[ 7 marzo ]
La Privatizzazione di Alitalia è fallita, ricostruiamo la nostra Compagnia di Bandiera
Oggi siamo di
fronte all’ennesima, gravissima crisi di Alitalia.
Le soluzioni che vengono proposte dagli azionisti
(Banche e Etihad), ricalcano in peggio quanto già fatto in passato: ulteriore
riduzione dell’attività di volo e ridimensionamento del network, esuberi, tagli
pesanti ai salari e ai diritti dei lavoratori, creazione di una Low Cost in cui
trasferire la maggior parte del personale e dell’attività.
In pratica una vera e propria liquidazione
mascherata dell’ex Compagnia di Bandiera.
Queste strategie oggi riproposte, messe già in
atto per accompagnare e favorire la privatizzazione di Alitalia, non solo non
hanno risolto nessun problema pregresso ma hanno addirittura peggiorato le
criticità esistenti, gettando la compagnia in una spirale drammatica di
fallimenti e crisi continue.
Accompagnata da un triste coro di plauso generale
nel paese, la scelta di privatizzare aziende, beni e servizi pubblici, ha causato
decine di migliaia di licenziamenti, la perdita del controllo di interi settori
strategici, dumping salariale e normativo, aumento dei prezzi e peggioramento
della qualità dei servizi offerti alla clientela.
Presidio di lotta svoltosi ieri, 6 marzo, a Fiumicino |
Nello specifico, la privatizzazione di Alitalia ha
determinato quello che è sotto gli occhi di tutti:
· un’azienda praticamente “fallita” per la terza volta in otto anni che
ha già scaricato miliardi di euro di perdite sulle spalle dei contribuenti.
· La compagnia privatizzata
e dimezzata, perde più di quanto facesse l’Alitalia pubblica con il
doppio del personale assunto e con un’attività globale degna di questo nome.
· Il costo sociale di queste scelte folli è drammatico:
12.000 licenziamenti
Pesantissimi tagli
salariali e normativi
Migliaia di precari
ipersfruttati e senza futuro
Ulteriori migliaia di
esuberi e terziarizzazioni ipotizzati nel nuovo Piano strategico
· Dumping esponenziale su tutte le altre aziende del comparto e
dell’indotto, con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e un
peggioramento generale delle condizioni economiche e normative per tutti i
lavoratori del settore.
Questo,
ricordiamolo, nonostante abbiamo assistito in questi stessi anni ad un
incredibile aumento del traffico passeggeri e merci e dei profitti
di tutte le aziende di Gestione Aeroportuale, delle Low Cost e delle altre
maggiori compagnie aeree “full carrier”, nonché ad una costante diminuzione del
costo del petrolio.
Insomma non esiste crisi del settore in Italia ma un
floridissimo e ricco mercato che assicura, a parte in Alitalia su cui incombono
scelte suicide, lauti profitti agli investitori privati, nostrani e stranieri, fatti
unicamente sulle spalle dei lavoratori. Visti i costi fissi di queste attività
identici per tutti competitori, la concorrenza tra loro viene fatta solamente svalutando
e tagliando il costo del lavoro.
· Gravissimo è stato anche il vulnus democratico causato dalla scelta di
obbedire ai diktat provenienti da Bruxelles che, sulla scia di quanto
concordato da Reagan e dalla Thatcher negli anni ’80 quando fu decisa la
liberalizzazione mondiale del settore, prevedevano la presenza di soli tre
vettori globali in Europa e cioè British Airways, Lufthansa e Air France.
Queste scelte politiche, approvate dai governi succedutisi,
hanno causato l’assoluta perdita di sovranità nazionale e democratica in uno
dei settori strategici più importanti del paese, totalmente abbandonato,
diversamente da quanto accade in altri paesi europei, dall’investitore
pubblico: pure questa una decisione che deve essere rivista nelle principali
aziende del settore aereo-aeroportuale.
La “politica” italiana, ha poi fatto anche di
peggio, consentendo e spianando la strada alla colonizzazione del trasporto
aereo in Italia da parte delle Low Cost.
Come? Sovvenzionandole con denaro pubblico
attraverso finanziamenti e deroghe da parte di tutte le istituzioni locali,
regionali e nazionali, nonché, caso unico in Europa, consentendo la base
d’armamento di queste compagnie nel principale Hub del paese.
Mentre da una parte lo stato deteneva, tutta o in
parte, la proprietà di Alitalia dall’altra finanziava i suoi concorrenti!
Una vera follia, troppo manifesta per non far
pensare ad un vero e proprio tradimento consapevole degli interessi della
nazione.
Vale la pena di ricordare che siamo stati l’unico
paese europeo a fare questo, infatti gli altri si sono ben guardati di svendere
i propri interessi nazionali agli speculatori che operano nel mercato del
Trasporto Aereo.
È ora di fare un bilancio severo di tutte queste
scelte e dei risultati prodotti!
Di fronte al
fallimento manifesto della Privatizzazione di Alitalia, con tutto il suo carico
di devastazione aziendale, commerciale e sociale che abbiamo di fronte, occorre
fermarsi e valutare bene cosa fare.
Noi riteniamo che le proposte fin qui ventilate
dall’attuale dirigenza Alitalia siano, al di là dei pesantissimi costi sociali
che ne deriveranno, di fatto una liquidazione definitiva, attraverso un
ulteriore ridimensionamento e la sua trasformazione in una Low Cost, della
nostra ex compagnia di bandiera.
Un piano non certo funzionale a favorire
l’interesse del nostro paese, dei suoi cittadini e dei suoi lavoratori.
Noi pensiamo che per andare avanti adesso occorra
tornare indietro.
Sembra un gioco di parole ma secondo la CUB
Trasporti è l’unica possibilità:
la Nazionalizzazione è oggi l’unica soluzione.
Asseriamo da anni che un paese come il nostro non
può perdere la sovranità in un settore strategico come questo.
Averlo fatto ha significato causare danni
pesantissimi:
· per i cittadini, 4 mld di euro di perdite scaricate sui contribuenti
per ripulire dai debiti l’Alitalia privatizzata
·
per il mondo del lavoro tutto,
generando in un settore in forte crescita e non in crisi uno stato di
sofferenza e miseria diffusa per tutti i lavoratori
·
nessun miglioramento sulla
qualità e quantità dei servizi erogati alla clientela.
Di fronte al
terzo “fallimento” in otto anni e l’ipotesi di un ulteriore salvataggio diretto
o indiretto fatto con finanze pubbliche, riteniamo che questo intervento dovrà
prevedere una sua materializzazione all’interno delle quote azionarie di
Alitalia.
Serve un investimento finanziario così importante
che nei fatti questo è oggi possibile solo con un intervento pubblico.
Servono ingenti finanziamenti per acquistare
aeromobili, per garantire l’occupazione e per dare una prospettiva industriale
al settore e una speranza di vita alle migliaia di precari senza futuro che
tutti i giorni svolgono la maggior parte delle attività operative di Alitalia.
Ricordiamo che senza di loro non decollerebbe
nessun volo, nessun bagaglio sarebbe caricato in stiva e nessuna carta
d’imbarco sarebbe emessa…
Alitalia è stata in questi anni un simbolo
negativo di privatizzazione, licenziamenti, dumping e precarizzazione. Occorre
farla ritornare al suo vecchio ruolo di compagnia sana, trainante per
l’economia del settore e biglietto da visita prestigioso del nostro paese nel
mondo.
Serve una compagnia di bandiera!
La “Politica” non può continuare ad abdicare al
proprio ruolo. Non possiamo più sentire rappresentanti delle istituzioni
asserire che in Italia la politica NON è in grado di gestire, controllare e
pianificare una strategia complessiva dei trasporti democraticamente decisa che garantisca gli interessi
strategici del paese, dei suoi cittadini e dei suoi lavoratori.
Chi asserisce questo ha abdicato al proprio ruolo
e dichiara pubblicamente la sua incapacità. Per questo dovrebbe dimettersi e
andarsene.
È tempo che la politica, quella con la P
maiuscola, riprenda il posto che gli compete e cacci gli speculatori, gli
incapaci e i parassiti che stanno distruggendo questo come altri settori del
paese.
· Per un’Alitalia di nuovo all’Italia
· Per riprenderci la sovranità in tutti i settori strategici del paese
Farlo è un dovere delle forze politiche, del
sindacato, dei lavoratori, dei cittadini.
* Fabio Frati, dirigente nazionale della C.U.B. Trasporti
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