[ 8 marzo ]
«Fassina —a cui si deve riconoscere onestà intellettuale—
ammette che nella sinistra "radicale" nella quale egli si riconosce, la grande maggioranza, non pensa affatto ad un "piano B", per quanto edulcorato, per uscire dall'euro, ma che la principale opzione è il "Piano A" per restarci».
L'11 e 12 marzo si svolgerà a Roma un convegno internazionale dal titolo: "Un Piano B per l'UE e l'eurozona". Stefano Fassina è di fatto l'animatore di questo convegno, che avviene sotto l'egida ed il patrocinio del GUE, del gruppo degli europarlamentari delle sinistre "radicali", che com'è noto raggruppa partiti che chiedono... "più Europa" —ovviamente... dei popoli.
In seno a questi partiti ci sono tuttavia componenti euro-critiche, quelle che per convenzione si riconoscono nel cosiddetto "Piano B". E infatti il convegno romano si presenta —vedi grafica sopra— come un incontro per esporre "UN PIANO B PER LA UNIONE E L'EUROZONA".
In verità il titolo è ingannevole. Chi si aspetta che dall'incontro verrà fuori una proposta chiara per andare oltre l'euro, resterà molto deluso.
La discussione sull'euro e sull'Unione Europea non è certo all'anno zero, soprattutto in Italia. Esiste ormai da anni una vasta letteratura scientifica su questi temi, mentre i tempi delle scelte politiche si vanno facendo sempre più stringenti. Ma di tutto ciò non c'è gran traccia nel programma del convegno, dove si affastellano titoli che se presi sul serio riporterebbero indietro di anni il dibattito.
Ne segnaliamo uno: «I 60 anni dell'integrazione europea: idee per una Europa diversa». Ancora con l'idea di un'altra Europa! Idea fatta a pezzi sui corpi dei greci e non solo. Ma qui è come se non fosse accaduto niente. Tant'è che ci si chiede anche «come riformare la Bce» (!), mentre poco distante si discuterà del «divorzio amichevole della moneta unica».
Una gran confusione, che lo stesso Stefano Fassina non può sottacere:
«Di fronte a tali dati di realtà, il network del Plan B propone due strade: un "Plan A" e, appunto in sub-ordine, un "Plan B". Il Plan A consiste in un insieme di soluzioni per scardinare il mercantilismo dominante nell'Unione europea e nell'eurozona senza intaccarne l'architettura istituzionale e monetaria. È una strada, per chi scrive, irrealistica sul piano politico, priva per ragioni storiche e culturali profonde di consenso di popolo, in particolare nel paese leader.È, invece, la strada ancora considerata irrinunciabile da larga parte della sinistra, consapevole del lento soffocamento in corso della democrazia e del lavoro, ma preoccupata di rafforzare le destre nazionaliste attraverso il tentativo di ridislocare nella dimensione nazional-statuale le principali leve di politica economica: moneta, bilancio, cambio, regolazione dei mercati interni e dei movimenti di capitali e di merci e servizi. Una strada segnata alla difficoltà a declinare, anche soltanto sul piano teorico, il patriottismo in chiave costituzionale, dove la moneta unica è considerata condizione necessaria a evitare lo scivolamento verso un regime di autarchia.Il Plan B muove dal riconoscimento dell'impraticabilità del Plan A o comunque dell'utilità negoziale di un Plan B per far avanzare il Plan A o, almeno, contrattare condizioni di sopravvivenza per il singolo Stato membro in trappola e evitare ripetizioni del caso Grecia, schiacciata da rapporti di forza impossibili. (...)
Il Plan B si articola in una pluralità di versioni: il "divorzio amichevole" dell'euro, ossia il superamento cooperativo della moneta come, per esempio, illustrato da Stiglitz nel suo ultimo saggio in arrivo per Einaudi; l'uscita di uno o più Paesi in un negoziato cooperativo con le principali istituzioni dell'Ue e dell'euro-zona (a cominciare dalla Bce); l'uscita individuale o di gruppo in un "negoziato ostile"».Ma c'è del metodo in questa confusione.
[Stefano Fassina, Radicali correzioni di rotta per evitare il naufragio del Titanic Europa]
Il tentativo manifesto (ma disperato) del convegno è infatti quello di tenere insieme il diavolo e l'acqua santa, il tutto nel nome di una cosa che non interessa più a nessuno salvo che ad un ceto politico bollito assai: la cosiddetta "unità della sinistra", formula un tempo altisonante che oggi richiama solo l'ennesimo pastrocchio elettorale.
Sta di fatto che lo stesso Fassina, a cui riconosciamo onestà intellettuale, ammette che nella sinistra "radicale" nella quale egli ahinoi si riconosce, la grande maggioranza, non pensa affatto ad un "piano B", per quanto edulcorato, per uscire dall'euro, ma che la principale opzione è il "Piano A" per restarci.
La verità è che si vuol continuare a girare attorno al problema —la costruzione oligarchicha e neoliberista dell'Unione Europea non è riformabile e va smantellata, i popoli debbono riprendersi le loro sovranità nazionali— magari per poi lamentarsi se alla testa del movimento no-euro si è messa in tanti paesi la destra.
A leggere nel programma certi nomi italiani c'è da mettersi le mani nei capelli. I "saluti" di Fratoianni e Ferrero? E che c'entrano con il "piano B" questi strenui difensori dell'euro e dell'Unione, naturalmente da "riformare". Cosa c'entra Eleonora Forenza, che nel suo documento per il congresso del Prc ha scritto che il ritorno alla sovranità nazionale non è solo «impossibile», ma che «forse (sic!) non è neppure auspicabile».
Cosa c'entra l'europarlamentare verde Monica Frassoni, già presidente dei "Giovani federalisti europei"? O il portavoce di Varoufakis in Italia ("O Europa o morte!") Lorenzo Marsili. E potremmo continuare con i nomi di Giulio Marcon, Monica Di Sisto, Raffaella Bolini... Ma ci fermiamo qui, perché non abbiamo intenzione di offendere nessuno, ma solo di registrare un preciso fatto politico: la scelta degli organizzatori di fare un netto passo indietro sul tema euro/UE in nome della sacra unità di una "sinistra" che nella sua stragrande maggioranza continua a tapparsi gli occhi.
Per fortuna ci sono oratori a cui ci sentiamo vicini e con cui collaboriamo. Lo spagnolo Manolo Monereo, il greco Costas Lapavitsas, il tedesco Heiner Flassbeck, Giorgio Cremaschi e Vladimiro Giacchè. Li andremo ad ascoltare, ci auguriamo che la loro presenza sposti l'asse (sinistrato) del convegno. Ne dubitiamo...
Sta di fatto che lo stesso Fassina, a cui riconosciamo onestà intellettuale, ammette che nella sinistra "radicale" nella quale egli ahinoi si riconosce, la grande maggioranza, non pensa affatto ad un "piano B", per quanto edulcorato, per uscire dall'euro, ma che la principale opzione è il "Piano A" per restarci.
La verità è che si vuol continuare a girare attorno al problema —la costruzione oligarchicha e neoliberista dell'Unione Europea non è riformabile e va smantellata, i popoli debbono riprendersi le loro sovranità nazionali— magari per poi lamentarsi se alla testa del movimento no-euro si è messa in tanti paesi la destra.
A leggere nel programma certi nomi italiani c'è da mettersi le mani nei capelli. I "saluti" di Fratoianni e Ferrero? E che c'entrano con il "piano B" questi strenui difensori dell'euro e dell'Unione, naturalmente da "riformare". Cosa c'entra Eleonora Forenza, che nel suo documento per il congresso del Prc ha scritto che il ritorno alla sovranità nazionale non è solo «impossibile», ma che «forse (sic!) non è neppure auspicabile».
Cosa c'entra l'europarlamentare verde Monica Frassoni, già presidente dei "Giovani federalisti europei"? O il portavoce di Varoufakis in Italia ("O Europa o morte!") Lorenzo Marsili. E potremmo continuare con i nomi di Giulio Marcon, Monica Di Sisto, Raffaella Bolini... Ma ci fermiamo qui, perché non abbiamo intenzione di offendere nessuno, ma solo di registrare un preciso fatto politico: la scelta degli organizzatori di fare un netto passo indietro sul tema euro/UE in nome della sacra unità di una "sinistra" che nella sua stragrande maggioranza continua a tapparsi gli occhi.
Per fortuna ci sono oratori a cui ci sentiamo vicini e con cui collaboriamo. Lo spagnolo Manolo Monereo, il greco Costas Lapavitsas, il tedesco Heiner Flassbeck, Giorgio Cremaschi e Vladimiro Giacchè. Li andremo ad ascoltare, ci auguriamo che la loro presenza sposti l'asse (sinistrato) del convegno. Ne dubitiamo...
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