? Chissenefrega , se fosse fiero di esserlo .
Io la vedo così.
Calmati.
Non darti coraggio dando dell'asino al tuo interlocutore ma leggi cosa a scritto prima di commentare a casaccio.
Ho detto testualmente:
"Sì, magari se il signor Psquinelli evitasse di dire che si rifà a Mazzini."
Dopodichè non ho MAI accomunato Mazzini a Bismarck come hai scritto tu che non si sa dove ti sei sognato di averlo letto.
Chabod ci ha scritto pagine su pagine sulla differenza del nazionalismo mazziniano e quello di dopo il 1870.
Siccome Chabod lo abbiamo letto tutti e due direi che equivoci del genere dovrebbero essere impossibili, no?
Intendevo dire che rifarsi a un massone a me non interessa anzi cercherei di evitarlo accuratamente, poi se improvvisamente sei diventato un apprendista muratore non lo so ma in quel caso dillo così ci si regola, io e i lettori.
Inoltre ti ho detto una cosa precisa: il nazionalismo che interessa alla gente è quello del primo romanticismo che si OPPONE al cosmopolitismo della rivoluzione francese.
Se vuoi arrivare davvero alla gente riflettici su sennò continua sulla tua strada (un po' confusa, per dire la verità) che magari si scopre che avevi ragione tu.
Vediamo se censuri, visto che viene fuori che hai completamente frainteso.
"
Pur con qualche obiezione di merito e di sostanza, ritengo che il testo di Pasquinelli si possa considerare un’analisi condivisibile delle cause e delle scelte storiche che hanno portato al fallimento delle istanze di giustizia sociale degli ultimi e dei più deboli che storicamente interpretava e sosteneva la sinistra. Da qui la necessità di individuare una neo narrazione e proposta politica capace di superare, riconoscendoli, gli errori genetici compiuti e in grado di ricostruire una visione sociale in modo paradigmatico e alternativo al modello dominante. Questa la premessa. Purtroppo la lettura che si fa del presente ripercorre in modo speculare gli stessi errori genetici che vengono ascritti al fallimento denunciato. Definire questo periodo storico come post-liberale, mentre esso non è altro che l’affermazione mondializzata del LIBERALISMO LIBERATO, un liberalismo che essendo L’IDEOLOGIA TOTALIZZANTE non è più costretto a mitigare e scendere a patti con altre concezioni e visioni della società imponendo quindi la sua etica e le sue regole, è una colpevole cecità politica che porterà ineluttabilmente a compiere gli stessi errori già fatti.
Come da sempre vado ripetendo: quando si vuole veramente fare una frittata (abbattere lo stato di cose presenti) non si può non essere coscienti che in primis occorre rompere l’uovo (l’essenza genetica che la sostiene e la caratterizza). Tutto il resto, pur se presentato in modo e in forma dotta e sofisticata, sono chiacchiere.
Pasquino55
Volevo far notare a Moreno che l'anonimo delle 12:55 non ha detto che il nazionalismo di Mazzini è uguagale a quello di Bismarck
Caro anonomi delle 17:51
No, forse ti è sfuggito che mi hanno censurato, che non ho mai detto che Mazzini era come Bismarck e che Pasquinelli porta a esempio di nazionalismo un massone.
Sei contento che c'è il massone?
Io no perché per me il nemico principale è proprio la massoneria della finanza e del cosmopolitismo.
MASSONI E SOMARI
CHE PENA! Uno spiega che patriottismo e nazionalismo sono due manifestazioni diverse, e storicamente confliggenti dell'amor di patria (una democratica e rivoluzionaria --per il tempo) ed un'altra reazionaria e proto-imperialista e... e viene accusato di essere mazziniano.
CHE PENA! Mazzini era un massone, ed ecco il somaro che ti accusa di simpatizzare per la P2 e la setta Bildenberg...Dimenticando che sotto le tirannie monarchiche del tempo, se eri un repubblicano, potevi solo condurre una lotta clandestina poiché considerata illegale e sovversiva.
PASQUINO55...
Pasquino ci perseguita ripetendo come un disco rotto che se non si pone al centro la lotta contro il liberalismo, non si capisce niente, e non si va da nessuna parte. E vabbè... Ripetiamo che nelle condizioni in cui siamo, per riconsegnare al Paese piena sovranità, c'è bisogno dell'alleanza tattica tra sinistra e destra patriottica, quindi anche con quei liberali che non sono liberisti. Per questo, secondo la bizzarra proprietà transitiva di Pasquino, saremmo indulgenti verso il liberalismo. E vabbè...ripetita (forse non) juvant, perciò ripetiamo: Programma 101, di cui SOLLEVAZIONE è testata telematica, è un'organizzazione socialista, quindi antiliberale. Tuttavia.. tuttavia rispetto al liberalismo, non gettiamo il bambino con l'acqua sporca. Il socialismo che immaginiamo non abolirà (alla stalinista) bensì incoporerà: la libertà di pensiero, di parola, di culto, di organizzazione politica, l'habes corpus, l'inviolabilità del domicilio, la distinzione netta tra Stato e Chiesa e tutta quella "paccottiglia" di norme civili e diritti inviolabili della persona e delle minoranze che caratterizzano un sistema democratico e di Stato di diritto, che sono conquiste storiche del liberalismo.
Di una cosa siamo sicuri, che dopo tante tragedie e fallimenti, il socialismo potrà risorgere se e solo se saprà coniugare un'economia sociale non mercatista con la democrazia.
dio è stato il lubrificante più usato dalle élite per stuprare i popoli.
per questo "dio è morto!" a me suona come "il re è nudo!"; per me qui è l'uso che si è fatto di dio nella prospettiva giudaico cristiana (e non solo) ad essere messo in discussione.
questo vale, nell'uso feticistico che ne può essere fatto a destra, per altri "valori universali", come patria, famiglia etc, o come nell'uso che a sinistra fa blaterare i feticisti di solidarietà, uguaglianza, libertà etc.
ci sono i valori, quando individuati e condivisi (metafisici), e ci sono le prospettive esistenziali informate dalla realtà sociale, storica, economica, politica, psicologica etc.
si può procedere dalla metafisica senza tenere conto della prospettiva politica ma anche fare l'errore opposto e trascurarla, affidandosi al determinismo di quelle che si ritengono essere le leggi visibili, misurabili e immutabili della realtà, impermeabile ad ogni idealità.francesco
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