[ 21 agosto 2017 ]
Leggendo un recente post su gooynomics veniamo a sapere che Alberto Bagnai è stato denunciato in sede civile da un pennivendolo poiché il Nostro lo avrebbe "offeso". Nessuna ingiuria ci fu, solo l'aver fatto notare che in giro ci sono tanti somari che parlano a vanvera. Ebbene, rito per direttissima e Bagnai è stato condannato al risarcimento di 5mila euro (ne erano stati chiesti ben 40mila). Cogliamo l'occasione per esprimere, assieme all'indignazione per questa condanna (che rischia di essere un inquietante precedente), la nostra più sincera solidarietà a Bagnai.
E lo facciamo rilanciando un suo recente e istruttivo intervento.
Fra due anni, Mario Draghi terminerà il suo mandato alla Bce, lasciando in legato al suo successore un bel patrimonio di frasi celebri. Tutti ricordano l’icastico whatever it takes, e per un’ottima ragione: affermando il 26 luglio 2012 la volontà della Bce di intervenire sui mercati a qualunque costo, Draghi invertì la tendenza dello spread, che stava crescendo nonostante l’Italia fosse stata “salvata” da Monti per decreto nel dicembre 2011.
Bastò la parola. Poi, col tempo, non bastò più. Il 22 gennaio 2015, Draghi annunciò che sarebbe partito il quantitative easing ( Q E) , l’incubo degli economisti rigorosi: 60 miliardi di euro sarebbero stati messi in circolo ogni mese in cambio di titoli detenuti dalle banche. Il decollo dell’inflazione, che Draghi auspicava e i rigorosi temevano, non ci fu (lo avevamo anticipato su queste colonne il 31 dicembre 2014), tant’è che il QE pare sia destinato a continuare.
AL POSTO dell’inflazione, abbiamo avuto un’altra frase celebre: “Ci sono forze che congiurano a tener bassa l’inflazione” ( Francoforte, 4 febbraio 2016). Spiazzati dall’elegante scelta lessicale, i beceri social media cianciarono di un Draghi complottista. Fu un peccato, perché così si perse il senso epocale di quella affermazione: Draghi confessava che la moneta non causa i prezzi. Restava da capire cosa li causasse. In fondo, le cose stavano andando meglio, ci veniva detto: l’economia riparte, la disoccupazione scende. Hai visto la Spagna? Hai visto l’Irlanda? Ma allora perché, nonostante tutti questi miracoli, i prezzi languono? Finalmente, nel maggio scorso, è arrivato l’ennesimo “contrordine compagni!”: nel Bollettino n. 3 dell’11 maggio 2017, la Bce ci informa che la disoccupazione nell’Eurozona non è bassa, tutt’altro!
I dati ufficiali la sottostimano: tenendo conto non solo dei disoccupati (persone che cercano lavoro), ma anche degli scoraggiati (persone che non cercano più lavoro ma vorrebbero lavorare) e dei sottoccupati (persone che vorrebbero un lavoro a tempo pieno ma hanno ottenuto solo un part time), la disoccupazione media dell’Eurozona passerebbe dal 9.5% al 18%. E che c’entra questa storia con l’inflazione? Il fatto è che: “Le risorse inutilizzate gravano sulla dinamica dei prezzi e dei salari”. Tradotto: i prezzi non dipendono da quanta moneta si stampa (come dicono i neoliberisti), ma dalla disoccupazione (come dicono i keynesiani). Se fuori della porta c’è un esercito di persone disposte a lavorare a meno, sarà difficile spuntare un salario dignitoso. Con salari bassi l’imprenditore prima è contento, perché abbassa i prezzi e paga poco il lavoratore, e poi chiude, perché smette di fatturare: se i lavoratori non hanno soldi in tasca, chi compra i beni prodotti ( nonostante i prezzi bassi)?
Si chiama “crisi di domanda interna”, e non si risolve quando lo Stato “stampa” moneta (l’ha detto Draghi), ma quando la spende per investimenti (per esempio ricostruendo nelle zone terremotate). Quest’ultima cosa non si può fare, perché l’Europa si oppone: c’è il pareggio di bilancio e poi aiutare
gli imprenditori terremotati è violare la concorrenza! Intanto, Draghi stampa... Vi chiederete: quella che la disoccupazione ufficiale è sottostimata è una novità? Assolutamente no. Negli Stati Uniti, per esempio, vengono pubblicate da tempo 6 misure del tasso di disoccupazione, l’ultima delle quali, U6, tiene conto di scoraggiati e sottoccupati.
I dati che vedete sono stati ottenuti con calcoli analoghi. Per una volta abbiamo la triste soddisfazione di arrivare primi: nel 2016 il nostro U6 è, se pure di poco, superiore perfino a quello della Grecia, e questo per la fortissima incidenza di scoraggiati. Si spiega così l’avanzata del cosiddetto populismo, e la batosta del Pd alle ultime elezioni.
SE INVECE osserviamo nel tempo la situazione dei quattro grandi dell’Eurozona, vediamo che dalla crisi in poi la Germania sta sempre meglio, e la Francia sempre peggio: questo ci spiega il rapido calo di popolarità del neoeletto Macron, che parla di rigore a un Paese in crescente affanno.
La disoccupazione U6 aiuta a capire tante cose: ma allora perché noi, nella nostra ansia di emulare gli Usa unendo l’Europa, non partiamo da questa cosa piccola ma essenziale: dotarci di una misura attendibile della tensione sul mercato del lavoro? La risposta è semplice: perché da quando ha abbandonato la flessibilità del cambio la nostra economia, a differenza di quella americana, si basa sulla disoccupazione competitiva. Quando arriva una crisi, vince il paese che taglia i salari prima e più del vicino, cioè che alza prima la disoccupazione: si chiama “svalutazione interna”.
NATURALMENTE, a ffinché questo gioco sia politicamente sostenibile, occorre che sia subdolo: l’esercito industriale di riserva deve mimetizzarsi nelle statistiche. Ed è questo il motivo per il quale la maggior parte di voi fino a oggi conosceva solo gli U2 (il gruppo), ma non gli U6 (i disoccupati). Qualche conte Attilio avrà invitato a troncare, sopire... Peccato: per una volta che eravamo in testa a una graduatoria! Lo dice San Draghi. A maggio la Bce legò questi numeri e l’inflazione zero: bassi salari, prezzi fermi.
Leggendo un recente post su gooynomics veniamo a sapere che Alberto Bagnai è stato denunciato in sede civile da un pennivendolo poiché il Nostro lo avrebbe "offeso". Nessuna ingiuria ci fu, solo l'aver fatto notare che in giro ci sono tanti somari che parlano a vanvera. Ebbene, rito per direttissima e Bagnai è stato condannato al risarcimento di 5mila euro (ne erano stati chiesti ben 40mila). Cogliamo l'occasione per esprimere, assieme all'indignazione per questa condanna (che rischia di essere un inquietante precedente), la nostra più sincera solidarietà a Bagnai.
E lo facciamo rilanciando un suo recente e istruttivo intervento.
I disoccupati“veri”in Italia sono il 30%: più che in Grecia
di Alberto Bagnai
Fra due anni, Mario Draghi terminerà il suo mandato alla Bce, lasciando in legato al suo successore un bel patrimonio di frasi celebri. Tutti ricordano l’icastico whatever it takes, e per un’ottima ragione: affermando il 26 luglio 2012 la volontà della Bce di intervenire sui mercati a qualunque costo, Draghi invertì la tendenza dello spread, che stava crescendo nonostante l’Italia fosse stata “salvata” da Monti per decreto nel dicembre 2011.
Bastò la parola. Poi, col tempo, non bastò più. Il 22 gennaio 2015, Draghi annunciò che sarebbe partito il quantitative easing ( Q E) , l’incubo degli economisti rigorosi: 60 miliardi di euro sarebbero stati messi in circolo ogni mese in cambio di titoli detenuti dalle banche. Il decollo dell’inflazione, che Draghi auspicava e i rigorosi temevano, non ci fu (lo avevamo anticipato su queste colonne il 31 dicembre 2014), tant’è che il QE pare sia destinato a continuare.
AL POSTO dell’inflazione, abbiamo avuto un’altra frase celebre: “Ci sono forze che congiurano a tener bassa l’inflazione” ( Francoforte, 4 febbraio 2016). Spiazzati dall’elegante scelta lessicale, i beceri social media cianciarono di un Draghi complottista. Fu un peccato, perché così si perse il senso epocale di quella affermazione: Draghi confessava che la moneta non causa i prezzi. Restava da capire cosa li causasse. In fondo, le cose stavano andando meglio, ci veniva detto: l’economia riparte, la disoccupazione scende. Hai visto la Spagna? Hai visto l’Irlanda? Ma allora perché, nonostante tutti questi miracoli, i prezzi languono? Finalmente, nel maggio scorso, è arrivato l’ennesimo “contrordine compagni!”: nel Bollettino n. 3 dell’11 maggio 2017, la Bce ci informa che la disoccupazione nell’Eurozona non è bassa, tutt’altro!
I dati ufficiali la sottostimano: tenendo conto non solo dei disoccupati (persone che cercano lavoro), ma anche degli scoraggiati (persone che non cercano più lavoro ma vorrebbero lavorare) e dei sottoccupati (persone che vorrebbero un lavoro a tempo pieno ma hanno ottenuto solo un part time), la disoccupazione media dell’Eurozona passerebbe dal 9.5% al 18%. E che c’entra questa storia con l’inflazione? Il fatto è che: “Le risorse inutilizzate gravano sulla dinamica dei prezzi e dei salari”. Tradotto: i prezzi non dipendono da quanta moneta si stampa (come dicono i neoliberisti), ma dalla disoccupazione (come dicono i keynesiani). Se fuori della porta c’è un esercito di persone disposte a lavorare a meno, sarà difficile spuntare un salario dignitoso. Con salari bassi l’imprenditore prima è contento, perché abbassa i prezzi e paga poco il lavoratore, e poi chiude, perché smette di fatturare: se i lavoratori non hanno soldi in tasca, chi compra i beni prodotti ( nonostante i prezzi bassi)?
Si chiama “crisi di domanda interna”, e non si risolve quando lo Stato “stampa” moneta (l’ha detto Draghi), ma quando la spende per investimenti (per esempio ricostruendo nelle zone terremotate). Quest’ultima cosa non si può fare, perché l’Europa si oppone: c’è il pareggio di bilancio e poi aiutare
gli imprenditori terremotati è violare la concorrenza! Intanto, Draghi stampa... Vi chiederete: quella che la disoccupazione ufficiale è sottostimata è una novità? Assolutamente no. Negli Stati Uniti, per esempio, vengono pubblicate da tempo 6 misure del tasso di disoccupazione, l’ultima delle quali, U6, tiene conto di scoraggiati e sottoccupati.
I dati che vedete sono stati ottenuti con calcoli analoghi. Per una volta abbiamo la triste soddisfazione di arrivare primi: nel 2016 il nostro U6 è, se pure di poco, superiore perfino a quello della Grecia, e questo per la fortissima incidenza di scoraggiati. Si spiega così l’avanzata del cosiddetto populismo, e la batosta del Pd alle ultime elezioni.
SE INVECE osserviamo nel tempo la situazione dei quattro grandi dell’Eurozona, vediamo che dalla crisi in poi la Germania sta sempre meglio, e la Francia sempre peggio: questo ci spiega il rapido calo di popolarità del neoeletto Macron, che parla di rigore a un Paese in crescente affanno.
La disoccupazione U6 aiuta a capire tante cose: ma allora perché noi, nella nostra ansia di emulare gli Usa unendo l’Europa, non partiamo da questa cosa piccola ma essenziale: dotarci di una misura attendibile della tensione sul mercato del lavoro? La risposta è semplice: perché da quando ha abbandonato la flessibilità del cambio la nostra economia, a differenza di quella americana, si basa sulla disoccupazione competitiva. Quando arriva una crisi, vince il paese che taglia i salari prima e più del vicino, cioè che alza prima la disoccupazione: si chiama “svalutazione interna”.
NATURALMENTE, a ffinché questo gioco sia politicamente sostenibile, occorre che sia subdolo: l’esercito industriale di riserva deve mimetizzarsi nelle statistiche. Ed è questo il motivo per il quale la maggior parte di voi fino a oggi conosceva solo gli U2 (il gruppo), ma non gli U6 (i disoccupati). Qualche conte Attilio avrà invitato a troncare, sopire... Peccato: per una volta che eravamo in testa a una graduatoria! Lo dice San Draghi. A maggio la Bce legò questi numeri e l’inflazione zero: bassi salari, prezzi fermi.
11 commenti:
@Barbaro D'Urso
Piaccia o no, Illo è un protagonista. Ha in mano la possibilità di accelerare gli eventi, sebbe non quella di fermarli. InZomma, è un enzima, indispensabile x fare il vino buono.
Senza enzima che si fa? Si fa quello che si deve fare: combattere in ogni caso la battaglia politica.
Non solo massima solidarietà,ma immensa stima per chi ha anteposto la validità della scienza economica alle giaculatorie sulla presunta inattacabilità della giusta linea sulle "riforme" che il mainstream nostrano cercava di spacciare per"prive di alternativa","obiettive",addirittura formative della coscienza legata alla "durezza del vivere",naturalmente tutto a sostegno della bontà delle tesi di lor signori.Bagnai ha invece dimostrato,in modo semplice e scientifico, quanto fosse ideologica la pretesa di applicare alla scienza economica un artificio che poi, nel suo farsi concreto, OGGETTIVAMENTE,ha mostrato la sua vera natura di classe, distruttiva per chi deve subire la "durezza del vivere". Massima stima e vicinanza ad Alberto Bagnai.Luciano
Egregio Prof. Fraioli,
resto sconcertato dalla sua capacità di vedere oltre lo spazio e il tempo in stile Paul Atreides della saga di Dune e di prevedere che sarei venuto qui! Cavoli!
Viste le doti soprannaturali, mi sembra superfluo indicarle che sotto questo articolo ho appena inviato una replica al suo commento, attualmente in fase d'approvazione. Lei avrà già "visualizzato" il tutto prima ancora che io lo pensassi!
Bando agli scherzi. Vengo alle cose serie. Anche se parlare delle opere di Frank Herbert credo sarebbe più piacevole e stimolante che stare a impelagarsi per la milionesima volta sulla figura di Goofy dai Parioli.
Ignoro i dettagli della vicenda giudiziaria riguardante Bagnai. Per giunta, la cronaca giudiziaria mi appassiona assai poco. Non dubito che per il diretto interessato tutta la vicenda sia stata a dir poco sgradevole.
M'ero ripromesso recentemente di:
1) non avventurarmi più sul blog "goofesco" dopo una recente incursione che m'aveva lasciato una sensazione davvero, davvero sgradevole, sommata a simili impressioni maturate progressivamente nelle precedenti, sempre più sporadiche letture di quel sito;
2) non avventurarmi più su un qualunque media mainstream italiano - sto all'estero da diversi anni e dopo un recente periodo in cui ho avuto la possibilità di sorbirmi la tivvù tricolore in tutte le salse, ho detto basta, tanto fonti "underground" come questo blog e contatti personali sono sufficienti per sapere quello che m'interessa dallo Stivale (poco, molto poco, ormai).
Reputo necessario tenere fede alla parola data, per primo nei confronti di se stessi. Dunque non approfondirò la questione e non esprimerò un parere in proposito, vale a dire che rinuncio a sapere se il cappello introduttivo di questo articolo abbia ragione e perciò Bagnai meriti una qualche forma di solidarietà oppure se le cose stiano diversamente e questa volta Goofy, avendola fatta fuori dal vasetto, per una volta abbia trovato qualcuno che non ha sorvolato e l'ha obbligato, nelle sedi opportune, a prendersene la responsabilità.
Restando alla Sua metafora biochimica, prof. Fraioli, le uniche reazioni che Alberto dai Parioli può accelerare sono pressoché tutte assai tossiche per il metabolismo delle cellule e degli organismi di area genuinamente "alternativa", organismi invero assai deboli. Invece, altri organismi politici, decisamente più robusti e più attrezzati a livello immunitario, l'enzima-goofy riescono tranquillamente a digerirlo ed infine espellerlo, a volte con modestissimo guadagno, a volte senza alcun guadagno, ma sempre senza danni e senza accumulare tossine. Casi esemplari sono il Leganordius Salvinius e, pur in misura minore, il Sinistrius Fassinius.
Se poi la metafora vuole essere riferita ai più ampi destini dell'euro, beh, tutto è in mano a figure e centri di potere che Bagnai, ammesso che sappiano esista, lo possono calcolare né più né meno di un qualsiasi Barbaro D'Urso. E il sottoscritto, per intenderci, sa bene di essere un granello di sabbia come miliardi d'altri su una spiaggia chilometrica.
Riguardo alla necessità di combattere, si combatte con una qualche strategia, sennò si va al macello.
Cordialmente
Barbaro D'Urso
Certo che il sito di Bagnai non e' esattamente un sito di sola e semplice informazione scientifica disinteressata . A me sembra palese che sia un sito di autopromozione personale dove un giorno si è l'altro pure si insulta o prende in giro qualcuno .
E figurarsi se mancava il solito detrattore.E chi la farebbe la disinteressata informazione scientifica,qualche sito sinistrato o,forse, qualche giornalone allineato?Bagnai ha semplicemente posto la politica ecomonica dentro la sua giusta cornice che è fatta di indirizzi diversi ma che deve essere sempre verificata in modo empirico, alla prova dei FATTI REALMENTE AVVENUTI, e quello che è avvenuto parla un solo linguaggio:quello della classe dominante,ben avveduta sulle conseguenze nefaste di una politica economica dal chiaro segno classista che proprio per questo è stata implementata.Se poi lo si vuol accusare di arroganza e di avere un caratteraccio,beh questo riguarda la sfera personale che mai e poi mai deve far passare in secondo piano l'enorme lavoro di divulgazione prodotto con il suo blog.Ps.se oggi una porzione consistente di popolazione guarda con sospetto l'euro è la sua gabbia L€uropeista è proprio grazie a persone come Bagnai che con le loro competenze e tenacia hanno saputo indirizzare la giusta protesta là dove andava rivolta.Luciano
Se uno scrive che in Italia abbiamo più disoccupati che nel resto d'Europa i Piddioti si incazzano. Se uno scrive che le risorse boldriniane quando non finiscono per fare i parassiti o i delinquenti diventano manovalanza a basso prezzo in concorrenza con gli italiani i Piddioti si incazzano. Credo che in Italia abbiamo un grosso problema da risolvere al più presto: i Piddioti!
Sono l'anonimo del 22 agosto ore 10:31
@Luciano , sinceramente non penso che la divulgazione di Bagnai sia la Verità , ne tantomeno che abbia mai avuto nemmeno lontanamente un indirizzo anticapitalista , ne tantomeno contro le classi dominanti , ne tantomeno genericamente di sinistra .. Ma non importa , non è questo il punto , ciascuno può leggere di economia da chi vuole : chi la legge come se fosse il Verbo da un professore associato di Pescara ( certo molto sveglio nell’autopromuoversi : un po' meno bravo , mi sembra , nel ricambiare la generosità del suo talent scout Moreno Pasquinelli ) , oppure chi la legge anche da Daron Acemoglu , Stiglitz , Amartya Sen , Bellofiore , Brancaccio , Krugman , Munchau etc etc. C’è anche chi pensa sia molto più utile leggere politologi e filosofi . Fa lo stesso . Volevo solo dire che quelle volte che sono andato a leggere il suo sito , non solo non ho mai avuto il piacere , nemmeno per quattro righe di fila , di trovarmi in un luogo depersonalizzato di sola divulgazione scientifica ( certo con una tesi da argomentare come la maggioranza di tutte le divulgazioni scientifiche : non è questo il punto , il punto è la personalizzazione ) ma non ho mai avuto nemmeno il piacere di evitare di leggere prese per il culo e insulti a grappoli . Magari ho avuto sfiga io tutte le volte che sono andato a leggere il suo sito e sono l’unico che ha avuto questa impressione . In ogni caso se leggi Stiglitz , Krugman , Bellofiore , Brancaccio o Amartya Sen non solo puoi evitare tranquillamente di sapere se sono bravi a suonare il clavicembalo o se sono diventati amici del vip tal dei tali , ma non leggerai mai prese per il culo e insulti personali . Leggerai sempre di idee , di battaglia delle idee ( giuste o sbagliate che siano ) .
Intanto se si è sicuri di quello che si dice è bene firmarsi.Dopodiché se non si è un troll,è ancor meglio argomentare sul piano delle analisi invece che su quello personale.Sui nomi citati poi,non mi pronuncio perché rischio di incorrere nel delitto di lesa maestà,e poi su Brancaccio in particolare si è aperto su questo blog un dibattito piuttosto acceso in seguito alle sue ultime sortite sull'immigrazione,non vale la pena tornarci.Ad ogni buon conto io mi tengo l'"antipaticissimo Bagnai da cui imparo sempre,lei si tenga pure Brancaccio.Auguri.Luciano
Ma... l'iperinflazione tedesca degli anni venti non era accompagnata da altissimi tassi disoccupazione?
Non è che l'inflazione può avere più cause? E lo stesso per la deflazione?
E per finire, non è che se un'economia è dominata dalla sola dimensione del profitto non potrà esserci mai, di conseguenza, un equlibrio di tutti i fattori che consentono una gestione della produzione, delle risorse e dei consumi complessivamente razionale ed equilibrata, nonchè, forse, equa ?
Mah...chiedere alla Pizia o agli economisti?
Vediamo da chi e se arriverà qualche risposta.
Marco
GERMANIA, INFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE
Non va dimenticato che le potenze vincitrici della Prima guerra mondiale imposero alla Repubblica di Weimar l'umiliazione del trattato di Versailles. Ovvero sanzioni e insostenibili costi per i danni di guerra da riconoscere ai vincitori - nel 1921 la cifra fu fissata in 132 miliardi di marchi-oro. Costi che erano un'effettiva e colossale rapina. Davanti all'impossibilità di fare fronte al pagamento Francia e il Belgio, nel gennaio 1923 occuparono la Ruhr, da cui proveniva il carbone per l'industria tedesca. Ciò contribuì al tracollo dell'economia tedesca e del Marco. Si arrivò a fissare il cambio di 1 dollaro per oltre 4.000 miliardi di marchi.
Di qui l'iperinflazione.
La disoccupazione sale al 20% (20%) solo dopo, alla fine del 1923, come conseguenza della politica deflazionistica e monetarista del cancelliere Gustav Stresemann — tagli alla spesa pubblica, aumento delle imposte, stretta creditizia. Sostituzione del vecchio Papiermak con la nuova moneta, il Rentermark il cui valore era garantito dal patrimonio agricolo ed industriale della Germania
Il tutto per onorare il colossale debito di guerra verso i creditori. Decisivo fu il soccorso delle banche americane.
Con il crollo finanziario mondiale del 1929 l'economia tedesca piomba nell'abisso. Le politiche deflattive si accentuano e la disoccupazione diventa davvero di massa e supera il 33%.
Ma questa è già un'altra storia...
basti dire che il mix di deflazione, tagli alla spesa pubblica e disoccupazione di massa è il contesto che porta Hitler al potere.
Ringrazio, anche se mi era noto, tranne il perticolare dirimente del
"La disoccupazione sale al 20% (20%) solo dopo, alla fine del 1923, come conseguenza della politica deflazionistica e monetarista del cancelliere Gustav Stresemann ..."
che conferma Bagnai nel suo collegare la deflazione alla disoccupazione.
Marco
Posta un commento